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Trenta secondi di Bush
by Michael Moore Friday April 30, 2004 at 06:17 PM mail:  

What I Been Up To,un cartoon in cui un Bush trionfante sale sul podio,con Hail to the Chief in sottofondo,afferma di essere stato capace di trasformare il paese più ricco del mondo in quello più indebitato.

Con uno spot in cui bambini vestiti da adulti fanno ogni sorta di lavoro (lavapiatti, operai in fabbrica, impiegati) per sanare un deficit di mille miliardi, il trentottenne di Denver Charlie Fisher si è aggiudicato il primo posto in quello che è il premio più insolito dell’anno: Bush in 30 seconds (Bush in trenta secondi), il concorso di video indetto lo scorso novembre dal musicista Moby e dalla MoveOn.org Voter Fund, e finanziato dal miliardario Jonathan Soros. Nella giuria, tra gli altri, Jack Black, Ted Hope, Jessica Lange, Michael Mann, Michael Moore, Russell Simmons, Michael Stipe, Gus Van Sant ed Eddie Vedder. In premio la produzione del filmato e la diffusione nelle tv americane, che ha già preso il via a metà gennaio (costo dell’operazione: 5 milioni di dollari). Tra i ventisei finalisti, premiati anche gli spot If Parents Acted Like Bush come il più divertente, Bring It On, nella categoria giovani e, per la migliore animazione, What I Been Up To, un cartoon in cui un Bush trionfante sale sul podio e, con Hail to the Chief in sottofondo, afferma di essere stato capace di trasformare il paese più ricco del mondo in quello più indebitato. E poi, dopo un finto discorso elettorale in cui, un po’ laconico, si autodenuncia per tutti i crimini commessi, dichiarando anche di essere, però, il Presidente che ha preso più giorni di ferie di tutti. Più di mille i partecipanti al concorso, e più di centodiecimila in due settimane gli accessi al sito della MoveOn.org. Una dimostrazione di consenso da parte dell’opinione pubblica confermata dalla massiccia partecipazione alla cerimonia di consegna dei premi, nei giorni scorsi all’Hammerstein Ballroom di Manhattan, che ha visto alternarsi sul palco performance e interventi di Moby, Michael Moore, Rufus Wainwright, i Beastie Boys, Ablanis Morisette, Julia Stiles e Benicio Del Toro. Nell’attesa di una nuova edizione, da visitare il sito creato ad hoc, dal quale è possibile scaricare i video premiati e in cui si trova una breve ma accurata, e imperdibile, bibliografia antibushista che vede, accanto a Dude, Where’s My Country? di Michael Moore, Lies (And the Lying Liars Who Tell Them): A Fair and Balanced Look at the Right di Al Franken, The Bush Dyslexicon: Observations on a National Disorder di Mark Crispin Miller e The Lies of George W. Bush: Mastering the Politics of Deception di David Corn.


APPROFONDIMENTI


Photogallery http://www.dweb.repubblica.it/dweb2/dettaglio.jsp?id=609173&s=world#

Siti consigliati

http://www.bushin30seconds.com/
http://www.moveonvoterfund.org/

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SINOSSI
by operaia Usa Friday April 30, 2004 at 06:21 PM mail:  

