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Tensione tra Congo e Rwanda, sconfinamenti e scontri
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mazzetta Thursday, Dec. 02, 2004 at 4:34 PM |
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Si prepara un'altra guerra?
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Mentre nei giorni scorsi il presidente ruandese Kagame ha ventilato l'ipotesi di inviare soldati in territorio congolese, dal quale proverrebbero bande armate che colpiscono il Rwanda occidentale, mentre sale la tensione è già cominciato l'esodo di migliaia di persone che fuggono memori dei massacri in occasione dell'ultimo conflitto tra i due paesi.
Il presidente Kabila si è finalmente pronunciato chiedendo l'intervento della Nazioni Unita, gia presenti nella zona con truppe della missione MONUC, per quanto in numero estremamente ridotto, 3.000 uomini nella regione del Kivu, con altri 400 soldati pakistani in arrivo. Il Kivu, regione ricca di miniere, è ancora un territorio senza legge, nel quale comandano le bande armate al servizio delle compagnie minerarie. Compagnie che oltre ad estrarre abusivamente minerale, sfruttano le popolazioni locali costringendole a condizioni di lavoro inumane. In questi gionrni , dipolmatici e religiosi hanno segnalato la presenza di truppe ruandesi nel Congo orientale. E di oggi la notizia dell'arresto di oltre 100 militari sospettati di appartenere alle forze ruandesi.
Così mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu medita di riunirsi, i paesi vicini si premuniscono e l'Uganda ha già schierato truppe alle frontiere temendo un'ondata di profughi e lo sconfinamento di sbandati armati.
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situazione fluida Friday, Dec. 03, 2004 at 10:07 AM |
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CONGO-DEM.REPUBLIC 3/12/2004 10:46 SOLDATI RUANDESI IN KIVU: PRESIDENTE KABILA PARLA ALLA NAZIONE
Politics/Economy, Brief
“L’aggressione del Rwanda contro il nostro Paese è una grande sfida, perché tocca quello che ci è più caro e per il quale non ci tireremo mai indietro: la sovranità nazionale, l’unità e l’integrità territoriale della Repubblica democratica del Congo”. Lo ha detto il presidente congolese Joseph Kabila in un messaggio alla nazione letto in televisione ieri sera durante il telegiornale delle 20. “Mi appello dunque alla vostra vigilanza abituale – ha proseguito, rivolgendosi ai congolesi – alla coesione dei cittadini di fronte a questa nuova minaccia contro le istituzioni della transizione e contro l’esistenza stessa del nostro Paese”. “Evitiamo di cadere nelle trappole dei nemici che sperano di prendere a pretesto le nostre divergenze sulla politica interna per spaccare la Nazione. Serriamo i ranghi e teniamoci pronti ad accettare la sfida posta oggi da questa aggressione” ha detto ancora il presidente congolese. In molti oggi fanno notare come il messaggio di Kabila sia però arrivato con grande ritardo (più di una settimana) rispetto alle minacce ruandesi e alle prime voci di un intervento militare di Kigali in territorio congolese. Kabila ha ribadito che una forza militare di rinforzo (10.000 uomini) è in corso di dispiegamento per “ricacciare gli aggressori oltre frontiera”, ma anche per fronteggiare i ribelli ruandesi (secondo le dichiarazioni di Kigali, l’unica ragione di un possibile intervento militare nell’est del Congo dove questi gruppi si sono nascosti per anni) e per garantire la sicurezza di beni e persone. “Ci aspettiamo che la comunità internazionale tragga le proprie conseguenze alla luce di questa violazione deliberata del Rwanda della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni fin ora approvate dall’Onu. Rifiutiamo le pretese del governo ruandese di voler imporre al nostro popolo e al nostro Paese la propria volontà di egemonia e di dominio. Una volontà che continua a minare la pace e lo sviluppo della Regione dei Grandi Laghi” ha aggiunto Kabila. “La nostra causa è giusta e ci porterà alla vittoria finale. Dio benedica la Repubblica democratica del Congo” ha concluso il presidente congolese. [MZ]
