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'ndrangheta "un' incredibile vicenda"
by lucignolo Sunday, Nov. 14, 2004 at 12:10 AM mail:  

E “non c’è stato destra e non c’è stato sinistra che non ho avuto da fare io”, (...) “il notaio Gangemi fece da tramite dicendoci di votare Romeo per essere aiutati nei processi”. (...)nel 1996 “abbiamo votato per Amedeo Matacena (Forza Italia ndr.) e l’ultima volta ho votato per l’onorevole Valentino (

Reggio Calabria

Alcuni giorni fa (08/11/2003) la Procura distrettuale di Catanzaro ha emesso sei ordinanze di custodia cautelare e 34 informazioni di garanzia che vede indagati amministratori pubblici della Regione e del Comune e della Provincia di Reggio Calabria, magistrati, avvocati, funzionari ed impiegati dello Stato, appartenenti ai servizi segreti, agenti di polizia, medici, carabinieri e dirigenti di banca.
L'accusa è quella di aver esercitato pressioni e condizionamenti su alcuni magistrati della Procura distrettuale di Reggio Calabria. con l'obiettivo di condizionare le inchieste su presunte collusioni tra ambienti politici e la 'ndrangheta..

Nel gruppo degli indagati ci sono il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino (concorso esterno in associazione mafiosa) Reggino doc,avvocato e consigliere giuridico ascoltatissimo di Fini, e Angela di Napoli, vice presidente commissione parlamentare antimafia-di AN, per cui si ipotizza il reato di violenza o minaccia al corpo giudiziario.Le accuse rivolte contro i due parlamentari sarebbero quelle che si ricavano testualmente dalle intercettazioni telefoniche e ambientali. Pentiti non ce n'è nessuno.
Su Valentino ci sarebbero intercettazioni effettuate nello studio legale di Paolo Romeo (ex ordinovista di Gallico-RC, ex-deputato Psdi e sostenitore politico dello stesso Valentino) da cui emergerebbe un collegamento tra il sottosegretario, l'ex deputato del Psdi e le altre persone accusate. Angela Napoli, invece sarebbe stata in rapporti con Francesco Gangemi (giornalista pubblicista e direttore del Dibattito, che ora i magistrati definiscono l'organo più o meno ufficiale della 'ndrangheta) con il quale ci sarebbe stato un reciproco scambio di informazioni.

"Esprimo piena solidarietà a Napoli e a Valentino, parlamentari unanimemente stimati e da tutti considerati, non solo in Calabria, in prima linea contro la criminalità organizzata". Il vicepremier Gianfranco Fini si schierarsi con forza al fianco di Angela Napoli e Giuseppe Valentino -"Confido che la montatura ordita contro di loro e contro altri amministratori locali venga rapidamente meno per la onestà intellettuale e per la serietà professionale degli inquirenti, di cui non dubitiamo - ha dichiarato Fini - se la magistratura vuole davvero dimostrare di non essere prigioniera di solidarietà corporative e di non volere lo scontro con il
parlamento, la vicenda reggina è un'ottima occasione per farlo".

L'ex missino ha inoltre voluto ricordare che "l'incredibile vicenda vede, nella qualità di persone offese, due magistrati di Reggio Calabria, i dott. Macrì e Mollace, nei cui confronti l'ispettorato del ministero della Giustizia, che ha esaminato elementi documentali, è giunto alla conclusione che Macrì ha "falsificato una sentenza" e che Mollace ha "manipolato con
interferenze pervicaci ed abusivi" le indagini affidategli".

L' ex missino evidentemente ignora che a Giugno,al telefono, F. Gangemi si arrabbia con la vice presidente dell'Antimafia perché non è ancora arrivata l'ispezione contro i magistrati. Ispezione che in una precedente intercettazione telefonica, riassunta nell'ordinanza, la Napoli assicura di aver chiesto al sottosegretario Valentino e «di aver ricevuto ampie assicurazioni in merito».
Per quel che riguarda i due magistrati reggini, al di la' delle conclusioni delle "ispezioni " del ministero della Giustizia ordinate dalla 'ndragheta , risulta che Mollace e' accusato di aver arrestato Orazio De Stefano, uno dei grandi della cosca più potente del
Reggino, da sedici anni latitante.( Non avrebbe dovuto farlo perché non più in servizio alla Dda) ; Macrì invece di aver falsificato un verbale.Un verbale di 26 anni fa (viene accusato ora di aver falsificato un verbale oltre un quarto di secolo fa).