Funeral at an Hmo; Crackers vr. Mickey Mouse (The complete first season); Gulf War; German Vacation Night, Help the Dead Guy; Compassionate Conservative Night (The complete second season)…
Un’ora con Michael Moore, lo stesso team ideativo e tecnico della precedente avventura di ‘Tv Nation’, e il suo secondo celebre programma tv, ‘La pura verità’, solo un po’ modificato nella formula (l’attore-regista-reporter d’assalto presenta i vari servizi in uno studio affollato e urlante come fosse un programma di Mtv, e non dimentichiamo che ha girato clip per Rem e Rage against machine… ) ma non nella sostanza: nella nostra selezione si attaccano di petto le compagnie di assicurazioni, che per cavilli burocratici lasciano morire i loro clienti di cancro senza batter ciglio; lo sfruttamento dei lavoratori di Disneyland, che producono il merchendising nei paesi terzi a costo sottozero; la pena di morte applicata sempre di più secondo procedure penali snellite che non consentono più neppure la difesa degli imputati poveri; la nuova ideologia di Bush jr, il ‘conservatorismo compassionevole’ con tutta la sua dose di sadismo represso, sfogato e dispiegato poi nel Golfo e nel resto del mondo; e la fine, per la classe operaia Usa, di ogni protezione sindacale, normativa e sanitaria. Le cinque settimane di ferie dei lavoratori tedeschi fanno apparire l’Europa un’oasi di libertà e giustizia… Molti dei temi della ‘gang’ Moore sono poi confluiti nei libri di successo del più impalcabile difensore delle grandi virtù americane e soprattutto dell’ ‘individualismo democratico’, come il recente best seller “Dude where’s my country?”. Dobbiamo anche ricordare che i profitti realizzati con le vendite dei libri e gli incassi nelle sale e sul mercato home video vengono utilizzati da Michael Moore per finanziare il Center For Alternative Media, una fondazione che ha finanziato per mezzo milione di dollari gruppi di azione sociale e di controinformazione.

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MOORE ON MOORE
by individui democratici e più che infuriati Friday April 30, 2004 at 06:25 PM mail:  