TRUPPE RUANDESI IN KIVU? SITUAZIONE ANCORA DA DECIFRARE / 2
General, Standard
Mentre dall’est della Repubblica democratica del Congo continuano a giungere voci, dichiarazioni e smentite su una possibile operazione militare ruandese, a Kinshasa circolano con insistenza voci – difficilmente confermabili – che però, vista la scarsità di posizioni chiare e univoche, possono fornire una possibile chiave di lettura dei fatti. “In tanti cominciano a pensare che il possibile intervento militare del Rwanda nell’est della Paese sia frutto di un accordo tra il presidente ruandese Paul Kagame e quello congolese Joseph Kabila” ha detto alla MISNA una fonte diplomatica che ha chiesto di restare anonima. “La freddezza con cui il governo sta trattando le notizie provenienti dal Nord Kivu (provincia orientale al confine col Rwanda, ndr) è quanto mai sospetta. Sembra quasi che quei fatti stiano avvenendo in un altro Paese. A parte alcune dichiarazioni rilasciate da singoli ministri o esponenti del governo, Kinshasa finora non ha commentato in alcun modo le voci provenienti dall’est, che, seppur senza conferme indipendenti, sembrano sempre più verosimili” aggiunge la fonte. Eccezion fatta per i giornali e le radio private, i media di Stato stanno effettivamente dando pochissimo spazio alla notizie di truppe ruandesi attive nelle zone intorno a Goma. “Nel telegiornale delle 20 di ieri sera, ad esempio, non c’era traccia delle dichiarazioni di scontri armati, dell’individuazione di 100 ‘presunti’ soldati ruandesi da parte dei ‘caschi blu’ di Goma, delle denunce e delle preoccupazioni della Monuc (missione Onu in Congo) o del Ciat (il Comitato internazionale di supervisione del processo di transizione, ndr). L’unico riferimento ai fatti del Kivu era presente in un breve servizio in cui si faceva sapere che il ministro degli Interni e quello della Difesa dovranno presentarsi domani di fronte al Parlamento per rispondere alle interrogazioni dei deputati sulla presenza ruandese nel Paese”. Una lettura dei fatti, quella di un accordo tra Kinshasa e Kigali, che col passare delle ore sembra prendere sempre più piede, in Congo ma non solo, anche grazie alle rivelazioni fatte ieri dall’agenzia britannica ‘Reuters’ e dalla francese ‘Afp’, entrate in possesso di una lettera scritta il 25 novembre scorso dal presidente ruandese Paul Kagame a quello nigeriano Olusegun Obasanjo. Nella nota, Kagame informava Obasanjo della volontà di condurre una campagna militare di 14 giorni nell’est del Congo per eliminare i campi base e quelli di addestramento dei movimenti ribelli creati dagli ex genocidari ruandesi del 1994 fuggiti oltre confine. Nella lettera Kagame assicura a Obasanjo che non verranno colpiti obiettivi militari congolesi e che i suoi uomini avrebbero terminato la loro campagna entro le due settimane previste. Nei due giorni successivi, 26 e 27 novembre, il presidente ruandese, quello congolese e quello nigeriano sono stati insieme a Ouagadougou (Burkina Faso) in occasione del vertice della Francofonia, dove hanno avuto anche un incontro privato. “A rafforzare il sospetto che le parti abbiano preso un qualche accordo ufficioso – commenta la fonte della MISNA – anche il riferimento temporale di due settimane che Kagame fa nella lettera scritta ad Obasanjo. Due settimane è proprio il periodo di tempo indicato anche da Kabila per dispiegare nell’est del Paese i 10.000 soldati congolesi inviati come rinforzi in Kivu”. “D’altronde c’è chi pensa che vecchi legami di amicizia tra i due presidenti e un interesse comune a destabilizzare l’area possano essere un motivo sufficiente” spiega un funzionario dell’Onu. Che il quadro sia realmente questo o meno, resta la faccenda che i fatti in corso in Nord Kivu negli ultimi giorni stanno di ora in ora attirando sempre più l’attenzione e la preoccupazione della comunità internazionale e della popolazione civile congolese. Fatti, non ancora chiariti e tutti si limitano a non confermare e a non smentire.
