I 18 di Buoenos Aires: 'Adesso liberate anche noi'. Istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati degli autonomi dopo gli scontri dell'11 marzo.
Milano, 9 agosto - 2006 I diciotto militanti dei centri sociali condannati dal giudice Giorgio Barbuto per gli scontri dell’11 marzo in corso Buenos Aires, hanno avanzato, tramite i loro legali, la richiesta di beneficiare dell’indulto. Due di loro sono agli arresti domiciliari, otto sono di Reggio Emilia.
Per tutti la condanna decisa dal giudice, con rito abbreviato, è a quattro anni di reclusione, dopo l’accusa di devastazione e saccheggio contestata nei loro confronti dal pubblico ministero Piero Basilone. I diciotto autonomi puntano ora a una rapida estinzione della pena. Ai tre anni di reclusione condonabili tramite indulto si aggiungerebbero i quattro mesi di carcerazione preventiva a cui sono stati costretti tutti i condannati dalla data degli scontri al 19 luglio, giorno della sentenza del gup Barbuto. Il resto della condanna potrebbe dileguarsi attraverso un eventuale sconto di fine pena.
Secondo i famigliari dei ragazzi - riunitisi in un comitato - la concessione dell’indulto farebbe giustizia di una condanna troppo severa, maturata - a loro dire - senza il supporto delle prove necessarie a codificare le responsabilità individuali dei diciotto condannati, e farebbe giustizia anche di quei quattro mesi di carcerazione preventiva, per protestare contro i quali si costituì il comitato dei genitori. Di segno opposto le reazioni dei commercianti di corso Buenos Aires, dove quella mattina, nell’ambito della manifestazione antifascista organizzata dai centri sociali, non autorizzata dal Comune, vennero infrante alcune vetrine e danneggiate le auto in sosta. Alla vigilia della sentenza emessa dal giudice Barbuto, l’associazione dei commercianti di Buenos Aires aveva auspicato condanne esemplari.
Qualora la richiesta di indulto venisse accolta dalla procura di Milano, non mancheranno proteste. Sarà l’occasione per scrivere un altro capitolo di un processo che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica milanese. Dapprima ha fatto discutere la decisione di tenere i 27 militanti coinvolti negli scontri con la polizia in carcere per quattro mesi e mezzo in attesa della sentenza. In molti, soprattuto tra i parenti dei ragazzi, sono rimasti poi perplessi dalla requisitoria del pm Piero Basilone, intenzionato a contestare ai 27 militanti coinvolti negli scontri con le forze dell’ordine, il reato di devastazione e saccheggio. Reato di cui la dottrina annovera pochi precedenti, l’ultimo risalente a un derby di calcio tra l’Avellino e il Napoli in cui lo stadio degli irpini fu letteralmente messo a ferro fuoco dagli ultras.
«Quella mattina - hanno però ribattuto in aula i legali della difesa - le forze dell’ordine impiegarono pochi minuti a ristabilire il controllo della piazza, molta gente ha addirittura assistito in tutta sicurezza a quanto avveniva a pochi metri da loro: mancano gli estremi per contestare la devastazione e il saccheggio». Un’obiezione che non ebbe grande fortuna. Per la richiesta d’indulto però, la storia potrebbe concludersi in modo diverso. In diciotto ci sperano.
|