Dal Domani di Bologna
Due anni e otto mesi di reclusione in abbreviato per quel mezzo chilo di “fumo” che l’avrebbero vista lanciare da una finestra del Livello 57. Una mazzata per chi le aule di Tribunale le frequenta abitualmente per lavoro, un «teorema del delirio» per chi come Maria Pia S., praticante legale ed esponente del centro sociale di via Stalingrado, continua a professarsi innocente. All’uscita del Tribunale arriva l’abbraccio dei compagni del Livello che la baciano e le fanno un applauso prima che sparisca nella macchina dei genitori per tornare in Puglia, ancora agli arresti domiciliari. «Me l’aspettavo, ma mi ritengo non colpevole. Non so di chi sia la droga e come sia finita lì, fa parte del loro lavoro (degli inquirenti, ndr) cercare di capirlo. Questa condanna rientra in quello che è un vero teorema del delirio, ma Bologna saprà spiegarlo ». Per adesso, in attesa delle motivazioni della sentenza che non arriveranno prima di 15 giorni, non c’è molto da spiegare. La condanna è arrivata sulla base di elementi oggettivi, dicono gli inquirenti. Determinante la testimonianza in aula di un carabiniere che partecipò al blitz disposto dalla Procura ed eseguito dai militari il 25 maggio scorso. Il maresciallo ha ribadito al giudice monocratico Stefano Marinelli di aver visto la trentaduenne pugliese lanciare tre panetti di “fumo” dalla finestra della stanza in cui risiede da più di tre mesi. Non basta. Il militare ha riferito d’averla riconosciuta nella donna che qualche minuto dopo tentò di nascondere l’hashish facendolo scivolare sotto una macchina parcheggiata nel cortile del Livello. «Una costruzione singolare: è come se dessero dello spacciatore a un operatore del Sert», hanno commentato gli avvocati Rossano Parasido e Marcello Petrelli, legali della S. che hanno preannunciato appello. Lei, la quasi avvocatessa impegnata da tempo nelle iniziative di riduzione del danno del centro sociale, ha negato con decisione: «Mi sono affacciata alla finestra, ma non ho mai lanciato nulla. Quella roba non è mia, non l’ho mai tirata dalla finestra e non l’avevo mai vista prima - ha detto al giudice - All’interno del Livello circolava hashishma in modiche quantità e solo per uso personale». Parole che non sono piaciute al pubblico ministero Paolo Giovagnoli che ha chiesto la trasmissione degli atti in Procura con l’ipotesi d’accusa di calunnia nei confronti del carabiniere. I difensori della giovane di origine pugliese hanno sottolineato alcune incongruenze nel racconto dei carabinieri e vere e proprie falle, a loro avviso, nella ricostruzione dell’accusa: «Per lo spaccio ci vogliono elementi oggettivi, ma all’interno del centro sociale non è stato trovato nessuno strumento idoneo che integra questa accusa - spiega l’avvocato Parasido - Nè un bilancino, né il materiale per il confezionamento né tanto meno soldi contanti che si trovano sempre in caso di spaccio». Gli avvocati hanno contestato l’accusa nel passaggio in cui si sosteneva che il coltello trovato nell’officina dove lavorava Sebastien G. (il francese, incensurato, arrestato perché trovato in possesso di 8 pastiglie di ecstasy, poi scarcerato senza nessun foglio di via) veniva usato da tutta l’organizzazione per tagliare il “fumo”. Argomentazioni che non sono servite. Dopo una breve camera di consiglio il giudice ha condannato Maria Pia a 2 anni e 8 mesi in abbreviato: il pm ne aveva chiesti 6, il minimo previsto dalla nuova legge sulla droga, ma la scelta del rito e le attenuanti generiche (la giovane è incensurata) hanno ridotto la pena.
http://www.ildomanidibologna.it/pdf/ildomani.pdf
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