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jolly rosso facciamo i conti...
by roco roco rosso Thursday, Jan. 13, 2005 at 10:43 PM mail:

Alcune date relative alla vicenda della Jolly rosso, la nave dei veleni arenata sulle coste del tirreno cosentino.

Un pò di date per un piccolo sommario :

1988 - La motonave è stata noleggiata dal governo italiano per andare a recuperare in Libano 9532 fusti di rifiuti tossici nocivi esportate in quel luogo illegalmente da aziende italiane. E’ restata in disarmo nel porto di La Spezia dal 18 gennaio 1989 al 7 dicembre 1990.

14 dicembre 1990 – ore 7.55 mayday dalla nave a xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" / 15 chilometri al largo della costa di Falerna. Alle 10 e un quarto il capitano e gli altri 15 membri dell’equipaggio vengono recuperati da due elicotteri e trasportati a Lametia terme in ospedale per controlli. Il comandante della nave si chiama Luigi Giovanni Pestarino. La nave non affonda al largo ma viene trascinata dalla corrente verso riva. Alle ore 14 , spiaggiamento della nave ad Amantea località Formiciche.La nave è salpata dal porto di la Spezia il 4 dicembre, scalo a Napoli, poi a Malta.

15 Dicembre 1990 – ore 5 del mattino - Prima ispezione sulla nave di carabinieri e capitaneria di porto di Vibo valentia. Nel pomeriggio visita dei Vigili del Fuoco, della Guardia di Finanza e di rappresentanti (misteriosi) della società armatrice Messina.

22 Dicembre 1990 – La società Messina affida alla società Siciliana Offshore e Calabria navigazione le operazioni di recupero del combustibile sparso. Operazione che secondo i carabinieri termina il 29 gennaio 1991.

Il comandante della capitaneria di porto di Vibo valentia Bellantone, dopo un sopralluogo ritrova dei documenti tipo “Battaglia navale” che richiamavano la natura della radioattività ed erano introdotti dalla siglia O.d.m di una società di Comerio. I documenti dopo essere stati visionati dal magistrato vengono restituiti alla società Messina.

Gennaio 1991 – Archiviazione da parte del GIP Fiordalisi

Febbraio 1991- Le pratiche per un errore burocratico vengono trasmesse al Tribunale di Lametia terme.

Giugno 1991- Completata la demolizione completa della nave

20 marzo 1994 – Assassinio in Somalia di Ilaria Alpi e Miran hrovatin

12 dicembre 1995- Morte ( misteriosa) del capitano di corvetta Natale De Grazia


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un paio di domande
by 'gnorante Thursday, Jan. 13, 2005 at 11:01 PM mail:

1. la nave, oggi, è ancora arenata?
2. alla procura di lamezia che fine hanno fatto i documenti arrivati? ne sai qualcosa?
3. non capisco la connessione con quanto è nel post d quanto segue:
20 marzo 1994 – Assassinio in Somalia di Ilaria Alpi e Miran hrovatin
12 dicembre 1995- Morte ( misteriosa) del capitano di corvetta Natale De Grazia
potresti, di grazia, spiegarmi/ci a me/noi altri 'gnoranti cosa c'entrano in questa storia le 'morti mosteriose' di ilaria e miran, e quella di natale (per le prime posso immaginare, eventualmente, ma di questo capitano di corvetta non ci riesco)?
grazie, comunque.

