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La 'ndrangheta non esiste..
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Lamezia Rossa Wednesday, Nov. 08, 2006 at 10:07 AM |
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lameziarossa@yahoo.it |
La 'ndrangheta non esiste...
é quello che sostiene l'assesore Roperto del comune di Lamezia..
E noi gli scriviamo na lettera...
Caro Assessore Roperto... Confesso sinceramente che prima della puntata delle iene di ieri sera non sapevo della sua esistenza.. E forse sarebbe stato meglio se fosse cotinuato così. Sa, non so in che città fa l'assessore, ma le parole da lei pronunciate ieri davanti a milioni di persone, roba tipo: "Cos'è la 'ndrangheta, al massimo esistono delle cosche, anche lei Sortino potrebbe essere un mafioso..." mi lasciano come minimo sconvolto. Non so se si è reso conto di che figura di merda ha fatto fare, non tanto a lei, che forse non si preoccupa di ciò, ma tanto a noi lametini, che ogni giorno l'oppressione della mafia ce la viviamo sulla nostra pelle, da ragazzi stroncati nel loro realizzarsi, a commercianti che vivono sotto il terrore. Ma non è stato l'unico protagonista della serata.. Un sentito ringraziamento va anche al nostro illustre commissario, che grazie a tutta questa situazione ha scoperto che i gommisti vendono gomme... Di certo il livello culturale della nostra città è salito. Mi chiedo davvero a chi abbiamo affidato la nostra città, dove è finita quella speranza di cambiamento che era stata paventata in campagna elettorale... L'ultimo appunto lo faccio direttamente a Sortino... Bello il servizio, forse sveglierà qualcuno dal suo decennale torpore... Ma cara amica iena, ti assicuro che Lamezia è anche quella della 5000 persone scese in piazza a dire no, quella dei commercianti che chiuduno i loro negozi per protesta, quella di persone he ogni giorno, senza venire considerate da nessun mezzo di informazione, lottano dal basso per costruire un'alternativa. A noi non tocca combattare la mafia con le pistole, ma lo facciamo lavorando nel sociale, nelle piccole cose..Dal concerto al cindeforum... Forse abbiamo ancora il difetto di essere giovani e di sognare... Ma preferiamo essere degli utopici piuttosto che degli indifferenti. Perchè l'indifferenza è l'arma più potente i mano a chi vuole distruggere la nostra terra.
Sentiti saluti
digilander.libero.it/lameziarossa
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basta omertà
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calabrese Wednesday, Nov. 08, 2006 at 12:21 PM |
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la puntata delle iene di ieri sera ha messo in evidenza un dato a noi calabresi già noto... ma che comunque è stato importante averlo evidenziato a tutto il resto del paese. E cioè mi riferisco al silenzio e all'inerzia (voluta) delle istituzioni calabresi, nonchè quelle del governo centrale, che portano ad essere complici del dominio 'ndranghetistico calabrese! il fatto importante, per la prima volta, è stato sicuramente la serrata dei commercianti lametini per protesta contro le cosche, ma questo non può essere l'unico dato. C'è bisogno di maggiore pressione da parte del resto dei cittadini. Spezzare l'omertà vuol dire mettere le istituzioni davanti ad un bivio e cioè che qualcosa và fatto e pure in fretta, visto che lo sviluppo in calabria è bloccato dai signori della lupara! per noi calabresi lo sviluppo non è quello che vede cadere sulla nostra regione finanziamenti a pioggia per le infrastrutture, perchè è proprio questo il terreno fertile dove le cosche si inseriscono facilmente con il benestare dello stato. per noi sviluppo significa REDDITO e GIUSTIZIA SOCIALE, solo redistribuendo questo la nostra terra vedrà la pace... altrimenti saranno solo le solite passarelle e lo stucchevole ricorso ad "uomini & mezzi".
