Sinistra sindacale, se ci sei batti un colpo.
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Non serve, come fanno alcuni (ad esempio Lavoro e Società sul n. 39-2005 della su rivista), mettersi a fare le pulci, a cercare di confrontare e soppesare luci ed ombre sull’accordo per il rinnovo del Ccnl delle telecomunicazioni firmato lo scorso 6 dicembre. Non serve, perché la questione vera è che quell’accordo acquisisce nella sostanza le principali subordinazioni del lavoro agli obiettivi di impresa così come il governo di centro destra le ha normate (legge 30 e legge 66 sugli orari). C’è poco da dire. O si è d’accordo o si è contrari. Non basta essere perplessi come stanno facendo molti esponenti di Lavoro e Società. In gioco non c’è solo il destino contrattuale dei lavoratori del settore. L’accordo sulle telecomunicazioni opera pesantemente in altre due direzioni. Innanzitutto è il segnale preciso dell’inconsistenza di una linea Cgil che declama contro il Governo parole d’ordine di fuoco che chiedono l’abrogazione della legge 30, che dichiarano l’indisponibilità a nuove e più pesanti flessibilità, per poi concedere tutto ciò a Confindustria ed aprire al prossimo (previsto) governo di centro sinistra che, come si sa, di abolire la legge 30 non ci pensa proprio. Una inconsistenza che mette chiaramente nel piatto anche la debolezza del documento congressuale della Cgil, pieno di tante parole d’ordine condivisibili, ma incapace di proporne una pratica attuazione, come ormai qualsiasi sinistra sindacale con un minimo di capacità critica dovrebbe aver capito. Il vero obiettivo della maggioranza (della nuova maggioranza) Cgil è solo quello di passare la nottata, senza rompere con Montezemolo, in attesa dell’auspicato cambio di Governo, per poter rimettere in moto tutto il progetto concertativo; magari riprendendo da quel “Patto di natale” del 1998, miseramente fallito con la caduta del Governo, che già definiva una evoluzione in senso neocorporativo della stessa concertazione. Quindi, in secondo luogo, il contratto delle TLC è un segnale negativo e pericoloso su quello che sarà il corpo delle disponibilità sindacali in materia della ormai prossima verifica del modello contrattuale. Una verifica sulla quale ancora i lavoratori non sono stati chiamati a discutere su uno straccio di proposta sindacale, ma che ormai assume chiari connotati proprio grazie al tipo di accordi che si stanno già firmando (dopo quello delle telecomunicazioni, aspettiamo di vedere i chimici e la loro proposta di “inflazione concordata” che ancora nessuno sa cosa sia veramente, ma che ci vuole poco a capire dove porta, allo stesso risultato dell’inflazione programmata). In tutto questo mare agitato, purtroppo, i metalmeccanici sono lasciati soli, ed in questo non sono certamente aiutati dalle scelte contrattuali delle altre categorie che con la loro tracimazione in fatto di disponibilità concertative offrono a Federmeccanica ampi argomenti per provarci a dare una lezione ad una categoria che almeno ci prova a contrastare l’offensiva liberista in materia di salario, mercato del lavoro e flessibilità, e che tenta così di gettare anche le basi per una tenuta su quelle che saranno le pretese di Confindustria in materia di modello contrattuale. Una sinistra sindacale, con un minimo di capacità programmatica, dovrebbe capire tutto ciò e non dovrebbe avere dubbi nel contrastare un accordo come quello delle telecomunicazioni, scendendo decisamente in campo per chiedere un referendum vero ed un voto contrario a quell’accordo, aprendo anche nel congresso Cgil una battaglia contro l’evidente deriva concertativa. Ma l’attuale coordinamento nazionale di Lavoro e Società è troppo impegnato a traghettare i suoi apparati nella nuova maggioranza e l’unica cosa che sembra preoccuparla è che si dia corso senza indugio alcuno a quel Patto congressuale che le permetterebbe la sopravvivenza ben al di là dei consensi realmente avuti dai congressi di base. La scelta di parte del gruppo dirigente di Lavoro e Società di rompere i legami con la sua esperienza precedente, ha prodotto inevitabilmente un significativo arretramento nella consistenza e nell’efficacia della sinistra sindacale in Cgil. Come è successo in passato, ancora una volta, una spinta per il rilancio di una sinistra sindacale nuova in Cgil e per una profonda innovazione nel come essere sinistra sindacale, non potrà che venire dalla base. E le occasioni non mancheranno. Intanto c’è il contratto delle telecomunicazioni da criticare per come peggiora le condizioni di quei lavoratori, da smascherare nei suoi aspetti di pericolosità strategica per la tenuta di un’idea di sindacalismo contrattuale, e quindi da bocciare. Ma presto si aprirà anche il fronte sul nuovo modello contrattuale e sul nuovo patto per le regole che Cgil Cisl e Uil vogliono per riaffermare la supremazia delle organizzazioni rispetto alla rappresentatività dei delegati eletti nei luoghi di lavoro. Intanto è già aperto il fronte contro lo scippo del TFR. Questo lavoro ha avuto un primo inizio con il percorso della “Rete 28 Aprile” già prima del congresso. Un percorso aperto a tutti quelli che credono nella possibilità e nella necessità di non far venire a meno un lavoro di critica sindacale ed un procedere organizzati per mantenere in campo in Cgil la forte richiesta di un vero cambiamento di rotta. Un percorso importante che non parte da zero ma che ha cominciato col raccogliere consensi proprio da quella parte di sinistra sindacale Cgil che non si è riconosciuta nella percorso che ha portato Lavoro e Società a trasformarsi da area programmatica della sinistra sindacale in “cordata Pattiana” ormai inevitabilmente ridottasi ad essere una corrente interna della nuova maggioranza. Già ora bisognerà cominciare a rimettere in moto questo confronto tra i compagni della Cgil. Le Tesi alternative di Rinaldini, che in molti abbiamo sostenuto e non solo in Fiom, hanno avuto il pregio di mantenere aperte, nel congresso Cgil, le contraddizioni principali, quella sulla contrattazione e quella sulla democrazia, evitando così un risultato congressuale che omologasse la nuova maggioranza come portatrice di una linea generalmente condivisa dagli iscritti alla Cgil. Il progetto di una nuova sinistra sindacale in Cgil, inevitabilmente, ripartirà da questo, ma ben sapendo che bisognerà fare anche di più.
http://www.ecn.org/criticasindacale/rivista/2005_12.pdf
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