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Nostra Guantanamo di Lecce: Violenza privata e CPT
by radioarchimede Wednesday, Oct. 11, 2006 at 12:13 AM mail: radioarchimede@yahoo.it

Il giudice di Lecce ha ritenuto responsabili di violenza privata, in concorso con quello di lesioni aggravate da sevizie e crudeltà, il direttore, alcuni operatori di un Centro di Permanenza Temporanea e alcuni carabinieri addetti alla vigilanza sul Centro, per avere deriso e malmenato selvaggiamente alcuni immigrati clandestini,

Nostra Guantanamo di...
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Nella serata del 21 novembre 2002 un gruppo di magrebini trattenuti in attesa di espulsione nel Centro di Permanenza Temporanea “Regina Pacis” di San Foca di Melendugno organizzavano e ponevano in essere una fuga saltando da una finestra sita al primo piano dell’edificio. Parte di essi riusciva a superare la recinzione e a disperdersi nelle campagne circostanti. Altra parte non riusciva nel suo intento poiché veniva bloccata dal personale militare presente in loco e riportata all’interno.

Le scene successive descrivono un clima di grande concitazione e subbuglio per il gran numero di cittadini stranieri che avevano aderito al progetto di fuga e, soprattutto, per le modalità di repressione adottate dal personale dei Carabinieri distaccato presso il Centro e dagli operatori dipendenti dalla fondazione.

La riproduzione processuale degli episodi oggetto di esame non avviene in questo caso attraverso l’ausilio del personale della polizia giudiziaria o di rappresentanti delle forze dell’ordine presenti sul luogo ove i reati sono stati consumati perché, evidentemente, sono stati gli stessi rappresentanti delle forze dell’ordine, chiamati a garantire l’ordine pubblico ed il rispetto della legge, a violare l’obbligo, discendente direttamente dalla legge e loro affidato, della tutela dei diritti dell’individuo e della collettività.

Le deposizioni più significative sono state assunte dal Giudice per le indagini preliminari nel corso dell’incidente probatorio. Sono le dichiarazioni dei cittadini marocchini bloccati al momento della fuga o rintracciati nelle ore e nei giorni successivi.

Una breve considerazione va rivolta alla questione di inutilizzabilità, sollevata dalla Difesa degli imputati carabinieri, relativa ai verbali di incidente probatorio.

Sostiene la Difesa che le persone offese sentite in qualità di testimoni, con tutte le conseguenze sul piano della valutazione della prova, erano suscettibili di sottoposizione ad indagine per fatti connessi a quelli per cui si procede, motivo per cui avrebbero dovuto essere sentiti nel corso dell’incidente probatorio in qualità di persone indagate di reato connesso o collegato ai sensi dell’art. 210 c.p.p.
.......

Sentito nel corso dell’incidente probatorio all’udienza del 3 marzo 2003, Ben Slama Lofti, ospite del centro, ha riferito che stanco dei maltrattamenti subiti, decideva, insieme ad altri ospiti, di fuggire dal centro attraverso la finestra di una stanza del primo piano calandosi dal balcone. Riusciva a superare la recinzione e a disperdersi nelle campagne circostanti. ...

I militari lo costringevano a stendersi sul pavimento iniziando così a colpirlo ai piedi. A quel punto Natasha e Luca partecipavano al pestaggio schiaffeggiandolo al volto – “le forze dell’ordine mi hanno steso a terra e hanno incominciato a colpirmi con il bastone ai piedi e mentre stavo a terra cercavo di coprirmi il viso; subito sono arrivati Luca e Natasha e con la mano mi hanno colpito al viso” (pagina 19 verbale incidente probatorio udienza 3.3.03).

Assisteva alla scena Abedhadi Mohamed, anch’egli rintracciato e ricondotto al centro in mattinata.

Assisteva, peraltro, al pestaggio di altri uomini che avevano tentato la fuga.

Portato in infermeria per i primi soccorsi, chiedeva di essere portato in ospedale, ma si provvedeva a trasferirlo solo molto più tardi.

Nella stessa giornata uno dei carabinieri ivi presenti lo costringeva a mangiare carne di maiale. Riferisce il teste “Si mi hanno costretto a mangiare carne di maiale….. Una delle guardie gli ha detto ‘o mangi questa carne di maiale o ti colpisco’ e io l’ho mangiata”.(pagina 34 verbale incidente probatorio udienza 3.3.03).

In ospedale gli veniva prestata assistenza, ma non riusciva a comprendere la conversazione che intercorreva tra i medici e gli operatori che l’avevano accompagnato poiché non parlavano nella sua lingua.
.......

