questa dell'amnistia é una vecchia, vecchissima minchiata, ma il fatto che sia così vecchia, se ce la rende familiare, non la rende meno minchiata. L'amnistia é una delle molte forme di grazia previste dalle leggi penali: si trattava, nei vecchi regimi monarchici, di un capitolo importante del delirio dello stato, attraverso cui lo stato assumeva per sé il giudizio, la vendetta e il eprdono. Tanto importante che, fino a qualche anno fa, il Ministero si chiamava di Grazia e Giustizia. Grazioso, cioé compassionevole, benigno, era uno degli attributi del merdoso monarca. Gli inglesi ce l'hanno nell'inno, Our Gracious Queen. Come é ovvio, tanto la condanna é sgradevole per chi la subisce, l'assoluzione, la grazia, l'amnistia costituiscono viceversa un sollievo. Avevi un masso sui coglioni, te lo tolgono, scusa se é poco. Un garzie a chi te lo toglie non si nega. Il puno é che nel caso dell'amnistia, il masso te lo toglie quello stesso che prima ce lo ha schiaffato. A questo punto,salta agli occhi che invocare l'amnistia è umano, come é umano chiedere pietà a chi ti sta torturando, pregarlo di smettere. Nel caso della vittima e dell'aguzzino a volte funziona, perché anche l'aguzzino é un essere umano, e finisce che si stanca, si schifa, si scoraggia, si pente, si annoia. Smette. E' raro, eppure accade. Ma non accade mai quando chi ti tormenta é un soggetto impersonale, come lo stato é. Accade invece, questo sì, che lo stato, per proprie ragioni - le carceri troppo colme, la nec4essità di mandare un messaggio a qualche forza politico-sociale, la speranza di acquietare la ribellione dei reclusi - stabilisca di concedere provvedimenti di clemenza, come la grazia nel caso dei singoli, l'amnistia nel caso dei molti, l'indulto nel caso voglia rivolgersi all'intera platea dei tormentati e dei vessati, anche potenziali. Ne consegue, che invocare l'amnistia da parte dei tormentati stessi, non é logico che possa servire, e difatti non é mai servito (e realisticamente mai servirà): può funzionare talvolta, se la richiesta proiviene da un potere interno ( i sindacati, alcuni partiti, alcune corporazioni importanti) o esterno (il papa, qualche potenza straniera). Poiché, tuttavia, le persone degne, le persone reali, non hanno potere in questa società, questa strada non é percorribile: al massimo potrà accadere di beneficiare della buona sorte quiando l'evento si produrrà. Rimane un solo modo attraverso il quale, molte circostanze favorevoli concorrendo, sperare in un provvedimento di alleviazione dei tormenti sociali: la ribellione dei reclusi attuali (quelli che stanno dentro) e dei reclusi potenziali (tutti quelli che stanno fuori) contro l'esistenza della glaera, e contro le sue articolazioni. Se questa ribellione sarà sufficientemente forte ed estesa, é verosimile (e difatti é accaduto in passato mille volte in mille paesi differenti e in mille situazioni differenti) che anche i rpovevdimenti di clemenza venmgano utilizzati per cercare di smorzare la fiamma della riovlta, e per dividere i ribelli in più e meno cattivi. In questi casi gioverà beneficiare di tutti i varchi offerti e poi proseguire con rinnovellato ardore, con tutti i mezzi possibili. In poche parole, l'esperienza insegna che l'amnistia si accetta, ma assolutamente non si chiede, in particolare non si chiede per la categoria cui si appartiene. Non perché sia eticamente poco elegante, ma pèerché é un sintomo di debolezza. E la condizione del proletario moderno, recluso o minacciato di essere recluso, é già debole a sufficienza da non permettere nenache il minimo accenno in tal senso. Vero che il povero Oreste aveva proposto l'amnistia, or sono vent'anni, proprio a partire dall'evidenza della debolezza assoluta, disarmante più che disarmata, dei superstiti del corto circuito illusorio della stagione armata. Ma, guarda caso, l'amnistia non é venuta, come era logico che non venisse. Perchè lo stato dovrebbe scarcerare, se il suo fine istituzionale e anche storicamente determinato é quello di carcerare? Non c'é ragione, quindi non lo fa. Più lo scongiuri, meno ragioni vede di farlo. Più i latitanti, i carcerati, i loro amici, i loro parenti, i loro simili, chiedono clemenza, meno ne avranno: é matematico. Se hai fame e chiedi di mangiare, sono tutti cazzi tuoi; ma se fai lo sciopero della fame e rifiuti di mangiare, ti sottoporranno all'alimentazione forzata. Lo stato é fatto così.
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