Interrogato in merito ai rapporti tra mafia, politica e imprenditoria, il collaboratore Paolo Ianno' ha ricordato che la ‘Ndrangheta appoggiò la rivolta di Reggio capoluogo specificando che “le cosche hanno avuto sempre un interesse sia nel mondo imprenditoriale sia in quello politico”, ma che era comunque la politica a fare il primo passo. Perché aveva bisogno di voti e perché cercava qualcuno che potesse mettere “il bastone a mezzo alle ruote” degli avversari più temibili. In cambio prometteva l’aggiustamento dei processi. E “non c’è stato destra e non c’è stato sinistra che non ho avuto da fare io”,
(...) “il notaio Gangemi fece da tramite dicendoci di votare Romeo per essere aiutati nei processi”.

Nel 1994, invece, sarebbe stato lo stesso Iannò a chiedere ai democristiani Totò Cameri, ex assessore comunale; Franco Minniti, della Camera di Commercio; Franco Cangemi e Pietro Morabito, ex direttore dell’Asl reggina di “cambiare partito”, di “fare la lista Forza Italia”. In quell’anno, ha spiegato, e nel 1996 “abbiamo votato per Amedeo Matacena (Forza Italia ndr.) e l’ultima volta ho votato per l’onorevole Valentino (sottosegretario alla giustizia ndr.)”, “attraverso influenza diretta” di Franco Benestare, “nipote dei Tegano”. Nel 2001, invece, nelle stesse liste di Forza Italia si presentò Araniti Pietro, “dell’omonima famiglia mafiosa”, il quale avrebbe chiesto a Iannò appoggio elettorale.


Obiettivi delle pressioni comandate dalla 'ndrangheta altri magistrati quali Roberto Pennisi , Giuseppe Verzera.
Cisterna....Tutti con un ruolo nell' operazione Olimpia, risalente al 1995 ..., e che riguardava la cosca reggina dei De Stefano.

Il centro di questa "attivita' di condizionamento dei magistrati DDA " (tramite i suoi collegamenti in ambienti forensi, politici ed amministrativi reggini) e' l'avvocato Giorgio De Stefano, di 56 anni, cugino dei capi dell'omonima cosca di Reggio Calabria.
Tra i registi delle "pressioni e dei condizionamenti" su questi magistrati della procura distrettuale antimafia di Reggio hanno un ruolo di primo piano Paolo Romeo ex missino, ex- Avanguardia Nazionale (attualmente in carcere per associazione mafiosa) ritenuto una figura di spicco nel legame tra mafia calabrese e destra eversiva e Amedeo Matacena jr(vedi *) di Forza Italia figlio di una figura storica della città di reggio, armatore e fra i capi della rivolta degli anni '70.

Emblematica del rapporto tra 'ndrangheta e destra e' la figura di Paolo Romeo il cui nome compare in un inchiesta della Procura di Reggio Calabria, conclusa nello nel Dicembre(1994), relativa alle alleanza fra gruppi fascisti, 'ndrangheta e massoneria durante la rivolta di Reggio. Quell' inchiesta dimostro' l' esistenza di un'alleanza operativa fra Junio Valerio Borghese, Stefano Delle Chiaie, i servizi segreti, Paolo Romeo( allora deputato del PSDI che avrebbe autato Franco Freda ad espatriare nel' 78 in Costariza), le logge coperte della massoneria e la mafia calabrese. In quella stessa inchiesta viene accertato che la strage della Freccia del Sud, il treno che il 22 luglio 1970 deragliò vicino alla stazione di Gioia Tauro , causando 6 morti e 139 feriti fu organizzato da tre fascisti legati alla 'ndrangheta. E fu proprio la ‘Ndrangheta, per il tramite dell’oggi pentito Lauro a procurare a personaggi quali “Pardo, Schirinzi, Silverini e Moro (tutti appartenenti all’area di estrema destra)”, l’esplosivo poi adoperato per l’attentato al treno.

Collegata all' attentato alla "Freccia del Sud" e' la morte di cinque anarchici reggini.
" Aricò, Casile, Scordo, Lo Celso e Borth: erano stati uccisi in un finto incidente poiché in quella stessa estate del 1970 avevano capito che il deragliamento della Freccia del Sud non era stato causato dalla vetustà della linea ferroviaria e dai binari malandati, ma da un attentato escogitato in tandem tra 'ndrangheta ed eversione nera. Lo scopo:allarmare ulteriormente l'opinione pubblica ed esasperare quel clima che si era creato in Italia grazie alla cosiddetta "strategia della tensione". Presumibilmente dunque i cinque anarchici morti a Ferentino avevano le prove di “quell'alleanza" e le portavano a Roma per denunciarle alla magistratura e all'opinione pubblica....nella capitale non sarebbero mai arrivati. "

Da ricordare in questa vicenda insabbiata la singolare “coincidenza” che vede i camionisti coinvolti nell’incidente autostradale – e poi scagionati da ogni responsabilità – dipendenti della ditta di Junio Valerio Borghese; il misterioso decesso, qualche anno dopo, del colonnello Bonaventura – dirigente dei servizi di controspionaggio e braccio destro del generale Miceli, capo del Sid –, che aveva curato “un’informativa” riservata sulla morte dei cinque anarchici; le rivelazioni, infine, fatte nel 1993 dal mafioso pentito Giacomo Lauro, secondo cui il disastro ferroviario di Gioa Tauro fu di origine dolosa e fu provocato dalla “’ndrangheta”, su commissione del “Comitato d’azione per Reggio capoluogo”.

