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Algeria:la jihad come canale di "riciclaggio" del crimine
by lou Saturday, May. 08, 2004 at 11:45 AM mail:

Algeria e jihad




N.8 maggio-agosto 1997 Documentazione di interesse
Xavier Raufer - Centre des hautes etudes de l'armament
Nouvelles menaces - Les entites criminelles hybrides - Le cas du GIA Le nuove minacce - le entità criminali ibride: il Caso del GIA (Gruppo Islamico Armato algerino) *


< >
Chiudi1. Premessa


2. Il GIA, una nuova entità ibrida tra terrore, crimine e delinquenza


2.1 L'hittista , soggetto rivoluzionario islamico


2.2 Disoccupati, delinquenti e mujahedin


2.3 La jihad come canale di "riciclaggio" del crimine


3. Il GIA: ideologia, organizzazione e finanziamento


3.1 L'ideologia del GIA


3.2 L'organizzazione


3.3 Il finanziamento


3.4 Le parole chiave del vocabolario islamico del GIA


4. Il GIA al di fuori dell'Algeria


4.1 Il ruolo degli "Afgani"


4.2 Reti estere




1. Premessa

Secondo Dja'afar el-Afghani, il GIA-Gruppo Islamico Armato algerino, "Jama'a Islamiya Mussallaha", è stato fondato il 18 novembre 1991. Dalle origini si presenta come una miscela esplosiva di "buyalisti" (seguaci di Mustafa Buyali, fondatore del Movimento Islamico Armato-MIA, come Mansur Meliani), di "afgani" (come Dja'afar el-Afghani) e di "criminali reislamizzati" (come Moh Léveilley).
La base originale del GIA risulta composta di giovani emarginati delle periferie urbane, i quali si sentono ora vendicatori dei martiri dei moti dell'ottobre 1988, ora esponenti di un'avanguardia degli esclusi e dei miserabili ammassati nelle città dell'Algeria.
Il GIA ha le sue roccaforti nella zona intorno ad Algeri, più specificatamente nella Mitija, tuttavia la presenza di nuclei del gruppo è stata segnalata anche a Aïn Defla, a Buira, a Batna, a Sidi-bel-Abbés e a Tiaret. In molti casi non è comunque chiaro se si tratti di gruppi autonomi o se siano inquadrati in una forma di coordinamento a livello nazionale.
Nel 1990-91, i salafiti (1) sostenitori della lotta armata, futuri quadri e leader del GIA, raccolgono nel nome di Dio tutti i disperati e gli emarginati, i "senza futuro" delle città e delle periferie "calde" di Algeri e li spingono ad organizzarsi in jama'at (unità armate di base).
Oggi, le città ed i quartieri sotto l'influenza o il controllo del GIA sono facilmente individuabili: "sentinelle" ovunque (spesso sono adolescenti o anche bambini), velo obbligatorio, parrucchieri per donna, rivendite di giornali "empi" e antenne paraboliche drasticamente banditi, uomini e donne separati a bordo dei trasporti "privati", quelli pubblici sono già da tempo inesistenti perché distrutti o incendiati, presenza di blocchi stradali organizzati dai mujahedin agli incroci o sulle vie di importanza strategica.
Il GIA è molto attento alla risonanza propagandistica dei propri attentati. Se lo si confronta con l'AIS-Esercito di Salvezza Islamico (2) , altro gruppo di fuoco molto agguerrito, si nota che il GIA colpisce con frequenza di gran lunga inferiore rispetto all'AIS (secondo osservatori locali si può contare un attacco del GIA ogni dieci dell'AIS), ma mentre le azioni di quest'ultimo sono sistematicamente occultate dal regime, i grandi attentati del GIA non possono essere nascosti.
Le campagne di propaganda armata del GIA sono estremamente efficaci, ordinate, selettive. Basti pensare a quelle organizzate contro i religiosi cristiani in Algeria, contro gli "ulemá che intrattengono rapporti con i tiranni", all'eliminazione estremamente selettiva di cittadini stranieri in Algeria.
Il GIA ha inoltre una rara abilità nella gestione dei rapimenti. Il rapimento spettacolare-propagandistico è una tecnica terroristica complessa che richiede una organizzazione ben sviluppata. Soltanto i "grandi" della guerriglia urbana si specializzano nell'arte del rapimento (un gruppo come Action Directe, ad esempio, non ha mai utilizzato il sequestro di persona a scopi terroristici). Il GIA invece ha effettuato quattro "grandi" sequestri, che si sono rivelati estremamente paganti dal punto di vista "pubblicitario", senza che le Forze di sicurezza algerine siano mai riuscite né a ritrovare gli ostaggi, né tanto meno ad arrestare i sequestratori.