La situazione è quanto mai strana anche per chi è abituato a lavorare e vivere nell’est della Repubblica democratica del Congo. Quotidianamente ci arrivano notizie di combattimenti a nord di Goma, nella zona compresa tra Kayina, Walikale e Masisi, ma i nostri uomini sul terreno non riescono ad avere conferme certe”. Lo ha detto poco fa alla MISNA una fonte umanitaria raggiunta telefonicamente a Goma, capoluogo del Nord Kivu la provincia orientale congolese dove da questo fine settimana sarebbe in corso un’operazione delle forze regolari ruandesi per eliminare le basi e i campi di addestramento dei gruppi armati legati ai responsabili del genocidio del 1994 in Rwanda. “Stamattina ci siamo riuniti con tutte le principali organizzazioni umanitarie che operano in Nord Kivu, per valutare anche le ultime notizie che giungono da fonti serie. Ma a parte un gran movimento di militari e lo spostamento di qualche migliaio di persone non c’è molto da segnalare. Vediamo tanti soldati muoversi in continuazione ma nessuno sa dove vanno e cosa fanno. SI dirigono in una delle zone più impervie dell’est del Congo. Un’area inaccessibile per anni dove la densità della popolazione è molto bassa e ci vogliono due ore per percorrere dieci chilometri” ha aggiunto la fonte della MISNA. In mattinata il comandante ad interim dell’esercito regolare congolese nella provincia del Nord Kivu, colonnello Bindu, aveva fatto sapere di nuovi combattimenti tra ribelli hutu ruandesi e uomini armati non identificati in un’area che si trova circa 150 chilometri a nord di Goma. Secondo Bernard Le Flaive capo dell’ufficio del Coordinamento degli affari umantari dell’Onu (Ocha) a Goma, alcune migliaia di congolesi sarebbero in fuga dalla zona. “Vengono dal nord del territorio di Rutshuru e dal nord est di Walikale. Stanno fuggendo dai combattimenti e dalle operazioni militare lanciate contro le Fdlr” , ovvero la fazione politico-militare composta in gran parte da ex-miliziani hutu Interahamwe ritenuti da Kigali i principali protagonisti del genocidio del 1994. “Non abbiamo ancora conferme definitive, ma nelle ultime ore abbiamo raccolto elementi maggiori che ci fanno ritenere che truppe ruandesi siano presenti in Nord Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo”. Lo ha detto alla MISNA Patricia Tomé, responsabile della comunicazione per la Missione delle Nazioni Unite in Congo (Monuc) raggiunta telefonicamente a Kinshasa. “In base alle foto scattate dai nostri voli di ricognizione abbiamo individuato piccoli gruppi di soldati in possesso di strumenti, in particolare per la comunicazione, che non sono in dotazione né all’esercito regolare congolese né ai vari gruppi armati che si muovono in quell’area” ha aggiunto la Tomé alla MISNA. “La Monuc sta lavorando col massimo della trasparenza e non ha niente da nascondere. E nello svolgere il nostro lavoro incontriamo tanti problemi” ha aggiunto la Tomé. “I gruppi di cui parliamo – continua - sono molto piccoli e si muovono isolatamente in una zona considerata una delle più inaccessibili di tutta l’Africa. I nostri elicotteri non sempre possono decollare e anche quando riescono a farlo devono controllare una regione, quella del nord Kivu, vasta quanto Rwanda e Burundi sommati insieme”. Secondo le dichiarazioni rilasciate alla MISNA dalla responsbaile della comunicazione della Missione Onu in Congo, in questi giorni sono state dette “un sacco di cose stupide”, voci e rumori che hanno alzato la tensione tra la gente “messe in circolazione da figure che hanno dimostrato una scarsa professionalità”. “Siamo stati nei villaggi in cui secondo alcune di queste voci erano stati compiuti attacchi e violenze – ha sottolineato la Tomé - e non abbiamo trovato nulla.” (continua) [MZ]
Copyright © MISNA Riproduzione libera citando la fonte. Inviare una copia come giustificativo a: Redazione MISNA Via Levico 14 00198 Roma misna@misna.org
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Le miniere lavorano lo stesso, e uccidono
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segue Monday, Dec. 06, 2004 at 9:29 PM |
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Congo: molti morti nella miniera di uranio che non esiste.
by mazzetta Monday, Jul. 12, 2004 at 7:32 PM mail: mazzetta@autistici.org
Miniera chiusa, ma ci lavorano in 6000.
