«Restiamo in Svizzera. Garanzie o non ci muoviamo». La Maiolo: non accettiamo ultimatum.
«Senza garanzie non torniamo a Milano». I 57 rifugiati sudanesi che hanno lasciato il dormitorio di viale Ortles e sconfinato in Svizzera nella notte tra martedì e mercoledì hanno rifiutato anche ieri la «riammissione» in Italia. Il consigliere di Stato Luigi Pedrazzini, il «ministro della giustizia» del Canton Ticino, è riuscito però a interrompere lo sciopero della fame dei profughi (dopo un paio di giorni) e a fissare per questa mattina un incontro con Hans Lunshof, rappresentante dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Un primo passo. «Ho detto loro di chiedermi qualcosa che posso fare, non le risposte che avrebbero voluto» dall'Italia e da Milano, ha spiegato Pedrazzini. Stizzito perché «sì, ho contatti con le autorità milanesi», ma «non hanno ritenuto di venire ad affrontare il problema qui», a Chiasso. Il bollettino sanitario parla di un rifugiato all'ospedale di Mendrisio per sospetta tubercolosi e cinque con una una flebo al braccio. Gli altri hanno dormito anche questa notte negli alloggi della protezione civile. Oggi chiederanno all'Onu garanzie di «alloggi dignitosi e lavoro» prima di rientrare in Italia. «Serve un passo indietro della politica», osserva Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr. La situazione «si potrebbe sbloccare solo se si riuscisse a convocare un tavolo tecnico-operativo con tutti gli attori della vicenda». Un passo indietro? L'assessore Tiziana Maiolo ribadisce: «Dopo aver infranto le regole, questi rifugiati non possono più dettare condizioni». Il collega Guido Manca: «I profughi sono strumentalizzati dagli scugnizzi politico- sociali di Penati e da due o tre capetti». E il presidente della Provincia: «Credo che ci sia la possibilità di superare tutte le polemiche e collaborare» con il Comune. Il candidato sindaco dell'Unione, Bruno Ferrante: «Milano può e deve dare un'accoglienza degna della sua storia». Luciano Muhlbauer (Prc): «I profughi riescono a dialogare con tutti, tranne che con il Comune». Matteo Salvini (Lega): «Questi sono furbi. E a casa mia i furbi vanno presi a calci...». Gianni Prosperini (An): «Impariamo dagli svizzeri: espelliamoli!».
|