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cronaca palestina 19.02
by Migrante Friday, Feb. 21, 2003 at 6:31 PM mail:

19.02

La parte piu' interessante di una giornata (finalmente) libera, giunge dai racconti delle "piccole sorelle", qui a Ramallah. Lina, Teresa (Rezi) ed Helene, vivono qui dal 1960, per una missione laica cristiana. Lina ed Helene sono state censite qui nel 1968, e quindi hanno C.I. e passaporto palestinese. Rezi, che al momento era in Giordania, ha mantenuto il suo passaporto, e per questo ogni 2 anni deve cercare di rinnovare il suo visto israeliano di residenza a Gerusalemme, e teme che uscendo da Ramallah le verrebbe impedito di rientrarvi, essendo lei residente in "Israele" (cosi' e' tutta Gerusalemme per gli israeliani).
I loro sono i lucidi racconti di chi vive da piu' di 40 anni in questa terra martoriata. Osservatori internazionali ormai parte della comunita' degli osservati! E mi raccontano che il coprifuoco non e' certo iniziato con la prima Intifada. Dal 67 all'87 infatti gia' conoscevano l'occupazione militare, e anche 10 giorni di coprifuoco consecutivo.
Lina, Rezi ed Helene sono molto attive qui in citta'. Gestiscono alcune camere, che cercano di affittare al minor prezzo possibile, con precedenza alle ragazze dei villaggi che studiano in citta', e che con l'attuale sistema di chiusure, non potrebbero fare avanti indietro dalle proprie case.
Sono in continuo contatto con l'Italia e l'estero per scambio di email, informazioni, contatti locali, ed aiuto e appoggi a gruppi di volontari o operatori NGO che arrivano qui in terra di Palestina.
Helene coordina un centro di ricamo, attivita' tradizionale delle donne dei villaggi, per cercare di vendere anche all'estero i loro lavori, per mantere viva questa forma tipica di artigianato, e procurare loro una fonte di sostentamento. Lina ora e' in pensione, ma continua a lavorare come volontaria in un asilo a Ramallah. Anche Rezi sarebbe in pensione, ma ha sempre lavorato ad Abu raya, grosso centro specializzato in riabilitazione, e continua a lavorarvi, richiamata dai continui bisogni del centro.
Abu Raya e' da anni specializzato nella riabilitazione dei danni al midollo spinale, ma negli ultimi 2 anni ha dovuto riconvertire molte delle sue risorse e delle sue competenze per assorbire sempre piu' pazienti dall'ospedale di Ramallah: le vittime dell'Intifada. Giovani vite spezzate da proiettili e da esplosivi. Ne ho visti diversi non riuscire piu' a camminare, a 10-20 anni. Secondo le statistiche del "Palestine Monitor" ammontano a 1500 in 2 anni gli invalidi permanenti da Intifada. Di cui 500 bambini.
Ma anche accedere ad AbuRaya non e' facilissimo, soprattutto per chi viene da fuori citta'. Almeno, la degenza e la terapia per le vittime dell'intifada dovrebbe pagarla il governo. Dovrebbe, perche' ora e' tutto al collasso economico. Ed i partner internazionali dell'ospedale fanno i salti mortali per continuare a finanziarlo.

Mentre la mia giornata e' trascorsa dorata tra gli amici ed i racconti dell'intifada, la mia ospite Bahia e' tornata da Nablus stravolta. Partita stamani con una delegazione belga, si e' trovata nel mezzo degli scontri a fuoco nella citta' vecchia. Ora ancora circondata dai tanks ed invasa dalle jeep militari. Un gioiello di eta' romana gia' distrutto per 2/3 dal fuoco dell'IDF negli ultimi 2 anni. Mentre lei e la delegazione si trovavano in visita alla citta' per mostrare loro le condizioni di vita e dell'occupazione, sentito degli scontri, il Medical Relief li ha inviati in soccorso degli abitanti, sequestrati all'interno delle propire case occupate dai soldati, o cacciati da esse e costretti per ore sotto la pioggia, nelle strade.
Gia' raggiungere la citta' vecchia non e' stato facile. Piu' volte respinti, dopo lunghi giri per le strade secondarie e discussioni con i soldati, riescono ad entrare, e dirigersi in aiuto delle situazioni peggiori.
Venticinque soldati ad occupare una casa,ed un'intera famiglia (3 bambini, 2 adulti ed 1 anziano) confinati sotto la minaccia delle armi in una stanza. Alla fine bahia e gli internazionali riescono a portarli fuori, alloggiandoli nella casa accanto. Riesco anche a "liberare" un anziano signore, sequestrato all'interno del proprio negozio nel suq da piu' di 8 ore, con ogni via di uscita sbarrata da tanks e fucili. Per ultima, una bimba di 1 anno. Vengono chiamati dalla madre piangente, poiche' in mattinata la nonna si era recata con la piccola in visita dagli zii, nella zona successivamente occupata. Ed i soldati non consentivano alla madre di raggiungere la figlia, ne' a lei di uscire.
Bilancio della giornata: 3 morti, occupazione della piu' grossa scuola di Nablus, decine e decine di sfollati condannati a passare le prossime 24-48 ore per strada sotto la pioggia.
Buona scuola per la delegazione belga, di come e' fatta la vita quotidiana nella palestina occupata.
Bahia rientra a casa, ries
c
e a riposare qualche ora (ormai di notte non dorme piu' da 1 anno). Al mio rientro ci mettiamo sul divano. Stiamo per rilassarci, tra un profumatissimo caffe' arabo ed i rito della ceretta, quando iniziano le telefonate di francesca, da Qarara, villaggio a sud della striscia di Gaza.
Stamani al nord della striscia, ancora 11 morti. Lei invece e' al sud, vicino a Khan Younis, da 3 giorni, con gli altri italiani costantemente presenti sul territorio con una missione di peace keeping. Domani tutti e 8 sarebbero dovuti venire a Ramallah per un corso di first aid. Ma ora nulla e' piu' certo. Per la prima volta in 2 anni infatti hanno totalmente sbarrato con sacchi di sabbia il check point di Abu Holy, unica via di uscita verso nord, e quindi fuori da Gaza.
Hanno chiuso tutte le altre strade. Hanno rimosso i blocchi di cemento dalle strade che circondano il villaggio, spianate per i tank. E la citta' e' deserta e spettrale nell'ettesa del peggio. Gia' 10-15 carri hanno iniziato a muoversi ed accerchiare. Ed i ragazzi della resistenza del campo di Khan Younis, a prepararsi.

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