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jolly rosso
by grilloparlante Friday, Jan. 14, 2005 at 6:25 AM mail:

1. la nave, oggi, è ancora arenata?
No la nave è stata smantellata
2. alla procura di lamezia che fine hanno fatto i documenti arrivati? ne sai qualcosa?
I documenti sono poi passati alla Procura di Reggio calabria
3. non capisco la connessione con quanto è nel post d quanto segue:
20 marzo 1994 – Assassinio in Somalia di Ilaria Alpi e Miran hrovatin
La morte di Ilaria Alpi è collegata nopn tanto alla Jolly Rosso ma al traffico internazionale di Rifiuti tossici. le navi misteriosamente affondate in tutto il mediterraneo sono quasi 50.
12 dicembre 1995- Morte ( misteriosa) del capitano di corvetta Natale De Grazia
potresti, di grazia, spiegarmi/ci a me/noi altri 'gnoranti cosa c'entrano in questa storia le 'morti mosteriose' di ilaria e miran, e quella di natale (per le prime posso immaginare, eventualmente, ma di questo capitano di corvetta non ci riesco)?
grazie, comunque.

Il comandante De Grazia stava indagando proprio su questui traffici ed era partito da reggio Calabria, passato forse per Lametia o Amantea e diretto a la Spezia. Stava bene , lo hanno detto i familiari ed improvvisamente ad un autorill ha avuto uno strano malore e morto ! Dell'autopsia voluta dai familiari non si sa nulla e gli stessi familiari chiedono un approfondimento !

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pffffffff.....ecco qua........
by jolly rosso Friday, Jan. 14, 2005 at 1:54 PM mail:

Leggete anche i post relativi alla commissione ilaria alpi, all'inchiesta sull'esprezzo, all'eliminazione di Robdinz ri reporterassociati dalla Commissione, e via cantando, si sta smuovendo un sacco di merda, e dove c'è la merda c'è puzza di Taormina !


Il mistero della "Jolly Rosso"... Print E-mail
di Francesco Cirillo
27 Feb 2004
Dopo tredici anni dal naufragio della nave Jolly Rosso sulla spiaggia di Campora San Giovanni, il 14 dicembre del 1990, ecco arrivare sul tavolo del sostituto procuratore di Paola Francesco Greco il malloppo dei fascicoli dell’inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Calabria. Ci sono voluti tredici anni per capire che la competenza dell’inchiesta era della procura di Paola ? Mistero nel mistero. Ma il mistero più grosso resta quello di cosa trasportasse questa nave. Rifiuti tossici dicono alcuni. Droga dicono altri. Fatto sta che a distanza di tredici anni qualcuno ricorda di alcuni camion che durante una notte, trasportarono materiale prelevato dalla nave e portato in alcune cave poste fra Campora San Giovanni ed Amantea.

“Le cave sono state individuate - ha dichiarato il sost.Procuratore Francesco Greco – ma resta il problema se ordinare uno scavo di parecchi metri di profondità con una spesa di centinaia di milioni senza avere la certezza di sapere cosa si possa trovare nel fondo”. E’ vero potrebbe essere un buco nell’acqua. Ma se fosse stato materiale “normale”, perché fare i trasporti nottetempo, e perché portare tutto in una cava, e soprattutto perché sotterrare tutto?

Se erano bidoni, come qualcuno dice di ricordare, senz’altro si tratterebbe di materiale radioattivo. La Jolly Rosso aveva già fatto questo tipo di viaggi. Lo rivelano anche i documenti ritrovati sul relitto. Questo documenti potevano essere riferiti al progetto Odm di un certo Comerio. Certo è che la nave - quando, nel 1988, era ancora denominata "Jolly Rosso" - giungeva a Beirut per caricare 2.200 tonnellate di rifiuti tossici da trasportare in Italia, precisamente a La Spezia, come in effetti avveniva; dopo che i rifiuti erano stati scaricati, la nave veniva bonificata e, successivamente, l'armatore ne modificava la denominazione (caso rarissimo nell'ambiente marittimo, ove il cambio di denominazione a una nave viene considerato un elemento foriero di cattiva sorte) e la metteva in vendita, ma subito dopo si verificava l'incaglio a Campora San Giovanni.

