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da [a-infos ml] 02
by otted Monday January 05, 2004 at 11:51 PM mail:  

comunicato stampa del circolo anarchico berneri - bologna

In risposta alla campagna mediatica e repressiva intentata contro il
movimento anarchico. È una costante della storia d’Italia e del mondo
che, ogni qual volta si sono accentuate le lotte sociali e le crisi
ricorrenti di un sistema economico ingiusto e oppressivo, siano apparsi a
riportare coercitivamente l’ordine i cannoni e le bombe, da Bava Beccaris
a Piazza Fontana. Oggi, a contenere l’estendersi di lotte di massa e a
sviare l’attenzione dal degrado inarrestabile del liberismo economico di
cui il caso Parmalat non è che l’esempio più vicino e lampante,
sembrerebbe prendere avvio una nuova e torbida strategia della tensione,
da sempre strumento di un rinnovato autoritarismo
statale di fronte alle crisi di rappresentatività politica.

È cosa nota: gli anarchici sono contro il potere in qualsiasi forma si
presenti e si rappresenti.

Le forme del potere, quindi, attaccano il movimento anarchico per
impedire la sua azione rivoluzionaria tesa a demistificare le logiche e
le politiche che il potere esercita per perpetuare i privilegi e la
dominazione che sono le cause dello sfruttamento e dell’oppressione. Le
istituzioni principali del potere sono, nell’era contemporanea, lo stato
e l’organizzazione capitalistica del lavoro. Accanto a queste, come
articolazioni della necessità di controllo sociale, si danno
innumerevoli forme di organizzazione gerarchica dell’azione di
dominazione: le chiese (insieme delle organizzazioni religiose); i
partiti (tutte le forme associative che vogliono concorrere al governo
dello stato); le associazioni padronali; forme di sindacato del tutto
asservite alle compatibilità capitalistiche e alle logiche politiche dei
partiti statalisti. Accanto a queste, che qualcuno osa chiamare società,
si danno le articolazioni proprie dello stato: l’esercito, le polizie, le
carceri, la burocrazia. Il compito specifico che assumono queste
articolazioni dello stato è quello della repressione delle
insorgenze sociali. Dall’attacco ai picchetti e agli scioperi operai ai
rastrellamenti nei confronti dei migranti e di ogni “disadattato”
sociale, dalle cariche contro i cortei di protesta alle infiltrazioni nei
gruppi sociali sovversivi, l’opera repressiva dello stato si
esercita sul “fronte interno” con metodi, pratiche, obiettivi del tutto
speculari al “fronte esterno” che vede impiegati oltre 10 mila soldati
nelle guerre del terzo millennio.

Di fronte all’insorgenza sociale manifestatasi via via con maggiore
consistenza negli ultimi anni, lo stato ha risposto con la repressione di
piazza (Napoli, Genova, Milano, Roma e tanti altri episodi), con la
promulgazione di ulteriori leggi “d’emergenza” (tutte segnate dalla
logica di ridurre ogni problema sociale a questione di ordine pubblico) e
con campagne politico-ideologiche-poliziesche atte a porre sulla
difensiva i partigiani della libertà e della giustizia sociale: coloro
che lottano per il salario e le libertà collettive, per una convivenza
civile più libera, più equa e più solidale a partire
dall’autorganizzazione che nasce dalle lotte immediate come capacità di
autogestione e di autonomia dei lavoratori.

Da mesi infatti non passa giorno che un governo erede della P2 non
caldeggi per bocca del ministro Pisanu il pericolo anarchico additando
una presunta “area anarcoinsurrezionalista” che nascerebbe “dalla
radicalizzazione di una parte del movimento anarchico, caratterizzatosi
per l’abbandono del vecchio modello organizzativo di tipo verticistico e
la costituzione, invece, di unità autonome di base, autogestite, definite
anche gruppi di affinità che nascono in relazione a precipue situazioni e
si mobilitano per la conflittualità permanente,
l’autogestione e l’attacco” (“Il Resto del Carlino”, 28 dicembre 2003, p.
5, da un documento dell’11 novembre).