2. Il GIA, una nuova entità ibrida tra terrore, crimine e delinquenza

Per quanto concerne il reclutamento ed il suo funzionamento, il GIA deve essere considerato un'entità nuova, agli antipodi dell'AIS. Quest'ultimo appare come il prodotto diretto delle guerre di indipendenza coloniali: privilegia infatti azioni di guerriglia soprattutto rurale; i quadri militanti sono formati da politici, disertori e studenti. Combatte l'esercito algerino come i kata'ib (falangi armate) dell'FLN combattevano l'esercito francese oltre 40 anni fa. Praticamente assente dai mass media, l'AIS conduce una guerra senza dubbio feroce, ma di altri tempi. In breve: l'AIS non è moderno.
Al contrario, il GIA è perfettamente rappresentativo di quel nuovo terrorismo marca anni '90 che ha fatto irruzione prepotentemente nell'attualità a seguito del crollo del blocco sovietico e della scomparsa dell'ordine mondiale bipolare.
All'interno delle cellule del GIA si ritrovano gomito a gomito delinquenti "reislamizzati" e mujahedin fanatici, contrabbandieri e feddayin, tutti individui che vivono di traffici, ma che si dichiarano pronti a morire per la gloria di Allah. In questo senso il GIA è un modello di entità ibrida, è il prodotto di un'era di caos ove il terrorismo ed il "gangsterismo", termini irriducibilmente opposti durante la Guerra Fredda, sono ormai divenuti praticamente sinonimi, al punto da dare origine ad un neologismo. Oggi si parla, infatti, per la prima volta di "gangterrorista".
Prima di riconoscere che il vero motore dietro l'azione di questi "gangterroristi" era il fanatismo religioso, esponenti pubblici e giornalisti hanno esitato a lungo.


2.1 L'hittista , soggetto rivoluzionario islamico

Nel gergo franco-algerino di Algeri, l'hittista (da hiit, il muro in arabo) è un giovane uomo disoccupato, prodotto dell'esplosione demografica, del fallimento della scuola e di un'urbanizzazione catastrofica. Parla un arabo impreciso mescolato ad un po' di francese. E' un emarginato, senza occupazione, senza un suo posto all'interno della società musulmana classica, spinto dal centro delle città verso le periferie e privato, a causa della grave crisi degli alloggi, della possibilità di crearsi una vita di coppia. L'hittista diviene così preda perfetta per l'islam radicale.
Va sottolineato inoltre che, nell'ambito dell'islam puritano, la repressione sessuale è estremamente rigorosa. In Algeria non è raro trovare giovani uomini, al di fuori delle città, che a 30 anni non hanno ancora avuto esperienze sessuali. Ecco che allora, alla ricerca di uno status sociale, di qualcosa da fare, forse della sublimazione di mille frustrazioni in uno slancio mistico, molti giovani dallo stato di hittista passano a quello di feddayn. Non si tratta tuttavia di una evoluzione lineare, prima di approdare alla jihad spesso i giovani disoccupati passano attraverso una fase di delinquenza.


2.2 Disoccupati, delinquenti e mujahedin

Dal 1993 il Ministero dell'Interno algerino (retto allora da Sherif Meziane) ha constatato che la maggioranza dei "terroristi" aveva precedenti penali. In effetti l'hittista, escluso dal mercato del lavoro, trova vie alternative per sopravvivere, dal racket ai rapimenti, che gli consentono l'accumulo primitivo di capitale criminale che è poi reinvestito nei traffici più diversi (documenti falsi, droga, veicoli a due o a quattro ruote, integri o in pezzi ecc...) o, ancora, in attività di contrabbando tra l'Algeria e l'Europa.
Nel corso degli anni '80 si formano bande che controllano un quartiere, una città, oppure semplicemente un certo numero di abitazioni. Durante il periodo di legalità del FIS, elementi di queste bande si incontrano con i responsabili politici islamici delle loro zone, vengono conquistati dalla loro abilità oratoria e tremano alle terribili descrizioni dell'inferno che attende i disonesti, i perversi, i corrotti.
Quando la repressione viene avviata dal regime e poi si estende, tra l'estate del 1991 e gennaio del 1992, questi contatti tra "i ragazzi perduti" e gli islamici clandestini meglio organizzati, i salafiti, si sviluppano rapidamente. I delinquenti possono fornire i documenti falsi di cui i mujahedin hanno bisogno; questi ultimi hanno le armi di cui la malavita algerina ha bisogno.
In questo regime di "do ut des", i giovani sfaccendati vengono attivamente "reislamizzati" e predisposti ad azioni estreme. Dal 1992 costituiscono un serbatoio inesauribile di "carne da cannone" per l'islamismo armato algerino. In esso il GIA trova a profusione giovani uomini, duri, violenti e che conoscono a menadito il dedalo di strade, vicoli e grotte delle loro città.
Quanti sono? L'Algeria ha una popolazione di circa 28/30 milioni di abitanti, il 55% è al di sotto dei 25 anni; i due terzi di questi giovani sono disoccupati. Il FIS può contare su 3/4 milioni di simpatizzanti attivi. Si può quindi azzardare un'ipotesi: un milione circa di giovani sono al contempo disoccupati e simpatizzanti dell'islamismo. Se soltanto il 10% di essi sceglie la strada della jihad.......


