Per comprendere i fatti odierni riguardanti il compagno Paolo Dorigo si deve
risalire alla sua storia di artista, intellettuale e lavoratore che, nel suo
curriculum, indica come obiettivi: documentare l'irrisorieta' di certe
ricostruzioni di comodo dell'apparato, tese all'annientamento di un
prigioniero comunista.
Tantissimi giovani possono identificarsi nel suo percorso sociale e politico: negli anni '70, da studente a Venezia, svolge militanza ed attivita' redazionale come corrispondente locale di Lotta Continua, nelle organizzazioni dell'Autonomia Operaia, nel Movimento del proletariato giovanile e studentesco del '77, partecipando a scontri di piazza ed azioni antifasciste di massa in diverse citta', fra cui la grande Manifestazione nazionale del 12.3.77 a Roma (attacco allo Stato) di 70.000 giovani proletari e comunisti, attivita' giornalistica a radio Sherwood di Venezia e Mestre, curando rassegne stampa e trasmissioni sulle carceri speciali, oltre che servizi sulle lotte studentesche ed operaie.
Ecco perche' la sua lotta e' la lotta di tutti noi.
Ma di quel periodo, e a seguire, Paolo racconta nel suo scritto titolato "Controinchiesta su un'operazione di controllo mentale totale e di annientamento psico-fisico del XXI secolo nelle carceri italiane"(V Edizione), i fastidi sociali causati da cattiva interpretazione del diritto.
"Ad anni 18 mi dà fastidio leggere tra gli atti processuali del primo processo, una relazione di un sincero psicoterapeuta che confonde la relazione di sintesi della persona, con lo spiattellare i cazzi personali di un minorenne intervistato in carcere, allo scopo sicuramente onesto di contribuire al bene dello stesso.
ad anni 18 mi dà fastidio sentirmi rinfacciare scarsa "riconoscenza" dal padrone di una tipografia industriale ove lavoravo per 6 mesi a part-time come operaio guadagnando 145.000 lire al mese, che dopo 6 mesi sono stato capace solo di sobillare gli operai contro i capireparto e contro lui stesso, mentre in realtà mi sono limitato a lavorare, socializzare e partecipare a riunioni sindacali settimanali restando con i compagni di lavoro fino alla tarda sera ogni venerdì.
ad anni 25, durante un periodo di 10 mesi di isolamento carcerario in una sezione nella quale potevo godere del braccetto chiuso 24 ore al giorno e delle finestre a bocca di lupo senza possibilità di mettere le mani fuori dalla finestra, denuncio un piccolo fastidio al cuore, che poi diviene "patologia depressiva grave" (dopo che questo trattamento mi aveva un po' rotto le palle ma niente di più perché mia morosa e compagna mi veniva a trovare 4 volte al mese) con problemi "formativi, adolescenziali" e minchiate varie, allorquando si rende necessaria una soluzione indolore dopo le numerose manifestazioni in nostro sostegno, agli inquisitori che hanno bisogno di liberarsi di una montatura che gli esplode tra le mani, scarcerando quindi di conseguenza tutti i 20 imputati che poi, come altri 16 prosciolti in istruttoria, saranno assolti nel 1991. Mi darà però fastidio leggere, tra le carte del processo, telefonate del tutto personali e relazioni psichiatriche allucinanti che tuttavia, nella perizia del Tribunale, sostengono che posso comunque restare in quelle condizioni detentive senza problema. Durante questo periodo, posso leggere con una bella lampadina da 25 W e ho la fortuna di potermi autoasportare con un tagliaunghie, un pezzo di filo emostatico rimasto nel dito dove mi era cresciuto un granuloma, senza che né dermatologi, né radiografie né chirurghi arrivassero a dedurre una tale ridicola ma fastidiosa presenza.
ad anni 27, nel bel mezzo della vita lavorativa, vengo detenuto per altri 2 anni e poi assolto dopo altri 2.
ad anni 32 per scavallarmi da un contratto di lavoro con una ditta rompicoglioni che mi pretende "a disposizione" 5 giorni al mese per 2.000.000 al mese ma non continuativi come previsto, mi reco per la prima e unica volta da libero in vita mia, da uno psicoterapeuta cui spiego che lavorare a pezzettini mi stressa e fa una carta per questa ditta che riesco così a "scavallarmi" senza penali. Così ci sarà un ulteriore precedente per affermare la mia congenita "depressione", cosa che rivendico con altra parola, sentimento di sensibilità.