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BRAVI COMAPGNI
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Resistenza * Studentesca Friday, Nov. 10, 2006 at 1:24 PM |
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Bravi COMPAGNI site gli unici a fare qualcosa contro la ndrangheta a Lamezia!! Non vi demoralizzate gli altri sono troppo collusi o hanno troppa paura per alzare la testa a dire basta. Voi siete una speranza A PUGNO CHIUSO Resistenza * Studentesca
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'Ndrangheta, blitz nel Vibonese, in manette anche un magistrato
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reporter Friday, Nov. 10, 2006 at 4:25 PM |
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Patrizia Serena Pasquin è presidente di sezione del Tribunale di Vibo
Fermate 16 persone, tra loro esponenti del clan che controlla la provincia
"Nelle intercettazioni si parla di cause da sistemare"
VIBO VALENTIA - Magistrati, un ex assessore, avvocati e anche un giudice. E alcune cause "da sistemare". Vanta nomi eccellenti il blitz che la Polizia ha effettuato nel Vibonese. Tra gli arrestati (16 persone) c'è anche un magistrato del tribunale di Vibo Valentia, Patrizia Serena Pasquin, presidente di sezione e due magistrati che collaboravano con lei. Nel complesso le persone indagate sono 33. "Sono state captate intercettazioni in cui con estrema disinvoltura gli interlocutori parlano di cause 'da sistemare'", dicono i pm.
Il giudice coinvolto. Le accuse alla Pasquin farebbero riferimento al periodo in cui presiedeva la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Vibo Valentia. L'inchiesta avrebbe come oggetto anche fatti riguardanti la realizzazione di alcuni insediamenti turistici nel Vibonese, e in particolare a Tropea e Parghelia. Alla Pasquin vengono contestati i reati di corruzione semplice, corruzione in atti giudiziari, falso, truffa e abuso. Reati che sarebbero stati commessi in favore di persone vicine alla cosca Mancuso che ha interessi in molte attività economiche e commerciali. Secondo i pm il giudice avrebbe compiuto "un sistematico mercimonio della funzione pubblica attuando in modo capillare il principio del 'do ut des'" e non avrebbe esitato "ad attivare tutti i possibili canali di informazione" per avere notizie utili sulle indagini corso, "mediante accessi abusivi al registro informatico della Procura di Vibo Valenzia". Ed ancora il giudice avrebbe prodotto documenti falsi per far ottenere finanziamenti illeciti ai boss.
Per sviare i sospetti il giudice avrebbe utilizzato utenze telefoniche intestate alla sua collaboratrice domestica. La Pasquin usava queste utenze telefoniche in particolare per le telefonate con Antonio Ventura, persona ritenuta vicina al clan Mancuso, noto come "Tappo". Dalle conversazioni intercettate si riscontra "l'esistenza di un consolidato, duraturo e permanente rapporto corruttivo, finalizzato a risolvere la procedura concorsuale da cui Ventura era gravato e numerose altre vicende giudiziarie".
Il nome di Patrizia Pasquin era già comparso in alcune intercettazioni dell'inchiesta Dinasty, condotta dalla Procura antimafia di Catanzaro contro la cosca Mancuso. In particolare, il giudice era stato citato come persona "contattabile" in un colloquio tra Diego Mancuso, capo della cosca, e il nipote Domenico in relazione ad un sequestro di beni eseguito contro appartenenti al gruppo criminale.
Gli altri arresti. Tra gli arrestati ci sono anche esponenti del clan Mancuso di Limbadi, la cosca che ha il "predominio incontrastato" della provincia di Vibo Valentia. In manette anche due avvocati ai quali vengono contestati la corruzione e la corruzione in atti giudiziari, reati commessi in concorso col giudice Pasquin. Insieme alla Pasquin sono stati portati in carcere altri tre arrestati: Settimia Castagna, di 49 anni, imprenditrice nel settore della floricoltura e turistico, Achille Sganga (44), geometra dell' ufficio tecnico del Comune di Parghelia ed Antonio Ventura (61), imprenditore commerciale indicato dagli investigatori come vicino alla cosca Mancuso.
Nei guai anche ex assessore della Regione Calabria, Ernesto Funaro, di 66 anni, accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso.