2.3 La jihad come canale di "riciclaggio" del crimine

Nelle aree periferiche di Algeri, ma anche in altre metropoli algerine, a partire dal 1992 si sono andate formando entità simbiotiche nell'ambito delle quali si trovano associati radicali islamici, "uomini d'onore" e delinquenti comuni. Al vertice vi è un emiro (in origine si trattava spesso di un "afgano") ed il suo mufti, la guida spirituale della jama'a, che formano un tandem estremamente potente che "legittimizza" ogni azione violenta commessa dai mujahedin.
Si tratta di unità molto difficili da sradicare, come il potere di Algeri capirà presto; intorno ad esse si sviluppano traffici ed affari con una parte dei proventi che va a finanziare la jihad in un quadro di estrema compattezza dovuta alla dimensione familiare e di clan. Da qui il lungo lavoro di polizia necessario per individuare questi gruppi, i quali, una volta individuati, vengono attaccati con esiti spesso estremamente violenti e sanguinosi. I mujahedin che sopravvivono si disperdono e fanno opera di reclutamento presso i fratelli e i cugini dei "martiri" caduti per la causa, ed ecco che due, tre nuovi gruppi di fuoco si costituiscono e continuano questa proliferazione che prosegue ormai da quattro anni senza soluzione di continuità.
Questi gruppi armati di base del GIA, molto compatti al loro interno, all'esterno si scontrano continuamente tra di loro in una serie di piccole scaramucce. Se il GIA fosse un esercito regolare, o un corpo di polizia classico non avrebbe grandi speranze di sopravvivenza. Infatti in uno Stato di diritto, quando due reggimenti, oppure delle unità preposte alla sicurezza si scontrano tra loro, si giunge alla guerra civile. Il GIA obbedisce invece ad una sorta di logica mafiosa, tra le sue unità di base la guerriglia è costante per assicurarsi il controllo di un racket fruttuoso, oppure per una semplice questione di onore, o per una violazione di territorio.
Prova della natura pseudo-mafiosa del GIA è l'importanza della figura dell"autista Nell'ambito della società borghese, oppure dei gruppi terroristici classici, la figura dell'autista non è assolutamente considerata prestigiosa. Al contrario in un'organizzazione di tipo mafioso, portare il capo è un onore, è un segnale di fiducia. L'autista conosce i nascondigli, è presente agli incontri, ascolta le confidenze del capo. L'autista del padrino viene spesso considerato il numero due dell'organizzazione. Almeno due degli emiri nazionali del GIA (Abdelhaq Layade e Sherif Gusmi) erano stati in precedenza autisti dei loro predecessori.
Entità ibrida in perenne mutamento, il GIA si evolve ad un ritmo ben più rapido dei gruppi terroristi del periodo della Guerra Fredda. Un esempio per tutti: fondato nel 1974, il Fatah-Consiglio rivoluzionario ha ancor oggi Abu Nidal come suo capo riconosciuto. Il GIA ha già "consumato" 7 emiri in cinque anni... (3)


3. Il GIA: ideologia, organizzazione e finanziamento



3.1 L'ideologia del GIA

Influenza. Prima della creazione vera e propria del gruppo, l'influenza più forte sui suoi futuri fondatori è stata senza dubbio quella del "Takfir wa'l Hegira" (Anatema ed Egira), (4) denominazione attribuita in origine dalla stampa egiziana ad una setta fondamentalista estremista che si era autodefinita "jama'a". Per i suoi aderenti, un musulmano che intrattiene anche un minimo contatto con lo Stato laico (per esempio, anche iscrivendo un bambino alle scuole comunali) è un apostata.
Smantellato in Egitto nel 1977 ed il suo emiro Shukri Mustafa giustiziato nel 1981, il Takfir sopravvive nella clandestinità fino al 1995, anno in cui la polizia del Cairo constata che il Takfir è impegnato in attività di reclutamento tra i delusi dei Fratelli musulmani e della Jama'at al Islamiya nel popoloso quartiere periferico cairota di Imbaba, dove ha ormai assunto il controllo di varie moschee "selvagge". Nuclei del Takfir vengono poi scoperti nella provincia di Sharquiya (ad est del delta del Nilo).
Il 10 aprile 1996, il successore segreto di Shukri Mustafa, Abdel Fattah, in fuga da oltre 19 anni e che tutto il mondo credeva morto, viene arrestato ad Amman, da dove dirigeva il suo gruppo da un ufficio di cambio. Poco più tardi, 215 tra quadri e militanti del Takfir vengono scoperti in tutta la Giordania. Oggi si può dire che il gruppo è ben radicato e si estende fino in Europa (Paesi Bassi).
Il Takfir si diffonde in Algeria nel 1974. All'epoca, il più infuocato tra i suoi predicatori è Ahmed Buamra "Abu Ahmed al-Pakistani". Nel giugno 1990, il Takfir algerino è il primo a dar vita alla sua unità armata sotto il nome di "Yaum al-Hissab" (il Giorno della Redenzione). La responsabilità dell'attentato contro una caserma di Guemmar, il 28 novembre del 1991, da parte di una katiba (falange armata) guidata da Tayeb el-Afghani viene attribuita per la prima volta al Takfir algerino.
Obiettivi - Il GIA promuove un islam populista, puritano, messianico, visceralmente anti-sciita. L'ostilità dei suoi fondatori salafiti verso i jazá'iristi (5) lo spinge verso un violento anti-intellettualismo: il loro "orrore" nei confronti del legalismo del FIS li porta inoltre a privilegiare la lotta armata ad oltranza. In effetti, GIA e FIS rappresentano due logiche inconciliabili, due progetti antinomici, due pratiche di guerriglia incompatibili. Il GIA nasce da un rifiuto totale di qualsiasi forma di dialogo con i "tiranni"; dalla fanatica certezza che sedersi al tavolo negoziale equivalga alla dannazione.
Pertanto per il GIA tutto è semplice: il suo obiettivo? L'applicazione della sharia. Il suo programma? Si può riassumere in una formula: "realizzazione del califfato per mezzo della lotta armata" ... "eliminazione dei giudei, dei cristiani e dei miscredenti dalla terra musulmana di Algeria" (al-Ansar n.44 del maggio 1994). Quindi il GIA non dialoga, non discute: di fronte ai tiranni cerca una vittoria per KO, non ai punti.