Ma dal momento che il movimento anarchico fin dalle sue origini ha sempre
rifiutato il “modello organizzativo di tipo verticistico” e ha teorizzato
l’autogestione sociale come pratica libertaria e
orizzontale, ciò che si cerca di criminalizzare è l’intera esperienza
sociale e rivoluzionaria degli anarchici, con una strumentalizzazione
parallela e concorde all’uso di una sigla affine a quella storica della
F.A.I. (Federazione Anarchica Italiana) nel testo che rivendica i
recenti episodi “bombaroli” a Bologna.

Abbiamo letto all’indirizzo
http://italy.indymedia.org/news/2003/12/452983.php uno scritto di una
sedicente federazione anarchica informale che gli organi di stampa,
riportando indicazioni poliziesche, collegano con l’incendio di alcuni
cassonetti dell’immondizia nei pressi della casa di Romano Prodi e, da
pochi giorni, con il pacco bomba che lo stesso Prodi si è trovato tra le
mani il 27 dicembre 2003.

Se non fosse per il fatto che gli autori di questo scritto alludono
specificatamente alla Federazione Anarchica di cui alcuni di noi fanno
parte, avremmo evitato, come in altre numerose occasioni, di entrare nel
merito.

La nostra posizione nei confronti di ogni ipotesi di lotta “armata”
(anche se di bassa intensità) è nota. Non abbiamo bisogno di ribadirla:
la storia ci ha insegnato come il delirio rivoluzionario partorisca i
tiranni e i gulag; la nostra critica alle derive autoritarie prodottesi
nella repressione centralistica delle rivoluzioni data dal 1920 e ci ha
visto fieri avversari dei regimi russi, cinesi, cubani e di ogni regime
che voglia imporre il proprio dominio in nome del popolo, come avviene in
tutti gli stati e in tutti i regimi siano essi fascisti, democratici o
comunisti. Lo scritto che abbiamo letto ripropone quelle stesse
logiche che abbiamo più volte rifiutato e combattuto.

Questo non significa, per noi, individuare negli autori dello scritto dei
“compagni che sbagliano”. Non abbiamo sufficienti elementi per
riconoscere con chiarezza questi soggetti. Ci rimane il dubbio che dietro
questa operazione vi possa essere tanto la mano
dell’ipersoggetivista come quella di zelanti funzionari statali. Anche
perché alla nostra analisi non sfugge l’analogia, anzi l’oggettiva
complicità tra simili testi e le più ignobili veline della questura.

L’anarchismo trae forza invece dai movimenti sociali di massa.
L’attacco rivoluzionario ai privilegi e allo sfruttamento si realizza
nelle lotte quotidiane contro le ingiustizie sociali, contro le leggi
tutte liberticide, mettendo a nudo le complicità che sostengono il
sistema del potere e dell’oppressione.

È noto come il ministero degli interni abbia a disposizione oltre 100
mila collaboratori dediti al così detto servizio di “intelligence”. Lo
scopo di questa forza di interdizione è quello di tenere informato
l’apparato su ciò che si muove nella società affinché il governo possa
adottare le misure necessarie a garantire la continuità del sistema. Fra
le misure adottate dal governo vi sono anche delle operazioni
“coperte” indirizzate a screditare le forze di opposizione e a creare
scompiglio nei movimenti di contestazione. Le recenti azioni e,
soprattutto, la logica rivendicazionista che abbiamo letto si innestano
con coerenza esemplare sulla propaganda ideologica e sugli indirizzi
repressivi del ministro degli interni Pisanu. Ma l’operazione questa
volta è andata oltre: si è voluto colpire direttamente la Federazione
Anarchica dando il destro alla polizia per reprimere le attività della
Federazione e del movimento anarchico e ai mass-media per infangare la
sigla FAI. Già in questi giorni sono ricorrenti i titoli e gli
occhielli che richiamano la sigla FAI a copertura di passati atti di
lottarmatismo.

Al ministero degli interni non chiediamo nulla. Siamo consapevoli che
continuerà a svolgere il suo sporco lavoro.

Al sistema dei mass-media intimiamo di non usare la sigla FAI con
maliziosa provocazione. A viso aperto, di giorno, come siamo abituati a
muoverci, chiederemo conto della loro subalternità in questa
provocazione.

Al movimento anarchico, al movimento dei lavoratori con cui lottiamo ogni
giorno chiediamo di continuare, vigili e determinati,
l’instancabile lotta per la libertà e la giustizia sociale.


29 dicembre 2003
Circolo anarchico “Camillo Berneri”

Per informazioni -> http://www.ainfos.ca/it

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