MOORE ON MOORE...
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Più che un giornalista d’assalto, un cineasta idolatrato, un sessantottino aggiornato, un fiancheggiatore mediatico di Ralph Nader, un commediante grasso che ‘buca lo schermo’ e un autore di best-setter editoriali a ripetizione, Michael Moore, di Flint, Michigan, è il simbolo stesso, comico e vitale, di un grande movimento planetario di individui democratici e più che infuriati contro ‘questo mondo all’opera’.
Insomma non è un ‘personaggio’ o peggio una ‘macchietta’, ma è una rete, una moltitudine antagonista e organizzata, orizzontale e multicentrica, in stato d’allarme. Il successo operativo e funzionale del suo sito, http://www.michaelmoore.com, lo dimostra. E data l’assoluta affidabilità del personaggio, agli antipodi dall’urlatore demagogo e populista, se la sovversione fosse griffata, il suo logo sarebbe ‘No Moore’. E, intanto, ‘un altro mondo’, almeno quello dello spettacolo messo in discussione, è davvero possibile.
Questo simpatico ‘big bear’ lo ha proprio fondato, sbriciolando, intanto, alcuni luoghi comuni. Per esempio che i documentari annoiano a morte, e sono veleno al botteghino. ‘Roger and me’ ha sbancato i mercati di mezzo mondo parlando di che? Di fabbriche che si smantellano, di disoccupati disperati, di sfratti implacabili, di manager terrorizzati da un’intervista non pilotata (certi super boss-conigli non si fabbricano solo in Italia) e di new economy impazzita. Lo ha fatto parlando in prima persona singolare. Pragmaticamente. Cerco di capire. Come voi che mi state davanti. Mettendomi in gioco. Senza fare prediche.
Parentesi. Qualche volta giocando un po’, barando, strumentalizzando a fin di bene. Ma sempre esibendo le sue ‘messe in scena’. Prendiamo ‘Bowling for Colombine’, la radiografia della produzione di paura negli Usa come motore dello sviluppo economico. E’ vero che i servizi sociali, invece, in Canada funzionano. E’ vero che i canadesi acquistano più armi degli statunitensi. E’ vero anche che i morti per armi da fuoco in Canada sono pochissimi. Dunque non è questione di vendita di armi. Ma sarà vero che in Ontario uno apre la porta e entra nella casa di chiunque e gentilemente chiacchiera del più e del meno, saluta e se ne va? Mmmmmh…Anche il Canada (ricordate il suo fiction, ‘Canadian Bacon’? sembrava la prefigurazione della guerra che poi quasi c’è stata tra i due stati confinanti in occasione del black out…) ha i suoi grossi problemi sociali (non solo con i nativi) e un dna imperfetto. Comunque questi trucchi (non è Chiambretti, non è Ricci, non è ‘una jena’) colpiscono sempre in alto, mai in basso. E una telefonata, dall’alto, non la potrà certo mai riverire. E’ la bellezza dell’arte commerciale. Per noi cosa incomprensibile…
Michael Moore, riprendiamo ‘Roger and me’, è della sua città che ci parla. Dei suoi amici, dei suoi vicini. Il pubblico riconosce immediatamente che non è un “falsario dei sentimenti”. E con lui una buona birra insieme la prenderà sempre volentieri.
Altro luogo comune. Che il successo dia alla testa e imborghesisca di sicuro. Basta guardare come va vestito, sempre da redneck impenitente. O che è inutile lottare contro lo strapotere delle multinazionali e delle lobby postindustriali organizzate. Eppure in ‘Bowling for Colombine’ il nostro eroe, armato solo di microfono, riesce a ottenere cose concrete: fa sbiacare dalla vergogna Ben Hur-Charton Heston, l’uomo immagine dell’industria delle armi; poi va in un negozio d’armi e fa sparire dai banconi le pallottole da guerra che, noncuranti delle stragi quotidiane, si continuano a vendere ai minorenni. Sempre più impauriti, terrorizzati dal ‘non farcela’, di essere loner and loser i ragazzi sono aizzati al gesto estremo, pur di esistere, cioè passare, almeno 15 minuti, in ‘prime time’ tv… Al suo fianco, in carrozzella, proprio un ragazzo, vittima dell’economia di mercato fluidificata al massimo… In ‘Tv Nation’ big Moore costringe una società d’assicurazione a pagare l’operazione di cancro al pancreas a un cliente che per cavilli burocratici avrebbero lasciato sadicamente morire…
Insomma i documentari che tirano, che appassionano, che hanno restituito la voglia di sapere come ‘stanno veramente le cose’, disintossicandoci dalla propaganda costante e continua del mass media commerciali o ‘privatizzati’, producono fatti, interventi legislativi, azione, bloccano le condanne a morte, come ‘The blue thin line’ di Errol Morris, altro documentarista tragico ma emozionalmente irresistibile. Critici, pubblico, giurie dei festival sono dunque in metamorfosi salutare. Perché oggi il documentario può essere più pratico di un partito politico. ‘Roger & Me’, e il doppiamente premiato, Cannes e Oscar, ‘Bowling for Colombine’, i programmi tv ‘Tv Nation’ e ‘The Awfut truth’ (‘La pura verita’, parafrasando un film rooseveltiano di Leo MacCarey), sono le sintesi cinetelevisive della ‘radical way of life’. Come i best seller che hanno smascherato Bush jr., prima e dopo la ‘liberazione dell’Iraq e dal terrorismo fondamentalista’: ‘Stupid White Men’ e ‘Dude Where’s My Country’. Tutti provano anche che un ‘altro consumo’ è possibile. E un altro profitto è possibile: Moore ha creato una fondazione che, con i profitti ramazzati a spese del meno presentabile governo della storia degli Usa, sta finanziando gruppi di controinformazione, televisioni satellitari, ‘radio-guerrilla’ e associazioni che operano nel sociale, costrette così a uscire prepotentemente dalla marginalità, dal settarismo e dall’autoreferenzialità. Seattle non è stato che un inizio. Il fine è la dissolvenza incrociata che sovrapporrà questo movimento alla sinistra occidentale, restituendogli fondamenta etiche (postrooseveltiane o post-socialiste). Se non si sa trasformare l’indignazione massima in invenzione immediata c’è il rischio di un crollo.

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chi e'...
by ??? Friday April 30, 2004 at 06:26 PM mail:  

ablanise morrisette???? :-)

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Il ritorno di Michael Moore
by http://www.alessio.sevenseas.org/weblog/2003/ Friday April 30, 2004 at 06:27 PM mail:  

È uscito, in America ed in Europa, il nuovo libro di Michael Moore, Dude, Where’s My Country? — e naturalmente il “dude” del titolo è Bush Jr. che ha rapidamente appannato anche solo il ricordo del “sogno americano”.