IL PROGETTO COMERIO

L'indagine calabrese, avviata nel 1994, ha per oggetto alcuni affondamenti sospetti di navi nel Mediterraneo, al largo delle coste ioniche calabresi (le cosiddette "navi a perdere", utilizzate per l'affondamento di rifiuti radioattivi) e vede in un ruolo chiave Giorgio Comerio, un personaggio in contatto con noti trafficanti di armi e coinvolto anche nella fabbricazione di telemine destinate a diversi paesi, come l'Argentina.

Dalle indagini era emerso che Comerio (che tendeva ad accreditare come del tutto lecito anche su Internet il progetto "Odm" per la gestione di depositi marini ove smaltire rifiuti radioattivi e tossico-nocivi ricorrendo ai penetratori) aveva indicato sulla sua agenda personale la data - si tratta di episodi risalenti al 1987 - di affondamento di una delle "navi a perdere" (la "Rigel") al centro dell'inchiesta giudiziaria di Reggio Calabria.

Era stata altresì rinvenuta nella borsa di un personaggio molto vicino a Comerio una mappa con i siti di affondamento di altre navi sospette. Il progetto prevedeva, quindi, l'acquisizione di rifiuti radioattivi e tossico-nocivi da smaltire presso paesi extraeuropei e l'individuazione di siti di affondamento degli stessi, per lo più in tratti di mare antistanti paesi africani, quali la Somalia, la Guinea e la Sierra Leone, secondo una strategia ricorrente nell'ambito dei traffici internazionali di rifiuti (si pensi a quanto evidenziato nell'inchiesta "Urano" o in quella relativa alle "navi dei veleni).

La partecipazione diretta di clan della 'ndrangheta a siffatti smaltimenti illeciti era un altro dato allarmante prospettato dagli organi inquirenti. Gli accertamenti giudiziari, resi assai complessi e difficili anche per le oggettive difficoltà nelle operazioni di rilevamento della presenza di rifiuti radioattivi in navi affondate in tratti di mare con fondali particolarmente profondi, sono stati portati a termine di recente, non essendo affatto mancate nella precedente legislatura sollecitazioni rivolte dal Presidente della Commissione al Ministero della giustizia, affinché intervenisse fornendo i mezzi e supporti tecnici e di professionalità necessari.

Dagli accertamenti eseguiti - l'indagine è, tuttavia, ancora pendente - non è stata rilevata la presenza della nave "Rigel" sul fondale dove la stessa sarebbe affondata, seppure con i limiti e le difficoltà tecniche dipendenti anche dalla precarietà dei pochi dati a disposizione. Ma al di là di questi esiti sotto il profilo squisitamente penale, permane la più viva preoccupazione per tutta una serie di episodi evidenziati dalla stessa inchiesta giudiziaria e da altri dati acquisiti. Anzitutto il dato numerico relativo ad affondamenti sospetti di navi verificatisi nei mari italiani: ben trentanove risultano i casi per il solo periodo tra il 1979 ed il 1995 (vedi consulenza tecnica disposta nell'ambito del procedimento pendente a Reggio Calabria - dati tratti dall'archivio STB Italia di Genova e Milano, e da varie compagnie assicurative, fra cui la "Lloyd's Register of Shipping", sede di Genova, e ventisei di questi vengono indicati dal comando generale delle capitanerie di porto).

Secondo la segnalazione dei Lloyd's di Londra diverse di queste navi sono iscritte nella capitaneria di porto di Napoli. Per quanto riguarda la nave "Rigel" affondata secondo i giornali di bordo il 21 settembre 1987, a 20 miglia da capo Spartivento, un dato di particolare interesse - offerto da fatture di vendita, bolle di accompagnamento e polizze di carico, nonché dal manifesto di carico dell'agenzia marittima e dalle varie compagnie assicuratrici - riguarda l'elenco di merci che ufficialmente risultavano caricate sulla motonave "Rigel", il cui valore assicurato ammontava a circa 20 milioni (erano stati effettuati pochissimi controlli doganali a campione). Ma soprattutto, rimane sospetta la gran parte del carico, atteso che caricatori erano ditte e/o persone in difficoltà economica; talune partite erano rappresentate da merci (materiali - macchinari) fuori produzione o di recupero per i quali mancava la dovuta congruità tra valore assicurato e valore effettivo, come, del resto, è stato dimostrato nel procedimento per truffa svoltosi presso il tribunale di La Spezia.

