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[post dinamico] Missione improbabile
by (((i))) Friday, Sep. 15, 2006 at 1:48 PM mail:

Post dedicato alla raccolta di informazioni, aggiornamenti, e approfondimenti

guerralibano

.: Leggi la feature Missione improbabile :.

- Viva la resistenza delle masse lavoratrici
- 30 settembre manifestazione nazionale
- Appello sulla missione in Libano
- I PRIMI CINQUE ANNI DI GUERRA INFINITA
- Libano Libero
- Colleferro, 23/09 - Manifestazione No War, No Cluster
- Report Forum Palestina
- BISOGNA FARNE DI STRADA...
- Per la pace in Libano
- Disarmiamoci
- Libano militarizzato: altri 360 soldati malaysiani
- PERCHE' SIAMO CONTRARI ALLA MISSIONE IN LIBANO
- DI RITORNO DAL LIBANO
- Appello per il Medio Oriente
- Israele continua a violare la risoluzione 1701
- Chiuso con le minacce il sito web Voci dal Libano






:: post dinamici - how to ::

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Viva la resistenza delle masse lavoratrici
by www.che-fare.org Friday, Sep. 15, 2006 at 2:59 PM mail:

Viva la resistenza delle masse lavoratrici

in Palestina e in Libano!

No all'invio di una forza multinazionale

di "pace" occidentale in Libano-Palestina!



L’appello che convoca la manifestazione di oggi plaude all’invio della missione internazionale in Libano. Molti tra coloro che negli anni scorsi hanno marciato per la pace “senza se e senza ma” guardano con favore a questa missione. Finalmente, si dice, siamo riusciti a fermare l’avventurismo degli Stati Uniti e di Israele, finalmente l’Italia sta recuperando un suo ruolo autonomo per stabilire una convivenza pacifica, nell’interesse di tutti, tra Israele e Libano e, forse domani, tra Israele e palestinesi.

Noi comunisti dell’OCI non neghiamo che ci sia un mutamento nella politica dell’Italia in Medioriente e che esso sia sgradito agli Stati Uniti. Gli amanti della “pace con giustizia” non possono, però, fermarsi a questa rilevazione. Occorre chiedersi: questo mutamento a cosa mira? porta davvero a favorire la creazione di una “pace con giustizia” in Medioriente?

I sostenitori della missione multinazionale dicono: essa serve per “separare i contendenti” e favorire un “accordo equo tra loro”.

Bene, ma chi sono i contendenti da pacificare, e per quali motivi si stanno combattendo?

Da un lato, abbiamo lo stato d’Israele, la cui politica mira a continuare l’espropriazione delle terre abitate dal popolo palestinese, a bombardare i popoli circostanti che, come la popolazione lavoratrice del Libano, manifestano solidarietà con la lotta dei palestinesi e lottano per i propri diritti sindacali contro le politiche d’austerità dei rispettivi governi. Israele non porta avanti questa politica solo per i suoi interessi di dominio capitalistico e colonialistico in Palestina. Lo fa anche per coadiuvare la politica delle grandi potenze capitalistiche d’Occidente finalizzata al mantenimento del saccheggio del petrolio e della manodopera dell’intera regione. Anche l’Italia, l’Italia dei re della finanza e dell’industria, è interessata al mantenimento di quest’ordine neo-coloniale, che costringe, tra l’altro, milioni di persone ad emigrare dall’Egitto, dalla Giordania, dal Kurdistan per cercare un lavoro a qualche euro l’ora nei cantieri, nei campi e nelle fabbriche dell’Europa per la gioia dei padroni e dei padroncini europei.

Dall’altro lato, abbiamo i lavoratori e i diseredati della Palestina, del Libano e della regione mediorientale, i quali si stanno battendo, come possono, contro questo bulldozer israeliano e imperialista, e contro la politica di capitolazione accettata così spesso dalle loro “classi dirigenti”, come nel caso di Abu Mazen per i palestinesi. Il fatto che questo secondo “contendente” trovi sempre più la propria bandiera nel radicalismo islamico esprime proprio questa volontà indomabile di lotta. Lo ha riconosciuto anche il ministro degli esteri D’Alema, che in un’intervista a La Repubblica (13 agosto) ha dichiarato: “La gente nelle strade arabe simpatizza per i fondamentalisti, perché li vede come gli unici capaci di vendicarli, di ripagarli per le umiliazioni sofferte”. Dall’Occidente imperialista e dalle loro stesse vendute “classi dirigenti” oltre che da Israele!

Da questa seconda parte della barricata, c’è inoltre da registrare quanto sta succedendo entro i confini d’Israele. Un settore della popolazione lavoratrice ebrea sta cominciando a comprendere che la costituzione dello stato d’Israele non ha rappresentato la soluzione del dramma vissuto dagli ebrei per le persecuzioni subìte in Europa (non nel mondo islamico!). Sta iniziando a comprendere che questa falsa soluzione ha implicato un costo enorme per le popolazioni della Palestina e che essa implicherà costi crescenti anche per la popolazione ebrea.



Parla un ebreo israeliano...



“Israele come stato ebraico costituisce un pericolo non solo per sé stesso e per i suoi abitanti, ma per tutti gli ebrei e per tutti gli altri popoli e stati del Medio Oriente e anche altrove”: a scrivere queste sagge parole non è un qualche orrido “anti-semita”, bensì Israel Shahak, un ebreo israeliano “nato in Polonia, deportato a Belsen e residente in Israele da oltre quarant’anni”, dunque “un sopravvissuto dell’olocausto”, che lo scrittore statunitense Gore Vidal definisce “l’ultimo dei grandi profeti” (il suo testo si intitola Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni, Centro Librario Sodalitium, 1997).

Le scrive in quanto considera lo stato di Israele uno stato fondato sull’apartheid nei confronti della popolazione araba, uno stato razzista e discriminatorio nei confronti dei non ebrei in generale come pure degli ebrei che non si riconoscono nello “sciovinismo ebraico”, uno stato fondamentalmente confessionale che ha nella “ideologia della Terra Redenta” un’ideologia utile ad espellere tutti i non ebrei dalla terra destinata a far nascere la “Grande Israele” entro non meglio precisati “confini biblici”; uno stato proteso, perciò, ad un indefinito processo di espansione e di colonizzazione.

La sua severa conclusione è la seguente: “il corpo sociale ebraico-israeliano ha solo due possibilità di scelta: diventare tutto un ghetto chiuso in guerra perpetua, una Sparta ebraica, fondata sul lavoro degli iloti arabi e mantenuto in vita dalla condizione di poter contare sull’appoggio economico-militare dell’establishment politico degli Stati Uniti e dalla costante minaccia delle armi nucleari, oppure diventare una società aperta” (pp. 31-2).

Ecco chi sono i contendenti:

da un lato i grandi poteri capitalistici,

dall’altro lato una parte del mondo del lavoro planetario.