A rendere sempre più plausibile l’ipotesi che dietro le sembianze dell’incidente stradale a Ferentino si celasse un vero e
proprio omicisio ci sono le dichiarazioni di un pentito chiave per la lotta alla ‘ndrangheta, Giuseppe Albanese.
Questi confidò ai magistrati che in un colloquio con un legale di Pizzo Calabro, l’avvocato Barbalace - tra l’altro coinvolto a Vibo Valentia,nel sequestro dell’imprenditore D’Amato – con il quale scontò un periodo di comune detenzione all’interno del
carcere di Lecce, aveva appreso che la morte degli anarchici era stata ordita da uomini alle dipendenze di Junio Valerio Borghese.


Paolo Romeo compare anche nell' inchiesta "sistemi criminali" della Procura di Palermo (poi archiviata per "scadenza termini indagine"). Secondo i magistrati della procura di Palermo i boss di Cosa nostra fra il 1991 ed il 1993, con l'appoggio
della massoneria deviata e dell' estrema destra, progettavano un golpe, volevano dividere il meridione dal resto d' Italia.
Paolo Romeo viene definito «l’anello di congiunzione tra la struttura mafiosa e la politica» per la Calabria nonché «l’elemento di collegamento fra Cosa Nostra siciliana e la ‘ndrangheta reggina».

Indagati con Paolo Romeo, Licio Gelli, Stefano Menicacci, Stefano Delle Chiaie, Rosario Cattafi, Filippo Battaglia, Toto'
Riina, Giuseppe e Filippo Graviano, Nitto Santapaola, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Giovanni Di Stefano, Giuseppe Mandalari. Secondo la tesi della Procura, Cosa nostra "voleva farsi Stato", e avrebbe tentato di abbracciare "un golpe separatista". I capimafia, Riina, Provenzano, Madonia e Santapaola avrebbero deciso nel 1991 una "strategia della tensione" (omicidio di Salvo Lima, stragi di Capaci e via D'Amelio, gli attentati a Roma, Firenze e Milano), che sarebbe poi stata affiancata da un piano, proposto da Licio Gelli, Stefano Delle Chiaie e Stefano Menicacci, che prevedeva "un nuovo progetto politico": la creazione di un movimento meridionalista e la nascita delle Leghe meridionali. Il progetto, pero', alla fine del 1993 si interruppe: secono i pm la mafia cambio' gli appoggi politici e "furono dirottate tutte le risorse - scrivono i magistrati - nel sostegno di una nuova formazione politica nazionale apparsa sulla scena"

Nel 1996, nel processo per il delitto Pecorelli-processo Andreotti, il pentito Giacomo Lauro, ex uomo della 'ndrangheta parla del progetto elaborato per consentire la fuga dell'estremista di destra Franco Freda e anche del progetto di Freda e Paolo Romeo di organizzare in Calabria una "superloggia" massonica. Secondo Lauro, inoltre, Romeo, arrestato per la fuga di Freda, fu detenuto nel carcere d i Reggio Calabria nella stessa cella in cui era rinchiuso Paolo De Stefano, "a dimostrazione - secondo Lauro - dell'affiliazione dell'ex parlamentare alla 'ndrangheta. Lauro ha anche detto di avere ricevuto in carcere confidenze e particolari sul ruolo che Paolo Romeo avrebbe avuto nella 'ndrangheta, nella massoneria, nei servizi segreti e nell'eversione di destra dallo stesso Paolo De Stefano, ucciso in un agguato a Reggio Calabria nell'ottobre del 1985. Il pentito ha riferito infine degli "appoggi elettorali" che Romeo avrebbe avuto da diverse famiglie mafiose di Reggio Calabria.

In Calabria, nel biennio 1969 - ’70, si verificarono più episodi emblematici del rapporto che gruppi della ‘Ndrangheta stavano stabilendo con il mondo della destra eversiva. Un rapporto diretto, da alcuni "uomini cerniera", quali Felice Genoese Zerbi e Paolo Romeo.

