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Contratto Telecomunicazioni – Un accordo da bocciare
by Sergio Bellavita, Fiom Emilia Romagna Thursday, Jan. 05, 2006 at 1:28 AM mail:

Sinistra sindacale, se ci sei batti un colpo.

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Non serve, come fanno alcuni (ad esempio Lavoro e Società sul
n. 39-2005 della su rivista), mettersi a fare le pulci, a cercare
di confrontare e soppesare luci ed ombre sull’accordo per il
rinnovo del Ccnl delle telecomunicazioni firmato lo scorso 6
dicembre.
Non serve, perché la questione vera è che quell’accordo
acquisisce nella sostanza le principali subordinazioni del lavoro
agli obiettivi di impresa così come il governo di centro destra le
ha normate (legge 30 e legge 66 sugli orari). C’è poco da dire.
O si è d’accordo o si è contrari. Non basta essere perplessi
come stanno facendo molti esponenti di Lavoro e Società.
In gioco non c’è solo il destino contrattuale dei lavoratori del
settore. L’accordo sulle telecomunicazioni opera pesantemente
in altre due direzioni.
Innanzitutto è il segnale preciso dell’inconsistenza di una linea
Cgil che declama contro il Governo parole d’ordine di fuoco che
chiedono l’abrogazione della legge 30, che dichiarano
l’indisponibilità a nuove e più pesanti flessibilità, per poi
concedere tutto ciò a Confindustria ed aprire al prossimo
(previsto) governo di centro sinistra che, come si sa, di abolire
la legge 30 non ci pensa proprio. Una inconsistenza che mette
chiaramente nel piatto anche la debolezza del documento
congressuale della Cgil, pieno di tante parole d’ordine
condivisibili, ma incapace di proporne una pratica attuazione,
come ormai qualsiasi sinistra sindacale con un minimo di
capacità critica dovrebbe aver capito. Il vero obiettivo della maggioranza
(della nuova maggioranza) Cgil è solo quello di
passare la nottata, senza rompere con Montezemolo, in attesa
dell’auspicato cambio di Governo, per poter rimettere in moto
tutto il progetto concertativo; magari riprendendo da quel
“Patto di natale” del 1998, miseramente fallito con la caduta
del Governo, che già definiva una evoluzione in senso
neocorporativo della stessa concertazione.
Quindi, in secondo luogo, il contratto delle TLC è un segnale
negativo e pericoloso su quello che sarà il corpo delle
disponibilità sindacali in materia della ormai prossima verifica
del modello contrattuale. Una verifica sulla quale ancora i
lavoratori non sono stati chiamati a discutere su uno straccio di
proposta sindacale, ma che ormai assume chiari connotati
proprio grazie al tipo di accordi che si stanno già firmando
(dopo quello delle telecomunicazioni, aspettiamo di vedere i
chimici e la loro proposta di “inflazione concordata” che ancora
nessuno sa cosa sia veramente, ma che ci vuole poco a capire
dove porta, allo stesso risultato dell’inflazione programmata).
In tutto questo mare agitato, purtroppo, i metalmeccanici sono
lasciati soli, ed in questo non sono certamente aiutati dalle
scelte contrattuali delle altre categorie che con la loro
tracimazione in fatto di disponibilità concertative offrono a
Federmeccanica ampi argomenti per provarci a dare una
lezione ad una categoria che almeno ci prova a contrastare
l’offensiva liberista in materia di salario, mercato del lavoro e
flessibilità, e che tenta così di gettare anche le basi per una
tenuta su quelle che saranno le pretese di Confindustria in
materia di modello contrattuale.
Una sinistra sindacale, con un minimo di capacità
programmatica, dovrebbe capire tutto ciò e non dovrebbe
avere dubbi nel contrastare un accordo come quello delle
telecomunicazioni, scendendo decisamente in campo per
chiedere un referendum vero ed un voto contrario a
quell’accordo, aprendo anche nel congresso Cgil una battaglia
contro l’evidente deriva concertativa.
Ma l’attuale coordinamento nazionale di Lavoro e Società è
troppo impegnato a traghettare i suoi apparati nella nuova
maggioranza e l’unica cosa che sembra preoccuparla è che si
dia corso senza indugio alcuno a quel Patto congressuale che
le permetterebbe la sopravvivenza ben al di là dei consensi
realmente avuti dai congressi di base.
La scelta di parte del gruppo dirigente di Lavoro e Società di
rompere i legami con la sua esperienza precedente, ha
prodotto inevitabilmente un significativo arretramento nella
consistenza e nell’efficacia della sinistra sindacale in Cgil.
Come è successo in passato, ancora una volta, una spinta per
il rilancio di una sinistra sindacale nuova in Cgil e per una
profonda innovazione nel come essere sinistra sindacale, non
potrà che venire dalla base.
E le occasioni non mancheranno. Intanto c’è il contratto delle
telecomunicazioni da criticare per come peggiora le condizioni
di quei lavoratori, da smascherare nei suoi aspetti di
pericolosità strategica per la tenuta di un’idea di sindacalismo
contrattuale, e quindi da bocciare. Ma presto si aprirà anche il
fronte sul nuovo modello contrattuale e sul nuovo patto per le
regole che Cgil Cisl e Uil vogliono per riaffermare la supremazia
delle organizzazioni rispetto alla rappresentatività dei delegati
eletti nei luoghi di lavoro. Intanto è già aperto il fronte contro
lo scippo del TFR.
Questo lavoro ha avuto un primo inizio con il percorso della
“Rete 28 Aprile” già prima del congresso. Un percorso aperto a
tutti quelli che credono nella possibilità e nella necessità di non
far venire a meno un lavoro di critica sindacale ed un
procedere organizzati per mantenere in campo in Cgil la forte
richiesta di un vero cambiamento di rotta.
Un percorso importante che non parte da zero ma che ha
cominciato col raccogliere consensi proprio da quella parte di
sinistra sindacale Cgil che non si è riconosciuta nella percorso
che ha portato Lavoro e Società a trasformarsi da area
programmatica della sinistra sindacale in “cordata Pattiana”
ormai inevitabilmente ridottasi ad essere una corrente interna
della nuova maggioranza.
Già ora bisognerà cominciare a rimettere in moto questo
confronto tra i compagni della Cgil.
Le Tesi alternative di Rinaldini, che in molti abbiamo sostenuto
e non solo in Fiom, hanno avuto il pregio di mantenere aperte,
nel congresso Cgil, le contraddizioni principali, quella sulla
contrattazione e quella sulla democrazia, evitando così un
risultato congressuale che omologasse la nuova maggioranza
come portatrice di una linea generalmente condivisa dagli
iscritti alla Cgil.
Il progetto di una nuova sinistra sindacale in Cgil,
inevitabilmente, ripartirà da questo, ma ben sapendo che
bisognerà fare anche di più.

http://www.ecn.org/criticasindacale/rivista/2005_12.pdf

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