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"Il processo Milosevic e' una messinscena"
by da Comedonchisciotte Thursday, Mar. 18, 2004 at 12:10 PM mail:

kursk segnala questo articolo: "di Neil Clark "Il processo Milosevic e' una messinscena. La necessità politica impone che l'ex leader jugoslavo sia dichiarato colpevole - benche' le prove non sussistano"

Oggi sono due anni che si è aperto il processo a Slobodan Milosevic all’Aja. Il PM Carla Del Ponte, era trionfante quando annunciò i 66 capi di imputazione di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, di genocidio di cui l’ex-presidente jugoslavo è stato accusato. La CNN era tra quelli che dissero che ciò era "il più importante processo dai tempi di Norimberga", sulla traccia della persecuzione dei "crimini di ferocia medievale" presuntamente commesse dal "macellaio di Belgrado".


Ma da quei giorni,le cose sono andate male per la signora Del Ponte. Le accuse riguardo la guerra in Kosovo erano ritenute essere la parte più the importante della sua accusa. Ma non solo la accusa fallì nel provare le personali responsabilità di Milosevic nelle atrocità commesse sul campo, la natura estesa delle stesse atrocità, sono state, inoltre, rimesse in questione.

Numerosi testimoni dell’accusa si sono dimostrati dei bugiardi – come Bilall Avdiu, che affermava di aver visto "circa mezza dozzina di corpi mutilati" a Racak, scena della discussa uccisione che provocò la guerra USA nel Kosovo. Prove Forensi in seguito confermarono che nessuno dei corpi era stato mutilato. Testimoni che avrebbero dovuto mettere con le spalle al muro Milosevic si sono dimostrati non essere nulla del genere. Rade Markovic, ex capo del servizio segreto jugoslavo, alla fine testimoniò a favore del suo vecchio capo, dicendo che era stato sottoposto a un anno e mezzo di "pressioni e torture" per firmare una dichiarazione preparata dalla corte. Ratomir Tanic, altro "insider", si dimostrò essere pagato dall’intelligence inglese.
Quando lo si accusò per il coinvolgimento nelle guerre in Bosnia e Croazia, l’accusa non si comportò meglio. Nel caso del peggior massacro di cui Milosevic era stato accusato di complicità – tra 2.000 e 4.000 uomini e ragazzi di Srebrenica nel 1995 – il team di Del Ponte non produsse nulla che contestasse il verdetto della commissione di cinque anni del governo olandese – che “non vi fossero prove che ordini per il massacro provenissero dai leaders di Belgrado".
Per sostenere le accuse per il caso più sbandierato, una successione di testimoni politici di alto profilo era stata portata davanti la corte. Il più recente, il candidato presidenziale USA e ex comandante Nato Wesley
Clark, venne permessa in violazione del principio del processo a porte aperte, per dare una testimonianza a porte chiuse, con Washington capace di togliere dal pubblico registro ogni prova che potesse, secondo gli USA, essere usati contro i propri interessi.
Per un osservatore imparziale, è difficile sfuggire alla conclusione che la Del Ponte lavorasse di nascosto, producendo accuse e tentando di trovarne le prove. Segnatamente, alla luce delle brecce in tali processi, solo una organizzazione per i diritti umani, il British Helsinki Group, ha esposto delle preoccupazioni. Richard Dicker, osservatore del processo per Human Rights Watch, si dichiarò "impressionato" dall’accusa. Cinici dicono che George Soros, finanziatore di Human Rights Watch, finanzia il tribunale, e da Dicker non si dovrebbe attendere null’altro.
Judith Armatta, avvocato USA e osservatore per la Coalition for International Justice (altra NGO di Soros) va oltre, dicendo che "quando la sentenza sarà emessa e lui sparirà in una cella, nessuno si ricorderà di lui, cesserà di esistere". Così per molti di questi, sono pittoresche vecchie nozioni che scopo dell’accusa in un processo è determinare la colpevolezza. Per Armatta, Dicker e loro sostenitori, sembra che Milosevic sia già colpevole delle accuse mossegli.
I Terribili crimini commessi nei Balcani durante gli anni ‘9s ed è giusto che i loro responsabili devono rendere conto in un tribunale.
Ma il tribunale dell’Aja, un vociante corpo politico costituito dalla vera potenza della Nato che ha condotto una guerra illegale contro la Jugoslavia di Milosevic quattro anni fa, e che ha rifiutato di considerare in prima
facie le prove che i leaders occidentali sono colpevoli di crimini di guerra nel conflitto- è chiaramente il veicolo per fare così.
Lontani da dispensare una giustizia imparziale, come molti progressisti
Credono ancora, il tribunale ha dimostrato i suoi favori per gli interessi economici e militari della superpotenza mondiale.
Milosevic si era messo di traverso nella strada di questi interessi e, senza
riguardo di ciò che accade nella corte, i diktat della necessità politica
lo troveranno colpevole, se no di tutte le accuse, ma abbastanza per incarceralo a vita. L’affronto alla giustizia all’Aja nei due anni passati danno una prova convincente a tutti coloro che sperano nella nuova corte internazionale sui crimini.
Gli USA hanno assicurato che non saranno soggetti alla giurisdizione della corte. I Membri del consiglio di sicurezza dell’ONU hanno il potere di impedire o sospendere le sue investigazioni. Scopo del
sistema di giustizia internazionale in cui la legge sia applicata equamente per tutti è un fine. Ma in un mondo cui alcuni stati sono chiaramente più equale di altri, la sua realizzazione guarda più avanti che mai.

