Da tempo la Siria è nel mirino degli Usa per via del suo regime considerato tirannico. Eppure qualche volta l’amministrazione americana se ne dimentica o finge che non sia così.
La vicenda di Maher Arar, cittadino canadese di origini siriane, è sicuramente emblematica. Arrestato per non meglio precisati motivi dalle autorità americane mentre era in transito a New York di ritorno da una vacanza in Tunisia (siamo dopo l’11 settembre), è stato sottoposto a interrogatorio da parte dei servizi Usa. Poi non potendo procedere con mezzi più persuasivi nei suoi confronti – sul territorio metropolitano la cosa presenta qualche difficoltà - per estorcere chissà quali informazioni: “gli Stati Uniti lo consegnarono ai servizi segreti siriani (…) a dispetto della sua cittadinanza canadese lo trasferirono in Siria” (da: “Prigionieri di Guantanamo” di Michael Ratuer ed Ellen Ray,,p.71, edito da NMM, 2005). Questo nonostante Maher Arar da 20 anni non avesse più a che fare con il suo paese d’origine. I casi di persone consegnate a paesi terzi in cui si pratica la tortura è ormai una prassi consueta dei servizi americani. In Italia ha fatto scalpore, ma non più di tanto, il caso di Abu Omar rapito dagli americani a Milano ( o dai nostri servizi e consegnato agli americani?), transitato da Aviano, e spedito a quanto pare in Egitto per il “trattamento”. L’Egitto è notoriamente un Paese la cui tirannia è tollerata dall’amministrazione di Washington, essendo buon amico degli Usa.
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