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E' successo la settimana scorsa, ma si è saputo solo oggi. Qualche decina di minatori è rimasta sepolta nel crollo di una galleria nelle miniere di Shinkolobwe. 9 i morti accertati, una trentina sarebbero rimasti, sconosciuti, nelle viscere della terra.
La miniera di Shinkolobwe è famosa perchè dalle sue viscere proveniva l'uranio usato per le bombe atomiche sganciate dagli americani sul Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
La miniera, in teoria, sarebbe chiusa; quando negli anni '60 i belgi lasciarono il Congo la inondarono e misero un pesante tappo sotto forma di colata di cemento.
Non è bastato, la miniera, oltre all'uranio, contiene il coltan, l'ormai tristemente famosa colombite-tantalio, fondamentale per le batterie di cellulari ed aggeggi elettronici, intorno ad essa si è radunata una folla di diseredati schiavizzati dal potente di turno, turno che negli anni passati non è mai durato molto, essemdo la regione contesissima proprio a causa del Coltan.
In una inchiesta a gennaio la BBC trovo' al lavoro oltre 6000 improvvisati minatori, in quali condizioni è facile immaginarlo.
Il traffico, completamente clandestino, si avvale di fornaci private nei pressi della miniera, il minerale viene poi inviato fuori del paese dal vicino Zambia, e poi acquistato senza colpo ferire dalle multinazionali attive nel business delle batterie.
Mentre l'AIEA (Agenzia Atomica) si dice preoccupata per la possibilità che il poco uranio rimasto possa finire nelle mani di terroristi, nessuno sembra preoccuparsi della sorte dei minatori, come di quella della zona, contesa da anni da signori della guerra in combutta con i trafficanti di minerali.
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SITUAZIONE IN KIVU: RIEPILOGO
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aggiornamento Tuesday, Dec. 07, 2004 at 2:59 PM |
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CONGO-DEM.REPUBLIC 7/12/2004 0:20 SITUAZIONE IN KIVU: RIEPILOGO
General, Standard
Proprio mentre il governo ruandese viene accusato di condurre un'operazione militare non autorizzata nell'est della Repubblica democratica del Congo, e in particolare nel nord Kivu, ieri, dalle pagine del giornale ufficiale 'The New Times', Kigali faceva sapere di voler collaborare con Kinshasa per risolvere il problema della presenza nell'est del Congo di gruppi di ribelli ruandesi composti di ex-responsabili del genocidio del 1994. "Il Rwanda - si leggeva sull'edizione internet del giornale - non intende affrontare la questione delle ex-Far e degli Interhamwe in maniera unilaterale. Da quando il governo congolese ha fatto sapere di non avere la capacità di disarmare queste forze il Rwanda ha offerto la propria disponibilità in vari modi che sono sempre stati rifiutati". Tra le proposte avanzate, spiegava il New Times, "quella di operazioni di truppe ruandesi in territorio congolese da effettuare con il consenso del governo di Kinshasa, sullo stile di quelle compiute in Sud Sudan dall'esercito ugandese" oppure quella di "truppe ruandesi in azione sotto il comando di ufficiali congolesi" o ancora la mobilitazione di una "task force regionale con alla guida la Missione Onu in Congo (Monuc)". Per svolgere questo compito il giornale ruandese proponeva ieri anche la modifica del mandato della Monuc, alla quale dovrebbe essere concesso l'uso della forza per portare avanti il disarmo. La scorsa settimana la responsabile della comunicazione della Monuc, la signora Patricia Tomé, in un'accesa conferenza stampa a Kinshasa, aveva lanciato pesanti critiche alle modalità con cui veniva visto il processo di disarmo in Kivu, sostenendo che tutte le parti coinvolte avevano a vario titolo ostacolato i lavori. Nel frattempo, come