Davanti al Carcere di Spoleto
“Terra terra, là dove siamo e non abbiamo mai smesso di essere, è importante praticare una cultura abolizionista, esprimere ovunque l’importanza della libertà, battersi contro ogni forma di sopraffazione, di negazione, di morte annunciata e differita, nell’universale quanto nel particolare, e viceversa. Io diffido di chi vuole abolire le galere ma, intanto, non fa niente affinché chi ci sta dentro non ne sia strangolato o asfissiato: lì vedo avvoltoi alla ricerca di cadaveri da esibire come ridicoli simboli e poveri stendardi." (Riccardo d’Este – da “Abolire il carcere ovvero come sprigionarsi” – Ed. Nautilus – Torino 1990)
Il carcere di Spoleto e' fuori dalla citta' ed ha una desolante architettura da fabbrica dismessa.Sotto il sole a picco di luglio la sua figura ordina lo spazio intorno e ti getta subito in faccia le ombre di una vita sempre piu' governata dal caso e dalla paura. Il primo impulso e' quello di scappare, voltare le spalle a questo enorme edificio-fantasma che ti e' comparso davanti nella febbre estiva di una qualsiasi giornata di sole.
E' sabato mattina e davanti all' ingresso si vede gente che esce o che viene inghiottita da questo edificio che ha il potere di evocare sciami di fantasmi, di rendere terribilmente nitida la pressione e la violenza della societa' in cui vivi.Senza un motivo preciso cominci a sentirti sotto tiro e materialmente vulnerabile.
Costeggiando il muro di cinta, si susseguono uno dietro l' altro dei cartelli: "zona soggetta a sorveglianza armata", " non e' consentito fotografare...", "alt-limite invalicabile"... Sostiamo su una stradina laterale e guardiamo attraverso le inferriate del muro di cinta, ma sembra tutto sfocato, non riusciamo a vedere i contorni delle cose. Non riusciamo ad immaginare le persone che stanno all' interno del carcere, nelle celle.
In una di quelle celle si trova Paolo Dorigo che e' in sciopero della fame fino alla morte per ottenere, come lui scrive: "esami medici e perizia con sintonizzatore universale, allo scopo di porre fine al trattamento di controllo mentale a cui sono sottoposto".Le sue condizioni di salute sono sempre piu' precarie.
A stare fuori davanti a questa prigione capisci subito che puoi fare solo dei reclami semplici, costruire dei piccoli fatti veri e lasciar perdere grandi-idee-vage- armamentario- ideologico perche' alla fine solo la pratica e' veramente irrecuperabile per il sistema. Recuperare l' ideologia astratta e' sempre facile, non produce mai dei cambiamenti reali, non serve a nessuno.
"Il carcere e' un luogo di controllo ed annientamento" : ma e' solo guardandolo qui, ora, che questa verita' diventa qualcosa di piu' che un semplice concetto: diventa una sensazione fisica.
"Difende chi ha contro chi non ha": e questo lo vedi senza pensarlo, attraverso le persone che sostano appoggiati alle macchine, lungo lo stradone che costeggia il carcere, mentre aspettano quelli che hanno accompagnato per un colloquio.
"Il problema di questa istituzione totale non riguarda solo i detenuti ma tutta la nostra stessa vita quotidiana.La societa' capitalistica come sistema di sfruttamento totale ci rende tutti/e oggettivamente dei detenuti che reclamano liberta'": la cosa si comprende appieno, oltre le teorie, a mezzo della paura irrazionale che ti piglia quando arrivi di fronte a questo edificio che chiamano "Casa di Reclusione".
A dispetto dei tanti falsi profeti di turno che annunciano di voler annichilire il sistema e che poi invece non fanno mai saltare nulla esistono, per fortuna, atti e azioni tanto naturali e umane che sono accessibili a tutti/e. Qualcosa che non ha nulla a che vedere con i palcoscenici luccicanti e vuoti di sostanza di certo politicismo e molto a che fare invece con le proprie contraddizioni, con quello che ci spinge a scegliere da che parte stare, ad amare, a odiare a resistere.
Difendiamo la vita di Paolo Dorigo. Liberi Tutti/e
Facciamo tutto quello che e' nelle nostre possibilita' anche quelle piu' semplici: Il 3 luglio davanti al Carcere di Spoleto dalle ore 17,00 presidio in solidarieta di Paolo Dorigo promosso dai compagni e dalle compagne di perugia di "Nessunorganizzazione".
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