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Ustica: «Io l'obiettivo, americano il missile»
by articoli da Il Manifesto del 2 agosto 2003 Tuesday, Sep. 02, 2003 at 2:35 PM mail:

articoli da Il Manifesto del 2 agosto 2003 sulle dichiarazioni di Gheddafi sulla vicenda di Ustica, che richiamano in causa gli Stati Uniti.

Ustica: «Io l'obiettivo, americano il missile»
Il leader libico Gheddafi ribadisce: il Dc9 Itavia abbattuto nel 1980 con 81 persone a bordo fu centrato da un missile sparato dagli americani perché credevano che a bordo ci fosse lui
Le reazioni in Italia Scontro governo-opposizioni sulle dichiarazioni del colonnello. Che sborsa compensazioni e incassa la chiusura dei contenziosi con l'Occidente
EMANUELE GIORDANA *
«Il problema Uta è chiuso e il caso Lockerbie è alle nostre spalle. Stiamo adesso aprendo una nuova pagina nelle nostre relazioni con l'Occidente». Parola di Gheddafi. Francia e Libia starebbero infatti definendo i dettagli per risolvere anche la questione delle compensazioni per le vittime dell'attentato Uta del 1989. L'annuncio, che potrebbe così dare luce verde alla risoluzione britannica che dovrebbe mettere all'Onu la parola fine alle sanzioni contro la Libia, è stato fatto dal leader libico durante un discorso televisivo domenica, in occasione della celebrazione del 34mo compleanno della Rivoluzione verde che lo portò al potere. Nel suo discorso Gheddafi ha anche ricordato che «nel 1980 furono gli americani ad attaccare ed abbattere l'aereo civile che era in volo sull'isola italiana di Ustica». Una dichiarazione non nuova e ripresa ieri dall'agenzia di stampa libica Jana ma che, in questo contesto, risulta più forte che in precedenza: «Gli americani credevano che ci fossi io su quel velivolo e per questo lo hanno attaccato», ha detto Gheddafi nel discorso durato oltre due ore e tenuto davanti a centinaia di funzionari governativi e alle telecamere.

Dopo l'accordo sulle compensazioni per l'attentato al volo Pan Am del 1998 che si schiantò su Lockerbie (259 vittime sul volo e 11 nel paese scozzese) per il quale la Libia ha deciso di pagare ai parenti delle vittime 2.7 miliardi di dollari, la chiusura, almeno in termini di denaro, della vicenda del volo Uta del 1989 dovrebbe adesso eliminare l'ultimo contenzioso. Nell'attentato, avvenuto nei cieli che sovrastano il deserto del Sahara, perirono 170 persone (tra cui diversi italiani) e la Libia aveva accettato nel `99 di pagare una compensazione di 33 milioni di dollari, decisa da un tribunale francese, ma giudicata adesso insufficiente da Parigi alla luce della compensazione Lockerbie. Parigi si era così messa di traverso, minacciando il veto quando nelle settimane scorse si era parlato della risoluzione per levare le sanzioni a Tripoli imposte, per la prima volta, nel 1992 e via via aggravatesi sino a impedire i collegamenti aerei internazionali, la vendita di armi, l'esportazione di petrolio, il congelamento dei beni libici all'estero oltre a una serie di restrizioni diplomatiche.

In questi anni le lobby del petrolio hanno morso il freno e la diplomazia, compresa quella italiana, ha lavorato per far uscire Gheddafi dal limbo delle sanzioni. L'allargamento della borsa da parte della Libia dovrebbe ora sciogliere il nodo. Tripoli in realtà non ha mai accettato la responsabilità diretta dell'attentato Uta e l'escamotage è stato trovato con l'utilizzo della Fondazione caritatevole creata da uno dei figli del colonnello. Sarà lei e non il governo ad aprire il portafoglio. In una dichiarazione di ieri, la Fondazione ha chiarito che i quattrini arrivano da tasche private per compensare «le vittime del terrorismo», una formula che intende salvare capra e cavoli e risolvere il contenzioso del caso di sei libici condannati in Francia in contumacia nel `99. Il ministero degli esteri francese ha confermato che si stanno studiando i «dettagli», che si scontrano forse per ora solo con le questioni di principio dei famigliari delle vittime. La Fondazione ha anche offerto di compensare i parenti delle tre uccisi nell'attentato dell'86 in una discoteca di Berlino.

Quanto alla vicenda di Ustica, le reazioni italiane non si sono fatte attendere: il verde Paolo Cento, vice presidente della commissione giustizia della Camera, sostiene in un'interrogazione al governo che «le affermazioni di Gheddafi costringono l'Italia a rileggere il capitolo Ustica sotto un'ottica diversa da quella usata dal ministro Giovanardi, che lo scorso agosto sostenne la tesi della bomba sul Dc9...». «Non è la prima volta che il colonnello ribadisce la sua versione dei fatti sulla strage il che rende ancora più triste questa vicenda sulla quale vari governi e la diplomazia italiana non hanno fatto tutto quello che si doveva fare per arrivare alla verità», ha aggiunto la senatrice Daria Bonfietti, presidente della Comitato dei familiari delle 81 vittime della strage del 27 giugno 1980. «Ci sarebbe voluto un sussulto di dignità nazionale da parte dei governi e della diplomazia italiana per favorire la ricerca della verità», continua la senatrice secondo cui la versione fornita da Gheddafi «non è mai stata smentita».