3.2 L'organizzazione

La struttura del GIA è piramidale. Alla base, vi è un insieme di jama'ate mobili, autonome, auto-finanziate e auto-equipaggiate. Ciascuna di esse obbedisce ad un emiro, scelto dai suoi mujahedin in ragione della sua partecipazione ad azioni armate. Ciascun combattente fa professione di fedeltà al suo emiro; la sanzione in caso di rottura del giuramento è la morte. I quadri del gruppo sono spesso passati per l'unica scuola di formazione riconosciuta dagli militanti armati algerini: i campi di detenzione, nei quali molti di loro hanno trascorso periodi più o meno lunghi tra il 1992 ed il 1994.
Ciascuna jama'a si costituisce sul modello del GIA nazionale: sono necessari una coppia emiro-mufti, una organizzazione embrionale (logistica, nascondigli, reti per il reperimento di armamenti e di medicinali ecc...) segue poi un passaggio rapido alla lotta armata. E' un approccio pragmatico, volto a provare il movimento terrorista in azione, secondo la pratica maoista che prescrive di lanciarsi nella guerriglia per apprendere come fare la guerra. Da ciò scaturisce un brulichio disordinato di piccole unità che si formano con incredibile rapidità e altrettanto rapidamente si sciolgono. Sovente sono in guerra una con l'altra e le alleanze hanno spesso vita molto breve.
Quando dalla base si giunge al vertice tuttavia, il paesaggio muta e diviene ben più ordinato. Ne è la prova il fatto che alla morte di ciascun emiro nazionale, ci si aspetterebbero le convulsioni dell'agonia, la lotta fratricida tra emiri rivali, la sparizione annunciata del GIA. Invece non avviene nulla di tutto questo: le successioni, vere rivelatrici dell'ordine regnante all'interno di una società umana, nel GIA si sono realizzate senza apparenti convulsioni.
A partire dal 1993 il gruppo ha pubblicato i 60 articoli del suo statuto nel bollettino interno clandestino Asshahid (il martire): in essi sono illustrati gli obiettivi, il regolamento interno, disposizioni varie ecc...
Da essi si evince che al vertice vi è il majlis asshura, o assemblea consultiva della quale fanno parte gli emiri delle diverse unità armate e le loro guide spirituali. Il majlis elegge l'emiro nazionale, che poi a sua volta designa un mufti. Questo imam dirige il consiglio della sharia, una sorta di santa inquisizione che orienta l'azione del GIA secondo i dettami della legge islamica e che promulga le fatwat (decreti miranti ad interdire, costringere, condannare ecc...)
All'interno dello Stato maggiore dell'emiro nazionale, vi sono 4 commissioni: armamenti, nascondigli, finanze ed operazioni. Basta aggiungere un efficace sistema di comunicazioni ed una guardia pretoriana e si ottiene una struttura leggera, flessibile, facilmente riproducibile ai livelli inferiori (jama'a o katiba).


3.3 Il finanziamento

Intorno a ciascun emiro, si sviluppa una serie di circoli concentrici d'individui che vanno dall'islamista puro, convinto al delinquente comune che si è dato alla causa per il gusto dell'avventura e per interesse personale. L'emiro gestisce anche il monopolio dell'estorsione sul suo territorio (racket ai danni di commercianti e industriali, rapine in banche o negozi ecc...). Egli "tassa" inoltre l'economia sommersa locale che, proprio in virtù della carenza di quasi tutti i generi di prima necessità, svolge una funzione di primaria importanza. Il mercato nero della valuta, il contrabbando, l'import-export, i "pedaggi" da pagare sulle strade utilizzate per il trasporto delle merci: sono questi i mezzi per finanziare senza grosse difficoltà le strutture leggere dell'organizzazione e per stipendiare numerosi giovani senza alcuna risorsa alternativa.
Pagando un involontario omaggio al liberalismo economico, le kata'ib o i maquis sabotano ripetutamente le ferrovie, incendiano veicoli delle società di Stato e spingono così merci e viaggiatori verso le imprese private. Queste ultime manifestano poi la loro riconoscenza per i vantaggi ottenuti offrendo finanziamenti alla Causa. Questo quando non si tratta invece di datori di lavoro filoislamici che hanno discretamente suggerito all'emiro locale di "sbarazzarli" di un importuno concorrente nazionalizzato... Parallelamente gli estremisti islamici favoriscono lo sviluppo del contrabbando, settore illegale nell'ambito del quale sono particolarmente ben inseriti.
L'emiro dispone infine di un altro potente strumento di autofinanziamento: il rapimento in Algeria dei parenti degli emigrati. L'individuo rapito viene poi rilasciato dietro pagamento di somme in denaro, o di beni utili alla jama'a (medicinali, armi, munizioni ecc...), il tutto da consegnare "a domicilio" oppure in Francia. La famiglia emigrata può inoltre essere costretta ad ospitare clandestini.