Per l’occasione il Guardian, giornale inglese, presenta uno speciale su Moore con intervista, commenti ed estratti dal libro. E il regista americano non si fa pregare nel mandare uno speciale messaggio di saluto a Tony Blair.

Thank you, Mr Blair. Without you, Bush would have had to invade Iraq alone. But he needed at least one major ally to make it look like it wasn’t just the Americans doing the nasty deed. The American people were against going it alone. Once you hopped on board, Bush had the cover he needed. You made that happen. You are the one who gave us the Iraq war. I hold you more responsible for this mess than little Georgie.

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Questi bastardi che guidano il nostro paese sono una massa di conniventi ladri che devono
by Francesca Gentile per l’Unità Friday April 30, 2004 at 06:29 PM mail:  

NON SOLO SCHWARZY – IL VERO LEADER DELL’OPPOSIZIONE USA E’ IL CINEASTA MICHAEL MOORE, UN NANNIMORETTI CHE VINCE L’OSCAR E SCRIVE LIBRI TERRIBILI CONTRO L’AMERICA IMBUSHETTATA…


«Questi bastardi che guidano il nostro paese sono una massa di conniventi ladri che devono essere abbattuti, rimossi e rimpiazzati da un intero nuovo sistema». La frase è scritta in bella evidenza sulla copertina di Dude, where’s my Country?, il nuovo libro di Michael Moore. Insomma, lo ha fatto di nuovo. Il fustigatore dell’America dei rednecks, dell’America di Bush, dell’America che ha voluto la guerra in Iraq, ha colpito di nuovo e ancora una volta ha colpito duro. Dude, where’s my Country? Ragazzo, dov’è il mio paese? è uscito negli Stati Uniti da un giorno e già si può parlare di un fenomeno letterario.

È ancora presto per sapere come andranno le vendite ma non è difficile pensare che si tratterà di un altro successo e di un altro colpo assestato al potere. La critica americana è entusiasta: «Michael Moore è tutto ciò che i politici contemporanei non sono - dice il Denver Post - è intelligente, aggressivo, profano, divertente, non asservito al potere di nessuno e genuino nella sua devozione al paese». «Fra qualche decade gli storici guarderanno ai tempi attuali e diranno che Michael Moore ha catturato lo zeitgeist del periodo» scrive il San Francisco Chronicle. «Michael Moore potrebbe essere l’arma letale che i liberali americani cercavano da tempo. È più divertente che arrabbiato, più uomo della strada che vip. Potrebbe rappresentare un fattore decisivo per le prossime elezioni», commenta il New York Times.

L’uragano Moore, il fiume in piena Moore che ha attinto la sua forza dall’Oscar vinto lo scorso marzo per il documentario Bowling a Colombine in cui denunciava l’insana passione degli americani per le armi, non è dunque più contenibile. Alle sue esplosioni di gioiosa rabbia, di puntigliosa denuncia, di satira divertente l’America reagisce in due modi. Gli americani o lo odiano o lo amano. «Dopo il discorso dell’Oscar – racconta Moore - ho vissuto giorni di paura, mi sentivo come se avessi messo la mia famiglia in pericolo. Ogni giorno incontravo per strada qualcuno che voleva prendermi a pugni, gridarmi qualcosa, chiamarmi coglione, mandarmi a farmi fottere. Una volta, all’aeroporto La Guardia di New York, una donna elegantemente vestita mi si è avvicinata e mi ha detto che avrei dovuto andare in esilio. Un uomo si è rifiutato di sedersi accanto a me in aereo, ho subito atti vandalici contro la mia casa in Michigan ».

Ma Moore è andato avanti lo stesso, ha indagato sulle malefatte della destra al potere, sugli intrighi di Bush per vincere le elezioni, sulle relazioni d’affari fra la famiglia del presidente e quella di Osama Bin Laden, sui tanti punti oscuri della nazione più potente del mondo, con il materiale raccolto ha scritto questo libro ed intanto sta preparando il documentario Fahrenheit 9/11, che uscirà a maggio, in tempo per le presidenziali del 2004. Libro e film hanno un unico scopo, spiegato sul sito ufficiale del filmaker, http://www.michaelmoore.com, lo scopo è semplice: «Il cambio del regime. Nessuno è salvo, non lo sono i baroni delle “corporate” che hanno fatto i milioni alle spalle dei loro impiegati, non lo sono i legislatori che hanno buttato via la nostra libertà individuale in nome della sicurezza nazionale, non lo sono i nostri cognati destrorsi (sì tutti ne abbiamo uno) che ci rovinano, anno dopo anno, balbettando le loro idiozie, il giorno del ringraziamento».

