Egitto: dove esprimere liberamente un'opinione è sempre più dura
La libertà d’espressione è sempre più nel mirino del regime egiziano. A denunciarlo è Amnesty International, che in un rapporto sulla Repubblica araba d’Egitto segnala due casi recenti, quello del blogger Abdel Karim Sulaiman Amer e quello di Tal’at Sadat, nipote del presidente assassinato il 6 ottobre 1981.
Diritti calpestati. Amer, già studente della moschea universitaria di Al Azhar, è stato arrestato ed è tuttora imprigionato per le sue critiche all’ateneo cairota e alle autorità religiose egiziane.Tal’at Sadat, membro del Parlamento egiziano, è stato processato per direttissima da un tribunale militare per “aver diffuso voci false e insultato le forze armate”. In occasione dell’anniversario della morte dello zio, Tal’at ha sostenuto il coinvolgimento di alcuni ufficiali delle forze armate e dello stesso presidente Hosni Mubarak nell’assassinio, materialmente eseguito da sei integralisti islamici. Al momento, il blogger Amer, dopo una prima detenzione di quattro giorni per aver “incitato l’odio nei confronti dei musulmani” e “diffamato il presidente della Repubblica”, è ancora in prigione: in virtù della legge d’emergenza, in vigore in Egitto proprio dall’uccisione di Anwar Sadat, la detenzione può essere rinnovata senza limite e i cittadini processati da tribunali militari. Tal’at Sadat, privato della propria immunità parlamentare, è stato condannato a un anno di lavori forzati. Sulla stessa linea della denuncia di Amnesty International anche il rapporto di Reporter senza frontiere (Rsf) sui cosiddetti ‘paesi nemici del web’. Rispetto all’elenco del 2005 vi è qualche cambiamento, con l’uscita di scena di Nepal, Maldive e Libia, e l’ingresso dell’Egitto fra i super-censori.
Liberi di tacere. L’evoluzione negativa della libertà d’espressione in Egitto desta particolare preoccupazione, se si pensa che proprio nell’ultimo anno il paese nordafricano è stato sotto i riflettori della comunità internazionale in occasione delle elezioni presidenziali del 7 settembre 2005 e di quelle legislative del novembre dello stesso anno. Durante la campagna elettorale, su pressione di Stati uniti e Unione europea, l’Egitto ha concesso maggiore libertà agli organi di stampa, con una relativa apertura del dibattito politico anche all’opposizione. Se il rapporto diffuso dall’organizzazione è fondato, viene da pensare che, appena terminato il processo elettorale, le autorità egiziane non solo siano tornate sui propri passi, ma abbiano scatenato una dura repressione nei confronti del mezzo per sua natura più libero, internet. Che internet sia comunque fra le priorità del grande fratello egiziano lo dimostra una recente decisione di una corte amministrativa del Consiglio di Stato: le autorità possono disporre l’oscuramento di qualsiasi sito considerato pericoloso per la ‘sicurezza nazionale’.
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