Quando la distanza tra la realtà rappresentata ed i fatti si fa siderale, verità per adulti e sciocchezze per i bambini, non disturbate i manovratori con sottigliezze etiche, non avete l'età.
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Nei giorni dal 3 al 6 di giugno, si è tenuto a Stresa l’annuale incontro del Gruppo Bilderberg. Il gruppo attira da cinquant’anni la curiosità di tanti, ma la stampa sembra ignorarlo a dispetto delle personalità convenute, di norma un parterre che farebbe sembrare il G8 una riunione di quartiere. Il gruppo comprende anche fior di rappresentanti dei media, e forse questa è la chiave che ne assicura la sottovalutazione e il fatto che non se ne parli diffusamente. Ogni anno alcuni tra i piu’ potenti rappresentanti del capitalismo e della politica atlantica si riuniscono a porte chiuse, non è dato sapere di cosa discutano, e neppure chi siano ufficialmente i partecipanti.
Sfidando questo ridicolo alone di segretezza, quest’anno il meeting è stato posto per la prima volta all’attenzione dei media da alcuni altermondisti, per la prima volta sulla soglia della riunione Bilderberg stazionavano giornalisti e fotografi.
Il risultato è stato deludente, la stampa si è limitata a spaziare tra commenti da gossip e pezzi insapori fondati piu’ sulla fantasia che sulle fonti. Con la fortuna dei principianti, o forse grazie alla non appartenenza ad alcun blocco di interessi, sono stato scelto da uno dei partecipanti per una chiacchierata sull’evento, ha risposto al volo alla mia richiesta e ci siamo incontrati per due volte in una giornata come per caso.
Tutto molto gratificante, sensazioni a cavallo tra grosse perplessità ed enorme curiosità. La fonte è quindi interna al meeting stesso. Nonostante non sia un personaggio dell’inner circle ( il circolo interno che dirama gli inviti e tesse la trama del gruppo), anche questo intervistato ha largheggiato in omissioni ed è parso restare comunque entro ben precisi paletti. La deferenza con la quale il mio interlocutore ha parlato degli “ospiti”, mi ha lasciato la sensazione di un giudizio influenzato da qualcosa di più del pur enorme peso economico che questi rappresentano.
Tutte le mie curiosità sul “rito” Bilderberg sono state banalizzate e non esaudite, mantenendo la rappresentazione dell’incontro in un quadro di “franco dibattito” tra persone che hanno poco tempo per discutere tra loro al riparo da orecchie pronte a chiedere conto di ogni affermazione. Resta la sensazione di una consorteria, una aristocrazia del business internazionale, espressione di quella parte del capitalismo americano che ha sempre guardato all’economia in chiave globale, contrapponendosi, ma solo fino ad un certo punto, alla visione piu’ “America first” dei settori del capitalismo americano legati ad una visione nella quale America rules.
Ai convenuti al meeting interessano gli assetti dell’economia mondiale, perché è in quel brodo che cuociono le proprie strategie e consolidano il loro potere. In questa edizione pare sia arrivata al limite la tolleranza per le politiche neo-conservatrici americane, la situazione geopolitica mondiale appare pessima e diversi allarmi si sono levati. La politica di controllo della risorse energetiche manu militari, se da un lato assicura il possesso o il controllo dei giacimenti di gas e oli combustibili, e dei relativi contratti, dall’altro non ne assicura automaticamente lo sfruttamento. Quasi tutte le compagnie lamentano che di fronte ad enormi disponibilità potenziali, lo sfruttamento reale sia minacciato ovunque o quasi sul pianeta, le recenti polemiche sulle riserve, e la situazione ad esse sottesa, sono più di un campanello di allarme. In questo quadro preoccupa moltissimo la situazione dell’Arabia Saudita, della quale piu’ d’uno dei Bilderberg conta i giorni.
Non sono bastate la guerra all’Iraq, la dislocazione delle basi americane fuori dal paese, e neppure proteggere i sauditi dalle accuse in relazione al 9/11; la dinastia pare condannata, il paese è percorso da una rete che compenetra esercito e servizi di sicurezza e la famiglia al-Saud non pare avere margini di manovra. Pur procurando enormi guadagni all’industria bellica occidentale e alle compagnie petrolifere, e non avendo mancato l’obbiettivo di aver occupato i campi petroliferi in funzione anti-orientale, la situazione nella penisola arabica ed in Iraq si avvia verso criticità altissime.