"Più volte la ‘Ndrangheta fu richiesta di aiutare disegni eversivi portati avanti da ambienti della destra extra-parlamentare tra cui Junio Valerio Borghese;", ha dichiarato nel maggio del ’93 il collaboratore Giacomo Lauro, "il tramite di queste proposte era sempre l’avvocato Paolo Romeo, sostenuto da Carmine Dominici, da Natale Iannò e Domenico Martino, che appartenevano al clan opposto a quello ‘destefaniano’ e cioè a quello dei ‘tripodiani’. I De Stefano erano favorevoli a questo disegno ed in particolare al programmato ‘golpe Borghese’; mentre invece furono contrarie le cosche della jonica tradizionalmente legate ad ambienti democristiani [...] Lo stesso avvocato Romeo si fece promotore, all’epoca, di un incontro avvenuto nella città di Reggio Calabria, e precisamente nel quartiere Archi, tra Junio Valerio Borghese ed il gruppo capeggiato allora da Giorgio de Stefano e Paolo de Stefano. Eravamo nell’estate del ’70. A questo incontro ero stato inviato anch’io da Giorgio de Stefano, ma non ci andai."

Stando ad altra ricostruzione fornita da Vincenzo Vinciguerra, la ‘Ndrangheta avrebbe mobilitato, la sera del golpe, ben 1.500 uomini armati ed era pronta, all’occorrenza, a metterne a disposizione altri 2.500.

Il collaboratore di giustizia Filippo Barreca, il quale, nel corso del 1979, ebbe l'incarico di ospitare nella sua abitazione di Pellaro, frazione di Reggio Calabria, il latitante Franco FREDA, all'epoca imputato per la strage di Piazza Fontana riferisce:
"Ho partecipato ad alcuni degli incontri avvenuti a casa mia tra Freda, Paolo Romeo e Giorgio De Stefano. Tali discorsi riguardavano la costituzione di una loggia super segreta, nella quale dovevano confluire personaggi di 'ndrangheta e della destra eversiva e precisamente lo stesso Freda, l'avvocato Paolo Romeo, l'avvocato Giorgio De Stefano Paolo De Stefano Peppe Piromalli, Antonio Nirta, Fefè Zerbi. (...)
Ricordo benissimo, come ho già detto in altre occasioni, che Freda ebbe a dirmi che se fosse stato condannato avrebbe fatto rivelazioni che potevano far saltare l'Italia, intendendo riferirsi ai suoi collegamenti con i servizi di sicurezza ed il Ministero dell'interno"




*
"AmedeoMatacena di Forza Italia
figlio di una figura storica per la città, armatore e fra i capi della rivolta degli
anni '70
Amedeo Matacena jr, figlio dell’ armatore Amedeo Matacena, il fondatore della società di navigazione Caronte la prima compagnia privata ad effettuare il servizio di traghettamento nello Stretto di Messina morto nell’ agosto scorso, ha iniziato la sua carriera politica con il Pli diventando consigliere regionale alla fine degli anni ‘80. Nel ‘94 è stato eletto deputato per il centrodestra ed è passato a Forza Italia, ottenendo, nelle politiche del ‘96, la riconferma al seggio in Parlamento. Coinvolto nell’inchiesta denominata Olimpia 3, Amedeo Matacena è stato rinviato a giudizio il 14 luglio 1998 e, il 13 marzo 2001, è stato condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra gli elementi di accusa c’ erano le dichiarazioni di 18 collaboratori di giustizia secondo i quali Matacena avrebbe intrattenuto rapporti con elementi mafiosi in occasione di alcune competizioni elettorali. La sentenza è stata poi annullata il 22 luglio dello scorso anno dalla Corte di Cassazione e successivamente, nel dicembre 2003, dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria. La Cassazione, infatti, si è pronunciata sul conflitto di attribuzione sollevato dall’ ex presidente della Camera, Luciano Violante, in relazione alla dichiarazione di contumacia fatta dalla Corte d’assise di Reggio nei confronti di Matacena, che non si era presentato davanti ai giudici adducendo un impedimento giustificato, a suo dire, dai suoi impegni parlamentari. La Corte non aveva riconosciuto l’ impedimento ed aveva dichiarato la contumacia dell’ imputato. Il nuovo processo di primo grado contro Amedeo Matecana è stato fissato per il gennaio prossimo."




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Complimenti lucignolo!
by liscio Sunday, Nov. 14, 2004 at 2:44 AM mail:  

Davvero ben scritto, e ben corredato..

..altro che quel minchione del "Lucignolo" di Italia 1!!!!!

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i cugini gangemi
by lucignolo Sunday, Nov. 14, 2004 at 11:36 AM mail:  

http://italy.indymedia.org/news/2004/11/678091.php

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i cugini gangemi
by lucignolo Sunday, Nov. 14, 2004 at 11:37 AM mail:  

Francesco Gangemi. E' il direttore del "Dibattito", è stato sindaco Dc di Reggio per sole tre settimane dopo l'arresto di Licandro (luglio '92). Suo cugino, che porta il suo stesso nome e cognome ma è più vecchio di lui, è stato condannato a 10 anni di reclusione perché già luogotenente negli anni '80 della Nco di Raffaele Cutolo presso la cosca dei De Stefano.