(10 novembre 2006)
www.repubblica.it
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LE INTERCETTAZIONI DI VIBO VALENTIA
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ATTILIO BOLZONI Saturday, Nov. 11, 2006 at 2:07 PM |
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Nelle telefonate ascoltate dagli inquirenti calabresi la rete delle amicizie e dei favori tra giudice e avvocati 'Ndrangheta, l'annuncio alla socia in affari "Ho fatto annullare la sentenza" DAL nostro inviato ATTILIO BOLZONI
VIBO VALENTIA - Da giudice è diventata "consigliori" e da "consigliori" è diventata socia. Occulta, accusano i poliziotti e i magistrati che l'hanno arrestata. Però mica tanto, stando alle 100 mila fra registrazioni telefoniche e ambientali che hanno alla fine rivelato l'eccellentissima Patrizia Pasquin, la presidente di sezione del Tribunale di Vibo Valentia, una che da un quarto di secolo amministrava giustizia sempre e solo in quel tribunale. E faceva affari soprattutto. Con qualche avvocato e qualche architetto sempre a caccia di soldi. Come il famoso penalista Filippo Accorinti che organizzava le combine con la giudice, per esempio aggiustavano insieme i processi.
Il penalista. E allora il magistrato confessava alla sua amica Settimia, tutte e due sedute una sera su un gippone: "Lui è un furbone, eh, Accorinti è un furbone però è un amico, nel senso che guardandosi i cavoli suoi poi ti aiuta, eh...". E si sfogava ancora: "E perché tutti gli altri che sono? Gli altri fanno gli stro..., una si mette a disposizione e poi ti si girano pure contro, scusa allora è meglio uno così o no? Cara mia, è tutto un do ut des".
Comincia così, un giorno, a sentirsi la voce della giudice in una sala della squadra mobile di Vibo. E comincia così ad affiorare una trama. C'era un comitato di potenti che comandava in quella città. E tutti amici degli intoccabili, i Mancuso di Limbadi. Una dinastia di razza padrona. È in un carcere che due di quei boss, Diego e Mico, parlano dell'eccellentissima Patrizia Pasquin. E il primo dice all'altro: "Ho risolto i miei problemi". Erano di sorveglianza speciale. Da quel momento la presidente di sezione del Tribunale è stata ininterrottamente "ascoltata". La gente dei Mancuso di mese in mese si è irritata sempre di più per le sue esose richieste, qualcuno ha persino ipotizzato di troncare "bruscamente" questa amicizia. Qualcuno altro ha cominciato a chiamarla "la cinghiala". Quarantuno i capi di imputazione formulati dalla procura di Salerno, ventidue quelli accertati dal giudice delle indagini preliminari. Prove e indizi tutti in quelle 100 mila registrazioni.
"Riga per riga". "Speriamo che non confrontino riga per riga", le sussurrava un amico parlando del business che avevano in piedi da qualche mese, un mega finanziamento per un albergo a cinque stelle fra Parghelia e Tropea, il Melograno Village. Avevano falsificato le carte, l'eccellentissima giudice e i suoi complici, imprenditori e architetti e geometri. Avevano già intascato 948 mila 413 euro. E parte di quei soldi erano finiti già ai Mancuso. "Speriamo che non confrontino riga per riga" era riferito ai possibili controlli fra il Comune di Parghelia e l'assessorato regionale. Un incrocio di documenti e la truffa sarebbe venuta fuori molto tempo prima.
Parlava e parlava sempre Patrizia Pasquin. Ma mai dal suo cellulare. Aveva comprato due nuove schede e però da lì non partivano le sue telefonate. Partivano dall'utenza della sua domestica, quelle due nuove schede servivano solo a ricevere. Numeri che conosceva bene quella Settimia, Settimia Castagna, amica e socia della Pasquin.
Il processo Un anno fa Settimia era preoccupata, temeva di essere sotto inchiesta. La sua amica giudice - con l'aiuto di un impiegato infedele - è entrata nel sistema della Procura di Vibo e l'ha rassicurata: "Non avere paura, non c'è niente su di te, solo un procedimento dove sei parte offesa". Non sapeva Patrizia Pasquini che tutta l'inchiesta su di lei e sugli altri quindici - proprio il coinvolgimento di un magistrato - era finita alla
Procura di Salerno. Era un commercio continuo. Anche di processi. È quasi la fine dell'estate dell'anno scorso quando sempre l'avvocato Filippo Accorinti la chiama: "E allora, qui ci sono tre cause". Risponde lei: "Eh". Lui: "Una è quella della terrazza". Lei: "... omissis...". Lui: "Una è quella della divisione 98 barra....". La Pasquini alza la voce, è incavolata con il suo amico che parla troppo chiaramente di processi al telefono. E gli ribatte: "Aspetta, adesso mi dite pure i numeri?.. dalla Corte di Appello mi è tornata indietro, quella dove abbiamo fatto annullare la sentenza...".