L'affondamento, in sostanza, sarebbe stato organizzato per lucrare i premi assicurativi dal sinistro, tanto che il citato procedimento per truffa aggravata ai danni delle assicurazioni si è concluso con la condanna degli imputati. Alla luce di tutti questi dati non sembra potersi escludere che alcuni caricatori consapevoli abbiano caricato anche prodotti e rifiuti pericolosi. Lo stesso Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, dott. Antonio Catanese, così dichiarava al momento del ricevimento dell’inchiesta: "Pure degna di nota è l'indagine affidata al mio ufficio 'per competenza' dalla procura circondariale di Reggio Calabria relativa all'affondamento sospetto in mare delle cosiddette "navi a perdere" cariche di rifiuti tossici e radioattivi". "E' noto che i colleghi della procura circondariale e sulla base di un esposto di Legambiente individuarono nel corso di complesse perquisizioni i programmi della holding multinazionale O.D.M. (Oceanic Disposal Management), con sede in Lugano (Svizzera), che promuoveva l'inabissamento in mare attraverso i cosiddetti penetratori trasportati da navi Ro-Ro di scorie nucleari e radioattive sfruttando un progetto abbandonato nel 1989 dalla Euratom che allora aveva investito 120 milioni di dollari per lo studio di fattibilità".

"In attesa delle conclusioni delle indagini dalla DDA di questo ufficio occorre segnalare che è emerso già il coinvolgimento di alcuni personaggi legati alle cosche joniche della provincia di Reggio Calabria, in parte residenti sul territorio tedesco, cointeressati ad attività con società tedesche rinvenute nei libri contabili e nella documentazione sequestrata alla ODM per l'affondamento delle navi".

"L'indagine inoltre si è arricchita delle dichiarazioni di un pentito straniero che ha collegato l'affondamento delle navi nel mare jonico ad un traffico di armi sbarcate in Calabria e destinate alle cosche dell'Aspromonte. Interessate alle indagini riguardanti l'affondamento di tali navi sono le procure della Repubblica di Matera, Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli, Bari e La Spezia. Per rendersi conto dell'importanza del fenomeno è sufficiente rilevare che la quantità di rifiuti prodotti in Italia, rifiuti da smaltire, crea ogni anno, per le associazioni criminali, un giro di affari stimabile da un minimo di 2.000 a un massimo di 6.000 miliardi circa di lire annuo. Se a ciò si aggiunge che di detta quantità solo il 15 per cento viene smaltito lecitamente, può cogliersi in tutta la sua valenza lo sforzo investigativo che, nel settore, stanno sopportando questo ufficio e la procura circondariale di Reggio Calabria".

"Sempre sulla base dell'esperienza maturata, il traffico dei rifiuti in Italia ormai da un decennio si muove in senso unico dal Nord al Sud. In Europa, in particolare, dai paesi dell'UE più industrializzati verso l'Africa, Medio oriente e Asia. L'Italia è stata certamente la nazione europea di transito per eccellenza (rifiuti tossici ed industriali) in specie negli anni 60-80 (cosiddette navi dei veleni). I traffici di rifiuti hanno seguito gli stessi canali paralleli di traffici d'armi e dello scambio illecito di alta tecnologia militare costituendo, per un verso, un comodo sistema di smaltimento di milioni di tonnellate di rifiuti non stoccabili in Europa per l'assenza di zone desertiche o non abitate, dall'altro per soddisfare delicatissimi disegni strategico-politico-militare di sostegno nelle aree cosiddette "di crisi" delle opposte fazioni in lotta (esempio, Somalia, Libano, Zaire, Congo, Sierra Leone ecc.)".