Il periodico ha grande diffusione nelle carceri e sostiene la campagna di stampa che vuole coinvolgere i pm Enzo Macrì e Francesco Mullace nel processo che si celebra a Messina sul conto di
Lembo e Alfano e sulle connivenze tra Cosa Nostra e la magistratura messinese. Prende ordini, come documentano le intercettazioni telefoniche e ambientali, da Paolo Romeo. "Dobbiamo distruggere questi magistrati", gli dice nel gennaio 2003. Sono gli stessi giorni in cui lui "pianifica un
attacco contro Vigna" forte di quegli che gli vengono annunciati come "documenti esplosivi" sul procuratore nazionale antimafia.

"Angela Napoli, vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia, sembra invece tenere Gangemi in gran conto. Gli atti dell'inchiesta documentano almeno quattro colloqui telefonici. Il 3 aprile 2003, la Napoli "invita Gangemi a inviarle un promemoria da utilizzare per la stesura di un'interrogazione parlamentare". Quella che presenterà il 5 maggio di quell'anno sollecitando provvedimenti a carico del pm Mollace. Il 29 aprile, "su pressione di Gangemi, chiede al sottosegretario Valentino di inviare un'ispezione ministeriale negli uffici reggini spiegando a Gangemi di aver ricevuto ampie garanzie". Il 13 agosto, "Gangemi contatta la Napoli, tornando a sollecitare l'ispezione". Cosa che tornerà a fare in ottobre, "sollecitando anche l'invio della documentazione
che la Napoli ha rassegnato al Parlamento in luglio" sulla vicenda reggina. A Reggio, l'ispezione arriverà. Come arriveranno i procedimenti disciplinare a carico dei magistrati Enzo Macrì e Francesco Mollace."

In una delle conversazioni intercettate, Francesco Gangemi, direttore del periodico ''Il Dibattito'', si rivolge in questi termini all' ex deputato del Psdi Paolo Romeo, avvocato nonche' presunto capo del comitato politico-affaristico che avrebbe ordito la presunta trama contro i magistrati: ''Tu mi devi dare le cose di Boemi perche' io ora incomincio con lui, lo ammazzo!''.

La persona cui fa riferimento Gangemi nella conversazione con Romeo e' Salvatore Boemi, all' epoca dei fatti coordinatore della Procura distrettuale di Reggio Calabria.

''Il titolo che ho - aggiunge Gangemi nel dialogo con Romeo - e' questo: 'Noi lo sapevamo' e sotto..'Boemi come uomo possa essere uno...stupido...e' soprattutto un vigliacco'..''. Romeo: ''Cosi' poi tu..se li vuoi spaccare di nuovo...'' Gangemi: ''Sì, sì, cosi' dobbiamo fare...''

Il dialogo tra Gangemi e Romeo cosi' prosegue: Gangemi: Tu parti con Macri' e ne facciamo due assieme... Romeo: (ride). Gangemi: E non se ne parla piu'...e poi dobbiamo spaccare questo...Questa...questa...questo ricompattamento che c'e' all' interno...''

Nel caso Cirillo l’Anello ( una struttura dei servizi segreti mai scoperta prima. Oggi da documenti inediti emerge che gestì il rapimento Cirillo, fece fuggire Kappler.) giocò in pieno le sue carte.

Nel 1981 Ciro Cirillo, assessore campano della Dc, fu rapito dalle Br a Napoli. Per Cirillo, a differenza che per Moro, la Democrazia cristiana e lo Stato accettarono di trattare con i terroristi, anzi lo fecero attraverso la criminalità organizzata. È Adalberto Titta (sedicente "colonnello del Sismi" ) in persona che tratta in carcere con Raffaele Cutolo, il capo della Nuova camorra organizzata (Nco). Titta entra nel carcere di Ancona per concordare direttamente con Cutolo la liberazione di Cirillo

" Personaggio di congiunzione tra l’Anello e il boss della Camorra è Francesco Gangemi(omonimo e cugino di F. Gangemi direttore del "dibattito"), esponente di primo piano della Dc calabrese, avvocato di Raffaele Cutolo, ma anche grande amico di Adalberto Titta. Fu proprio Gangemi – affermano alcuni testimoni dell’inchiesta – a presentare Cutolo a Titta per permettergli di intervenire nell’affare Cirillo. "Il Cutolo non avrebbe mai accettato di prendere parte ad alcuna trattativa se il Gangemi non avesse garantito per il Titta", assicura il supertestimone Ristuccia. Il legame Titta-Cutolo-Gangemi-Anello può dare un contesto ad alcune sibilline affermazioni fatte dal capo della Nco. Nel 1993 Cutolo diceva, a proposito della vicenda Cirillo, che in tanti "fecero la fila da me, ad Ascoli Piceno, e quel Titta dei servizi segreti era disposto in cambio dei miei favori a far eliminare i miei nemici". E aggiungeva: "Avrei potuto salvare la vita dell’onorevole Moro perché, grazie a informazioni ottenute da alcuni membri della banda della Magliana, avevo saputo dove era la sua prigione. Mi incontrai con il sedicente "inviato di Cossiga" che mi promise persino sconti di pena. Ma in seguito ricevetti una visita del mio fedele luogotenente Vincenzo Casillo, latore di un messaggio di alcuni politici campani: "Don Rafè, facitevi ’e fatte vuoste" "