· Neil Clark è uno scrittore specializzato in questioni dell'Europa Orientale e Balcani

12 Febbraio 2004
http://www.guardian.co.uk/print/0,3858,4856972-103677,00.html
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nazi-comunisti russi alleati a Bush!
by innocente come Hitler? Thursday, Mar. 18, 2004 at 2:11 PM mail:

nazi-comunisti russi...
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CADAVERI E CHAMPAGNE
di Andrea Ferrario

L'ambasciatore USA a Belgrado, William Montgomery, partecipa a una celebrazione dell'unità speciale serba SAJ, in compagnia di criminali di guerra e ricercati dal Tribunale dell'Aja, il tutto nello stesso sito in cui sono state scoperte fosse comuni di albanesi massacrati in Kosovo

Una notizia breve e asciutta, ma scioccante per i suoi contenuti ed eloquente rispetto alla linea che gli Stati Uniti hanno adottato nei confronti della Serbia, del Tribunale dell'Aja e, indirettamente, del Kosovo. La ha pubblicata "Politika" il 19 dicembre scorso e la riportiamo qui sotto a scopo documentativo nonché, in via indiretta, in relazione ai recenti materiali comparsi sul "Corriere della Sera", nei quali si asseriva un sostegno degli USA ai kosovari e alla loro indipendenza e si negava il fatto dell'esistenza di fosse comuni contenenti i corpi di albanesi massacrati.

In breve, "Politika" racconta come la settimana scorsa si è tenuta a Batajnica una celebrazione per i venticinquesimo anniversario dell'unità speciale serba SAJ (un anniversario formale: in realtà, la SAJ, nella sua forma attuale, è stata creata nel 1995). Alla celebrazione, oltre al ministro degli interni Dusan Mihajlovic, hanno preso parte svariati rappresentanti diplomatici, tra i quali l'ambasciatore USA, William Montgomery, e quello israeliano, Jafa Ben Ari. Durante la cerimonia sono stati consegnati svariati premi, riconoscimenti e insegne per celebrare l'evento. Una baionetta commemorativa è stata consegnata a Sreten Lukic, già capo della polizia in Kosovo, attuale capo della pubblica sicurezza serba. Agli ambasciatori, invece, è stato consegnato in dono uno stemma delle SAJ. Sembrerebbe una notizia del tutto normale: dove mai è lo scandalo? Andando un po' più a fondo, lo si scopre subito. Innanzitutto, la SAJ è un'unità speciale accusata di avere compiuto svariati massacri nel corso delle operazioni di pulizia etnica in Kosovo e non è mai stata riformata dopo la caduta di Milosevic (nel marzo scorso, tra l'altro, la SAJ, insieme alla gendarmeria, è stata tra le le più fedeli esecutrici dello stato di emergenza ed è stata accusata di gravi atti di violenza gratuita). La presenza dell'ambasciatore israeliano in un tale ambiente non meraviglia più di tanto, visti i buoni rapporti che sono sempre intercorsi tra la Serbia di Milosevic e Sharon (si veda: Milosevic & Sharon: un feeling inevitabile in Notizie Est n. 543). Ma, viene da domandarsi, cosa ci fa a una tale celebrazione l'ambasciatore USA Montgomery, uno dei più grossi "calibri" della politica di Washington nei Balcani (si veda: Kostunica e Montgomery, due destini incrociati in Notizie Est n. 359)? Montgomery, e insieme a lui anche diplomatici tedeschi, francesi e di altri paesi europei, ha ricevuto senza battere ciglio lo stemma celebrativo della SAJ e si è lasciato ritrarre in una foto con Sreten Lukic (vedere per credere, in "Politika": http://www.politika.co.yu/2003/1219/01_22.htm ), un fatto davvero rilevante, perché Lukic, uno dei massimi responsabili operativi delle operazioni di pulizia etnica in Kosovo e fedele collaboratore di Milosevic, è stato incriminato dall'Aja per crimini di guerra e contro di lui è stato recentemente spiccato un mandato di cattura internazionale (sulle responsabilità di Lukic, si veda: L'ombra del Kosovo in Notizie Est n. 397). Ma non è tutto: il luogo in cui si è svolta celebrazione è letteralmente da brividi. Nella base della SAJ a Batajnica, infatti, sono state individuate ben sette fosse comuni contenenti centinaia, forse più di mille, corpi di albanesi uccisi in Kosovo, i cui cadaveri sono stati trasportati e occultati in Serbia (si veda: La seconda stagione dei camion frigoriferi in Notizie Est n. 595). Molte delle fosse sono state portate alla luce l'anno scorso e ne sono stati estratti centinaia di cadaveri di albanesi del Kosovo ma, a quanto ci risulta, la settima, una delle più grosse, non è ancora stata aperta e scavata. Visto lo scenario, è facile quindi immaginarsi Montgomery e Lukic che, chiacchierando amabilmente con una coppa di champagne in mano, passeggiano tranquillamente su un prato erboso della base, pochi metri sotto il quale si trovano centinaia di cadaveri di albanesi massacrati.