A nostro avviso, non si può trovare un accordo tra gli interessi di questi due fronti contrapposti. Questa affermazione può sembrare pre-concetta e contraddetta dal fatto che l’intervento dell’Onu, anche per l’attivismo della diplomazia italiana, ha già messo un alt al tentativo di Israele e degli Stati Uniti di sbranare la resistenza della popolazione lavoratrice del Libano. Ora, è vero che Israele e gli Stati Uniti non hanno potuto “finire il lavoro”. Ma perché è successo questo? Perché, come ha scritto Caracciolo, “dopo settimane di polemiche intestine il governo Olmert ha preso atto che non poteva farcela da solo” (La Repubblica, 15 agosto). Perché ha incontrato un’inaspettata resistenza delle masse lavoratrici libanesi. Perché ha cominciato a vedere che il “fronte interno” si stava incrinando. Perché l’offensiva militare di Tel Aviv stava creando un movimento di solidarietà con il popolo libanese e palestinese nel resto del mondo arabo-islamico, molto pericoloso per la tutela degli interessi di saccheggio neo-coloniale di Israele e del capitale occidentale nell’area. Nella sola Baghdad, il 5 agosto c’è stata una marcia di un milione di persone contro l’occupazione occidentale del paese e contro l’intervento israeliano in Libano.

Il governo Prodi-D’Alema vuole seguire una strada diversa da quella del duo Bush-Olmert ma per raggiungere lo stesso obiettivo.

Esagerazioni?

Leggiamo con attenzione le dichiarazioni del neo-ministro degli esteri italiano.

Egli afferma che occorre arrivare a disarmare gli Hezbollah, a sminare il radicalismo di Hamas, a sconfiggere il radicalismo islamico. Cosa vogliono dire queste parole? Che anche l’Italia vuole disarmare la resistenza delle masse lavoratrici che sono organizzate in queste formazioni politiche. La differenza con il metodo degli Stati Uniti e di Israele sta nel fatto che l’Italia intende arrivare a questo risultato con le “buone maniere”. Con il contenimento (a proprio favore) degli appetiti della borghesia d’Israele e con il rilancio dell’azione moderata e smobilitante dei settori borghesi libanesi, egiziani, palestinesi: abbiamo già sotto gli occhi il tentativo dei “pacificatori italiani” di coinvolgere le direzioni di Hezbollah o parte di esse nel “piano di pace”, di spingerle progressivamente dalle piazze nelle istituzioni, dalla resistenza alla desistenza, puntando a farne col tempo una banda di corrotti come l’Olp di Arafat. L’altra carta del piano di “pace” italo-europeo sarà, inoltre, la semina di discordie e rivalità tra le popolazioni del Libano e dell’area. Sarà l’applicazione nel Vicino Oriente del modello in corso di sperimentazione in Iraq e già sperimentato nella “ex”-Jugoslavia. Un modello di cui D’Alema è un gran intenditore...

Ammettiamo, quindi, che il piano di D’Alema-Prodi riesca. Sarebbe la pace?

Sì, sarebbe la pace della “ex”-Jugoslavia, sulla pelle dei lavoratori e dei diseredati libanesi e palestinesi, messi gli uni contro gli altri secondo le linee di divisione nazionale e religiosa di cui la storia del Libano è piena e che la resistenza di queste settimane attorno agli Hezbollah ha parzialmente cicatrizzato. Sarebbe la pace perché le masse lavoratrici del Libano sarebbero “convinte” a rassegnarsi ad un destino di miseria e di competizione reciproca con gli intrighi e le blandizie piuttosto che con le bombe all’uranio e al fosforo. Sicuramente, vista la debolezza dell’Italia nella competizione militare con gli Usa, una pace simile conseguita con “mezzi consensuali” darebbe ai grandi poteri capitalistici italiani (non ai lavoratori italiani) una fetta maggiore del bottino neo-coloniale tratto dall’Occidente in Medioriente.

Ma sarebbe una pace con giustizia?

I lavoratori del Libano e della Palestina dovranno difendersi da questa missione multinazionale, dalle sue manovre politiche di moderazione e di divisione prima ancora che dai suoi proiettili. Sappiamo che la gente comune del Libano sta, invece, considerando positivamente tale missione e soprattutto la forte presenza italiana. Ma questo accade solo perché essi, malvisti come sono dai governi arabi filo-occidentali e privi della solidarietà derivante dall’unificazione delle resistenze e lotte -ancora separate- in corso in Medioriente, vedono nella missione Onu un sollievo rispetto ai bombardamenti delle settimane scorse. È vero, dunque, che i popoli del Libano e della Palestina “ci” chiedono di andare. Spetta, però, ai lavoratori d’Italia e a coloro che vogliono lottare davvero contro la guerra denunciare, in modo inequivocabile, le reali finalità imperialiste della missione multinazionale e promuovere la mobilitazione di massa contro di essa.

Senza contare, poi, che il piano craxiano-andreottiano portato avanti da D’Alema-Prodi sarà di difficilissima realizzazione, perché gli interessi delle multinazionali e della finanza occidentali, anche italiani, non possono offrire altro che promesse ai lavoratori del Libano e dell’area mediorientale, e quindi non potranno arrivare a tacitarne l’insubordinazione e le lotte. Ci sarà bisogno allora di tornare alla guerra vera, quella voluta oggi soprattutto dagli Stati Uniti e da Israele. E, questa volta, a scala più ampia, almeno fin verso l’Iran. La missione Onu in Libano, nel frattempo, sarà servita ottimamente per illudere le masse lavoratrici mediorientali e farne smobilitare la carica di lotta.

Il problema da affrontare non è, quindi, quali siano le migliori regole d’ingaggio per realizzare il piano di “pace” di D’Alema-Prodi, se mandare un contingente armato oppure disarmato. Il problema è che i lavoratori d’Italia hanno interesse a schierarsi con le ragioni di uno dei contendenti, come si è cominciato ad affermare alla enorme manifestazione multi-nazionale di Londra del 5 agosto. Nella capitale inglese, oltre centomila manifestanti non hanno detto solo “Basta con i bombardamenti sul Libano!” ma anche “Sosteniamo la resistenza palestinese e libanese! La loro lotta è la nostra stessa lotta!”. È la “nostra stessa lotta” perché gli sfruttati mediorientali e i lavoratori d’Occidente sono attaccati dallo stesso nemico, l’ordine economico voluto dai mercati finanziarii e dalle multinazionali su tutto il pianeta, in Medioriente e in Occidente. È la “nostra stessa lotta” perché in entrambi i casi c’è il comune interesse ad un “altro mondo”, diverso dal (dis)ordine capitalistico che ci attanaglia.

L’aspirazione che ha animato la gente protagonista delle giornate di Seattle e di Genova, e dei Social Forum è più che mai attuale, ed essa richiede, però, la costruzione di quell’unità di lotta tra lavoratori d’Occidente e sfruttati e popoli del mondo islamico e del Sud del mondo che finora non siamo riusciti a portare avanti. Non ci siamo riusciti per le incoerenze che presentano le politiche delle direzioni antimperialiste del Sud del mondo, da quelle degli Hezbollah a quelle “chaviste”? Sicuramente, anche se tali incoerenze sono interne ad una lotta vera e ammirevole, che, da ultimo nel caso degli Hezbollah, ha saputo legare l’azione di solidarietà verso i palestinesi aggrediti a Gaza, la resistenza eroica per oltre un mese alla macchina da guerra israeliana e l’organizzazione di una rete solidaristica tra gli sfruttati libanesi. Ma non ci siamo riusciti soprattutto perché qui in Occidente ci si è ritratti dalla mobilitazione degli anni scorsi, in primo luogo quella contro la guerra di aggressione al mondo arabo-islamico. E perché, nello stesso tempo, si stenta a dotarsi, anche in un nucleo di lavoratori, di un programma e di un’organizzazione in grado di lavorare coerentemente per la costituzione del fronte internazionale dei lavoratori contro il capitale globalizzato. Delegare alla missione Onu e al governo Prodi-D’Alema il nostro intervento in Medioriente è un ulteriore passo indietro su questa strada, l’unica che permetterà di costruire, contro il capitalismo, un nuovo mondo possibile.