Raffaele Cutolo, capo della Nuova camorra organizzata replicando lo schema dei pentiti di mafia, ha affermato che durante il sequestro di Moro venne contattato per individuare il luogo presso il quale lo statista democristiano era imprigionato. Cutolo ascoltato dal giudice istruttore Otello Lupacchini, titolare dell'inchiesta sulla banda della Magliana , ripete che a richiedere il suo interessamento era stato l'avvocato Francesco Gangemi, come già altre volte aveva dichiarato.



Nel 2001, gli "onorevoli" Bergamo e Matacena fanno un' interrogazione parlamentare a "carico" del procuratore della Repubblica di Catanzaro la dottoressa Silvana Miranda Grasso, magistrato in servizio presso il tribunale di Reggio Calabria, quale presidente della prima sezione penale, sporgeva formale rea di aver querelato il famigerato direttore del "Dibattito".
La dottoressa Silvana Miranda Grasso ha secondo gli "onorevoli" attentato al "diritto di cronaca e di critica giornalistica", si e' inoltre opposta all' archiviazione( chiesta da Salvatore Dolce, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro) dichiarando:

« ... e` sufficiente leggere gli articoli dell’epoca e quelli successivi per constatare come il Gangemi pretenda di disegnare a suo piacimento la pianta organica degli uffici giudiziari di Reggio Calabria,
« eliminando » quei magistrati non disponibili a tutelare gli interessi dei suoi amici. Le finalita` della persecuzione del Gangemi, particolarmente accanita nei confronti della scrivente e, poi, anche del proprio coniuge, dottor Franco Greco, inizialmente ricollegata dalla esponente a duecondanne per diffamazione dalla stessa inflitte al Gangemi nel corso della sua attivita` professionale ed evidenziate dalla volonta` ripetutamente espressa di vedere l’allontanamento della scrivente insieme al
proprio coniuge in servizio presso la Corte di Appello e applicato alla Corte di Assise di primo grado di Reggio Calabria per la celebrazione di alcuni gravissimi processi di mafia, sono state manifestate in modo plateale dallo stesso Gangemi nel numero speciale pervenuto di recente nell’esponente...»(...)

a questo punto (si legge nell' interrogazione parlamentareBergamo-Matacena)), la dottoressa Grasso, esplicitamente afferma quanto in precedenza e fino a quel momento solo velatamente illazionava: « ... in esso il querelato prende ufficiale posizione in ordine alla pendenza di separati processi a carico di due politici, Matacena Amedeo e Romeo Paolo, trattati – guarda caso – rispettivamente dalla scrivente e dai proprio marito. Il Gangemi esprime tutto il suo disappunto per le vicende processuali relative... » (seconda e terza pagina dell’atto di opposizione del 28 ottobre 2000);Considerato che: gia` nel primo atto di querela nei confronti del dottor Gangemi la dottoressa Grasso assumeva che: « ... evidentemente, pur di sbarazzarsi della scrivente per se´ o per i propri referenti – e a questo punto sarebbe interessante accertare quali – il Gangemi suggerisce persino ufficialmente e pubblicamente, tanto e` sicuro della sua impunita` , quella che durante la seconda guerra mondiale veniva definita la « soluzione finale » questa volta non degli ebrei, ma della dottoressa Grasso, che dovrebbe essere condotta al punto di togliersi di mezzo con il suicidio... la scrivente, che non ha alcuna intenzione di accontentare l’articolista ne` i suoi referenti, chiede, invece, la punizione del colpevole per tutti i reati che nella sua condotta verranno ravvisati » (quinta pagina della querela del 30 dicembre 1999);