"Purtroppo, oggi come ieri, fanno ancora rotta verso l'Africa le navi dei veleni e certamente la Somalia è l'area di crisi preferita dalla ecomafia per il dumping in mare dei rifiuti radioattivi e tossico nocivi (la ODM aveva ottenuto in Somalia i siti di affondamento di detto tipo di rifiuti venendo a patti con tale Ali Mahdi, esponente politico di quel paese a vario titolo coinvolto o sospettato dell'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin, che indagavano sul traffico dei rifiuti e di armi in Somalia)".

"A prescindere dagli aspetti inquietanti delle indagini e dagli episodi oscuri di minaccia ed intimidazione dei magistrati inquirenti di Reggio e Catanzaro appare evidente, da questi dati raccolti, che l'ecomafia usa le holding, si attrezza con la tecnologia più avanzata, si rivolge al mercato dello smaltimento illecito dei rifiuti radioattivi nell'assoluta inerzia di controllo degli organismi internazionali preposti, intessendo rapporti con governi europei e/o enti di gestione nucleare statali (Svizzera, Austria, Francia, Inghilterra, Belgio e Germania), ricercando siti idonei nei paesi africani non aderenti al trattato di Bamako, che vieta il dumping dei rifiuti radioattivi in mare. Gli elementi probatori acquisiti, salvo le opportune verifiche, consentono di ipotizzare che il principale indagato abbia potuto affondare nel mare Jonio e nel Mediterraneo in genere, con l'avallo delle cosche reggine, circa 32 navi, la più importante delle quali, per i riscontri probatori ottenuti, è certamente la nave "RIGEL", naufragata al largo di Capo Spartivento".

Ma dopo 13 anni cosa potrà tirare fuori il sostituto procuratore della repubblica. Francecso Greco non è dato sapere. Se la mafia controlla questo traffico, come risulta dalle tante inchieste, è evidente che i proprietari della Jolly Rosso si siano rivolti proprio alla mafia del Tirreno per tirare fuori il contenuto della nave stessa.

Ma, ci si chiede, a nessuno venne in mente nel momento del naufragio sulla spiaggia di Campora di svolgere dei seri sopralluoghi sulla nave stessa per sapere cosa contenesse? E, a nessuno venne in mente di sorvegliarla giorno e notte ? Chi sequestrò i documento sulla nave, finiti per 13 anni negli uffici della Procura di Reggio Calabria ? E vi sono ancora questa documenti fra i faldoni giunti a Paola ? E, infine, perché la procura di Paola venne esclusa dall’inchiesta ?

O dobbiamo credere che nella notte stessa del naufragio, i responsabili del trasporto furono così attenti e solerti da mettersi immediatamente in moto per trovare nel giro di poche ore, camion, ruspe e luoghi dove sotterrare il contenuto della nave ? I primi misteri da fugare sono quelli relativi alla negligenza da parte dei nostri organi di controllo, se non a vere e proprie complicità certamente ben pagate che hanno dato il tempo sufficiente ai proprietari del trasporto, perché l’operazione di sbarco venisse portata a termine con assoluta tranquillità.

''Da quel giorno ad oggi sono trascorsi piu' di 13 anni - ha dichiarato Antonio Canu, responsabile Aree Protette e Mare del Wwf Italia - e l'atroce dubbio sulla possibile presenza nel suddetto tratto costiero di elementi altamente inquinanti non e' stato ancora fugato. Il Wwf, che ha tra le sue priorita' la difesa dell'ambiente marino e delle sue risorse, sottolinea la necessita' di accertare la verita' sui fatti e le eventuali responsabilita' onde procedere anche alla bonifica dei luoghi eventualmente contaminati".