È urgente riprendere il confronto su questi temi e rilanciare una mobilitazione di massa contro la missione di “pace” in Libano e contro la guerra dei trent’anni dichiarata dall’imperialismo al mondo islamico, anche in preparazione di una futura resa dei conti con la Cina. Questo confronto e questa mobilitazione, inoltre, non possono rimandare di assumere il compito altrettanto urgente di denunciare e opporsi al volto interno della “guerra dei trent’anni”, la campagna d’odio in corso contro i lavoratori immigrati in Europa, soprattutto contro quelli di fede islamica.

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30 settembre manifestazione nazionale
by forum palestina Monday, Sep. 18, 2006 at 9:50 AM mail:

MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA
(P.della Repubblica)
SABATO 30 SETTEMBRE ore 15


Il Forum Sociale Europeo di Atene ha deciso come principale obiettivo di mobilitazione europea la lotta contro la guerra globale e permanente scatenata dagli USA e dai loro alleati, stabilendo una settimana di iniziative in tutta Europa dal 23 al 30 settembre.
Per il ritiro delle truppe da tutti i fronti di guerra.
No alla missione militare ONU in Libano
Fine dell'occupazione della Palestina, rientro di tutti i profughi
Chiusura di tutte le basi militari NATO ed USA.
Disarmo nucleare, a partire dai paesi che hanno già le atomiche.
Basta con le minacce ai paesi non sottomessi agli USA
Con la resistenza dei popoli libanese, palestinese, iracheno, afgano
No alla campagna anti-islamica
Contro il taglio della spesa sociale e il finanziamento dimissioni militari e armamenti

COMITATO 30 SETTEMBRE
info e adesioni: romanowar30settembre@libero.it

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resistenza libanese
by midnightexpress Monday, Sep. 18, 2006 at 10:05 AM mail:

la "coriacea resistenza libanese", vedi terroristi hezbollah, è una fandonia pazzesca.Se non usassero i civili come scudi umani, tattica vile e comune ad ogni gruppo "resistente" mediorientale, da hamas ai "resistenti iracheni" ad hezzbollah, appunto, l'esercito israeliano avrebbe spazzato via "la coriacea resistenza libanese" nel giro di qualche minuto.Se qualcuno nutrisse dubbi vada a rileggersi le cronache delle tre guerre di Israele contro gli stati arabi.

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MANIFESTAZIONE NAZIONALE
by ACTION FOR PEACE Monday, Sep. 18, 2006 at 11:10 AM mail:

ASSEMBLEA NAZIONALE DI ACTION FOR PEACE, FIRENZE 10 SETTEMBRE 2006

L'Assemblea nazionale di Action for peace tenutasi a Firenze il 10 settembre, propone a
tutto il movimento contro la guerra e per la pace, entro novembre, una

MANIFESTAZIONE NAZIONALE

Sulla base del seguente APPELLO


PALESTINA-ISRAELE: AL CENTRO DI UN PIANO PER LA PACE E LA GIUSTIZIA IN MEDIO ORIENTE

35 giorni di bombardamenti israeliani sul Libano, la distruzione e le stragi di civili
(1109 vittime), i razzi Hezbollah su Haifa (43 vittime civili, su 159), il faticoso e
tardivo cessate il fuoco proclamato dall'ONU, l'iniziativa diplomatica del Governo
italiano e la missione militare in Libano, hanno riportato il Medio oriente
all'attenzione generale.
L'aggressione militare israeliana contro il Libano è stata bloccata e si è fermata la
risposta militare di Hezbollah: il sostegno della resistenza civile e politica libanese
ha scongiurato crisi politica e caos interni.
Adesso le armi tacciono in quell'area, mentre continuano a mietere vittime innocenti in
Iraq, nei territori occupati palestinesi, in Afghanistan.
La missione militare in Libano, - pur con i limiti e le ambiguità della risoluzione ONU
1701 -- è nata sul consenso delle parti in conflitto ed ha l'obiettivo ufficiale di
interposizione e protezione dei civili: è anche per questo molto diversa da quelle in
Iraq e Afghanistan.
Tuttavia è esposta al rischio di degenerazione se la politica non occupa immediatamente
la scena, riguadagnando il terreno del negoziato e del dialogo con tutti gli Stati della
Regione e mettendo al centro la soluzione della questione Israelo-Palestinese, condizione
indispensabile perché prevalgano pace e giustizia in Medio oriente.
La battuta di arresto dell'unilateralismo di Stati Uniti e Israele, del loro piano di
"grande medio oriente", basato sul controllo delle risorse e perseguito con la guerra,
richiede ancor più una forte iniziativa autonoma del movimento per la pace,
nell'orizzonte del disarmo della politica e di una politica disarmata, in Italia e in
Europa.
Consapevoli della fragilità e dei rischi della situazione attuale, facciamo appello alle
organizzazioni, associazioni, movimenti, perché assumano la responsabilità di una grande
manifestazione nazionale per la pace in Medio oriente, che abbia al centro la soluzione
al dramma Palestina/Israele.
Una manifestazione nazionale è necessaria per molti motivi.
Serve per trasformare enunciazioni e sentimenti in consapevolezza e iniziativa politica;
per costruire intorno alle sorti di Palestina e Israele la stessa partecipazione popolare
che abbiamo saputo costruire contro la guerra in Iraq; serve per costringere la politica
del Governo italiano ad iniziative concrete e senza ambiguità. Serve per pagare un debito
di anni nei confronti della incessante resistenza civile della popolazione palestinese e
della società pacifista israeliana.
Una grande manifestazione del popolo della pace, serve per comunicare alla riva sud del
Mediterraneo, alle popolazioni dell'Iraq e dell'Afghanistan, che siamo solidali con
coloro che sono brutalmente colpiti dal sistema della guerra globale permanente. Serve
per dire con forza che rifiutiamo di chiuderci in una fortezza, che rifiutiamo crociate e
scontri di civiltà, che ci opponiamo a tutti coloro che anche nel nostro paese li
vogliono costruire. Serve per chiedere al governo e alle istituzioni internazionali:

- l'impegno per un immediato cessate-il-fuoco in Palestina-Israele

- il riconoscimento del Governo palestinese e l'immediato ripristino della erogazione
dei fondi alla ANP

- la liberazione immediata dei rappresentanti politici del Governo e del Parlamento
palestinese

- la fine del blocco totale imposto alla Striscia di Gaza

- Una conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente con la partecipazione di
tutte le parti coinvolte, senza esclusione alcuna, che abbia alla base il rispetto
delle Risoluzioni ONU, il ritiro di Israele da tutti i territori arabi occupati
(Palestina, Siria, Libano), la nascita di uno Stato palestinese indipendente accanto a
quello di Israele (2 Stati per 2 popoli, unica garanzia di sicurezza per tutta l'area).