(...) anche nella seconda querela, datata 13 marzo 2000, la dottoressa Grasso, esplicita, con le proprie affermazioni, il personale convincimento dell’esistenza di « ispiratori » dell’azione giornalistica condotta a suo carico dal dott. Gangemi del quale, infatti, scriveva: « ... ha posto in essere ogni l’allontanamento della scrivente insieme al proprio coniuge in servizio presso la Corte
di Appello e applicato alla Corte di Assise di primo grado di Reggio Calabria per la celebrazione di alcuni gravissimi processi di mafia, sono state manifestate in modo plateale dallo stesso Gangemi nel numero tentativo per coagulare l’attenzione al dichiarato fine di costringere la scrivente ad abbandonare la sede e cosý` i processi in corso e il proprio impegno presso il Tdl, evidentemente non graditi in settori a lui vicini che » sarebbe opportuno, a questo punto, ove possibile, individuare con chiarezza e perseguire »

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correzione link
by lucign Sunday, Nov. 14, 2004 at 11:42 AM mail:  

il link a struttura dei servizi segreti:
http://www.almanaccodeimisteri.info/notoservizio.htm

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Io da grande voglio fare il mafioso
by lucignoloultima Sunday, Nov. 14, 2004 at 4:08 PM mail:  





 "Io da grande voglio fare il mafioso, voglio uccidere tutti i giudici e, se capita, pure qualche carabiniere e poliziotto perché ci stanno antipatici ed è un lavoro che rende, perché più uccidi e più soldi fai e più rompiscatole togli dai piedi. In questo lavoro non c'è mai disoccupazione, c'è sempre lavoro, se ci sai fare, se stai zitto e se hai fortuna".

(26.07.2000 Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria-Il presidente del Centro comunitario Agape, Mario Nasone, e vicepresidente nazionale del MOVI, ha riferito le parole di un ragazzo di appena dodici anni)

In un  intervista  il Sost. Procuratore Antimafia Roberto PENNISI  dichiarera' che "la 'ndrangheta non ha rapporti con la politica e non ha rapporti con l'economia ma è politica ed economia essa stessa."
Nel settembre 2000( sulla Stampa)-il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Salvatore Boemi  dira' :
""In realtà la grande criminalità calabrese e siciliana, si presenta come entità economica, molto attenta alle dinamiche del mercato. Gli appalti pubblici restano all’apice dell’interesse mafioso, così si controlla il mercato del lavoro così si diventa riferimento naturale di larghi strati sociali di disoccupati, soprattutto dei giovani. "
( “’Ndrangheta e Cosa Nostra stanno sempre con il potere, e in modo subdolo. Mi spiego: esprimono grandi capacità di utilizzare al meglio le potenzialità del momento. Hanno colluso con la monarchia, con la repubblica, con il centrodestra e anche con il centrosinistra. Non hanno ideologia, scelgono uomini “compiacenti”.)

"La Calabria è una regione piena di contraddizioni: ha attraversato, in particolar modo negli ultimi anni, una grave crisi economica, è stata investita da contraddittori processi di caduta e di stagnazione di attività economiche e tuttavia anche da dinamiche nuove e da elementi di ripresa (4), ha sofferto e soffre di livelli di disoccupazione fra i più elevati in Italia. La questione del lavoro e dell'occupazione è sicuramente il problema più acuto e più sentito in modo particolare dalle nuove generazioni.(...)
la Calabria è la regione d'Italia che registra nel 1999 il più alto tasso di disoccupazione, 28% (...) I segretari regionali Emilio Viafora della CGIL, Enzo Damiano della CISL e Alfonso Cirasa della UIL hanno rimarcato nei loro interventi l'enorme difficoltà della situazione per quanto riguarda il lavoro e l'occupazione.

Una situazione sicuramente preoccupante è quella relativa all'area di Crotone, un tempo polo industriale d'antico insediamento al quale era stata affidata una prospettiva di sicurezza, di occupazione e di nuovo sviluppo, non solo per la città ma anche per i comuni circostanti. Il fallimento dell'intervento Eni e del polo chimico, la situazione di crisi che si è via via abbattuta sulle locali produzioni industriali, rischia - se non si interviene in maniera efficace ed adeguata - di porre la parola fine a quel particolare comparto industriale fino a pochi anni fa vanto dell'intera Calabria.
Sono i giovani che avvertono maggiormente i drammatici disagi di questo stato di cose. Sono i giovani i più esposti alle lusinghe e alle offerte della 'ndrangheta. Il modello mafioso continua ancora oggi ad esercitare un certo fascino sui giovani e sui giovanissimi. Proprio su di essi la 'ndrangheta sta puntando in questa fase di riorganizzazione per sostituire con nuove leve quelle che sono finite in carcere grazie all'attività di contrasto messa in campo dallo Stato.

La questione del lavoro in Calabria appare allora non solo come una questione di civiltà e di giustizia sociale, ma anche come una vera e propria questione democratica.
Il sindaco di Seminara, Salvatore Costantino, ha ricordato che su 130 imputati per mafia originari del suo comune moltissimi si collocano fra i giovani di età compresa tra i 18 e i 22 anni; molti altri sono addirittura minorenni.(...)

