Proporzionale e Pompieraggio sindacale
STATO E SINDACATO IL NUOVO PROPORZIONALE
CONTRATTO METALMECCANICI, SESTO S. GIOVANNI POMPIERI AL LAVORO
RIFORMA ELETTORALE Il centrodestra cambia le regole per tentare di rivincere le elezioni, il centrosinistra denuncia il colpo di mano ma si guarda bene dal mobilitare la piazza contro una nuova legge truffa. Il governo potrebbe cadere per mano della piazza ma il protagonismo degli operai non lo vuole nessuno, troppi sono gli interessi comuni dei due schieramenti, così lo scontro sulla riforma elettorale è rimasta nei circoli politici romani ed estranea agli operai. Dal punto di vista della classe operaia la riforma elettorale approvata dal governo Berlusconi è una tappa dello scontro tra le frazioni più consistenti e rappresentative della classe politica borghese per la conquista e il mantenimento del potere governativo. Lo scontro è così evidente che la frazione denominata di centrodestra, attualmente al governo, vara, a pochi mesi dalle future elezioni politiche, una riforma elettorale finalizzata a indebolire la frazione di centrosinistra, ora all’opposizione ma data favorita al prossimo appuntamento elettorale, e a rafforzare le proprie posizioni per vincerlo. Non c’è esclusione di colpi tra la frazione di centrodestra che si sforza in ogni modo e le escogita tutte per rimanere abbarbicata a un potere che le ha permesso, usando con abilità e spregiudicatezza le stesse regole del sistema democratico borghese, di salvare dal carcere il suo gruppo dirigente e di dargli una credibilità politica e la frazione di centrosinistra che, ergendosi a massimo difensore della democraticità e della legalità del sistema, ambisce a disarcionare la frazione avversa e sostituirla in sella al potere politico. Ogni occasione è buona, per l’una e l’altra frazione, per scatenare battibecchi e risse, per inventare scaramucce e battaglie, per trasformare il dibattito politico in alterco, diverbio, lite. E la riforma elettorale ha rappresentato un evento eccellente per aizzare baruffe e litigi e sventolare proclami di guerra. La rappresentazione e la spettacolarizzazione dello scontro vengono elevati al livello più alto possibile, fino a coinvolgere di sé l’intera società e qualsiasi cittadino, quasi indistintamente. La pressione continua e capillare sull’opinione pubblica spinge chiunque a partecipare allo spettacolo, a sentirsi in diritto e dovere di prendere posizione all’interno del recinto precostituito della lotta politica borghese, a ubriacarsi nella sbornia collettiva di parole vuote in cui gli interessi di ciascuno vengono apparentemente difesi dalla frazione politica nella quale viene indotto e persuaso a sentirsi rappresentato. L’obiettivo che la borghesia vuole raggiungere è il coinvolgimento della società intera, della ‘gente’ al completo, intorno ai suoi progetti, alle sue discussioni, alle sue diatribe. È il sogno da sempre perseguito di annullare i conflitti sociali in un comodo interclassismo, di annegare la lotta di classe nel pantano di pacifiche discussioni senza impegno. Naturalmente, in una questione come la riforma elettorale, i membri della piccola e media borghesia - impiegati, artigiani, commercianti, agricoltori, professionisti, piccoli industriali, - più lontani dal potere economico che conta realmente e più dipendenti dai favori dell’uno o dell’altro politico, si sentono direttamente coinvolti e perseguono i loro interessi di classe dividendosi parte con una frazione e parte con l’altra. La grande borghesia è invece più distaccata, chiunque può governare, purché svolga bene le funzioni di suo comitato d’affari. E sia il centrodestra sia il centrosinistra si sono dimostrati capaci di garantire l’accumulazione dei profitti da parte dei padroni, di sostenerli nello sfruttamento degli operai e nella repressione di ogni loro forma di lotta e insubordinazione, di rappresentare gli interessi economici e politici della grande borghesia sia sul territorio nazionale sia all’estero, di lavorare per il rafforzamento della sua integrazione con le altre grandi borghesie europee nell’ambito dell’Unione europea. Tanto da dimostrare nettamente che entrambi gli schieramenti perseguono una stessa strategia politica e si differenziano solo per le tattiche e il linguaggio utilizzati e per le rituali liti e critiche volte a demonizzare