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da il mattino Wednesday, Feb. 23, 2005 at 6:06 PM |
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rassegna stampa dalla campania malix
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Rifiuti, una regione verso il collasso. Con il provvedimento della Procura di Napoli che ha confermato il blocco della lavorazione degli impianti di Cdr, l’emergenza è drammaticamente alle porte. Il commissario Catenacci: «Siamo con le spalle al muro, saremo sommersi dai rifiuti». Sul fronte discariche sale la tensione: da ieri mattina è bloccata la Salerno-Reggio Calabria tra Battipaglia e Contursi per la protesta degli abitanti di Campagna che si oppongono alla realizzazione del sito in località Basso dell’Olmo. Toccherà comunque alla Fibe, la società che gestisce i Cdr, ricevere e smaltire le 7200 tonnellate di rifiuti che vengono prodotte quotidianamente in tutti i comuni. E se la società affidataria non riuscirà a provvedere allo smaltimento (che non potrà avvenire in Campania) l’emergenza finirà per investire direttamente anche i sindaci. Infatti, se si vorrà garantire almeno la rimozione dalle strade, gli amministratori locali potrebbero essere costretti ad allestire, in tempi brevi, delle aree di stoccaggio provvisorio.
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ANTONIO MANZO
Campagna. Fulmini, pioggia e grandine non bloccano la rivolta dei rifiuti. Che non si ferma neppure quando scende la sera e la temperatura va sotto lo zero: una sorta di enorme serra viene realizzata innalzando sull’autostrada un telone di plastica lungo un chilometro, sotto il quale trovano riparo uomini, donne e bambini. Sono duemila e cinquecento, si accontentano di un po’ di pane e formaggio, un bicchiere di vino e un sorso di caffè per fronteggiare la notte. Loro sono lì, i rivoltosi di Campagna, tra i guardrail divelti e disseminati sull’asfalto dell’eterno cantiere dell’A3, i falò che durano solo lo spazio di una tregua concessa da una pioggia torrenziale accompagnata da grandine grossa come ciliegie. E il freddo polare che sembra congelare la tensione e gli animi in rivolta fin dalle dieci del mattino, quando polizia e carabinieri tentano di impedire il blocco della Salerno-Reggio Calabria. Inevitabili le ripercussioni sul traffico, con migliaia di automobili e camion costretti a una lunghissima deviazione lungo la statale, fra i caselli di Contursi (a sud) e Battipaglia (a nord). E inevitabili gli scontri: tre carabinieri e due poliziotti contusi, tra cui il vice questore Nunzio Crifò dirigente dell’Anticrimine della questura di Salerno. Tutti con prognosi che oscillano tra i cinque e i dieci giorni. I duemila e cinquecento rivoltosi di Campagna sono lì, mentre tecnici e operai della Fibe lavorano di gran lena alla futura discarica di Basso dell’Olmo, un pezzo di terra a pochi passi dall’oasi naturale del fiume Sele, un lembo della tormentata geografia libanese della Campania dei rifiuti. È la terra che servirà a ospitare rifiuti trattati dai Cdr, ora chiusi, e che sostituirà il sito di Parapoti chiuso dopo la battaglia di quattro giorni nell’estate scorsa. E così, mentre sembrava che il popolo di Campagna avesse ammainato le bandiere, dopo sette mesi di trattative, è esplosa invece la protesta. Domenica 13 febbraio un blocco c’era già stato sulla Salerno-Reggio, poi poche centinaia di persone decisero, dopo tre ore, di rimuoverlo. Ma stavolta si va fino in fondo. Un camion, trasformato in palco mobile, con tanto di amplificatori, gira per le frazioni e il centro storico della città. L’annuncio è per la protesta di un lunedì di guerra: negozi e uffici chiusi, scuole ferme, tutti in piazza. L’appuntamento è alle sette, nella piazza padre Pio del Quadrivio a un tiro di schioppo dallo svincolo autostradale. È dalle cinque del mattino che poliziotti e carabinieri presidiano lo svincolo e i punti sensibili. Ma i mille e passa della rivolta non ci stanno a subire quello che definiscono un torto: la discarica a Campagna, a Basso dell’Olmo. «Pensavano di darci uno schiaffo senza che potessimo ribellarci, invece no», dice Fortunato Iuorio, uno dei capi-popolo con giaccone coperto da una bandiera tricolore. In testa al corteo il sindaco di Campagna, Biagio Luongo, accompagnato dai suoi colleghi di Eboli, Gerardo Rosania, di Buccino, Nicola Parisi, di Oliveto Citra, Italo Lullo, di Serre, Palmiro Cornetta, i deputati Franco Cardiello e Franco Brusco, i consiglieri regionali Antonio Cuomo, Salvatore Gagliano, Cucco Petrone e l’assessore provinciale al lavoro Massimo Cariello. Basta un attimo ai duemila e più rivoltosi per incunearsi nelle maglie del servizio d’ordine, subire i primi scontri ma poi raggiungere l’autostrada. Arrivano sul nastro d’asfalto, bloccano la circolazione, sulla corsia nord e su quella sud. Iniziano le trattative, in prima fila il questore Carlo Morselli, il comandante provinciale dei carabinieri Claudio Quarta. Dal telefonino del sindaco di Campagna partono le telefonate per Bassolino e Catenacci. Poi chiama il prefetto Enrico Laudanna: si apre un tavolo di trattative – dice il rappresentante del governo – se viene rimosso il blocco stradale. Ma i rivoltosi non ci stanno. Domenica 13 rimossero il blocco dell’A3 e dopo pochi giorni arrivarono i tecnici della Fibe e conquistarono Basso dell’Olmo. Ora no, nessuna trattativa, dice il popolo della rivolta, pronto alla lunga notte di tensione e di rabbia. Che esplode al Quadrivio con un nuovo scontro tra carabinieri e dimostranti. Bilancio: quattro fermi.