A parte le (legittime) fantasie, il messaggio è chiaro, concreto ed eloquente: se agli USA va bene che un loro ambasciatore partecipi a festeggiamenti con criminali di guerra e ricercati dall'Aja, vuol dire che tali crimini sono "perdonati" e che i mandati di cattura sono ormai carta straccia. Se agli USA va bene che un loro ambasciatore insulti la memoria degli albanesi massacrati, partecipando a festeggiamenti sulle loro fosse comuni in compagnia dei loro aguzzini, vuol dire che tali morti vanno dimenticati e che è giusto che non vengano compiute ulteriori indagini. A Washington possono proseguire tranquilli in questa loro linea, senza temere scandali mediatici: i giornalisti, infatti, o sono distratti, oppure ancora oggi sono impegnati a raccontare ai loro lettori come le fosse comuni non esistano e come gli Stati Uniti, cinque anni fa come oggi, abbiano tra i propri massimi obiettivi nella regione l'indipendenza del Kosovo.


IL GIUBILEO DELLA SAJ
di M. Galovic - ("Politika" [Belgrado], 19 dicembre 2003)

Il venticinquesimo anniversario della Unità Speciale Antiterroristica (SAJ) è stato celebrato ieri presso la base di questa unità del Ministero degli Interni della Serbia, che si trova a Batajnica, nei pressi di Belgrado. Per l'occasione, sono stati consegnati premi e riconoscimenti ai suoi esponenti più meritevoli e agli invitati è stato presentato il documentario "SAJ".

Il comandante, tenente colonnello Milan Glisovic, ha ricordato che l'unità è stata fondata il 18 dicembre 1978 nell'ambito dell'allora Ministero Federale degli Interni, sottolineando che in più occasioni essa ha modificato la propria struttura organizzativa, rimanendo tuttavia sempre assolutamente pronta a svolgere i propri compiti. La struttura dell'odierna SAJ è composta dal comando e dai team A, B, C e D, mentre nell'ambito della logistica vi è anche un servizio tecnico.

Dell'unità oggi entrano a fare parte poliziotti che hanno portato a termine gli studi presso la Scuola Superiore del Ministero degli Interni. Questi poliziotti rimangono nella SAJ per un periodo di 10 anni, durante il quale vengono impegnati nella risoluzione di compiti pericolosi come i dirottamenti aerei, le situazioni in cui vengono presi ostaggi e l'arresto di criminali pericolosi, come è avvenuto nel corso dell'operazione "Sciabola".

"L'importanza di queste unità è aumentata dopo gli attacchi terroristici compiuti negli USA l'11 settembre del 2001, nonché dopo le più recenti azioni terroristiche. Che Dio protegga le SAJ e che le SAJ proteggano la Serbia", ha detto Glisovic.