e demolire l’avversario politico e a presentarsi come i migliori servitori dei padroni e dell’ordine sociale capitalistico. Di fronte a una questione politica come la nuova riforma elettorale quale posizione ha assunto la classe operaia in quanto tale? Nessuna. Per due ragioni. In primo luogo gli operai hanno da tener testa a questioni ben più gravi e pressanti per essi che la riforma delle modalità per farsi eleggere dei rappresentanti politici dei loro padroni: la quotidiana fatica sul posto di lavoro, l’attenzione a salvare ogni giorno la pelle da infortuni non di rado mortali, il rischio o la certezza di perdere il lavoro, insomma la battaglia continua, più o meno cosciente, per sopravvivere ai colpi del padrone e della crisi del suo modo di produrre. In secondo luogo gli operai, in larga parte privati della autonomia politica di classe dall’instancabile impegno disgregatorio dei sindacalisti borghesi e dei partiti di sinistra borghese, più o meno estrema, e dal duro lavoro ai fianchi dell’ideologia e della cultura borghesi, spesso aderiscono individualmente e più o meno sentitamente ai progetti e programmi dell’una o dell’altra frazione politica borghese. Diventano così pedine di un ‘gioco’ politico della classe padronale, che contribuisce a dividerli e a privarli ancora più della coscienza di nemici di classe di quei padroni che di fatto sostengono parteggiando per gli uni o gli altri loro rappresentanti politici. Indubbiamente una riforma elettorale può avere qualche effetto anche sulla eventuale partecipazione alle elezioni di un futuro partito politico della classe operaia. Ma l’avanguardia politica della classe operaia non è afflitta dal vizio del cretinismo parlamentare, non ritiene il parlamento il luogo della propria emancipazione sociale e perciò utilizza lo strumento elettorale come occasione di agitazione e propaganda, per denunciare la politica dei padroni, far conoscere il proprio programma politico e allargare le proprie file a nuove fasce di operai. Perciò se la borghesia pensa e lavora per riformare le forme di elezione dei propri rappresentanti politici, la classe operaia pensi e lavori per unirsi e rafforzarsi contro i nemici di classe e i suoi politicanti. Sarà il contributo migliore al ‘dibattito’ in corso sulla riforma elettorale. F.S. Il 17 ottobre ho partecipato a una manifestazione della zona di Sesto San Giovanni, area nord-est milanese, per il rinnovo del ccnl dei metalmeccanici. Il ritrovo era davanti alle Pompe Gabbioneta, fabbrica metalmeccanica sestese che è stata venduta senza neanche comunicarlo ai lavoratori, eravamo in circa 2000, striscioni bandiere fischietti, insomma si profilava la solita protesta silenziosa noiosa, frustrante. Ad un certo punto ci muoviamo, il corteo va verso la stazione ferroviaria, qualcuno dice di entrare e occupare i binari, dice anche che è stato anche già concordato. Comunque, la poca polizia in borghese ci permette di entrare, e fin dall’inizio mi accorgo del malumore dei funzionari sindacali, tant’è che, occupati i binari e bloccato un treno, la funzionaria Cgil dalle retrovie spunta come un fungo col megafono davanti al treno e improvvisa un improbabile comizio personalizzato al macchinista, dopodiché incomincia a blaterare altre banalità e tenta nel frattempo di dirigere i manifestanti fuori dalla stazione, a questo punto un gruppo più lucido incomincia a fischiare e insultarla spronando la gente a rimanere. Operazione riuscita, la gente rimane e qui incomincia il lavoro di tutto il gruppo di funzionari sindacali. In maniera capillare incominciano a infiltrarsi nel gruppo e smantellare la protesta, cocciuti riusciamo a rimanere ancora mezz’ora dopo di che ci convincono proponendoci un blocco stradale. Cambio scenario, tutti in piazza davanti alla stazione a bloccare il traffico, altra manovra per contenere la protesta, i funzionari vengono a dirci che avremmo potuto bloccare solo una parte delle piazza e comunque di lì a poco il corteo si sarebbe dovuto spostare verso la piazza del Rondò, come poco prima noi resistiamo, blocchiamo tutte le carreggiate, altre manovre fanno rimuovere il blocco, parte del gruppo segue il corteo, ma stando di fianco e occupando anche la corsia di senso inverso, arriviamo al rondò stesso tentativo di contenimento della protesta, altra resistenza. R.S.
|