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il sequestro dei cdr
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da il mattino Wednesday, Feb. 23, 2005 at 6:06 PM |
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Campagna. Il partito della trattativa ha sede in un gippone del Reparto Mobile della polizia. Dentro, siedono dalle dieci del mattino il questore Carlo Morselli e il comandante provinciale dei carabinieri Claudio Quarta. Sono gli uomini della trattativa con i mille e più rivoltosi di Campagna. Perché tolgano il blocco stradale che sta dividendo l’Italia già da diverse ore, che ha gettato nel caos i paesi della piana del Sele che, all’improvviso, si son visti assediati da migliaia di auto, tir, camion, perfino carichi speciali. Una paralisi che va ben oltre il il blocco della Salerno- Reggio. Hanno i loro ambasciatori, gli uomini del partito delle trattativa, i loro emissari sul fronte della protesta. Tra loro e i duemila e più rivoltosi c’è il muro di poliziotti e carabinieri ma non è per questo che il dialogo si blocca. Tra i rivoltosi, il sindaco Biagio Luongo: «Come devo convincere i miei concittadini se Catenacci si fa perfino negare a telefono? Come posso fare un patto d’onore con loro, cioè andiamo via che torniamo a trattare, se non ci rispondono neppure all’alternativa proposta di Carrabona?» Gli interrogativi rimbalzano nel gippone della polizia, dietro quei vetri appannati dal gran freddo. Il questore e il comandante dei carabinieri, spesso senza neppure gli ombrelli, fendono la folla dei rivoltosi, parlano con loro e tengono vivo il dialogo, per evitare che la tensione possa precipitare. Questore e carabinieri hanno i loro ambasciatori: sono il dirigente della squadra mobile di Salerno, Carmine Soriente, il colonnello Emilio Cannone, comandante del reparto operativo dei carabinieri, il maggiore Nobile Risi, comandante della compagnia di Eboli. «Qui non vogliamo finire come ad Acerra» dice l’assessore provinciale al lavoro, Massimo Cariello, reduce dagli scontri con la polizia all’epoca della rivolta contro il Cdr nell’area napoletana. Gerardina Caponigro, l’anziana donna del presidio di Basso dell’Olmo che da sola bloccò i celerini la mattina della presa di possesso del sito della discarica, non si dà pace neppure oggi. È presente al blocco sull’autostrada, con gli stessi abiti del giorno dello scontro con la polizia. Uno scialle di lana di mille colori. Ha di fronte un poliziotto in assetto antisommossa e tenta di spiegargli che la sua battaglia è per difendere il lavoro di una vita: «venti tomoli di terreno coltivati ad uliveto, i sacrifici di una esistenza». Il giovane poliziotto la ascolta, ma il suo compito è anche quello di evitare che l’arzilla Gerardina non valichi il confine oltre il quale ci sono i blindati della polizia, i gipponi dei carabinieri e le auto di servizio delle forze dell’ordine. Una ragazza prende il megafono e legge l’ultima corrispondenza tra il sindaco Luongo e il commissario Catenacci. «Senti – grida uno dei rivoltosi – non ci far perdere tempo. Che significano queste due lettere?». Il sindaco spiega: «Che la discarica si fa a Basso dell’Olmo». Poche parole ma che irrobustiscono la rabbia per nulla mitigata dalla successiva frase del primo cittadino: «Abbiamo offerto l’alternativa di Carrabona...». Sarà perché la protesta popolare è possente, sarà perché siamo alla vigilia elettorale ma anche i politici stanno lì, al freddo del blocco dell’autostrada. Da entrambi gli schieramenti, arrivano sul fronte della protesta imbacuccati. Bastano pochi minuti per ritrovarli inzuppati d’acqua, nonostante gli ombrelli. Intorno alle sette della sera, nel gippone dove ha sede il partito della trattativa si pensa perfino a un intervento di forza per sgomberare l’autostrada. Proprio in quel momento la pioggia diventa ancor più torrenziale, il cielo viene illuminato dai fulmini e vien giù grandine. La gente è ancora lì, sotto gli ombrelli e stretta in giacconi di lana, il capo coperto di berretti di lana. Pronta a rimanare tutta la notte, sulle barricate dell’autostrada. a.m.