3.4 Le parole chiave del vocabolario islamico del GIA

Emiro: L'emiro non è il fuhrer o il caudillo del GIA, ma il suo Comandante in Capo, in questo sta la differenza con altri gruppi. Nell'islam originale propugnato dai salafiti il titolo militare, emiro, viene opposto a quello di califfo (Khalifa = successore del Profeta, guida politica).
Jama'a (jama'at): (gruppo, associazione) è l'unità di base del GIA, un nucleo omogeneo (in base a rapporti di famiglia, di clan o di amicizia) circoscritto, formato da 20 fino a 40 giovani, spesso disoccupati e/o delinquenti, vagamente reislamizzati. Polimorfa, la jama'a conduce parallelamente azioni di criminalità economica, di violenza sociale e di terrorismo per conto del GIA, al quale si auto-affilia per consenso.
Katiba (kata'ib): (compagnia, falange "militare"). Una katiba al-shuhadá (falange dei martiri) si è resa responsabile dell'attentato contro la Casa della Stampa ad Algeri, nel febbraio 1996 (20 morti e 50 feriti). Oppure la katiba al-meut (falange della morte) che ha l'incarico di assassinare nel circondario di Algeri. Obiettivi sono prima di tutto i simboli del potere o della società "empia": uomini politici, scrittori, giornalisti, funzionari, medici.... i quali vengono uccisi con metodi deliberatamente primitivi, efferati. Per motivi simbolici, vengono sgozzati, i corpi mutilati ecc... Contrariamente al maquis, struttura più estesa e complessa, la katiba non mira al controllo del territorio.
Il passaggio da una katiba ad un maquis viene sottoposto a procedure rigorose: l'aspirante deve almeno aver sottratto l'arma ad un membro delle forze di sicurezza, dopo averlo assassinato. Oppure deve aver sgozzato pubblicamente un "empio" originario del suo villaggio; tutto questo per garantirsi contro il rischio di infiltrazioni di talpe del regime.
Diffusi soprattutto nei massicci montagnosi (Atlante di Blida, Aurés, la Kabilia ecc.....) i maquis hanno come obiettivi prioritari le strade: controllano i viaggiatori, le mercanzie, confiscano beni e documenti di identità, rubano o distruggono veicoli appartenenti a società di Stato, impongono pedaggi, talvolta uccidono agenti del regime oppure massacrano passeggeri di autovetture o autobus.
In conclusione è importante sottolineare che :
- il GIA presenta una certa coerenza nel suo orientamento ideale, continua per esempio ad esigere la liberazione di Abdelhaq Layada, suo emiro detenuto;
- ha una capacità di apprendimento molto sviluppata: i suoi primi mujahedin sono passati da ordigni ultra-primitivi all'uso della "polvere nera" e all'autobomba, una tecnica terroristica molto sofisticata, in brevissimo tempo;
- ha una strategia propagandistica estremamente efficace: oggi il GIA gode di una notorietà, certamente negativa, ma sicuramente diffusa in tutto il mondo;
- esegue implacabilmente tutte le sue minacce.
Infine, secondo fonti locali, il GIA si è col tempo organizzato in forma sempre più efficiente, un po' secondo il modello dell'Hezbollah libanese. E' passato cioè dallo stato di banda terrorista a quello di milizia organizzata.


4. Il GIA al di fuori dell'Algeria

Tema di questo studio è la situazione dell'islamismo armato all'interno dell'Algeria. In tale ottica quindi lo sviluppo all'estero, le reti europee del GIA e di entità analoghe non dovrebbero essere al centro della nostra attenzione. Riteniamo, tuttavia, di dover sottolineare alcuni aspetti in questo campo, considerato che fin dalla sua creazione, alla fine del 1991, il GIA ha cercato ed è riuscito a diffondersi e radicarsi un po' alla volta in tutta l'Europa, in gran parte del Maghreb e fino al Medio Oriente.