- La realizzazione della proposta "Medio oriente zona denuclearizzata" (presente anche
nella Conferenza di Madrid del 1991)

- La denuncia e la sospensione immediata dell'accordo di cooperazione militare
Italia-Israele

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sabato 30 settembre manifestazione nazionale a roma contro la missione in libano
by da un comunicato della rete dei comunisti Monday, Sep. 18, 2006 at 12:29 PM mail:

Il 30 settembre tutti in piazza contro la missione militare in Libano
per il ritiro delle truppe italiane dei teatri di guerra, al fianco della resistenza dei popoli del Medio Oriente
(14 settembre 2006)

La Rete dei Comunisti invita tutti a scendere in piazza sabato 30 settembre nell’ambito della giornata internazionale contro la guerra e per il ritiro delle truppe da tutti i teatri di guerra convocata dal forum di Atene. In Italia si terrà una manifestazione nazionale a Roma (partenza Piazza della Repubblica)

La tabella di marcia del movimento contro la guerra, è costretta dagli eventi ad un continuo aggiornamento. L’aggressione israeliana al Libano e l’invio di una spedizione militare internazionale dell’ONU, mostrano con drammatica evidenza l’escalation in corso nel Medio Oriente tesa a ridisegnare - attraverso la guerra – la mappa del dominio delle maggiori potenze in un’area strategica del mondo.

Il ruolo particolare assunto dall’Italia in questa escalation da un lato vede manifestarsi le ambizioni di potenza delle classi dominanti italiane ed europee sul Mediterraneo, dall’altro ha introdotto elementi di divisione profonda tra le forze che in questi anni si sono opposte alla guerra scatenata dagli Stati Uniti in Iraq.

A nostro avviso, nella sinistra e nei movimenti pacifisti, sono molti coloro che equivocano il giudizio sulle iniziative di politica estera del governo Prodi-D’Alema con la funzione indipendente che spetta ai movimenti e ai soggetti politici della sinistra.

Cogliere le differenze tra le iniziative dell’attuale governo con quelle del governo Berlusconi, non può risolversi in un appiattimento sulla politica estera del governo Prodi. Per i movimenti e i partiti della sinistra questo atteggiamento non può che apparire suicida e avventurista.

L’Italia mantiene le sue truppe nella missione NATO in Afganistan, invia altre truppe in Libano sulla base di una risoluzione ONU del tutto sbilanciata a favore degli interessi israeliani, sposa la tesi che vadano neutralizzate le resistenze che i popoli oppongono all’occupazione dell’Iraq, della Palestina, dell’Afganistan e del Libano.

Alla base di queste operazioni vi è una concezione del multilateralismo che se da un lato ratifica la crisi dell’unilateralismo statunitense e israeliano sconfitto in Iraq e in Libano, dall’altro riafferma che gli equilibri regionali e internazionali non possono che essere subalterni e funzionali agli interessi delle grandi potenze. In questo senso, la missione militare in Libano altro non è che una moderna operazione coloniale che si regge sul controllo economico e militare del Medio Oriente e del Mediterraneo.

Riteniamo pertanto positivo che una parte del movimento italiano contro la guerra abbia scelto di sintonizzarsi con l’analisi prevalente nei movimenti attivi nel resto del mondo e con le resistenze dei popoli mediorientali contro l’occupazione coloniale della regione.

Dal nostro dibattito non può essere omessa la natura delle forze che muovono processi come il Mercato Unico Euro-Mediterraneo teso a rendere subalterne le economie e i paesi della sponda della regione mediterranea agli interessi delle potenze europee. E’ un processo che convive e compete con il progetto strategico dei neconservatori statunitensi e israeliani sul Grande Medio Oriente, ma non né è affatto divergente negli interessi prevalenti. Il Libano, in tal senso, è il banco di prova di questo nuovo possibile assetto delle relazioni internazionali e delle contraddizioni interimperialiste.

Il paradigma di questo nuovo scenario rimane la questione palestinese. Le soluzioni che vengono offerte sia dalla comunità internazionale che dal governo italiano, non si discostano affatto dalla priorità accordata agli interessi strategici israeliani e dalla subordinazione a questi dei diritti storici del popolo palestinese.

Giustamente, l’assemblea nazionale convocata dal Forum Palestina per il 16 settembre ribadisce il concetto che in Medio Oriente “Non ci può essere pace senza giustizia”. E’ questa la linea su cui dovrebbero sintonizzarsi il movimento contro la guerra, le forze democratiche e i partiti della sinistra nel nostro paese rilanciando una agenda politica indipendente da quella del governo Prodi.

La manifestazione del 30 settembre, il dibattito che la precederà e che la seguirà, deve cominciare a mettere nero su bianco questa agenda, sintonizzarla con quella dei movimenti di resistenza e contro la guerra nel resto del mondo e riaffermare pienamente l’indipendenza dei movimenti sociali dai governi

La Rete dei Comunisti

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NO AD UNITA' NAZIONALE FINI-PRC-D'ALEMA
by da un comunicato del PCL Monday, Sep. 18, 2006 at 12:32 PM mail:

LIBANO: NO AD UNITA' NAZIONALE FINI-PRC-D'ALEMA
MANIFESTAZIONE 30 SETTEMBRE CONTRO TUTTE MISSIONI MILITARI
(14 settembre 2006)

La convergenza Fini-D'Alema sulla missione in Libano, consacrata dal voto in commissione parlamentare, chiarisce una volta di più la natura vera di quella missione: una spedizione militare che chiama 'difesa della pace', la difesa dell'ordine israeliano in Medio Oriente.

Non c'era dubbio che Fini e Berlusconi come le destre di tutta Europa votassero alla fine una missione invocata in primo luogo da Bush e da Olmert. Ciò che indigna (ma non sorprende) è che al fianco di Fini e D'Alema, si ritrovi quella sinistra 'ex radicale' e neogovernativa, a partire dal Prc, che fino a ieri si opponeva alle missioni coloniali, e che oggi le esalta nel nome della 'pace'.

È la misura di una deriva senza limite e senza principi: se non quello di restare al governo. Tanto più si conferma l'importanza della manifestazione nazionale del 30 settembre a Roma, contro tutte le missioni militari: alla quale inviteremo tutte quelle forze dei movimenti e del popolo della sinistra che rifiutano di arruolarsi nella nuova unità nazionale militare.

Comunicato stampa nazionale del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori

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Appello sulla missione in Libano
by Alex Zanotelli Monday, Sep. 18, 2006 at 1:21 PM mail:

Appello sulla missione in Libano
http://italy.indymedia.org/news/2006/08/1139704.php

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I PRIMI CINQUE ANNI DI GUERRA INFINITA
by quinterna Monday, Sep. 18, 2006 at 1:32 PM mail:

I PRIMI CINQUE ANNI DI GUERRA INFINITA
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1150973.php

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Libano Libero
by Globus Monday, Sep. 18, 2006 at 2:35 PM mail:

Libano Libero
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1150868.php

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Colleferro, 23/09 - Manifestazione No War, No Cluster
by nocluste Monday, Sep. 18, 2006 at 5:20 PM mail:

Colleferro, 23/09 - Manifestazione No War, No Cluster
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1151086.php

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Report Forum Palestina
by Pan Tuesday, Sep. 19, 2006 at 10:44 AM mail:

http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1151599.php

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lavoratori?
by Giovanni Tuesday, Sep. 19, 2006 at 11:39 PM mail: decapg@libero.it

Lavoratori chi? Hezb'Hallha o i Palestinesi? cmq per tua norma e regola i dirigenti Palestinesi sono tra i più corrotti al mondo: quanto ha arraffato Arafat ?( sembra un gioco di parole....). Quanto ai prodi resistenti libanesi, sai da dove vengono le armi, vero? Non certo dai sacrifici degli operai delle fabbriche .....e che dire del traffico di droga da cui traggono soldi i resistenti?