"Proprio per questo -ha aggiunto- e' intenzione del Wwf chiedere alla Procura inquirente di essere considerata parte offesa nell'eventuale procedimento penale avente ad oggetto l'accertamento del reato ambientale, quale associazione perseguente finalita' di protezione ambientale".

"Sosterremo gli inquirenti nelle indagini per chiarire definitivamente questa grave vicenda che, ormai da troppi anni, contribuisce ad alimentare l'allarme sul traffico illecito di rifiuti nocivi. Nel caso in cui si dovesse procedere all'apertura di un processo a carico dei responsabili-ha concluso Canu- il Wwf esprime gia' da ora l'intenzione di costituirsi parte civile''.

http://www.reporterassociati.org
Francesco Cirillo
(giornalista del periodico calabrese “Mezzoeuro”)

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tutte cazzate
by uno che sa di più di voi Monday, Jan. 31, 2005 at 6:09 PM mail:

Figliuoli, tutte cagate. A parte che l'armatore non sa mai quello che c'è nei container che trasporta (regola internazionale del trasporto marittimo) la Jolly Rosso fu rimessa in servizio, non affondò. Fu un classico incedente di navigazione debitamente segnalato alle autorità competenti, assai occhiute su queste cose. Solo un cretino farebbe affondare una nave sospetta facendola spiaggiare. Queste cose si fanno in alto mare, ben lontano da occhi indiscreti. La Messina (un'antica società di genova) ha querelato tutti, e ha chiesto 20 milioni di Euro di danni all'Espresso. Vi pare l'atteggiamento di uno che vuole nascondere qualchecosa? Lasciate peredere, con l' assassinio di Ilaria Alpi la Jolly Rosso non ha nulla a che vedere.

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Jolli rosso caso alpi
by luigi Wednesday, Feb. 16, 2005 at 6:17 PM mail: luigipolitano@nessuno.tv

Se vi può interessare questo è l'articolo uscito su rivistaonline.com dalinchiesta svolta per RIVIST@ e nessuno.tv.

Sono trascorsi ormai quasi 15 anni ed uno dei misteri Italiani irrisolti, resta un punto oscuro che si avvia verso la prescrizione, lasciando su tutto un velo di colore rosso a coprire la verità. L’inchiesta svolta per Rivist@ e Nessuno.tv mi porta in Calabria, tra la procura di Reggio e quella di Paola.

Il 14 dicembre1990 una motonave della compagnia Ignazio Messina ribattezzata con il nome di Rosso, già nota con il nome di Jolli rosso, si spiaggia sulle coste Calabresi di Amantea (CS) in località Formiciche. Del caso se ne occupò all’inizio, la procura di Paola con il dottor Fiordalisi, balzato agli onori della cronaca negli ultimi tempi per il processo contro i No Global. Il fatto venne considerato dalla stessa procura, come caso di naufragio dovuto alle condizioni del mare e ad una falla provocata da un muletto che, sballottato dai movimenti della nave, si scontrò contro una fiancata provocando l’incidente. Dalle immagini amatoriali raccolte in quegli anni, di una falla così grande da provocare un naufragio non v’è traccia. L’unica visibile sembra essere troppo in alto per riuscire ad imbarcare acqua. Ma la vicenda è solo all’inizio.

Il comandante in seconda della capitaneria di porto di Vibo Valentia, Giuseppe Bellantone testimoniò che il 15 dicembre del 1990, il giorno successivo allo spiaggiamento, a bordo del relitto salirono due uomini dei servizi segreti. In quello stesso giorno sulla plancia della nave lo stesso Bellantone rinvenne dei documenti che si riferivano ad un progetto di smaltimento di rifiuti tossici, tramite dei missili penetratori da sparare sul fondo del mare. Il progetto, già noto da tempo, era quello dell’ingegner Giorgio Comerio e della sua società la ODM (Oceanic Disposal Managment inc.). La vicenda arriva nel 1994 alla procura di Reggio Calabria. Il giudice Francesco Neri, che da tempo indaga sul traffico di sostanze tossico-radioattive sulle coste del mediterraneo, prende in esame anche il caso della Rosso. L’accusa, mossa dopo una denuncia di Legambiente Calabria, è che la Rosso faccia parte di una serie di navi definite “a perdere” che in quegli anni vengono volutamente affondate in tratti di mare con fondali molto profondi. Si parla di circa 40 navi affondate in quegli anni attorno alla nostra penisola. Caso eclatante la Riggel di Malta affondata, si pensa, sulle coste di fronte Capo Spartivento in Calabria. La tesi è che alla Rosso l’affondamento non sia riuscito e che solo il caso l'abbia portata fino ad Amantea.

