«Ho visto poliziotti alzare mani e piedi i lavoratori immobili sulla strada...ho visto i manganelli che si abbassavano violentemente sulle spalle dei miei colleghi ho visto anche il sangue per terra. Ho visto poi un'ambulanza che caricava almeno cinque persone, di cui tre uomini e due donne. Erano ferite ma non saprei dire se in modo grave».
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Questo il racconto di Italo Volturni RSU della Finmek presente il 4 Ottobre alla manifestazione davanti palazzo Chigi. I lavoratori chiedevano un incontro e alla fine lo hanno avuto, una delegazione è stata ricevuta dal sottosegretario alle attività produttive, ma quando quasta ha riferito alla folla (si parla di circa 3000 persone) che per il Governo la situazione era quasi irrecuperabile e nonostante ciò sono stati stanziati nuovi fondi per la ditta (che si è rivelata nel tempo autentica sperperatrice di denaro pubblico) alcuni non ce l'hanno fatta a trattenere la loro rabbia e il malcontento andando a casa silenzosamente: hanno continuato ad occupare la piazza, anche contro la polizia che imponeva di sgomberare in tempi brevi.
Da oltre quattro mesi i lavoratori dell Finmek non ricevono il salario e ancora sonon in via di definizione le pratiche per la cassa integrazione.
Ma il loro dissenso è stato mortificato e spento dalle manganellate della celere. Si parla di tre feriti, quanto basta perchè la situazione diventi insostenibile.
Dal 5 ottobre a turno i dipendenti di ogni stabilimento della Finmek monteranno un presidio permanente davanti a palazzo Chigi. Il 7 tocca all'Aquila. «Rimarremo lì fino a quando la soluzione non sarà trovata», conclude Vultrini. Intanto per il 6 ottobre è previsto un incontro per la firma della cassa integrazione mentre nel pomeriggio continua la trattativa con il Governo. «Per quanto riguarda noi l'agitazione continua».
I comunicati di solidarietà si sono subito mossi da sindacati, le giunte regionali unite Abruzzo/Campania e altre realtà... Intanto ancora nessuna scusa per il comportamente deplorevole delle cariche della celere.
Questa è la logica del Governo: fondi per la ditta, che ne approfitta e posticipa di poco la chiusura; cassa integrazione, che di fatto mette in ginocchio (come in questo caso) un intera area del paese; e pestaggi, qualora i lavoratori esprimessero il loro dissenso.
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