"Settimia, rischio di persona". Per i poliziotti e i procuratori di Palermo la giudice avrebbe pilotato "7 o 8 cause" che riguardavano la sua amica Settimia Castagna, imprenditrice turistica e titolare della Green line, una società di floricultura. Eppure Settimia di tanto in tanto si lamentava con lei. E la giudice provava a tranquillizzarla: "Setti', per favore, non mi parlare più di questa cosa, perché mo' me la vedo con Filippo (l'avvocato Accorinti ndr). Quello che posso fare faccio, esponendomi oltre misura e rischiando pure di persona. E i risultati ci sono stati. Notevolissimi". La incalzava Settimia: "Tu come me la poni, sembra che me lo stai facendo a me il favore. Tu lo stai facendo a te stessa bella mia". E lei "Ma lo so, lo so". Settimia: "Tu devi dire: 'Dio ti ringrazio e mi sono sacrificata perché c'erano validi motivi per farlo'. E basta". Poi nel documento giudiziario c'è una sfilza di omissis, evidentemente una lunga lista di nomi ancora oggetto di investigazioni. Riprende la conversazione Patrizia Pasquin: "Ma all'inizio l'ho fatto per te". E dopo una lunga litigata la giudice le dice: "Per noi. diciamo per noi".
E' un altro giorno, un'altra conversazione sempre con Settimia Castagna dove il presidente di sezione del Tribunale quasi urla: "Gli ho fatto annullare la sentenza. più di così non si può fare".
Il Tappo e le salsicce. In quel groviglio di registrazioni c'è di tutto. Dai piccoli vassallaggi ai grandi affari. Sottomissioni alle quali è costretto un costruttore edile che ogni mattina va a far la spesa alla giudice, un costruttore soprannominato "Il Tappo". "Dottoressa vuole Wurstel e salciccia? E come li vuole i Wurstel, piccoli o grandi?". E "Il Tappo" la accontentava. Ogni tanto mandava qualche pacco di cibarie pure a Torino, dove studiava all'Università il figlio della signora. E ogni tanto mandava sua moglie Pierina a fare la spesa. Ma poi la giudice tornava a parlare di processi, di lottizzazioni, di firme di assessori comunali e regionali. Un giorno di ottobre riceve anche la telefonata dell'allora presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti. Scrivono i giudici: "Il Pm contesta alla Pasquin e a Chiaravalotti la sussistenza di un reciproco ulteriore patto corruttivo".
Chiaravalloti. Ma è un'altra telefonata a mettere ancora più nei guai la giudice di Vibo. E' lei che chiama il governatore della Calabria: "Presidentissimo buongiorno salve". Chiaravalloti: "Ah Patrizia, dimmi". Poi c'è un omissis. E ancora la giudice: "Questo è importante e poi mi dici che in qualche modo ovviamente qua ti posso essere utile, poi insieme a quella mia amica bionda volevamo venirti a salutare". Lui: "Se c'è qualche inghippo mi dovete avvisare tranquillamente".
Una settimana dopo i due si risentono. E il governatore dice: "Io avevo una piccolissima istanza da proporti". La Pasquin: "Sì?". E il presidente: "Su mandato di un tuo collega, pezzo grosso, romano.. ah.. della Cassazione.. Allora, tu hai in decisione una causa.. Campisi Tema.". E lei: "Ah, sì". Chiaravalloti: "Poi tu te la guardi con comodo e poi, magari, se ci...". La Pasquin: "Ne parliamo. Io avrei individuato una soluzione". Il governatore: "Ci dobbiamo vedere, o vieni tu giù o vengo io su". E la giudice: "Noo". Il presidente taglia corto: "Quando Maometto vide che la montagna non si spostava, mise le gambe in spalla e andò dalla montagna". Questi sono soltanto frammenti di registrazioni. E' solo un piccolo pezzo di un'inchiesta appena iniziata sui potenti di Vibo Valentia.
(11 novembre 2006)
www.repubblica.it
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