4.1 Il ruolo degli "Afgani"

Nell'Afganistan degli anni '80, gli algerini hanno combattuto principalmente per tre grandi movimenti politico-militari impegnati nella jihad anti-sovietica:
- el-Hezb el-Islami (di Gulbuddin Hekmatyar);
- el-Ittehad el-Islami (di Abderrassul Sayyaf);
- la maggioranza degli "afgani"algerini, una vera e propria legione algerina in Afghanistan, ha combattuto al fianco del "moderato" Ahmad Shah Massud (tagiko del Panshir). Verso la fine degli anni '80, almeno una decina di agguerriti quadri algerini figurano nello Stato maggiore della Jamia el-Islami di Massud.
All'origine dell'alleanza tra Massud e gli algerini vi è un palestinese, Abdallah Azzam, responsabile della pubblicazione "al-Jihad", ucciso con un'autobomba a Peshawar nel novembre del 1989. Azzam, prima militante del Fatah, negli anni '70 si avvicina ai Fratelli musulmani giordani e nel 1980 si trasferisce a Peshawar. Da lì, grazie ai finanziamenti sauditi, propaganda la jihad in tutto il mondo arabo e recluta migliaia di volontari pronti a combattere gli "empi" sovietici. La sua influenza è molto estesa: una delle sue figlie sposa uno dei luogotenenti di Massud e l'altra un "afgano" algerino, Budjema Bunua. Quest'ultimo giunto in Afganistan nel 1985, diviene un importante "ufficiale di sharia" (un commissario islamico, come poteva essere nell'ambito dell'Esercito ex sovietico un "commissario politico") della Jamia.
E' proprio grazie al collegamento Azzam, Ufficio internazionale dei Fratelli musulmani, Mahfuz Nahnah e sceicchi islamici radicali algerini che circa 3000 giovani volontari provenienti da tutta l'Algeria arrivano in Afghanistan dove vengono addestrati al combattimento.
Dalla fine degli anni'80, tuttavia, si nota che i salafiti, futuri "soldati" del GIA, non si mischiano più con gli altri combattenti algerini (jaza'iristi, Fratelli musulmani ed altri). I primi militanti del GIA aderiranno ad una associazione a metà strada tra l'agenzia di viaggio ed un ufficio di assistenza, denominata "Beyt al Mujahedin" (la casa dei mujahedin); i futuri quadri e combattenti del FIS e dell'AIS si ritroveranno invece in seno al "Beyt al-Mojahirin" (la casa degli emigranti).
Alla fine della guerra afgana, gli algerini in parte rientrano in patria nel periodo del FIS legale; in parte scelgono di rimanere a combattere sui vari fronti dell"intifada mondiale". Nel corso degli anni 1995-96, "afgani" algerini vengono ricercati per missioni speciali in alcune delle zone più calde del mondo per l'attivismo islamico: l'Afghanistan, ma anche la Bosnia, la Croazia, il Libano, il Sudan, la Siria e lo Yemen.


