Cinquanta no global nel mirino
Cinquanta no global nel mirino I pm Canepa e Canciani concludono la seconda tranche d'inchiesta sulle violenze di strada al G8 In partenza nuovi "avvisi" con le accuse di devastazione
Genova Hanno masticato amaro. Hanno ingoiato più di un rospo e in tante occasioni, non è difficile immaginarlo, si sono morsi la lingua per non rispondere a tono alle polemiche provenienti dal mondo politico. Però il loro lavoro, ora, è concluso. Sono i pm Anna Canepa e Andrea Canciani, titolari dell'inchiesta sugli scontri di piazza del G8: sui vandalismi dei manifestanti violenti, sulla guerriglia strada per strada. Ormai sono pronti gli avvisi di conclusione delle indagini per la seconda tranche dei loro accertamenti, dopo quella che (il processo è in corso da settimane) vede 26 imputati alla sbarra con le accuse di devastazione e saccheggio. Altri 50 giovani sotto accusa, che saranno raggiunti dalla comunicazione nei giorni prossimi, una volta conclusi gli ultimi dettagli. La procura ha deciso così ancora una volta (nonostante i mal di pancia affiorati nel corso dei summit tra gli inquirenti) di rispondere con i fatti alle accuse. In particolare quella sollevata, a più riprese, dal vicepremier Gianfranco Fini: «I magistrati genovesi hanno messo sotto accusa più poliziotti che devastatori», facendo esplicito riferimento ai fatti della Diaz e di Bolzaneto. E se non è una conta numerica a poter qualificare la bontà di un'indagine, certamente questo secondo snodo dell'inchiesta servirà a mostrarla nella sua completezza. Non mancano però, come vedremo, ulteriori problemi. Nel frattempo i fatti: nel mirino dei pm ci sono i quattro giovani del centro sociale Askatasuna di Torino, che hanno vandalizzato le scuole di Quarto, concesse dalla provincia per l'ospitalità ai manifestanti. Poi ci sono i teatranti austriaci del Volkstheater Karavane: arrestati durante il G8, poi scarcerati con una decisione a sua volta annullata dalla Cassazione. La procura è convinta che alcuni esponenti del gruppo siano stati effettivamente protagonisti degli scontri. Ancora: due gruppi di tedeschi che, a loro volta, erano finiti in manette nei giorni del summit dei Grandi. Ancora: posizioni isolate, con le sole accuse di resistenza e danneggiamento, e altri piccoli manipoli di teppisti, che hanno agito in maniera isolata. Indagini troppo lente? L'intento della procura è quello di giungere a un processo-bis per le violenze del luglio 2001. Un solo secondo, grande processo contro i devastatori, che raggruppi tutte le posizioni. Per omogeneità. Ma, soprattutto, per esigenze organizzative che affondano le loro radici nella resistenza umana: i due pm, già impegnati nel procedimento in corso per devastazione e saccheggio, devono seguire anche le indagini sulle bombe degli anarco-insurrezionalisti contro la polizia, quelle contro il terrorismo interno in genere e contro la criminalità organizzata. Forze troppo esigue? E' una polemica già affiorata in passato e che ha ripreso corpo in questi giorni per spiegare il malumore che sembra contrapporre gli uffici della procura alla polizia. Due magistrati per centinaia di episodi di violenza sulle strade, sei per le vicende che toccano le forze dell'ordine. La procura smentisce ogni problema interno. Il procuratore capo Francesco Lalla individua le difficoltà delle indagini soprattutto «nel comportamento delle polizie straniere, che non ci hanno fornito una sola identificazione e sull'oggettiva difficoltà di individuare chi ha agito a volto completamente coperto». Intanto, però, l'inchiesta sugli scontri è giunta al suo secondo snodo decisivo. E gli avvisi-bis contro i violenti del G8 stanno per partire. Marco Menduni 20/05/2004
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