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BISOGNA FARNE DI STRADA PER DIVENTARE COSI' COGLIONI DA NON RIUSCIRE PIU' A CAPIRE
by L'Avamposto degli Incompatibili Wednesday, Sep. 20, 2006 at 7:23 AM mail: huambos@virgilio.it

BISOGNA FARNE DI STRADA PER DIVENTARE COSI' COGLIONI DA NON RIUSCIRE PIU' A CAPIRE

CHE NON CI SONO POTERI BUONI

Si ricomincia! L'invasione dell'Iraq è stato solo il primo passo, oltretutto non riuscito e difficilmente gestibile a lunga scadenza.
Ed allora si cercano altre strade per tentare di normalizzare un'area cruciale per un Occidente, che vuole mantenere la leadership nel mondo capitalista minacciata dall'emergere dei giganti asiatici Cina ed India.
Solo che parebbe che stavolta USA e Co. sembrano aver imparato la lezione, ed invece di prendersela con l'Iran, come da tempo minacciano, cominciano a provocare la Siria, o, meglio ancora, continuano a provocare la Siria.
Dapprima hanno finanziato e sponsorizzato in Libano tutte le formazioni antisiriane, che, dopo la vittoria elettorale hanno costretto i siriani a lasciare il territorio libanese e ad abbandonare al loro destino gli Hedzollah libanesi. A dire il vero la speranza di USA ed Israele era che i siriani rifiutassero di andarsene, per avere il pretesto per l'attacco, ma non essendo i siriani caduti nella trappola, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco e aspettare nuove occasioni.
E per creare queste nuove occasioni gli yankees hanno deciso di utilizzare la carta del conflitto israelo-palestinese.
Si cominciano le incursioni nei territori per esasperare gli animi dei palestinesi e contemporaneamente si chiedono professioni di democrazia ai palestinesi per costringerli a rifugiarsi nelle mani di Hamas, vista l'imbellità di Abu Mazen.
A questo punto i giochi sono facili, visto che il governo integralista di Hamas condivide col governo israeliano l'interesse a mantenere uno stato di guerra permanente (anche se ovviamente per motivi diversi). Si continua a provocare da ambo le parti: Israele continua gli attentati mirati contro i dirigenti di Hamas ed Hamas continua ad utilizzare missili e kamikaze, fino a quando non decide di alzare il livello prendendo un soldato israeliano. Gli israeliani non aspettavano altro e reagisce come ha imparato da vittima dei mostri nazisti: invadono il ghetto, pardon i territori palestinesi, e catturano molti esponenti del governo di Hamas: remember 10 italiani per un tedesco? Israele lo trasforma in 10 palestinesi per 1 ebreo! ed anche loro come successe alle Fosse Ardeatine sbagliano il numero e ne prelevano qualcuno in più!
Il che dimostra che il nazismo non fu una cellula cancerogena in un sistema capitalista sano, ma semplicemente la faccia feroce che il sistema usa in determinate situazioni per mantenere il potere, o per mascherare una crisi economica, o per esplicare il massimo di forza necessario in situazioni di conflitto o nella conquista di mercati. In parole povere il Potere
SI CHIAMI HITLERIANO, USA, ISLAMICO O SIONISTA nella sua essenza è sempre nazista!
Come non esiste la democrazia in quanto Sistema (con buona pace di tutti i predicatori del voto democratico vecchi e nuovi), così non esiste un Sistema nazista (con buona pace di tutti quelli che hanno come unico nemico il fascismo): questi due forme (democrazia e nazismo) sono semplicemente i metodi che il Potere usa nelle diverse situazioni specifiche per mantenere il suo Potere e, soprattutto per accrescerlo. Tanto è vero che i "rappresentanti" del Potere passano spesso tranquillamente da un metodo all'altro: Hitler arrivò al governo con le elezioni, e la stessa cosa è avvenuta per Mussolini, per Olmert, per l'iraniano Almadjan.
Inutile esaminare i motivi per cui Hamas si muove in questo modo, visto che i motivi sono esclusivamente legati al voler essere il riferimento dei palestinesi, sempre più esacerbati e per nulla disposti alla pace nella situazione specifica.
Ma per quale motivo Israele ha deciso di intraprendere questa nuova avventura, che lo vede da solo combattere contemporaneamente su due fronti, militarmente affrontabili, ma logisticamente ingestibili, come la striscia di Gaza e il Libano? Gli stessi analisti borghesi sostenitori di Israele sembrano non capire, e si affannano a consigliare prudenza ai sionisti! Allora perché? Non siamo fra quelli che credono negli impazzimenti di qualche personaggio, e se qualche punta di follia potrebbe esserci in questa scelta si tratta di lucida follia: si tratta insomma di un progetto che si vuole portare avanti.
Potrebbe essere un progetto destinato a fallire, ma sempre di un progetto si tratta, non di impazzimento.
Proviamo a vedere il progetto, che abbiamo enunciato prima, e cioè l'attacco alla Siria.
La Siria è l'unico Stato a ridosso di Israele non normalizzato ed anche l'unico appoggio logistico ai palestinesi oltre che, naturalmente agli hedzollah libanesi; la Siria ancora ha delle rivendicazioni territoriali nei confronti di Israele (alture del Golan). Inoltre la Siria nel conflitto iraqeno non si è mai piegato ai comandi occidentali, ed anche oggi è recalcitrante alle richieste occidentali. Ma soprattutto in una fase in cui l'occidente tenta di affondare i colpi contro il mondo islamico la Siria si ritrova ad essere una specie di avamposto antioccidentale. Senza contare l'appoggio dato dai siriani ai kurdi del PKK quando erano in guerra contro la Turchia, tradizionale alleata di Israele.
Insomma ci sono tutti gli ingredienti per una prospettiva di guerra, e, come abbiamo già visto, anche tutti i presupposti.
Qualcuno dirà che però il prossimo scenario di guerra potrebbe essere l'Iran, e questo sia perché l'Iran è in prima fila non solo nell'attacco mediatico ad Israele, ma anche per la storia del nucleare.
Noi su questo abbiamo molti dubbi per due motivi, e cioè sia per la lontananza geografica da Israele, sia per le complicanze geopolitiche insite nell'azione.
Ci spieghiamo: è vero che le armi (i missili Kassam) degli hedzollah sembrerebbero provenire dall'Iran, ma, tenendo presente la reale capacità offensiva di questi missili, non è di questo che Israele ha paura, ma del fatto che la Siria è il paese più accreditato a fornire appoggio logistico ai guerriglieri;
è vero che il presidente iraniano attacca verbalmente Israele tutti i giorni ed è anche vero che, secondo il proverbio la lingua ferisce più della spada, ma questo è vero se la lingua è capace di far sguainare molte spade, altrimenti la lingua non serve a niente, mentre è chiaro che un Paese che fornisce rifugio a un guerrigliero è molto più pericoloso, perché gli permette di agire contando su un certo margine di sicurezza: e questo è proprio quello che Israele vuole rimproverare a Damasco. Ma quello che accredita maggiormente la Siria come prossimo obiettivo è la posizione geografica e geopolitica del Paese. Per attaccare uno Stato ci vogliono delle basi d'appoggio.
Ora l'Iran confina ad est con l'Iraq e solo marginalmente con la Turchia, al nord con le republiche ex sovietiche Armenia e Turkmenistan e ad ovest con Afghanistan e Pakistan.Tenendo presente che difficilmente Turchia, Pakistan e le due republiche ex sovietiche sarebbero disposte a fornire appoggio col rischio di trovarsi esposti ad attacchi degli sciiti, quando già sono esposti ad attentati di Al-Qaeda per la questione Iraq, potrebbero organizzare i raid solo partendo da Afghanistan e dall'Iraq. Ma la conquista di questi Stati da parte occidentale è stata possibile solo grazie al tacito appoggio iraniano, che da quelle due guerre poteva garantirsi maggiore movimento proprio in quelle zone. Fra l'altro i due Paesi sono tutt'altro che normalizzati, visto il clima di guerra totale in Iraq e di costanti attacchi di Al Qaeda in Afghanistan, e questa situazione di instabilità non permette certamente l'utilizzo di quei due Paesi per una guerra contro l'Iran, e cioè contro un Paese, che al contrario dell'Iraq e dello stesso Afghanistan, è etnicamente e religiosamente omogeneo. Oltre tutto quella parvenza di regime che permette agli occidentali di controllare i due Stati si regge in entrambi i casi su una sorta di alleanza anti-Al Qaeda, che tiene proprio grazie alla politica di Teheran. Attaccare l'Iran vorrebbe dire cambiare i cavalli in corsa, ribaltando le alleanze, con tutto ciò che questo comporta.
Cosa succederebbe, per esempio, in Iraq in caso di attacco a Teheran? Gli sciiti iraqeni, in gran parte controllati dall'Iran abbandonerebbero gli occupanti e aprirebbero un nuovo fronte a Bagdad, magari alleandosi con i sunniti (qualcuno dirà che è fantapolitica, ma come scordare il tentativo di Saddam, poco prima dell'attacco occidentale, di accreditarsi come credente e de cercare accordi proprio con Teheran?), in Afghanistan i talebani con l'apertura di un nuovo fronte approfitterebbero per riprendere gli attacchi in grande stile, e naturalmente riprenderebbero gli attacchi in tutti gli Stati confinanti, specialmente in quelli cosiddetti moderati. Insomma molto difficilmente gli esportatori di democrazia si infilerebbero in questo cul de sac, anche perché le potenze occidentali dovrebbero compiere l'operazione in prima persona, non avendo nessuno a cui delegarla: come potrebbe Israele agire in nome di altri, visto che per attaccare l'Iran dovrebbe invadere quanto meno la Siria e l'Iraq, e questa sì sarebbe fantapolitica. Invece l'attacco alla Siria sarebbe più facile, e potrebbe essere tranquillamente delegato ad Israele, che grazie all'occupazione delle alture del Golan e all'armamentario modernissimo fornito dagli yankees ha già la strada aperta verso Damasco. Fra l'altro non incontrerebbero eccessive difficoltà neanche sul fronte diplomatico, visto che la Siria per molti motivi è invisa a buona parte dei Paesi confinanti, soprattutto dopo la caduta di Saddam.
E allora, molto probabilmente, questi sono gli scenari di guerra prossimi. Prossimi perché poi, naturalmente ci saranno nuovi scenari, e potrebbe addirittura rendersi possibile l'attacco a Teheran, anche se non in un futuro prossimo.