4.2 Reti estere

Originariamente sono i jazá'iristi i più organizzati in quanto la composizione sociale della Jazá'ira la rende più ricca dei gruppi rivali: vi confluiscono emigrati di un certo livello (studenti, funzionari, ingegneri ecc...). Sono dunque i jazá'iristi (Jamel Lounici a Napoli, Ahmed Zawi in Belgio ecc...) che all'inizio del 1992 organizzano le prime reti strutturate in Europa. Queste si occupano della fornitura di armi, munizioni, esplosivi, medicinali, documenti falsi ecc... per le falangi armate in Algeria e facilitano la circolazione di clandestini tra l'Europa, i Balcani, il Maghreb ecc... Secondo le manovre politiche della direzione jazá'irista, queste reti (ormai smantellate) avrebbero operato per i gruppi armati del FIS (il MIA-secondo periodo e poi l'AIS) e per il GIA - a volte per entrambi simultaneamente.
a. Maghreb: Marocco e Libia
Marocco: uno dei compiti della "rete Lunici" (con basi a Napoli e Milano) consisteva nel creare una "wilaya-Marocco" (presidio in Marocco), quale polmone vitale per la guerriglia nell'Algeria occidentale. Nell'ambito di questo progetto, Lounici si era adoperato per mobilitare gli "afgani" marocchini Abdellilah Zyad "Rashid" e Mohamed Zineddin "Said", ex militanti del Movimento della Gioventù islamica marocchina. Nel 1993-94, costoro a loro volta reclutano in Francia giovani emarginati reislamizzati d'origine algerina o marocchina, li convincono a partecipare alla jihad maghrebina. Secondo i metodi tipici del GIA, costoro iniziano a convogliare materiale da guerra verso l'Algeria, attraverso il Marocco, dove si autofinanziano con rapine ed altre attività. Alla fine dell'agosto 1994, sono finalmente arrestati dopo un sanguinoso scontro a fuoco in un grand hotel di Marrakesh. Eppure nonostante questo embrione di "wilaya-Marocco" sia stato messo in condizione di non nuocere più (così come la rete di Lounici in Italia), tuttavia le consegne di armi continuano. Nell'ottobre 1995, la polizia marocchina ha smantellato, nella città di frontiera di Oujda, una rete composta da 16 persone (12 marocchini e 4 algerini), impegnata a far giungere in Algeria armi di provenienza europea, attraverso la Spagna. Fonti attendibili hanno confermato che questo traffico, anche se in forma più "discreta", continua ancora oggi.
Libia: dal marzo 1996, il colonnello Gheddafi deve far fronte ad una grave insurrezione islamica, che continua ad aggravarsi nonostante una feroce repressione. All'origine dei problemi di Gheddafi vi è proprio l'interruzione del processo elettorale e la repressione scatenata in Algeria dal 1992 che ha fatto riversare centinaia di islamici algerini in Libia, da dove, simultaneamente, centinaia di "afgani" sono volati in soccorso dei fratelli algerini i quali dimostreranno loro rapidamente che un unico destino accomuna i due paesi. L'unica differenza sta nel fatto che a Tripoli l'ingombrante famiglia Gheddafi monopolizza il potere, mentre ad Algeri vi è una casta militare.
Nel 1995 appaiono sulla scena libica il Gruppo Militante Islamico Libico (GMIL), il Movimento dei Martiri dell'Islam (MMI), e Ansar Allah (i Partigiani di Dio). Su tutte queste formazioni l'influenza del GIA è evidente. Il 18 ottobre 1995, Abu Bakr al-Sharif, emiro del GMIL, sottolinea: "i militanti del GIA sono nostri fratelli, le loro idee coincidono con le nostre".
Dalla primavera del 1996, la Libia è palcoscenico di una violenta jihad. I terroristi scelgono i loro obiettivi tra le forze di sicurezza ed i quadri dei "Comitati rivoluzionari" (il partito unico). I mujahedin selezionano come loro obiettivo l'ossatura stessa del regime, dal giugno 1996 almeno cinque ufficiali della "tribù" di Gheddafi sono stati assassinati.
Tuttavia il problema più spinoso per la leadership di Tripoli viene dalla costa orientale della Libia, da Bengazi a Tobruk. Gli islamici sono riusciti a creare maquis nel Jebel al-Akhdar, catena montuosa prospiciente il Mediterraneo. Feudo storico della resistenza libica alla colonizzazione italiana tra le due guerre, il Jebel al-Akhdar è divenuto rifugio delle kata'ib islamiche armate, le quali da lì colpiscono in tutta la Cirenaica. Dal giugno '96 le creste del Jebel al-Akhdar vengono bombardate dall'aviazione libica nel tentativo di snidare i mujahedin. Alla luce degli scarsi successi, Tripoli ha deciso di mobilitare anche l'Esercito; a luglio non meno di 40.000 uomini hanno partecipato ad "esercitazioni" nella regione. Tuttavia, all'interno di questi massicci montagnosi, la repressione armata è difficile: di fatto i rastrellamenti, la repressione, il coprifuoco imposto a Bengasi e a Derna non sono serviti a molto.
b. Francia
In una nota della Direction centrale des Renseignements generaux datata 1995, viene sottolineata "la crescente professionalità dei fondamentalisti algerini (presenti in Francia)". Si tratta di uno sviluppo rapidissimo in quanto è soltanto dal 1992 che il GIA ha iniziato la creazione in Francia di strutture analoghe all"Organizzazione speciale" dell'FLN durante la Guerra di Algeria. Nel 1994 l'embrione della "wilaya-Francia" del GIA si era già stabilito nella regione marsigliese. Secondo gli esperti è infatti proprio in quella zona che la trama islamica in Francia è più fitta: 60 moschee e centri di preghiera per le Bouches-du-Rhone; 32 per Marsiglia e di queste 10 tra le più importanti sono sotto l'influenza radicale.
Infatti a Marsiglia, vicina all'Italia ed alla Svizzera, luogo di transito numero uno tra l'Europa ed il Maghreb, a partire dal 1994, vengono notati due sviluppi preoccupanti:
- soppressione di fatto della vendita di alcool nei negozi e ristoranti dei quartieri maghrebini;
- sviluppo esponenziale del numero di seminari politico-religiosi per giovani maghrebini. Secondo testimoni, tali seminari hanno un carattere quasi-clandestino. Vengono svolti di notte, in piccoli gruppi, in luoghi sempre diversi. Gli "eletti" che superano con successo le prove partono poi (ad esempio per l'Afganistan) per completare la propria formazione di mujahedin.
E' Marsiglia il centro dello sforzo islamico per l'invio di denaro e di armi in Algeria, ed è per questo motivo che la città è stata deliberatamente risparmiata dalla ondata di attentati del giugno-ottobre 1995.
c. Resto dell'Europa e Balcani
Nell'aprile 1996 è stata smantellata un'importante rete del GIA operante tra il Lussemburgo, il Belgio e i Paesi Bassi (Rotterdam), grazie ad una operazione congiunta dei servizi speciali belgi, francesi e britannici. A Rotterdam, alcuni elementi, trovati in una base clandestina islamica hanno dichiarato che i capi della rete ricevevano ordini direttamente dalla stato maggiore del GIA; senza dubbio dallo stesso Jamel Zituni. L'operazione era partita nel dicembre 1995 nella regione di Bastogne, nel sud del Belgio, quando nel corso di un pattugliamento notturno due giovani arabi erano fuggiti a bordo di un veicolo sospetto ed avevano lanciato una bomba a mano, ferendo uno dei poliziotti che li seguivano. Grazie ad intercettazioni telefoniche è stata immediatamente scoperta l'esistenza di un nucleo islamico bosniaco nella cittadina di Schifflange (Lussemburgo), uno dei poli di una rete logistica del GIA. L'altro era invece situato a Rotterdam. Tra questi gruppi numerosi contatti in Belgio, principalmente a Bruxelles. Un fucile mitragliatore trovato in un'automobile e residui di esplosivo di una bomba a mano hanno dimostrato che queste armi, provenienti da una base nei pressi di Sarajevo, erano analoghe a quelle in possesso della rete jazá'irista di Ahmed Zawi, smantellata in Belgio nel marzo 1995.
I numerosi arresti effettuati dall'aprile del 1996 a Bruxelles e a Rotterdam, in particolare quello di Ali Mohamed el-Majda, un marocchino membro del GIA, congiuntamente alle diverse indagini compiute in Inghilterra, hanno permesso agli analisti dei servizi speciali europei di penetrare meglio le strutture del GIA, sia in Algeria che in Europa. Essi hanno anche potuto verificare la natura profondamente multinazionale delle organizzazioni islamiche: cittadini bosniaci, (Jasmin Mulashuvic, 19 anni e Nastret Jusuvovic, 21 anni), convivono nella stessa struttura con cittadini marocchini (Mohamed el-Majda appunto) ed algerini.
Altre reti del GIA sono state scoperte nella Repubblica ceca, in Germania, in Svezia ed in Gran Bretagna. In Spagna, in particolare, è stata scoperta dalla polizia spagnola una rete del GIA nella regione di Madrid, specializzata nel trasferimento di clandestini tra l'Europa ed il Maghreb oltre che nell'acquisizione e falsificazione di documenti d'identità algerini, francesi, italiani e spagnoli.
Nell'agosto 1996, fonti vicine ai servizi speciali spagnoli hanno segnalato la creazione di una rete del GIA a Saragozza (capitale dell'Aragona). Gli islamici algerini arrivavano in Portogallo e poi in Spagna, a bordo di autocarri che trasportavano prodotti agricoli. Per infiltrare clandestini in Francia, effettivamente, Saragozza è un luogo ideale per i seguenti motivi:
- è situata sull'autostrada che unisce ad ovest le province basche e la Francia (Saint-Sébastien - Hendaye), e ad est Barcellona e la Catalogna francese. Due frontiere che d'estate in particolare, a causa del flusso turistico, risultano difficilmente controllabili;
- nella città si trova una importante comunità musulmana (vi sono due moschee).
Gli esperti hanno potuto infine constatare, una volta di più, il ruolo fondamentale giocato dalla Bosnia musulmana nel sostegno offerto alle kata'ib algerine. Nel 1995, un servizio informativo occidentale attivo nella ex-Jugoslavia aveva già scoperto una rete che inviava "afgani" nel Maghreb. Tale rete operava da Zagabria (Croazia) sotto la copertura di una società umanitaria, la "al-Kifah Refugee Centre", un centro diretto da Ahmed Hallal el-Hamiani, algerino ex-afgano, vicino a Kamereddin Kherban, uno dei "militari" storici del FIS.





