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Liberazione: Il Primo maggio precario tra Milano e Barcellona
by rassegna stampa Friday April 30, 2004 at 01:04 PM mail:  

Euromayday: la festa oltre il lavoro.

L'Euromayday, ovvero il Primo maggio nell'epoca della globalizzazione, tra precariato, disoccupazione di massa, lavoro intermittente, cognitivo, immateriale. Il filo che domani legherà tra loro due lembi d'Europa, Barcellona e Milano, fotografa un mondo nuovo, nel quale spazio, significato e territori attraversati dal lavoro sono mutati radicalmente. A riprova che questo è lo scenario globale, il Mayday milanese, appuntamento fondamentale degli ultimi anni, diventa ora europeo. Domani, mentre la "parade" milanese muoverà alle ore 15 da Porta Ticinese, una simile moltitudine si preparerà a riempire alle 18 la Placa dell'Universitat della capitale catalana.
Ma il carattere transfrontaliero del nuovo Primo maggio non è la sola novità che l'Euromayday annuncia per questo 2004. «Dobbiamo cambiare il modo di pensarci come sindacato. Le richieste degli organizzatori della Mayday sono la continuità di reddito, una protezione sociale per le malattie, per la maternità. Sono rivendicazioni che possono trovare forme di rappresentanza e di conflitto, e quindi soluzioni. A patto che il sindacato sia capace di cambiare. Quello della Mayday è un passo in questa direzione», ha spiegato a Carta Maurizio Zipponi, segretario milanese della Fiom, motivando la partecipazione del maggiore sindacato metalmeccanico all'Euromayday.

Del resto il senso del'iniziativa è ribadito online sul sito euromayday. org, dove si può attingere per avere informazioni di ogni genere sul come e quando recarsi a Milano. «La mayday - si legge nel sito - non è solo un evento, ma anche un metodo, un progetto e un processo: un metodo orizzontale che incrocia le reti del movimento di Genova con le sezioni radicali del sindacalismo, un metodo basato su subvertising, picchetti e organizzazione dal basso e sulla partecipazione aperta di molte e diverse identità e modalità di azione, permettendo così l'alleanza tra due generazioni del conflitto».

Il lungo elenco delle adesioni all'Euromayday milanese, oltre centoventi ma molte stanno ancora arrivando in queste ore, mostra proprio la declinazione concreta di questo metodo: dai Chainworkers milanesi a Rifondazione, dalla Cub al Sincobas, dalla confederazione Cobas alla Fiom, passando per centri sociali, realtà dell'autorganizzazione sociale, collettivi e esperienze territoriali. «Riusciremo a far diventare la precarietà, al pari della pace, un tema che coinvolge tutti i soggetti in movimento e non solo una parte?» si chiedono alla vigilia del Primo maggio alcuni animatori dell'esperienza milanese del Bulk. Una sfida a cui la "parade" milanese sta già offrendo in queste ore di vigilia la sua risposta positiva.


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Una rivolta contro la precarietà senza confini
by da liberazione Friday April 30, 2004 at 01:05 PM mail:  

MayDay MayDay, ovvero la parade contro la precarietà di Milano, organizzata per la prima volta nel 2001 e diventata l'anno scorso la più partecipata mobilitazione del 1° Maggio. Un appuntamento che rompe con la ritualità, riscoprendo il senso originario, di giornata di lotta, del primo maggio. E non vi è dubbio che oggi la precarietà del lavoro, del reddito e della vita non è soltanto condizione sociale sempre più tipica, ma altresì paradigma del modello di società che il liberismo ci consegna.
L'emergenza e la diffusione della precarietà nel mondo del lavoro era accompagnata dall'illusione che si trattasse di un fenomeno limitato alla "new economy" e ad alcune fasce d'età. La realtà si è poi incaricata di raccontare un'altra storia, la stessa che in questi giorni la rivolta civile degli operai di Melfi sta mettendo a nudo. La precarietà non conosce confini, pervade ogni settore dell'economia e ogni fase della vita, dilaga in maniera generalizzata.

Le condizioni di lavoro nella grande distribuzione, nei call-center o nei fast-food sono i simboli della precarietà, ma essa si sta diffondendo rapidamente anche nell'industria, dove l'utilizzo del lavoro interinale è spesso - e non a caso - contestuale alla cassaintegrazione per gli operai "fissi". Nel pubblico impiego, considerato ancora da molti la patria dei "garantiti", il lavoro precario è in rapida espansione, non soltanto a causa delle esternalizzazioni, ma anche grazie al "blocco delle assunzioni", reiterato da ogni Finanziaria, il quale tuttavia blocca soltanto le assunzioni a tempo indeterminato e non quelle precarie. Così, al Comune di Milano su 18mila dipendenti ben 3mila sono ormai precari.

E qui entra in scena una seconda illusione, qualche volta interessata, cioè che la precarietà sia un prodotto naturale dello sviluppo economico moderno. Invece, i rapporti di lavoro precari solitamente non trovano le loro ragioni in esigenze tecnico-organizzative della produzione, bensì nella semplice volontà di sostituire lavoratori dotati di tutele e diritti con altri che ne sono privati e pertanto ricattabili. Non a caso ogni testo sacro liberista, radicale o "temperato" che sia, invoca "riforme" del mercato del lavoro e "flessibilizzazione" della manodopera. Non è questione di esigenze produttive, è questione di egemonia liberista.

A quanti tre anni fa promossero la prima MayDayParade va il merito di un'intuizione, quella di costruire un evento e uno spazio pubblico plurale contro la precarizzazione. Forse oggi si prospetta la possibilità di osare di più, di far derivare dalla MayDay percorsi comuni di lotta contro la precarietà. Infatti, l'edizione 2004 non vede soltanto una crescita numerica, bensì un allargamento sia geografico che politico della partecipazione. Non si tratta dunque di far precipitare discussioni e dibattiti, ma di sperimentare nella pratica convergenze e lotte.

Due ci paiono essere i poli attorno cui costruire la mobilitazione: la lotta contro la precarizzazione e la continuità del reddito. Il primo polo indica anzitutto la necessità di contrasto e di boicottaggio dell'applicazione della legge 30, detta legge Biagi, che lungi dal sancire semplicemente l'esistente, rompe tutti gli argini e riduce il lavoro a merce pura, sempre "a disposizione". Senza dimenticare quella autentica bomba ad orologeria depositata in Parlamento, la 848bis, contenente la sospensione dell'articolo 18 e la manomissione degli ammortizzatori sociali. Il secondo polo è rappresentato dalla battaglia per il reddito o salario sociale, al fine di sottrarre il lavoratore disoccupato ed intermittente al ricatto del lavoro qualsiasi e a qualsiasi condizione.

Due poli che richiedono una mobilitazione generale, sul posto di lavoro, sul territorio e nelle istituzioni, e che non possono essere separati. Non avrebbe senso la battaglia per forme di reddito sociale disgiunte dal contrasto attivo della precarizzazione, poiché rischierebbero la fine dell'assegno di povertà.

E ovviamente, come ogni iniziativa di movimento, la MayDay non può non farsi carico della necessità di lotta contro la guerra. Ovvero, sarà anche un primo maggio contro la guerra, per il ritiro immediato delle truppe d'occupazione dall'Iraq.


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