Come fermare questi scenari?
Se qualcuno pensa che bastano le mobilitazioni per la Pace, magari ammantate della retorica della non-violenza vuol dire che non ha imparato niente dalla storia recente. Basterebbe solo ricordare come l'attacco all'Iraq sia stato sferrato proprio all'indomani della grandiosa manifestazione per la Pace di Roma e in tutto il mondo. Qua non si tratta di spiegare agli Stati occidentali che la democrazia non si esporta, ma deve essere una conquista delle popolazioni, questo lo sanno, non hanno bisogno che qualcuno glielo faccia capire. Qua sono in gioco interessi, economici, logistici e politici talmente grossi e finalizzati al controllo del Pianeta, che non possono essere certamente fermati da sfilate imploranti, sia pure di grosse dimensioni. Cosa volete che importi alle borghesie occidentali, che vogliono tenere sotto controllo il Capitalismo crescente del colosso cinese, e che, quindi, hanno bisogno di controllare i corridoi iraqeno e afghano del petrolio e del gas, di milioni di pellegrini non-violenti che vanno a pregare a San Pietro? E cosa volete che gliene importi degli Agnoletti e dei Bertinotti vari quando pianificano l'espansione di Israele, che dovrebbe tenere sotto scacco le velleità delle borghesie arabe di riprendersi il controllo del petrolio e di creare una potenza islamica imperante dal Pakistan all'Africa centrale? Questa sì che è fantapolitica! Non solo: questa retorica della pace non-violenta è anche uno strumento del Sistema per far entrare nelle capocce della gente il concetto per cui le guerre non sarebbero scontri economici e geo-politici, ma metodi sbagliati usati dal Sistema "democratico" per combattere le dittature. Perché poi le chiacchiere stanno a zero: i proclami sono gli stessi, gli Stati occidentali dicono che vanno lì ad esportare la democrazia e a rimuovere i satana di turno e i nostri pacifisti manifestano contro la guerra, perché questa non è il metodo giusto per liberare i popoli dai satana di turno. Dove sta la differenza? Boh!!! Nello stesso tempo sono contenti anche "i dittatori", cioè i rappresentanti di turno delle borghesie arabe, perché in questo clima di "guerra santa" loro si possono rafforzare nel loro mondo, chiamando a raccolta "i popoli" arabi contro i nuovi crociati.
Bel risultato per chi si dice pacifista, non c'è che dire!!!
Ma non ci si può nemmeno illudere che per fermare questi scenari di guerra servano le periodiche (e sempre meno partecipate) manifestazioni anti amerikane, o anti sioniste o anti occidentali insomma. Anzi pure queste per gli stessi motivi esposti prima possono essere funzionali a questo Sistema capitalista sempre più basato sulle guerre e sugli scontri.
Non è tifando per "il nemico" che si fermano le potenze occidentali, che, anzi, utilizzano queste manifestazioni per inculcare nella gente il concetto che queste guerre sono scontri di civiltà, e per prepararle sempre di più a scenari futuri di questo tipo. L'uso che è stato fatto dell'11 Settembre lo dimostra: dopo il simbolo della caduta del muro di Berlino, vissuto come uno slancio di pace e di libertà, funzionale all'epoca per celebrare le glorie del Capitalismo, ma deleterio in seguito perché indeboliva le uniche industrie in grado di reggere la crisi strutturale del Capitale, un altro simbolo è stato creato, il simbolo delle Torri Gemelle, che doveva essere vissuto come slancio di tensione guerresca contro coloro che osavano sfidare il Sistema vittorioso sul male orientale. Accettare questa logica, sia pure ribaltandola, schierandosi contro gli occidentali e tifando per "l'aggredito di turno", significa di fatto accettare il messaggio lanciato dalle potenze occidentali sulle guerre di civiltà. Accettando questo messaggio si rafforza il tentativo del Capitale di riunificare la Società in uno slancio guerresco contro la Società altra, quando invece a ben vedere tutte le Società coinvolte in questi scenari di guerra sono uguali, o perlomeno molto simili. Quale differenza reale c'è fra il mondo occidentale e il mondo arabo? Ambedue, sia pure in forma diversa sono organizzate in sistema capitalista: certo gli uni in Capitalismo avanzato fatto di multinazionali e di imprese capaci di ingenerare il massimo del consumismo, mentre gli altri sono in uno sviluppo arretrato ancora da mondo rurale, ma ambedue tese ad uno sviluppo economico fatto di conquiste di mercati e di potere economico ed entrambe tendenti a creare un forte Capitale finanziario. Ed infatti lo scontro fra questi due sistemi non è sui modi di accumulazione e di sviluppo, ma solo su chi deve gestire e l'accumulazione e lo sviluppo. Siamo insomma di nuovo in una guerra inter-capitalista, che serve al Capitalismo per far accettare ai proletari e ai ceti esclusi tutte le misure di tagli economici e di eliminazione di sempre più spazi di libertà in nome di una fantomatica sicurezza e di difesa contro un temibile nemico.
Il nuovo muro di Berlino in chiave antiislamica, che serve ai contendenti per normalizzare l'interno.
Questo è nell'ordine delle cose, nel senso che è normale che il Capitale cerchi il muro di Berlino di turno; la cosa tragica è che fra i nostalgici del muro di Berlino ci sono anche molte "avanguardie" del "movimento" che con questa logica del muro vogliono garantirsi uno spazio politico per il prossimo futuro. Ecco quindi la retorica antiamerikana e antisionista, che ha soppiantato qualsiasi tentativo di analisi e di critica del Sistema Capitale e ha trasformato il conflitto sociale in una sorta di tifo calcistico ed acritico per l'antiamerkano o antisionista di turno. E' sempre più difficile ormai sentire qualcuno che rimette al centro del conflitto l'impoverimento progressivo del proletariato, anche nostrano, oltre che internazionale, mentre è quasi la norma sentire gente che celebra le lodi di Al-Qaeda o di Hamas, in prima fila contro il nemico amerikano e sionista, come se Al-Qaeda e Hamas fossero le avanguardie di un movimento mondiale anticapitalista e libertario.
Noi che non amiamo né Israele, o per meglio dire i sionisti al potere in Israele, né gli yankees, capifila del Capitalismo occidentale, siamo ugualmente terrorizzati e da Al Qaeda e da Hamas, non perché rappresentanti di un'altra Civiltà, ma perché rappresentanti di quello stesso Sistema Capitale sia pure in salsa islamica. Siamo consapevoli che i proletari palestinesi in un possibile scenario di Stato Palestinese gestito da Hamas (ma anche da Al Fatah) non avranno da guadagnare niente, così come i proletari israeliani non hanno guadagnato niente dalla creazione dello Stato israeliano.
Non è un caso che gli arabo-israeliani rispetto a questo conflitto non si sono mai schierati col governo del loro Paese.
Allora come fermare questi scenari di guerra?