Note:

(*) Pubblicato in "Notes d'information du Laboratoire Minos",Parigi, dicembre 1996.
Traduzione e sintesi a cura della Redazione.
(1) I salafiti rappresentano una corrente del FIS militante, attivista, puritana, popolare, la Salafia. La Salafia è autenticamente reazionaria, considera gli sciiti, nonché i sunniti che ne accettano l'aiuto, eretici. Il nome deriva da "salaf" che in arabo significa "avo" o predecessore: il suo ideale politico è la città di Medina del tempo del Profeta e la società musulmana del tempo dei primi quattro califfi. I salafiti disprezzano il nazionalismo e sostengono che la via ideale da seguire per un musulmano sia la Umma (comunità dei credenti), guidata da un Califfo.
(2) L'AIS nasce il 19 luglio del 1994 dal MIA-secondo periodo. Riconosce l'autorità dei leader incarcerati del FIS, Madani e Belhaj. Segue l'orientamento della corrente salafita del FIS.
(3) Fondatori del GIA: MELIANI Mansuri (nov.91-lug.92), ALLAL Mohamed "Moh Leveilley" (nov.91-sett.92.
Emiri: LAYADA Abdelhaq "Abu Adlane" (ott.92-giu.93);
SI AHMED Murad "Dja'afar el-Afghani" (giu.93-feb.94);
GUSMI Sherif "Abu Abdallah Ahmed" (feb.94-sett.94);
ZITUNI Jamel "Abu Abderrahman Amin" (nov.94.-lug.96);
ZUABRI Antar "Abu Talha" (lug. 96-.....)
(4) L'anno dell'Egira (fuga di Maometto) è l'inizio dell'era musulmana.
(5) Seguaci della Jazá'iria, altra corrente del FIS. Il nome significa Algeria e si caratterizza come corrente nazional-religiosa che intende il proprio attivismo islamico esclusivamente nell'ambito dello scenario algerino, che essa considera prioritario. Nasce in forma clandestina all'Università di Algeri e si identifica in islam urbano, colto, moderno. I suoi quadri sono spesso ex-marxisti reislamizzati, razionali, organizzati, ma molto rigidi intellettualmente.







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1997? roba fresca eh?
by hidda lo spammone fascio Saturday, May. 08, 2004 at 11:49 AM mail:




basta merda

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hiddare il LIKUDNOK NEOCONS
by hanno gia' troppi mezzi Saturday, May. 08, 2004 at 12:33 PM mail:

ai loro piedi

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