Le previsioni declinano verso un aumento della bellicosità nell’area e ad un periodo di guerre civili che scuoterà la penisola arabica. La Cina pervade i discorsi degli illustri ospiti quasi quanto il medioriente, il gigante asiatico è ormai dentro il sistema internazionale del commercio ed il suo strapotere in tema di quantità e costo della forza lavoro, sia essa o no qualificata, non appare in alcun modo contrastabile, se non lottando su altri piani. Lotta che è assai contrastata, dal fenomeno della pirateria totale sui modelli occidentali, fino alla minaccia di scegliere standard diversi per le telecomunicazioni, la Cina conduce una gara truccata senza che nessun arbitro possa ammonirla, i pesanti interessi occidentali in Cina diventano un ostacolo ad efficaci politiche di contrasto, mentre il gap tecnologico è ormai colmato e le università cinesi sfornano migliaia di laureati senza complessi.
In relazione a questi fenomeni sono state esposte pesanti critiche alle leggi in materia di protezione dei diritti di brevetto e di copyright, giudicate inefficaci, in quanto è impossibile avere un controllo reale sulle violazioni, si attende dalla ricerca qualche soluzione pratica, gli esperti hanno affermato che i diversi approcci tentati finora non danno i risultati sperati. L’approccio alla Cina è quindi giocoforza collaborativo ed indulgente verso il gigante asiatico, mentre il controllo del medioriente acquista al contempo maggiore importanza, nessuno sembra avere in mente ipotesi virtuose, si parla di “linee di frattura” già studiate per la frantumazione del paese saudita.
Sul tema della Cina si è esercitato spesso il nostro ministro Tremonti, che è apparso al meeting in un breve omaggio ai presenti, seguito da commenti al vetriolo quando poi ha lasciato l’albergo.
Al Bilderberg, tra i presenti, circolava parecchio risentimento verso l’amministrazione americana e quella italiana. Se i neo-conservatori vengono accusati di rozzezza e visione miope, l’esecutivo italiano risulta oltre il confine del bene e del male, parecchi discorsi si sono concentrati su come raccogliere i pezzi seminati da una prossima esplosione del blocco di centrodestra, in particolare il futuro assetto dei media è stato al centro di numerose conversazioni, dall’assetto del gruppo Rcs al destino di Mediaset, per nulla roseo nella previsione di un fragoroso crollo di Berlusconi, ormai giudicato allo sbando. Ad entrambi viene addebitato un eccesso di esposizione e l’eccessiva violenza nell’aggredire le opinioni pubbliche, cosi’ come la radicalizzazione di certi temi ostili ad un internazionalismo aperto da sempre faro del Gruppo, alfiere di un mondo senza confini ai propri interessi.
In un quadro internazionale tanto scosso, ha destato minore preoccupazione la costituzione del recente asse tra Brasile ed India, anche se è stato affermato che a breve si imporrà una revisione, o almeno una lunga discussione sulla revisione, dei meccanismi che regolano il Wto e la Banca Mondiale sotto la pressione di questi paesi, dei loro alleati e dei gruppi di pressione altermondista che connettono il fronte della critica verso queste istituzioni. Ogni curiosità sulla natura del gruppo è andata insoddisfatta, chi mi ha parlato si è detto all’oscuro di riti, aneddoti e giuramenti diversi dall’impegno alla riservatezza, che non ritiene di aver infranto.
Al meeting hanno partecipato altre persone non incluse nella lista, entrate inosservate nell’albergo, non mi è stato confermato che i momenti d’aula siano stati ripresi a futura memoria, nei momenti liberi si sono formati spontaneamente numerosi gruppi di affinità focalizzati su questioni più circoscritte, il numeroso gruppo italiano è apparso molto attivo, enormi le questioni in ballo nei giorni che seguivano la morte di Umberto Agnelli, la famiglia del quale anima e patrocina fin dalle origini il Gruppo. In bocca resta insoddisfazione, la sensazione di un non-detto abbastanza vasto. I diversi disagi sostenuti per sapere qualcosa di più di questa simpatica comitiva, mi sembrano fuori scala per difendere opinioni pur non molto conosciute.
Certamente alcuni non vorranno che certe opinioni siano associate ai loro nomi, immagino il capo di una banca centrale che critica il proprio governo; nella stessa maniera i giganti dei media potrebbero essere in imbarazzo nel sostenere tesi diverse da quelle rappresentate quotidianamente dai loro stipendiati. Sicuramente alcune tesi esposte da personaggi autorevolissimi potrebbero spostare enormi capitali in borsa.
Siamo tutti bambini, ai quali è meglio celare la verità, i bambini, si sa’, fanno un sacco di domande scomode.
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