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Usa, i prigionieri raccontano torture sistematiche
by Bruno Marolo Monday, May. 03, 2004 at 7:47 PM mail:

la foto più chiara: American soldiers stand behind a pyramid of naked Iraqi prisoners at the Abu Ghraib prison near Baghdad, Iraq in this undated photo. The U.S. military has reprimanded six senior commissioned and non-commissioned officers in connection with the abuse of prisoners, a senior U.S. military official said May 3, 2004. The alleged abuses were said to have involved around 20 prisoners and took place in November and December last year. The reprimands, the most serious written punishment the U.S. army hands down, are private and no details would be released on the names or ranks of those punished, the U.S. official said. (The New Yorker via Reuters)

Usa, i prigionieri r...
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Si scopre un gulag americano in Iraq. Gli ex detenuti raccontano di un uso sistematico della tortura. Lo stesso governo provvisorio insediato dagli Stati Uniti ha preso posizione contro il loro comportamento. Il ministro degli Esteri, Hoshba Zibari, ha chiesto una inchiesta indipendente, affidata ai magistrati iracheni che oggi non possono parlare con i prigionieri della potenza occupante.

Invece le indagini continuano in segreto, senza alcuna possibilità di controllo internazionale. Il generale Riccardo Sanchez, comandante americano in Iraq, ha disposto sanzioni disciplinari contro sette soldati. Altri sei saranno processati dalla corte marziale. I nomi non sono stati annunciati. La Casa Bianca ha reso noto che il presidente Bush ha raccomandato al ministro della Difesa Rumsfeld una punizionre adeguata dei colpevoli. Il capo di Stato maggiore, Richard Myers, ha promesso di andare a fondo.

I fatti non corrispondono alle promesse. Le autorità militari erano in possesso da almeno cinque mesi delle fotografie che documentano le atrocità commesse dai soldati americani in Iraq, ma l'inchiesta è stata accelerata soltanto quando le foto sono state trasmesse dalla televisione. Al generale Myers è stato domandato se avesse letto il rapporto inviato in febbraio al Pentagono dal generale Antonio Taguba, che denunciava «comportamenti criminali clamorosi, sadici e indiscriminati», compreso il caso di un prigioniero sodomizzato con un manico di scopa. «Il rapporto - ha ammesso il generale - mi verrà inoltrato seguendo la via gerarchica». Dopo più di due mesi non è ancora arrivato sulla sua scrivania.

Alla Casa Bianca piacerebbe proiettare l'immagine di una democrazia dotata degli anticorpi per eliminare gli abusi. Dalle rivelazioni quotidiane emerge invece l'imbarazzo di un governo che cerca di nascondere la verità. Janis Karpinsky, la donna generale che comandava le guardie carcerarie in Iraq ed è stata sospesa dal servizio, sostiene che gli interrogatori dei prigionieri avvenivano sotto la direzione dello spionaggio militare che oggi scarica tutte le colpe sui soldati della riserva ai suoi ordini. «Noi della riserva possiamo essere buttati a mare - ha affermato - e allora perché i militari di carriera dovrebbero prendersi la responsabilità?».

In Iraq gli americani gestiscono 16 prigioni. Altre innumerevoli celle si trovano nelle caserme delle truppe di occupazione. Gli iracheni sospettati di complicità con i ribelli sono rinchiusi negli stessi locali dove il regime di Saddam Hussein torturava i dissidenti. Secondo una inchiesta del Washington Post i detenuti sono da 2500 a 7000. Dai racconti di coloro che sono tornati in libertà si capisce come «isolamento, paura, umiliazioni, privazione del sonno e maltrattamenti siano cosa di ogni giorno». Abdullah Abulrazzaq, un iracheno di 19 anni arrestato in settembre e detenuto per diversi mesi senza un capo di accusa, ha raccontato di essere stato torturato per tre giorni con scosse elettriche nel palazzo di Adhamiya dove un tempo venivano rinchiusi i nemici di Uday Hussein, figlio di Saddam.

Questa volta il carnefice indossava l'uniforme dell'esercito del Kuwait e prendeva ordini dagli americani. Tra una scossa e l'altra ripeteva le stesse domande: «Dove è Saddam? Dove sono le armi di sterminio?». Trasferito nel sinistro penitenziario di Abu Ghraib, il prigioniero è stato sistemato sotto una tenda con altri 40. Gli indisciplinati venivano rinchiusi in containers che il passato regime usava come canili. Ogni due settimane il giovane Abdullah veniva legato e gettato sul pavimento di una cella per un nuovo interrogatorio. Saif Shakir, un taxista di 26 anni, ha sostenuto di essere stato preso a calci dei reni dagli americani ad Adhamiya, condotto nel deserto con un fratello e sepolto fino al collo. «Ho sentito sparare - ha aggiunto - e gli agenti che mi interrogavano hanno detto che mio fratello era morto. Non era vero. Per spaventarmi e farmi parlare hanno sparato anche vicino alla mia testa».

Prima di invadere l'Iraq il governo americano aveva annunciato l'intenzione di processare per crimini di guerra i gerarchi del regime di Saddam. In realtà ha gettato in carcere senza processo migliaia di iracheni. Non vuole punirli, ma costringerli a parlare per stroncare la rivolta. Le sue truppe hanno studiato le tattiche usate dai francesi in Algeria. L'America che sostiene di voler portare democrazia nel mondo arabo si comporta come una potenza coloniale.

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