non si riesce a trovare conferma indipendente certa per le notizie relative all'operazione armata che le truppe ruandesi starebbero compiendo nel Nord Kivu, anche per le segnalazioni di migliaia di civili in fuga da alcune zone a nord di Goma (capoluogo della provincia del Kivu settentrionale) mancano informazioni sicure e precise. Fonti umanitarie attive in Nord Kivu hanno detto alla MISNA che il personale delle principali organizzazioni non governative presente nella regione continua ad operare senza particolari problemi anche nelle zone che in base alle informazioni in circolazione dovrebbero essere considerate 'calde'. L'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu (Ocha) in Congo in un comunicato datato 3 dicembre sottolinea che scontri e attività militari avrebbero portato alla fuga di migliaia di civili dall'area compreso tra il nord est di Walikale e il sud di Lubero. La notizia, basata sulle testimonianze fornite all'Ocha da alcuni di questi sfollati, riporta una stima di quasi 50.000 persone nascoste nelle foreste di Pinga e Walikale [Un paesaggio simile a quello di cui si può avere idea cliccando sulla foto che appare sotto quella dei caschi blù, sulla colonna di sinistra di questa pagina, ndr]. "È difficile confermare o smentire questi dati - spiega l'operatore umanitario contattato dalla MISNA - perchè stiamo parlando di una delle zone più inaccessibili del Paese. Nelle fitte foreste intorno a Pinga ad esempio, già ai primi di ottobre si erano rifugiate alcune decine di migliaia di persone. Da queste parti spostamenti di interi centri abitati sono abbastanza frequenti e a volte la gente abbandona i villaggi e cerca rifugio nel 'bush' anche solo per una voce che circola con insistenza". Ma secondo Jaqueline Chenard, la portavoce della Monuc (Missione Onu in Congo) a Goma, la missione di verifica effettuata sabato scorso dagli elicotteri delle Nazioni Unite sulla zona di Walikale avrebbe dimostrato che almeno 6 villaggi (Nbwabinga, Busaligwa, Kateku, Bukunburwa, Pinga, Mpeti) sono stati completamenti abbandonati dai propri abitanti. I villaggi in questione, definiti dalla Chenard "villaggi fantasma", non riportavano però i segni tipici dei combattimenti e non vi erano capanne date alle fiamme. (a cura di Massimo Zaurrini)
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Berlusconi sul Ruanda
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nano-aggiornamento Sunday, Dec. 12, 2004 at 3:14 AM |
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http://italy.indymedia.org/news/2004/12/692516_comment.php#692681
rlusconi:"ho il Ruanda nel cuore"
by allibito Saturday, Dec. 11, 2004 at 11:25 PM
Semplicemente schifoso.
Parla al no tax day e mentre sbrodola sui suoi meriti dice di avere il Ruanda nel cuore, e che nel '94 propose l'intervento ai colleghi europei.
Ora, se il capo della sesta economia del mondo, che ne controlla tutti i media, e che ha un patrimonio enorme, e che non è per nulla modesto, avesse vermente voluto fare qualcosa per un'area nella quale sono morte almeno 10 milioni (10.000.000) di persone da quando è "sceso in campo"; nessuno dubita ce ne saremmo accorti.
Non contento di mentire su tutto, Berlusconi mente anche su milioni di morti, morti anche perchè gente come lui non ha mosso un dito.
Se li avesse veramente avuti nel cuore ce ne saremmo accorti, ma Berlusconi ha sicuramente dedicato più energie e risorse ad Apicella che alla regione dei Grandi Laghi.
Ancora oggi muoiono 1.000 persone al giorno in Ruanda e Congo, e lui che li ha nel cuore che fa? Cosa fa il suo governo in concreto? Tagli i contributi all'Onu, alle Ong, e alla cooperazione internazionale.
Cosa fa per loro, mentre sfrutta anche i loro morti?
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