FRANCESCO VASTARELLA Meno tre giorni alla paralisi. Da domenica i sette Cdr sono fermi ma i comuni devono continuare a consegnare i rifiuti raccolti in strada agli impianti gestiti dalla Fibe. «A giorni la Campania sarà sommersa dai rifiuti: siamo con le spalle al muro», ammette il commissario per l’emergenza, Corrado Catenacci. Il Commissariato, però, come ha ribadito la Procura nell’ultimo provvedimento, non può intervenire perché è un obbligo contrattuale della Fibe smaltire l’immondizia, anche se ora non può essere trattata nei Cdr. La Fibe non può resistere in queste condizioni. Perché? Non ha altra scelta, al momento, che accumulare tutto nei capannoni degli impianti. Non dispone infatti di discariche di tipo tradizionale, tutte chiuse tre anni fa in Campania, in contemporanea con l’apertura delle strutture di produzione del Cdr, sigla che significa combustibile da rifiuti, un materiale da bruciare in termovalorizzatori per ricavarne energia elettrica. I magistrati, però, dicono che il Cdr non è prodotto secondo canoni contrattuali e del decreto Ronchi. E la tensione sale anche perché le elezioni sono alle porte. Legambiente interviene con il presidente regionale Michele Buonomo: «È inaccettabile investire denaro pubblico per far funzionare impianti gestiti dai privati. Meglio chiudere i Cdr, allontanare i gestori e investire sulla raccolta differenziata. L’allarme. Nei capannoni pieni, i rifiuti non trattati possono restare al massimo 10-14 giorni. Ma intanto nelle strade ci saranno già dieci giorni di immondizia non raccolta, vale a dire 75mila tonnellate, di cui almeno 15-20mila a Napoli. E non basteranno i siti di trasferenza, come sono stati ribattezzati nelle ultime due emergenze, gli stoccaggi e la requisizione per motivi igienici di aree pubbliche e private. A Napoli il sindaco Rosa Russo Iervolino ha dato mandato ai tecnici e all’Asia di cercare altri depositi oltre quelli che già furono utilizzati a Pianura, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli. Sulla stessa lunghezza d’onda si stanno muovendo gli altri capoluoghi, Salerno, Caserta, Avellino, Benevento, perché sarebbero i primi a subire le conseguenze: la congestione urbana complica i lavori di rimozione. Gli effetti tarderebbero di qualche giorno nelle aree interne, che disponendo di spazi possono per tempo fronteggiare la situazione. A tutto questo potrebbero fare da contorno proteste, blocchi stradali, incendi di cassonetti: scene che sono state già vissute nelle precedenti crisi, in particolare nella provincia di Napoli, per settimane assediata dal cattivo odore e dai cumuli arrivati all’altezza di finestre e primi piani dei palazzi. E su tutto questo, fino a quando non ci saranno orientamenti diversi, il Commissariato non potrà intervenire. In previsione, però, della chiamata alle armi, i tecnici, coordinati da Ciro Turiello, stanno predisponendo soluzioni alternative, si parla di un ulteriore incremento dei trasferimenti all’estero e fuori regione con treni speciali. La vertenza. Un solo intervento potrebbe far cessare l’allarme. Oggi, o domani al massimo, il giudice per le indagini preliminari, Rosanna Saraceno, dovrebbe decidere se accogliere l’istanza presentata dai legali della Fibe che chiedono il dissequestro degli impianti per il provvedimento che fu emesso a maggio. Circostanza che annullerebbe il provvedimento di dissequestro di sabato, che libera gli impianti per i lavori di adeguamento ma nello stesso tempo impone di non utilizzare i macchinari. Si tornerebbe alla gestione della Fibe e all’avvio dei lavori con i venti milioni stanziati dal governo per l’adeguamento degli impianti sotto il controllo del Commissariato. Gli scenari. Se per 15 giorni la Fibe non smaltirà l’immondizia che i comuni le consegnano, il contratto con la Regione potrà essere rescisso. Sarebbe questo il punto più grave della crisi: Campania senza impianti, senza gestori e con una vertenza tecnica, giudiziaria e finanziaria difficile da gestire. E in questo scenario potrebbe inserirsi una soluzione già proposta in passato dal Commissariato: gestione pubblica degli impianti fino all’adeguamento delle strutture alla produzione di combustibile a norma con il decreto Ronchi. Il commissario. Catenacci oggi sarà a Roma per essere ascoltato dalla Bicamerale d’inchiesta sui rifiuti presieduta da Paolo Russo (Fi). L’audizione era stata già decisa da tempo ma oggi inevitabilmente si parlerà dell’emergenza e anche dei motivi che spinsero Catenacci a minacciare le dimissioni, poi rientrate dopo l’intervento del governo. Giovedì saranno ascoltati dalla Bicamerale anche i pm di Napoli che indagano sul caso Fibe.
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