Intanto bisogna mettersi daccordo su un punto: responsabile di questo generale stato di degrado fatto di aumento dello sfruttamento, dell'indebolimento del potere d'acquisto dei salari (che porta sempre più gente a delinquere), della crescita esponenziale di repressione e guerre in nome della sicurezza è il Sistema capitalistico in quanto tale o la degenerazione di parte del Sistema capitalistico soprattutto quello amerikano? Se è la degenerazione di parte del Sistema capitalistico allora hanno ragione i nostri antiimperialisti e gli antimperialisti: basta appoggiare i paesi capitalisti emergenti, ma ancora deboli, e magari creare un polo alternativo di "Capitalismo sano" in grado di frenare la protervia degli USA e dei suoi lacchè. Tenendo presente però l'assoluta inutilità delle manifestazioni di tifo, che periodicamente si organizzano, questa visione riformistica avrebbe più ragione ad appoggiarsi (come del resto fa Rifo) alle velleità europeiste e multipolari dei sinistri di governo: non ci sarebbero risultati nell'immediato, ma probabilmente in un prossimo futuro l'impantanamento delle truppe d'occupazione potrebbe ridurre gli yankees a più miti consigli.
Ma se come noi riteniamo la responsabilità di questa situazione è del Capitalismo in quanto tale la strada è un'altra.
La lotta, oggi più che mai, non è semplicemente contro l'imperialismo soprattutto USA, ma contro questo Sistema in generale, e non può basarsi sull'appoggio a questo o quel regime, che contrasta l'aggressione USA, ma nella creazione di sempre più situazioni di conflitto sociale in tutto il mondo. Bisogna imparare dalla storia, e la storia ci insegna che il Capitale è stato sconfitto nella sua logica imperialista non dalle manifestazioni dei tifosi, ma dalle lotte sociali dispiegate ovunque e specialmente in casa sua. Se negli anni '70 non ci fossero state le lotte operaie, studentesche e di tutti i non garantiti, che in molte parti del mondo erano partite all'attacco contro il Sistema Capitale, e che avevano costretto molti governi a scendere a patti con i rivoltosi, probabilmente la cacciata degli USA dal Vietnam sarebbe stata più difficile se non impossibile. E non è un caso che nell'ultimo decennio l'unico periodo in cui i guerrafondai di professione avevano dovuto riporre le armi è stato dalla seconda metà del 1999 alla seconda metà del 2001: guarda caso quando il tanto ricordato Movimento di Seattle si era dispiegato in tutta la sua forza e in tutta la sua radicalità. Si era giunti persino a pensare di sospendere i vertici per la paura non di improbabili attacchi terroristici islamici, ma della ribellione, anche violenta di coloro che rifiutavano l'ordine mondiale capitalista.
La situazione è nuovamente precipitata quando le quinte colonne di questo Sistema, composte da lilliputziani e riaffondaroli, ma anche da coloro che si erano spaventati per la radicalità del Movimento e per la recrudescenza della repressione, hanno diviso il Movimento e lo hanno di fatto portato nell'alveo istituzionale e nelle braccia dei chierichietti woityl-bertinottiani. Ma anche in questa situazione di difficoltà la strada maestra è sempre quella di moltiplicare le situazioni di conflitto contro questo Sistema del profitto e dello sfruttamento. Non è che mancano le occasioni e le motivazioni, anzi!
Infatti il Capitale non è che va a bombardare un qualsiasi Paese e si concentra solo su quello, per cui fissa il terreno di scontro solo su quel punto e per il resto si mette buono; il Capitale usa la guerra per ingenerare nei sudditi il desiderio di SICUREZZA E DI CONTROLLO e per questo crea manipoli di nemici da cui bisogna difendersi e che bisogna rendersi inoffensivi, pertanto scatena la guerra contro un satana di turno, che poi potrà diventare l'alleato di domani, quando avrà trovato un satana più presentabile come tale, e, contemporaneamente, crea i satana di turno all'interno, che possono essere, a seconda dell'obiettivo prefissato, i migranti, i ladri d'appartamento, gli spacciatori (quelli piccoli e magari neri, soprattutto) e naturalmente i "terroristi" le cui fila vengono artificiosamente implementate allo scopo di terrorizzare. Per cui diventano terroristi non solo quelli che magari commettono attentati, ma anche quelli che sono incompatibili col Sistema Capitale e, se serve, anche qualche chierichietto che parla troppo: basti vedere in Italia quanti 270bis sono stati affibbiati a notori riformisti come i vari Caruso e Casarini & co.
Ora di fronte alle guerre scatenate in posti lontani ci si mobilita arrivando a tifare in maniera così perentoria da usare slogans anche truculenti del tipo 10-100-1000 Nassiriya, rispetto a quello che succede in casa si tace, ci si tura il naso e si va a votare, si prendono distanze, per cui gli stessi che magari applaudono a quelli che sparano in Iraq contro i carabinieri, poi subito tacciano di provocatori e magari additano ai carabinieri quelli che spaccano una vetrina del Mc Donald o il bancomat di una banca. Eppure anche da noi ci sono gli appelli alla sicurezza che poi si tramutano in leggi liberticide, e questo non solo quando ci sono i governi di destra parafascisti, ma anche e soprattutto quando ci sono i sinistri di governo.
Non si può, come si sta facendo, tacere sul fatto che i CPT restano, le leggi Bolkenstein vengono approvate in via definitiva, le leggi Treu e Biagi, in barba alle promesse elettorali, restano lì, si approvano manovre bis col concorso di tutti, compresi gli ex no-global, tutti terrorizzati di una eventuale caduta del governo e di un ritorno del nano di Arcore, e, dulcis in fundo, per un indultino qualsiasi, si elimina di fatto una delle normative che, in qualche modo, dava la possibilità di essere difesi nei tribunali anche a coloro che non avevano possibilità economiche. Ci riferiamo chiaramente al famigerato decreto Bersani, che, in nome della lotta alle corporazioni, ha di fatto eliminato il gratuito patrocinio, sia abbassando notevolmente la tariffa minima dovuta agli avvocati, sia subordinando la quantità di rimborso spettante ai difensori dei meno abbienti alle disponibilità delle risorse della "giustizia". Poi magari cancelleranno anche la Legge Pecorella, che sia pure per miserandi motivi di interessi personali di qualche personaggio, aveva per lo meno introdotto il principio secondo cui un imputato assolto in primo grado non poteva più essere processato, mentre magari lasceranno tutte le leggi liberticide introdotte dai precedenti governi. Come si vede uno scenario di guerra anche all'interno, guerra sociale scatenata dal Capitale contro i proletari e i rivoluzionari, ma guerra, anzi l'unica guerra che, secondo noi vale la pena di combattere, perché non è combattuta per un regime piuttosto che per un altro, ma è combattuta contro il Sistema, contro il Potere.
Lo sappiamo che questa è la strada più difficile, che è molto più comodo darsi gli appuntamenti, sempre meno oceanici, per difendere questa e quella nazione, questo o quel regime. Ma sappiamo pure che questa strada irta di difficoltà dovute e alla repressione, e all'abitudine inveterata di affidarsi ai partiti, e alla poca voglia di molti di affrontare le strade tortuose della lotta di classe quando ci sono stadi in cui tifare, è l'unica che, sia pure con tempi più lunghi ci può liberare da questo Sistema di merda, fatto di sfruttamento, di repressione, di guerre.