Salem Mohamed è stato ascoltato all’udienza del 4 marzo 2003 nel corso dell’incidente probatorio.

Ha riferito che nella serata del 21 novembre 2002, insieme agli altri cittadini stranieri ospitati nel C.T.P., riusciva a fuggire dal Centro saltando dal primo piano dell’edificio e riuscendo a superare la recinzione.

Veniva tuttavia rintracciato nel pomeriggio successivo nei pressi della Questura di Lecce dai carabinieri che lo facevano salire in macchina e lo conducevano in una “casa” dove “in una stanza piccola – riferisce – mi hanno chiuso a chiave per mezz’ora”.

Successivamente veniva riportato da due militari al Centro dove veniva accolto da uno schiaffo di Dokaj Paulin. Un militare si avvicinava portando in mano un involucro di carta stagnola ove riusciva a vedere un pezzo di carne cruda.

Questa la diretta descrizione di Salem: “…poi l’ha aperta lui perché stava dentro la carta stagnola, ha tirato una cosa da dentro e mi ha detto ‘guarda questa cosa’ e mi ha detto ‘questa la devi mangiare sennò ti ammazziamo’. Gli ho detto ‘io sono musulmano, non mangio il maiale’. Mi ha colpito con il manganello a questa parte, alla parte destra e alla parte sinistra del piede, delle gambe, mi ha fatto togliere i pantaloni perché ero anche bagnato, c’era il fango e i pantaloni…sono rimasto con i pantaloncini, con la mutanda vestito io. Dopo mi hanno fatto sdraiare sulla spalla, sulla schiena, uno mi ha preso e mi ha bloccato di questa…ha messo il ginocchio sopra la mano, e un altro mi ha bloccato l’altro braccio e quello che teneva la carne in mano si è seduto sopra di me così ed ho cercato di tirare il braccio per bloccare, per chiudere la bocca; mi ha dato un pugno alla mano e poi mi ha colpito e poi mi ha colpito col manganello che mi ha fatto male, ancora non riesco ad aprirlo completamente, e poi ha cercato di aprire, è riuscito ad aprire con la forza la bocca stringendola”.
.....

Deli Mohamed è stato escusso nel corso dell’incidente probatorio all’udienza del 4 marzo 2003.

Ha riferito di aver tentato la fuga insieme agli altri ospiti del Centro. Riusciva a superare la recinzione e a dileguarsi insieme ad un altro ospite del C.T.P. chiamato Lesmi Habib.

Il mattino seguente veniva rintracciato da Dokaj Paulin accompagnato da due carabinieri in borghese.

Alla vista dell’auto condotta dal Dokaj tentava di fuggire, ma i militari, impugnando una pistola gli intimavano l’ALT. Temendo la reazione armata si fermava. Uno dei carabinieri lo colpiva alla nuca con il calcio della pistola; sopraggiungevano Paolo e l’altro militare che continuavano a picchiarlo.

Stessa sorte toccava al suo compagno Lesmi che veniva picchiato sul viso. I due venivano così ammanettati, caricati sull’auto e riportati al Centro. Venivano percossi anche nel corso del tragitto di ritorno.

Appena giunti al Centro venivano accolti dal Direttore che apriva lo sportello della macchina e schiaffeggiava entrambi, colpendo Deli sul naso. Veniva trascinato sulla terra bagnata fino all’ingresso dell’edificio. All’interno veniva ancora picchiato
...

Successivamente un militare in divisa lo costringeva con la forza ad ingoiare carne di maiale cruda deridendolo per la fede musulmana e per il divieto imposto nel periodo del Ramadan.
.....

Tutto il racconto di Souiden Montassar è lucido e raccapricciante. Questi alcuni passaggi significativi: “… ci hanno bloccato i carabinieri e poi ci hanno portato nel corridoio vicino alla direzione. Dopodiché è arrivato il direttore, mi ha preso dal ciuffo dei capelli davanti e mi ha sbattuto due volte sul muro la testa di dietro; dopo mi ha girato e mi ha preso dalla parte da dietro e mi ha sbattuto la faccia al muro, dalla parte della sopracciglia qui e mi ha fatto una ferita, una grossa ferita qui alla sopracciglia. … Dopodiché mi ha rigirato e ha preso il manganello dei carabinieri e mi ha preso dal ciuffo dei capelli davanti e mi ha colpito col manganello sulle labbra, alla bocca, dove mi ha procurato una ferita che è visibile ancora. Poi mi ha colpito due denti superiori. … Dopodiché lui insieme a Luca e Natasha, insieme a don Cesare mi hanno cominciato a colpire sul viso.

