Scandalosa è anche la solerzia con cui l'intero centrosinistra è insorto in difesa del Vaticano, senza sprecare neppure una parola sulle prebende che, concioni bossiane a parte, il governo di destra ha sborsato a favore della chiesa. E' davvero un po' uno scandalo che sia il capo dei senatori leghisti Moro, certo per motivi strumentali, a fare un po' di conti in tasca al governo. Eloquenti: 50 milioni di euro, ben più di quanto stanziato per le università pubbliche, nelle finanziarie 2004 e 2005 al campus biomedico di Trigoria, proprietà Opus Dei; 29 milioni di euro nelle stesse finanziarie per «infrastrutture alla santa sede»; 50 milioni di euro nel 2003 per l'ospedale «Bambin Gesù»; altri 30 milioni di euro circa per sanare la situazione previdenziale dei dipendenti della solita Santa Sede. Più numerose uscite, varie ed eventuali. Scusate se è poco.
Il premier: «La chiesa non si tocca» Dopo le sfuriate di An e Udc, Berlusconi sconfessa Bossi: «L'8 per mille non si discute». Il centrosinistra insorge: «Non basta. Hanno offeso il santo padre» ANDREA COLOMBO ROMA Sul finire della mattinata, con una scarna nota ufficiale, Silvio Berlusconi mette facilmente fine all'ennesima tempesta che squassa la sua Casa. Al Bossi che aveva attaccato la chiesa e suggerito di togliere alla stessa l'8 per mille, ai Fini e Follini che erano insorti minacciando sfracelli biblici e prossimo siluramento delle riforme in mancanza di puntuale correzione, il cavaliere risponde che «non risulta sia mai stata avanzata dalla Casa delle libertà nessuna ipotesi di abolire il regime dell'8 per mille». Basterebbe a Fini, basterebbe a Follini. Ma il premier, munifico, aggiunge una allusione esplicita ai soldi sborsati a favore della chiesa dal suo governo («Molti vescovi hanno dichiarato che nessun governo aveva saputo operare così concretamente sui molti temi che stanno a cuore alla chiesa»). Supera se stesso informando il mondo che la «sua personale convinzione» è favorevolissima alla destinazione dell'8 per mille alla chiesa. Fini e Follini si dichiarano soddisfatti con la velocità del fulmine. «Per me - afferma celere il primo - il caso è chiuso. La nota di Berlusconi è chiara ed esauriente». Il secondo non è meno rapido nel dichiararsi pago: «Condivido le parole di Berlusconi. Fanno chiarezza, tolgono di mezzo un equivoco e pongono rimedio a una dissennatezza». Il grande accusato, Umberto Bossi, aveva concesso una mezza marcia indietro già domenica pomeriggio, dopo la sfuriata telefonica del cavaliere. Sa di non potersi permettere una rottura con il capo di Forza Italia e dunque non rilancia, si trincera anzi dietro la classica linea di difesa. Accusa An e Udc di aver montato il caso per motivi che con la difesa dell'8 per mille alla chiesa non c'entrano nulla. Di sfuggita seganala che della faccenda il Carroccio «non parlerebbe affatto se tutti i giorni, sulla stampa vaticana, non venisse attaccato il federalismo». Paventa il rischio di una campagna antileghista «come lo scorso anno, quando, appena superati tempi entro cui si poteva andare alle elezioni anticipate, la Lega venne mitragliata quotidianamente». E' repertorio, una cortina di fumo alzata per occultare l'inevitabile retromarcia. Il caso è chiuso, anche se gli strascichi proseguiranno per tutto il pomeriggio. Il centrosinistra infatti è scatenato nel segnalare la gravità del caso. D'Alema nota che mai prima d'ora un ministro della repubblica si era permesso di attaccare il papa. Il cossuttiano Rizzo s'infiamma per l'onta recata «al rispetto reciproco fra istituzioni religiose e istituzioni statali, sancite dal concordate». Il portavoce diessino Chiti s'indigna perché su Radio Padania «continuano gli insulti contro la chiesa». La Margherita in coro si sente offesa dal tono di Berlusconi, che invece di scusarsi come avrebbe dovuto ha fatto pesare i soldoni devoluti alla chiesa. Volgarissimo. In realtà lo scandalo non è il pur greve attacco di Bossi alla chiesa e all'8 per mille, né inedito né tutto sommato inaudito. Scandalosa davvero non è neppure la «venalità» del cavaliere, che al posto delle scuse offre miliardi. Lo scandalo è nella sfrontatezza con cui An afferma che, proseguendo su questa strada, Bossi mette a rischio le riforme. Senza neppure fingere di considerare la riscrittura della Carta e la riorganizzazione radicale dello stato faccenda di pubblico interesse. Quando il portavoce di An Landolfi fa sapere al senatur che «se vuole le riforme deve pensare prima di parlare», quando il ministro Gasparri avverte che «il linguaggio di Bossi crea problemi al federalismo», quel che ammettono senza mezzi termini, forse neppure più accorgendosene, è che la riforma che si avviano a votare non interessa il paese, non è nemmeno una cosa in cui loro stessi credano. E' solo il prezzo della Lega. Merce di scambio. Scandalosa è anche la solerzia con cui l'intero centrosinistra è insorto in difesa del Vaticano, senza sprecare neppure una parola sulle prebende che, concioni bossiane a parte, il governo di destra ha sborsato a favore della chiesa. E' davvero un po' uno scandalo che sia il capo dei senatori leghisti Moro, certo per motivi strumentali, a fare un po' di conti in tasca al governo. Eloquenti: 50 milioni di euro, ben più di quanto stanziato per le università pubbliche, nelle finanziarie 2004 e 2005 al campus biomedico di Trigoria, proprietà Opus Dei; 29 milioni di euro nelle stesse finanziarie per «infrastrutture alla santa sede»; 50 milioni di euro nel 2003 per l'ospedale «Bambin Gesù»; altri 30 milioni di euro circa per sanare la situazione previdenziale dei dipendenti della solita Santa Sede. Più numerose uscite, varie ed eventuali. Scusate se è poco.
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