ad anni 34, mi crea una patologia da persecuzione il fatto che allo stesso infame che ha fatto arrestare me e una compagna a cui volevo bene e altri due compagni, venga dato lo spazio per calunniare sulla stampa col beneplacito del pm, la cui moglie vengo poi a sapere che lavora nello stesso studio avvocatizio di una piccola bastarda città dove lavora l'avvocato di questo pentito, titolare il suo padre di questo, tanto che nel 97 questo poi si trasferirà a Treviso come gip per incompatibilità territoriale con la sede pordenonese.
ad anni 35, detenuto da un anno, mi dà fastidio venire ad apprendere da un avvocato pirla per sua dimenticanza di una fotocopia bollata di un documento, il Tribunale di Roma ha negato il riconoscimento della riparazione per una ingiusta detenzione, col che perdo 90.000.000.
ad anni 37 o poco meno mi infastidisce che 15 lettere, in partenza ed in arrivo, non arrivino a destinazione nel carcere di Novara, e che finanche una raccomandata faccia la stessa fine. Mi dà fastidio anche che su questa base, anziché tornare coi compagni, mi spediscano col torto, ad Opera, anche se dopo due anni una sentenza di condanna ad una guardia mi darà ragione (4.12.1998).
Ad anni 37 e mezzo mi secca venire licenziato dalla Spes di Opera perdendo uno stipendio fisso di 1.400.000 lire al mese, dopo neanche due mesi, a causa del fatto che voglio fare solo il tecnico con la scusa del comandante del carcere che avevo utilizzato i macchinari della Spes per stampare una ventina di fogli di una raccolta firme per "aizzare" i detenuti contro la direzione del carcere e con la scusa legale che non c'era ancora l' assunzione e che non avevano più bisogno del mio lavoro. In cambio ci guadagno un "colpo della strega" con conseguente ernia che ancora mi porto dietro, a causa di un'attività di facchinaggio per la quale non ero stato assunto.
Ad anni 40 mi dà fastidio venir chiuso da un'attività lavorativa autogestita grazie ad una lettera anonima di chissà chi usata da un ispettore per dire che avevo intenzione di fare danni nella sezione in cui stavo da 2 anni; successivamente mi farà incazzare leggere l'ennesima relazione di un direttore che afferma che "non ha prodotto nulla" in un anno e mezzo, mentre avevo realizzato ben 4 cdrom di cui uno è stato messo in vendita dentro il Politecnico di Milano come dispense di sostegno allo studio, ed un altro è stato lodato in una conferenza pubblica per il 90° compleanno di un pittore antifascista di avanguardia noto in tutto il mondo.
Ad anni 41 mi fa specie che dopo 4 anni e mezzo mi si ricordi dalla direttrice sanitaria di un nuovo carcere ove faccio ingresso, che ho avuto una crisi depressiva, come mi sento, e qua e là, come se fossi uscito dall' ospedale il giorno prima.
Ad anni 43 mi fa più che orrore che si possa chiudere gli occhi sulle persecuzioni delle guardie contro una persona scomoda e difficile da controllare e che si ponga invece l'attenzione su questa persona come degna di analisi criminale, quando giuridicamente sul piano del diritto internazionale ed interno è ancora "innocente", sbattendola in "osservazione psichiatrica" per aver dato a due gaglioffi quel che si meritavano da molto tempo, anziché fermarsi un attimo a riflettere su come mai una persona che non aveva mai aggredito in 12 anni di detenzione alcun poliziotto, in due mesi ne aveva aggrediti 3. Mi secca anche che lo psichiatra di "parte", anziché arrivare a Livorno dove gli dico di essere stato vittima di due pestaggi dalle guardie e parlarmi a lungo di cosa abbia originato questa situazione, metta insieme quattro appunti e dopo 20 minuti mi porga la sua manina, per leggere poi che avrei avuto chissà che problemi di relazioni sociali ed ambientali sin da ragazzo, cosa che è completamente fuori da qualsiasi dato storico della mia vita.
In generale quello che non riesco ad apprezzare è non solo l'esistenza di troppe cimici e radio a Galena che dir si voglia, di troppe antenne e di carichi magnetici, ma anche di "radio carceri" che sono spessissimo il terminale delle chiacchiere infami delle più luride canaglie di regime, ufficiosamente gestite dai vari apparati investigativi polizieschi e dei servizi, interni ed esterni alle carceri. Penso che il miglior carcere sia quello raso al suolo, ma non per questo ritengo che chi vive in carcere debba subire passivamente le provocazioni più pazzesche per il solo fatto di pensarla con la sua testa."
Paolo Dorigo V. Maiano 10 06049 Spoleto (PG)
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