Il giudice Neri prosegue le indagini che portano nuovamente nella direzione di Comerio. Da una perquisizione avvenuta in uno degli uffici del faccendiere, gli agenti rinvengono documenti relativi al progetto ODM, simili a quelli trovati sulla Rosso ed ancora: documenti relativi ai rapporti che Giorgio Comerio intrattiene con l’ambasciata dello Zaire a Parigi, del Benin sempre a Parigi, Sud Africa, Costa d’Avorio, Norvegia, ed assieme a molte altre, la Somalia. Lo stesso Comerio in una intervista rilasciata nel 1996, dichiara di aver lavorato per un progetto finanziato dalla comunità internazionale per 120 milioni di dollari, anche con Spagna Francia e Germania. Ma purtroppo non solo questo. La perquisizione fa saltar fuori da quell’ufficio anche il certificato di morte della giornalista Ilaria Alpi tragicamente uccisa in Somalia assieme all’operatore Miran Hrovatin nel marzo del 1994. Il certificato scompare misteriosamente.

Tutta la storia è ormai nota alla cronaca. Non tutto però. Quello che non si riesce a capire è per quale motivo l’indagine della motonave Rosso fa il giro di tre procure (Paola, Reggio Calabria e Lamezia) per poi tornare al punto di partenza. Attualmente chi se ne occupa è Franco Greco, della procura di Paola che pare essere l’unico dopo Neri, ad occuparsi seriamente della questione. Dallo spiaggiamento della motonave, alla morte ancora misteriosa del capitano di Corvetta Natale De Grazia, collaboratore di Neri, avvenuta durante un viaggio in piena notte direzione La Spezia, per svolgere un interrogatorio in merito al caso della Rosso, la storia è tutta da chiarire. Primo punto la prima autopsia sul militare: indica morte per infarto. La famiglia di De Grazia non crede alla versione dell’arresto cardiaco e chiede un secondo esame autoptico i cui risultati, attesi dopo sessanta giorni, oggi a distanza di otto anni tardano ancora ad arrivare. Perché? De Grazia era uomo molto attento a tutti gli aspetti dell’indagine e forse troppo scomodo? Quello che nessuno però ha mai saputo, e la notizia arriva direttamente dall’interno della procura di Reggio Calabria da fonti ufficiali, è che del certificato di Morte della Alpi, qualcuno ne fece una fotocopia. Troppe coincidenze assurde portano il sigillo del depistaggio.