Quanto a Giovanardi, interpellato da Ap. Biscom, ha replicato alle dichiarazioni di Gheddafi e alla tesi che l'aereo sia stato abbattuto da un missile, che «è stato questo il vero depistaggio di questi anni» e che è «singolare che la signora Bonfietti continui a sostenere che i nostri alleati siano dei bugiardi dopo che Clinton e Chirac hanno scritto ai nostri presidenti del Consiglio negando la teoria del missile». Ma le dichiarazioni di Gheddafi smentiscono il ministro, secondo Gianfranco Pagliarulo del Pdci.

Lettera 22


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A 23 ANNI DALLA STRAGE
Le mezze verità di Gheddafi
DARIA LUCCA
Il Dc 9 Itavia e le 81 persone a bordo furono abbattuti il 27 giugno 1980 da un caccia americano che aveva scambiato il jet italiano per l'aereo personale di Gheddafi? Come sa chiunque abbia seguito con un minimo di attenzione le mille chiamate in scena di questa tragedia finora senza responsabili, l'ipotesi non è fresca né verificabile. Il leader libico stesso si è autocandidato come vittima preferenziale della strage fin dal lontano 1988 che, guarda caso, è l'anno in cui il primo collegio peritale nominato dalla magistratura depositò le sue conclusione a favore dell'ipotesi del missile. La teoria fu ripescata, sempre da Gheddafi, nel 1991, in una conferenza stampa predisposta nella tenda da deserto (montata nel cortile di una caserma) davanti a molti giornalisti italiani. Di nuovo fu detto che gli americani colpirono il Dc 9 credendo di mirare al jet del colonnello, ma con l'aggiunta che in mare sarebbe caduto anche un aereo libico (non il Mig della Sila). Come sanno coloro che seguono con una certa attenzione, però, stranamente i libici, che pure fecero pubblicare un messaggio di condoglianze alle famiglie delle vittime sul quotidiano palermitano L'Ora, all'indomani dell'evento, sono poi molto refrattari di fronte alla richiesta di fornire le prove delle loro affermazioni. Ad esempio, non hanno mai davvero collaborato alle richieste di rogatorie presentate dalla magistratura italiana. La loro riluttanza è il primo motivo di dubbio alla stessa teoria. Il secondo è collegato a quella che, viceversa, può essere la scena autentica di quella strage.

Che a Ustica siano coinvolti americani e libici è un fatto ormai dato per scontato in tutti i siti Internet di origine Usa dedicati ai disastri aerei. Il punto è tuttavia in che modo ognuno degli schieramenti abbiacontribuito alla tragedia. Gheddafi si presenta come unica vittima, ma le cose probabilmente sono da considerare in termini meno assoluti.

Dalle indagini svolte sia dalla commissione parlamentare d'inchiesta sia dai giudici, risulta ad esempio che nel periodo immediatamente precedente l'incidente, i piloti libici ai comandi dei Mig comprati dai sovietici avevano «forato» più di una volta la difesa aerea italiana tanto da meritarsi l'onore di una segnalazione da parte del Sismi, il controspionaggio militare. Nello stesso tempo, le fonti storiche del tempo, come risulta dalla ricostruzione compiuta da Paolo Miggiano, sempre per conto della commissione parlamentare d'inchiesta, testimoniano una crescente tensione nell'area del Mediterraneo centrale che vedeva i libici spalleggiati dai sovietici contrapposti agli egiziani da poco transitati sotto l'ombrello di Washington, tanto da riceverne in dono uno stormo di Phantom e, secondo un'autorevole rivista aeronautica americana, anche qualche F111 (cacciabombardieri nucleari tattici).

Fra l'altro, negli stessi mesi, in Europa cadevano come birilli gli oppositori del regime, uccisi da mani neanche tanto misteriose. La tensione aumentò oltre i livelli di guardia nell'agosto successivo, fino a sfociare in un tentativo di rivolta contro il colonnello, fallito, in cui furono coinvolti anche italiani. In questa situazione, a cui va aggiunta la scoperta il 18 luglio di un Mig sulle montagne vicino a Crotone, in Calabria, è difficile immaginare che Gheddafi viaggiasse o comunque progettasse di viaggiare nei cieli controllati dalla sesta flotta della Us Navy.

Uno scenario più probabile vede, viceversa, le due aeronautiche fronteggiarsi nel basso Tirreno e coinvolgere suo malgrado l'innocente volo Bologna-Palermo. Stabilire a chi tocchino le responsabilità più gravi, quelle cioè di avere lanciato il colpo fatale, è compito che richiederebbe sincerità da parte di tutti, servizi segreti e aeronautica miilitare italiani compresi. I quali possono essere obbligati ad essere sinceri soltanto dai loro governanti. E la verità non è la qualità preferita né da Gheddafi, né da George Bush né tantomeno da Silvio Berlusconi.

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