BARDONECCHIA. La terra dei «No tav», della gente della val si Susa, che da anni si oppone al progetto del treno ad alta velocità, da ieri ha la sua trincea. Un confine che si pensava insuperabile, piazzato sul ponticello di un rio che dal Rocciamelone scende verso Susa, località Mompantero. Sembra invalicabile.
Invece, dopo una giornata di tensioni, scontri, discussioni e feriti, quando tutto in apparenza era terminato, e le truppe della difesa si erano ritirate con mille sorrisi ai poliziotti, dicendo loro «dimentichiamo le tensioni», quel confine è stato superato. E i tre boschi sulla montagna, destinati ad accogliere le trivelle per i carotaggi, in vista dei lavori di costruzione della linea ferroviara ad Alta velocità, tra Torino e Lione, sono stati conquistati e recintati dalla polizia. Alle 20,35 in punto. Adesso questo enorme bosco di castagni è diventato l’emblema di una sconfitta.
E dire che per più di 16 ore le forze dell’ordine precettate per scortare in quota, su quei tre appezzamenti, i tecnici della società che dovrà effettuare i campionamenti, erano rimaste inchiodate lì, in un lungo, snervante e a volte teso faccia a faccia. Petti contro scudi, caschi contro teste. E mentre loro resistevano, l’intera Val di Susa s’è mobilitata. Ci sono stati scioperi in numerose aziende: gli operai sono usciti dal lavoro e si sono uniti ai manifestanti.
Alcuni gruppi di «No tav» hanno «dato l’assalto» alle stazioni più importanti della valle, bloccando 26 convogli, ritardandone altri e costringendo anche il Tgv ad una sosta fuoriprogramma allo scalo ferroviario di Avigliana. Altri ancora, invece, si sono scontrati con polizia e carabinieri in assetto antisommossa, nel grande posto di blocco istituito a valle, tra Susa e Mompantero, località Urbiano. Lo hanno fatto sia al mattino per impedire alla polizia di salire in quota e hanno replicato la sera, mentre i blindati continuavano a salire e scendere dalla valle: «E’ soltanto un cambio turno, non c’è da preoccuparsi». La città di Susa, il centro più importante della valle, ha invece vissuto una giornata paese militarizzato.
Con tutte le strade che portano vero il Rocciamelone bloccate delle forze dell’ordine che han lasciato passare soltanto i residenti. Quando cala il buio il bilancio della «battaglia di Mompantero» è di 4 feriti e di una raffica di denunce per i dimostranti. Quattro sono già arrivate: tra loro c’è anche una vigilessa del comune di Bussoleno. Si chiama Maria Teresa Giai. Ieri aveva accompagnato, con tanto di gonfolane, il suo sindaco alla manifestazione. E’ stata fermata ai primi tafferugli, alle 10 del mattino. Altre denunce sono in arrivo. Riguarderanno la prima linea dei dimostranti fermi su quel ponticello dove ci sono state spinte e manganellate.
«Riguarderanno almeno una ventina di persone» dicono i poliziotti. Tra loro ci saranno anche sindaci ed amministratori della valle. Tutta gente con la fascia tricolore, che ha mediato con gli anti-tav più facinorosi e con i poliziotti, in modo da evitare le teste fracassate. Tra loro potrebbe esserci anche Antonio Ferrentino presidente della Comunità montana Bassa val di Susa, l’uomo che per tutto il giorno ha tenuto i contatti con i politici romani, le forze di polizia e gli amministratori di zona. ma nei guai finiranno anche i dimostranti che, a Bussoleno, hanno inscenato la protesta in stazione. Un’altra vigilessa, Antonella Benente di Villarfocchiardo, sarà segnalata all’autorità giudiziaria perché ha partecipato, in divisa, alle dimostrazioni.
Alle 20, dopo le botte, il freddo, la fame sofferta in quota il popolo No Tav scende a valle. Sono tutti orgogliosi: «E’ una vittoria della civiltà contro l’arroganza della forza e gli interessi economici». Spiegando che le 2 mila persone della valle, e dei centri sociali, che si erano mobilitate erano soltanto l’avamposto di una marea umana ben più consistente e pronta a mobilitarsi in qualsiasi momento. Anche a costo di altre denunce: «Perché di mezzo c’è anche la nostra salute e quella dei nostri figli». Ma due ore dopo è tutto diverso. I siti sono stati conquistati. Adesso chi entra lì dentro è passibile di arresto. Il popolo «No Tav» a quest’ora di notte non sa ancora nulla. I feriti degli scontri sono a casa a medicarsi le ferite. I denunciati stanno mettendo a punto strategie difensive e i politici della valle ragionano sul futuro
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