… Appena entrato ho visto Mohamed Abedhadi e Paolo e Natasha lo picchiavano. Gli altri stavano messi stesi a terra, c’erano dei carabinieri e i carabinieri quando passavano davano dei calci agli altri.
… c’erano i carabinieri che hanno picchiato gli altri, anzi chiunque che passava di lì, carabinieri o uno che lavorava al Centro davano botte, era un gioco”.

....

In questo clima si inserisce la vicenda relativa al cosiddetto “foglio delle firme” che, con metodi ai limiti del raggiro, venne diffuso tra gli ospiti del Centro con la finalità di raccogliere, anche in modo abbastanza approssimativo, l’adesione ad una dichiarazione di dubbia natura e certamente non compresa dai cittadini marocchini trattenuti.

Il foglio, che sembra indirizzato all’Ufficio Immigrazione della Questura di Lecce, datato 21 dicembre 2002, contiene il seguente testo:

“In qualità di Direttore di questo CPTA, comunico che i cittadini sottoelencati chiedono di rimanere presto questa struttura di accoglienza, nonostante che l’autorità giudiziaria abbia stabilito per il loro trasferimento ad altra struttura, in attesa di essere ascoltati dall’Autorità di Polizia.

Gli stessi sono stati informati dal loro legale Avv. Petrelli.

Nello stesso tempo l’attività di mediazione e traduzione è stata condotta da un loro traduttore di fiducia, Makram Nemili, e dal traduttore di questo CTPA Taha Mustafa”.

Il testo è seguito dai nomi dei cittadini marocchini denuncianti e dalle rispettive sottoscrizioni.

Lo stesso foglio è accompagnato da altro foglio riportante le medesime sottoscrizioni e, nella prima parte, una scritta in lingua araba composta di due righi ed una parte cancellata.

In primis, è inverosimile che un testo così lungo nella lingua italiana possa essere tradotto in lingua araba e constare di due soli righi. Inoltre non si comprende quale possa essere stata la finalità del Direttore nel redigere la richiesta in nome e per conto dei denuncianti.

Sorge una serie di dubbi in ordine alla intenzione apparente di chi ritenuto di rivolgere all’Ufficio Immigrazione una richiesta di tal fatta il giorno immediatamente precedente all’espletamento dell’attività di indagine, consistente nell’ascolto dei denuncianti, delegata dal Pubblico Ministero procedente (l’ascolto, infatti, avvenne nella giornata di domenica 22 dicembre 2002).

I dubbi si fanno più folti se si ha riguardo alle dichiarazioni rese dalle persone offese, in qualità di testimoni, in relazione al su riportato “foglio delle firme”.

Quel che appare con certezza è che i cittadini marocchini firmatari non avevano compreso affatto il contenuto del testo che sono stati invitati a sottoscrivere. Del resto la semplice considerazione che i firmatari si sono trovati di fronte ad una traduzione assolutamente non esaustiva sul foglio allegato ed alla “mediazione” dei traduttori Makram e Taha, persone integrate nella struttura organizzativa del C.T.P., già induce a ritenere che la vicenda abbia tratti decisamente oscuri.

Ma la lettura delle dichiarazioni testimoniali offre un quadro sufficientemente preciso della reale finalità dell’iniziativa del direttore.

Così Salem Mohamed riferisce al Giudice per le indagini preliminari nel corso dell’incidente probatorio: “dieci giorni prima della nostra uscita dal Centro è venuto Mustafà, l’iracheno, verso le 9 e mezzo, le dieci di notte … e ci ha detto: ‘voi dovete ritirare la denuncia perché perdita di tempo per voi, perdete tempo perché qua il direttore è italiano e ha poteri e conosce le persone che contano, ha dei poteri, non ottenete nulla’ e io gli ho detto che noi vogliamo i nostri diritti … E tutti hanno rifiutato di fare la rinuncia alla querela, alla denuncia. Dopo è venuto un’altra volta, due o tre volte e noi abbiamo sempre detto di no. Dopodiché siamo scesi sotto … è arrivato Mustafà e ha chiesto ‘Chi è arrivato al Centro il 24 ottobre?’ e ci ha detto: ‘Voi che siete arrivati il 24 per poter uscire dovete firmare questa carta’, c’era uno che sapeva leggere l’italiano e gli ha detto: ‘Fammela leggere’ e gli ha detto di no, ha rifiutato di darla a lui per farla leggere e gli ha detto: ‘Queste sono cose che non ti riguardano, non la puoi leggere tu’ e poi abbiamo firmato questa carta”.

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