Negli ultimi anni l'economia della Calabria è stata fortemente segnata dalla contrazione della spesa pubblica e dalla diminuzione dei grandi appalti in conseguenza della conclusione del lungo ciclo economico caratterizzato dalla Cassa per il Mezzogiorno e dall'intervento straordinario dello Stato. Questo segno non risulta sia stato rovesciato o compensato dagli interventi resi possibili dal cosiddetto "decreto Reggio" e dalla realizzazione del porto di Gioia Tauro.(...)

(26.07.2000 Relazione sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Calabria
Relatore Sen. FIGURELLI

(..) della capacità delle cosche di appropriarsi, in modo diretto o indiretto, delle risorse provenienti dagli appalti pubblici, consentendo alla criminalità la disponibilità di denaro "lecito" da reinvestire in attività illecite o, viceversa, costituendo il canale per riciclare danaro proveniente da attività criminale. In una realtà caratterizzata dalla mancanza di espansione dell'iniziativa imprenditoriale privata e da una forte e cronica disoccupazione, di fatto, si realizza un vero e proprio controllo del mercato del lavoro, con tutto ciò che ne deriva in termini di indirizzo, scelta di mano d'opera e, soprattutto, di riconoscimento "sociale" di unica organizzazione in grado di distribuire lavoro e alla quale sono costretti a rivolgersi anche soggetti che mai si sarebbero sognati di venire in contatto con tali organizzazioni e di riconoscerne tale ruolo e "prestigio".
( Relazione del Procuratore Generale  della Corte d'appello di Reggio CalabriaGIUSEPPE CHIARAVALLOTI
PER L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 11 gennaio 1999)


In Calabria  si riscontrano i livelli di reddito più bassi d'Italia, e gli indici di disoccupazione tra i più alti d'Europa.( Infatti, il 67% dei giovani sotto i 25 anni non ha un lavoro-cinquantamila calabresi ogni anno vanno a lavorare e a vivere fuori dalla Calabria
 -Il lavoro nero in edilizia tocca  in Calabria  il 40 %. )
Il lavoro diventa ostaggio dell' ndrangheta: " Il Sole 24-ore Sud "  ha riportato una ricerca fatta dall'Eurispes, secondo cui la stima per il lavoro nero in Calabria per il 2004 raggiunge oltre il 35% del PIL ufficiale calabrese.
"Ma nessuno si scandalizza, se poi sono per primi gli Enti pubblici ad utilizzare lavoro nero. Difatti, regione, province, comuni ed enti vari utilizzano la disponibilità degli LSU/LPU a lavorare in nero. Sono oltre 10.000 precari che sono senza tutele e garanzie, senza assegni familiari, senza copertura previdenziale.Vengono, spesso e volentieri, ricattati e minacciati se non prestano determinati servizi e con orari inimmaginabili senza alcun minima contrattazione sindacale."
(IL RESPONSABILE ALAI - CISL Domenico Serrano)

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ANCORA CON QUESTO NEOFASCISMO
by bruto Wednesday, Nov. 17, 2004 at 10:25 PM mail:  

Ma per forza dovete sempre parlare di cose in cui non avete voce in capitolo?
Possibile che vedete fascismo dappertutto?
Se AN fosse il neofascismo come lo definite voi...........
guardatevi in giro!
E finitela di fare i bambini,e soprattutto ogni volta che va male qualcosa non c'è bisogno di dire "oh guarda ci sono i fascisti lì in mezzo"....

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prefetto
by massimovolume Saturday, Nov. 20, 2004 at 1:24 AM mail:  

proprio stasera ho visto un film del 72,"il prefetto di ferro".storia di mafia siciliana negli anni del fascismo.il film si conclude con una battuta:la mafia è come una puttana,si struscia adosso a chi ha potere.

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stupidaggine della vecchia giustizia
by Neo-Machiavelli Friday, Dec. 03, 2004 at 11:33 AM mail:  

Invitto a commentare: Talenti, meritocrazia e stupidaggine della vecchia giustizia tradizionale. (Sondaggio)
http://neo-machiavelli.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=336341
Mafia, Badalamenti e giustizia o stupidaggine? (Sondaggio)
Ministro della Giustizia Castelli, magistrati ambiziosi e la vecchia giustizia tradizionale
Tasse, camorra, mafia, politica, giustizia: la lezione della zingara
La stupidaggine della giustizia, della politica … e l’intelligenza della regina dei Rom e del FBI
Giustizia e separazione o guerre di potere? Onestà, etica e collaborazione con i criminali contro la criminalità

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Sonno d'accordo con la triste conclusione
by Neo-Machiavelli Friday, Dec. 03, 2004 at 11:37 AM mail:  

Invitto a commentare: Talenti, meritocrazia e stupidaggine della vecchia giustizia tradizionale. (Sondaggio)
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