Gli stessi personaggi della storia restano spesso senza una precisa collocazione. Cosa trasportava davvero la Rosso? Forse parte di quel carico giace in fondo al Mare? Ad Amantea il WWF ed il comitato De Grazia, indicano un luogo preciso in cui una parte di quel carico è stato seppellito, sugli argini del fiume Oliva dove accertamenti tecnici hanno rilevato la presenza di sostanze tossiche e di granulato di marmo (usato per schermare e non far rilevare scorie nucleari). In Calabria non esiste industria che possa produrre tali sostanze. Da parte sua la compagnia armatrice si difende dicendo che tutti gli accertamenti e la demolizione della nave è avvenuta sotto l’occhio delle autorità e della capitaneria di porto. Il legale della compagnia, l’avvocato Gino Perrotta mi mostra un memorandum alto qualche cm, dove la compagnia spiega tutto, dal suo punto di vista naturalmente, e sottolinea il fatto che la ODM di Comerio è stata creata nel 1993 e dunque non è possibile che siano stati trovati sulla Rosso documenti inerenti al progetto già nel 1990. Quello che è certo e lo dice lo stesso Comerio di fronte alle telecamere della Rai nel 1996, è che il progetto esiste da tempo, almeno dal 1989 quando fu finanziato con quei 120 milioni di dollari. Una domanda però va posta. Perché se non c’erano rischi la compagnia ingaggiò la società olandese Smit Tak specializzata in bonifiche a seguito di incidenti radioattivi? Il costo di questa operazione sarà stato esorbitante. Ancora di più se si pensa che la società tornò da dove era venuta dopo soli 17 giorni. Il lavoro di demolizione proseguì con la ditta Italiana di Nunziante Cannavale. Se si trattava solo di smaltire tabacco, derrate alimentari e smantellare una nave di ferro che bisogno c’era di rivolgersi alla Smit Tak?

Tutta questa faccenda viaggia per 15 anni, quasi a voler far perdere volutamente delle tracce importanti. Ma non è tutto. Il giudice Rosario Priore, che indagava sul DC9 abbattuto nel 1980 ad Ustica, va fino a Reggio Calabria per incontrare un altro giudice: Francesco Neri. Priore venne a sapere dall’Onorevole Scalia (in quei giorni ne parlò anche il quotidiano “La Repubblica”) che su quel volo c’erano tre riprocessatori nucleari con plutonio arricchito, da consegnare presumibilmente alla Libia. Qual è il filo conduttore che lega l’indagine sul DC9 con l’inchiesta sull’affondamento in Calabria di navi piene di scorie radioattive? Forse perché a Roma Priore individua una società, la Ali Leasing, che serve da copertura per l’addestramento di piloti libici in Italia e perché scopre che Khalifa Mohamed Shabli, alias Shewihi, libico che il Sismi identifica come terrorista in un documento classificato riservato, è socio della Georadar, società che fa capo al noto Giorgio Comerio.

Nel frattempo i genitori di Ilaria Alpi, da dieci anni impegnati a cercare la verità sulla morte della figlia e del suo operatore, si affidano totalmente alla commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Carlo Taormina. Ma dov’è finito quel certificato? La documentazione relativa al processo è tutta accumulata in cartoni nel tribunale di Reggio Calabria. Il giudice Francesco Neri è stato autorizzato a cercare, ma pare che alcuni documenti non si trovino al loro posto. A questo punto sembra impossibile che quel certificato esca fuori. Della fotocopia neanche a parlarne. Forse venne fatta da De Grazia e forse per questo motivo è morto? I tempi della prescrizione si avvicinano inesorabilmente ed il giudice Greco sentito dalla commissione Alpi Hrovatin, pur non indagando sull’omicidio dei due giornalisti, ha dichiarato di dover chiudere il caso Rosso entro tre mesi. La verità sarà dura da scoprire. Troppo intricata la vicenda e troppi gli interessi in gioco. Lo smaltimento di rifiuti tossico-nucleari era ed è rimasto un grave problema per i governi che le producono. Personaggi come Comerio sono comodi ad alcuni stati. Tesi confermata dalle sue carte e da Renato Pent, noto trafficante di rifiuti tossici-nocivi socio dell’ingegnere faccendiere, che dichiara tranquillamente che Comerio aveva accordi con Governi Esteri. Oggi l’Italia Aspetta . Qualsiasi domanda resterà irrisolta per ragioni che vanno oltre la logica. La verità è dura da accettare. C’è quasi da aspettarsi un simil colonnello Nathan R. Jessup , interpretato da Jack Nicholson in “Codice d’Onore”, che ci dica: “voi non siete in grado di reggere la verità.”

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