Moore dedica un intero capitolo proprio a questa missione, il titolo è: «Come parlare a tuo cognato di destra». «Voi tutti conoscete la scena. La famiglia è riunita intorno ad un tavolo per trascorrere una giornata piacevole davanti ad un sostanzioso pranzo. A un certo punto tuo cognato riattacca: “Il taglio delle tasse operato da Bush sta riportando il paese sulla strada della prosperità”. La stanza piomba in un imbarazzante silenzio e qualcuno tenta di cambiare discorso. Ma il cognato continua: “Dovrebbe costruire più prigioni e buttare via le chiavi”. Finalmente tua cugina Lidia interviene e lo apostrofa con “razzista” oppure “coglione”. Immediatamente il purè di patate fatto dalla nonna incomincia a volare come un missile americano in una mattinata di sole su un quartiere residenziale di Baghdad. Ecco il problema: ogni famiglia ha almeno un destroide reazionario fra i suoi componenti ».

Poi Moore individua le cause di questo strano fenomeno: «Sono di destra perché hanno paura e hanno paura perché sono ignoranti. Non c’è cura per la loro malattia, non c’è casa farmaceutica che abbia inventato una medicina adatta (anche perché le case farmaceutiche hanno bisogno dei voti dei repubblicani affinché esse non vengano assoggettate ad una vera regolamentazione). Eppure io sono sicuro che qualcosa si possa fare. Penso che ci sia una maniera per convertire tuo cognato. So cosa ribatterete: “Hei, un momento, non sono mica un missionario io!”. Avete ragione ma io ho una mia teoria: io non credo che queste persone che voi amate e che sono buoni padri di famiglia siano veramente di destra, queste persone sono in verità delle “RINO”, Republicans in name only. Fategli delle domande, tipo: amate l’ambiente? Vivreste in una casa con un vicino di casa nero? Pensate che la guerra sia un modo di appianare le divergenze? Molti di loro non vi daranno risposte da Repubblicani, loro sono RINO».

Secondo Moore dunque non sono poi molte le vere persone di destra. Nel capitolo Liberal Paradise il documentarista punta l’attenzione del lettore sul fatto che la maggior parte dei sondaggi mostrano una faccia che l’America al governo non ha. «La maggior parte della gente è d’accordo sugli obiettivi dei movimenti per i diritti civili e per la tutela dell’ambiente, la maggior parte degli americani pensa che tutti debbano godere di un’assicurazione sulla salute, che gay e lesbiche debbano avere uguali opportunità nel mondo del lavoro. Tu vivi in una nazione di pensatori progressisti, di comportamenti liberali, di gente di buon cuore. Raggiungiamo un obiettivo insieme, lavoriamo per riparare alla Grande Discrepanza. Come è possibile che una nazione di gente di sinistra la destra controlli ogni cosa?».

Moore dà anche una risposta a questa domanda, anzi più d’una, se la prende ancora una volta con Bush, che chiama in causa sempre Dio. «La religione è il miglior strumento usato per fuorviare l’opinione pubblica, la gente viene facilmente manipolata» ma getta buona parte della responsabilità anche sui mezzi d’informazione: «Più di due terzi degli americani che pensano che l’Iraq abbia qualcosa a che fare con l’11 settembre. Ciò significa che sono male informati».
Dude, where’s my Country? Arriverà presto anche in Italia, «Entro l’autunno – promette Moore - sarà pubblicato in una cinquantina di paesi. Solo quella donna inglese, JK Rowling ha venduto più libri di me quest’anno, pensateci gente, c’è Harry Potter e poi ci sono io!».


Dagospia.com 9 Ottobre 2003

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