LIBERTA' PER TUTTI COLORO CHE SUBISCONO LA REPRESSIONE MILITARE ECONOMICA E GIURIDICA DI QUESTO SISTEMA

ONORE A TUTTI I COMPAGNI CADUTI COMBATTENDO CONTRO LO STATO E IL CAPITALE

PROLETARI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI

L'Avamposto degli Incompatibili


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Per la pace in Libano
by Globus Wednesday, Sep. 20, 2006 at 1:42 PM mail:

Per la pace in Libano
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Disarmiamoci
by Lenin Wednesday, Sep. 20, 2006 at 1:46 PM mail:

Disarmiamoci
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Libano militarizzato: altri 360 soldati malaysiani
by info Wednesday, Sep. 20, 2006 at 2:03 PM mail:

Libano militarizzato: altri 360 soldati malaysiani
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PERCHE' SIAMO CONTRARI ALLA MISSIONE IN LIBANO
by contropiano Wednesday, Sep. 20, 2006 at 2:56 PM mail:

PERCHE' SIAMO CONTRARI ALLA MISSIONE IN LIBANO
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DI RITORNO DAL LIBANO
by circolo agora' Pisa Wednesday, Sep. 20, 2006 at 3:18 PM mail:

DI RITORNO DAL LIBANO
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Appello per il Medio Oriente
by Angelo D'Orsi Thursday, Sep. 21, 2006 at 11:56 AM mail:

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Israele continua a violare la risoluzione 1701
by elettore Thursday, Sep. 21, 2006 at 1:20 PM mail:

Israele continua a violare la risoluzione 1701
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Chiuso con le minacce il sito web Voci dal Libano
by altrenotizie.org Thursday, Sep. 21, 2006 at 1:33 PM mail:

Chiuso con le minacce il sito web Voci dal Libano
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Israele: guerra Libano fa crollare Olmert in sondaggi
by info Thursday, Sep. 21, 2006 at 8:35 PM mail:

Israele: guerra Libano fa crollare Olmert in sondaggi
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Libano: affari di guerra.
by da Umanità Nova Friday, Sep. 22, 2006 at 2:54 PM mail:

Libano: affari di guerra.
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Perché gli USA vogliono ad ogni costo attaccare l'Iran
by C.B. Friday, Sep. 22, 2006 at 3:42 PM mail:

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Libano: pacifinti e nazisionisti contro il riscatto arabo
by F. Grimaldi Friday, Sep. 22, 2006 at 4:14 PM mail:

Libano: pacifinti e nazisionisti contro il riscatto arabo
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Racconto da Beirut: "La guerra la vedi subito"
by Maurizio Musolino Friday, Sep. 22, 2006 at 4:31 PM mail:

Racconto da Beirut: "La guerra la vedi subito"
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1153367.php

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Bombe a grappolo
by Giampaolo Cadalanu Friday, Sep. 22, 2006 at 4:34 PM mail:

Bombe a grappolo
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La discesa libanese agli inferi
by Mike Whitney Friday, Sep. 22, 2006 at 6:45 PM mail:

La discesa libanese agli inferi
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Terrorismo di stato
by Globus Friday, Sep. 22, 2006 at 7:24 PM mail:

Terrorismo di stato
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1153284.php

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GENERALI ISRAELIANI PRENDONO LE DISTANZE DAI NEO-CON
by da Movisol Saturday, Sep. 23, 2006 at 11:46 AM mail:

GENERALI ISRAELIANI PRENDONO LE DISTANZE DAI NEO-CON
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1153813.php

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Israele GLI EBREI DELLA DIASPORA NON SANNO
by Manuela Dviril Saturday, Sep. 23, 2006 at 11:47 AM mail:

Israele GLI EBREI DELLA DIASPORA NON SANNO
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1153826.php

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[Libano] CELEBRAZIONE DELLA VITTORIA SU ISRAELE
by info Saturday, Sep. 23, 2006 at 12:09 PM mail:

[Libano] CELEBRAZIONE DELLA VITTORIA SU ISRAELE
http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1154020.php

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w moahamed
by pinco Tuesday, Sep. 26, 2006 at 3:35 PM mail:

i vari mohamed che voi credete vittoriosi in questa "guerra" purtroppo non si rendono conto che Israele non ha voluto combattere,visto che con un solo pulsante potrebbe desertificare l'intero medio-oriente in pochi secondi per i prossimi 100000 anni. La celebrazione di questo piccolo conflitto come una vittoria di Hezbollah mi preoccupa perchè vuol dire che i mohamed non hanno capito da che parte spunta il sole. Una nuova guerra potrebbe presto nascere, e questa volta israele non potrà non combattere per pietà, poichè l'avvertimento è stato dato, la prossima sarà guerra vera, e molti mohamed coi peli del culo bruciacchiati si sveglieranno dal loro medio-evo infinito e cominceranno a domandarsi chi fosse stato quell'imbecille che gli ha inculcato in testa che israele fosse per forza un nemico, e che rapire soldati israeliani in fondo fosse un diritto.
Mentre voi inneggiate a quegli psicopatici di Hezbollah quelli dentro di loro ridono di voi e pensano quanto poco furbi siano gli occidentali. Stendiamo un velo pietoso ed aspettiamo che la storia faccia il suo corso e ricorso e ricorso: imbecille , non vittima. colui che scaglia il poroprio popolo verso una sconfitta certa.
adieu

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Proposta di Interrogazione Parlamentare di Alex Zanotelli
by Pan Friday, Sep. 29, 2006 at 9:48 AM mail:

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