Lampi di guerra nei cieli di Gaza. Nell’arco di quattro ore gli F-16 e gli elicotteri «Apache» israeliani hanno martellato obiettivi degli integralisti di Hamas. È la risposta di Gerusalemme alla selva di razzi lanciati l’altro ieri contro alcune colonie ebraiche e la cittadina di Sderot, nel vicino deserto del Neghev, ma anche all’uccisione di tre suoi soldati in un’imboscata a nord di Ramallah. Il bilancio di questa ennesima giornata di sangue a Gaza è di tre palestinesi uccisi - due miliziani di Hamas e un passante - e di una ventina di feriti, tra cui due bambini di 2 e 3 anni e una donna settantenne.
Sono le 08:15 quando scatta il primo attacco. L’obiettivo del cacciabombardiere F-16 è un edificio di due piani e ancora in via di costruzione nell’area di Jidaiyda nel quartiere di Shijaiah, nella zona est di Gaza. Un missile distrugge l’edificio di proprietà della famiglia Mustaha, situato a poche decine di metri dall’abitazione dello sceicco Abdallah Shami, uno dei leader della Jihad islamica, il movimento integralista che ha rivendicato la strage del 4 ottobre a Haifa (21 israeliani uccisi, tra cui 4 bambini). La vicinanza dell’abitazione di Shami ha fatto subito pensare a un tentativo di «omicidio mirato» andato a vuoto. «Il vero obiettivo del raid ero io. Oggi più che mai, riteniamo che per i palestinesi l’unica strada da seguire sia quella della resistenza a oltranza», si affretta a dichiarare Shami. Ma un portavoce militare israeliano lo ha negato, affermando che obiettivo del raid era stato invece un laboratorio per la fabbricazione di razzi Qassam, dissimulato proprio nell’edificio di proprietà della famiglia Mustaha, legata ad Hamas.
Ore 10:50. Le ambulanze hanno da poco terminato di trasportare all’ospedale Shifa i feriti del primo raid, quando nel centralissimo viale Al-Jalaa (che taglia Gaza da nord a sud) un elicottero Apache entra in azione a un semaforo vicino alla sede della Croce rossa internazionale, dove un missile centra e polverizza un furgone Peugeot di colore bianco. «Ero in attesa del verde e improvvisamente ho visto una fiammata scendere dal cielo e colpire il furgone davanti. Il botto ha fatto saltare il parabrezza della mi auto, che è stata violentemente scossa», racconta Adel Fawaz, un conducente di taxi che si trovava incolonnato al semaforo. I due occupanti del furgone - Khaled El-Masri e Iyad El-Hilu, entrambi miliziani del braccio armato di Hamas - sono stati uccisi sul colpo, mentre Marwan El-Khatib (17 anni), che stava attraversando la strada, è deceduto poco dopo in ospedale, dove sono stati ricoverati altri 14 feriti, compresi alcuni alunni di una vicina scuola elementare che avevano terminato il turno del mattino.
Alle 12:25, il terzo raid. Un altro elicottero «Apache» colpisce con due razzi un edificio apparentemente abbandonato in un parco nella zona di Tuffah, non lontano dal luogo della prima incursione, che sarebbe stato utilizzato come deposito d’armi ed esplosivi dagli integralisti di Hamas. «Daremo la caccia ai terroristi ovunque. Non avranno alcun rifugio sicuro», ribadisce Ranaan Gissin, portavoce del premier israeliano Ariel Sharon. «Aggressioni come quelle di oggi (ieri, ndr.) a Gaza sono inaccettabili e non aiutano a raggiungere un cessate il fuoco reciproco», ribatte il premier palestinese Ahmed Qrei (Abu Ala). «La nostra risposta sarà forte e inaspettata», avverte Ezzedin el-Qassam, il braccio armato di Hamas, che ha inoltre dichiarato «scaduto il tempo» per i sospetti «collaborazionisti» d’Israele e rinfacciato all’Anp di non combatterli come dovrebbe.
Le minacce degli integralisti scuotono Israele e il suo mondo politico. I 120 deputati sono rientrati ieri dalla pausa estiva in un clima reso pesante da informazioni di intelligence secondo cui la Knesset potrebbe essere attaccata da una cellula terroristica palestinese. Le misure di sicurezza sono state rafforzate, i controlli ai visitatori sono divenuti ancora più minuziosi. Nell’aula «blindata» di Gerusalemme, Ariel Sharon ribadisce, in un discorso più volte interrotto dalle contestazioni dei deputati della sinistra, che Yasser Arafat è «il più grande ostacolo alla pace» e per questo Israele «è determinato a rimuoverlo dalla scena poltica». Così come Israele è determinato ad accelerare la costruzione della barriera di difesa in Cisgiordania ( il «Muro dell’apartheid» per i palestinesi). L’aula della Knesset si infiamma quando Sharon denuncia che all’estero e in Israele agiscono elementi - l’allusione è alle «colombe» israeliane che hanno firmato il «Patto per la pace» con con esponenti politici e intellettuali palestinesi - che vorrebbero esimere l’Anp dalla necessità di lottare contro i gruppi dell’Intifada armata. Queste parole fanno infuriare Shimon Peres. L’ottuagenario leader laburista, battendo con foga i pugni sul podio, rinfaccia a Sharon di pretendere adesso «non solo il monopolio dei negoziati con i palestinesi, ma perfino il monopolio del pensiero».
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