Il ministro degli interni Dusan Mihajlovic ha detto che il giubileo dell'unità è un'occasione per ricordare i poliziotti deceduti e le loro famiglie. Il ministro ha detto inoltre che i terroristi minacciano di mettere anche Belgrado nella lista dei propri obiettivi e che è compito dei servizi di sicurezza impedire che ciò avvenga. Non a caso, alcune ambasciate che si trovano sul territorio della Serbia-Montenegro sono sorvegliate proprio da membri delle SAJ. Tra gli ospiti presenti vi erano gli ambasciatori degli USA, William Montgomery, e di Israele, Jafa Ben Ari.

Il ministro ha consegnato delle pistole in dono a Milan Glisovic, al vicecomandante Spasoj Vulevic e all'aiutante del comandante, Zeljko Mojsilovic. La baionetta commemorativa delle SAJ è stata consegnata al ministro Dusan Mihajlovic, al viceministro Nenad Milic e all'aiutante del ministro, nonché capo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, generale colonnello Sreten Lukic. Stemmi dell'unità sono stati consegnati a rappresentanti delle ambasciate di Svizzera, Austria, USA, Russia, Germania, Israele, Macedonia, Australia e Francia. Uno stemma è stato consegnato anche a Milos Bujanovic, primo comandante di queste unità speciali della polizia.

(traduzione di Andrea Ferrario)

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la banda filomilosevic di Clark
by fascisti , leghisti e stalinisti Thursday, Mar. 18, 2004 at 2:25 PM mail:

"...A sinistra il punto di riferimento principale di Kalajic sono stati alcuni gruppi che hanno promosso in Italia il Tribunale Internazionale per i crimini di guerra della NATO di Ramsey Clark. Di questo giro fa parte tra gli altri il giornalista Fulvio Grimaldi che, come accennavamo, ha stretto legami di amicizia con Kalajic, fino a portarlo sulle pagine di "Liberazione". Il nesso tra il Tribunale Clark e Kalajic non è così strano: Clark, ex ministro della giustizia degli Stati Uniti, è stato recentemente avvocato del criminale di guerra Radovan Karadzic (amico e compagno di "avventure" di Kalajic) in un processo che negli Stati Uniti vedeva l'ex leader serbo-bosniaco difendersi da accuse di crimini contro l'umanità mosse da donne bosniache vittime di violenze nel corso della guerra in Bosnia, appoggiate da organizzazioni della sinistra statunitense ("Slobodna BiH", 16 agosto 1999; "The Shadow", http://shadow.autono.net/sin001/clark.htm). Inoltre Clark è stato più volte in visita ufficiale in Jugoslavia, dove ha tenuto cordiali colloqui con Milosevic e altri esponenti del regime ("Politika", 31 marzo 1999 e 29 ottobre 1999), grazie anche al fatto che il suo Tribunale e il suo International Action Center hanno sempre giustificato i crimini commessi dal regime di Belgrado in Kosovo come normali operazioni di polizia. Kalajic è stato così tra il 1999 e il 2000 relatore in incontri organizzati dalla rivista marxista italiana Praxis (il 10 ottobre 1999, con la partecipazione tra gli altri dell'ambasciatore jugoslavo in Vaticano, Dojcilo Maslovaric), dall'Associazione d'Amicizia Italo-Jugoslava (il 29 gennaio 2000), presso l'Università di Teramo (iniziativa promossa il 29 marzo 2000 da membri della sezione italiana del Tribunale Clark e in particolare dal docente della stessa università Aldo Bernardini) e ha preso parte al convegno Il mondo neoNATO (svoltosi l'8-9 ottobre 1999, sempre con altri promotori del Tribunale Clark). Particolarmente grave è stata la partecipazione di un estremista di destra come Kalajic all'importante assemblea del Tribunale Clark tenutasi a Roma il 1 novembre 1999 (Tanjug, 2 novembre 1999), alla quale ha preso parte lo stesso Ramsey Clark, che arrivava direttamente da Belgrado dove aveva appena avuto un amichevole colloquio con Milosevic. Pur essendo promosso in Italia perlopiù da piccole formazioni che hanno negato o giustificato i crimini del regime di Milosevic in Kosovo, il Tribunale riceve l'adesione di molte altre realtà che si sono impegnate positivamente contro la guerra della NATO, anche se va detto che se per Kalajic può valere la scusa che non a tutti è noto chi sia (scusa un po' fragile, comunque, visto il suo attivismo pubblico in Italia), ciò non vale per il rappresentante della Jugoslavia in Italia (nei fatti ambasciatore dopo il richiamo di Miodrag Lekic), che ha preso anch'egli parte alla riunione nella sua qualità ufficiale. Kalajic è riuscito così ad associare il suo nome, in tale occasione, anche a personaggi dal ruolo importante nella sinistra internazionalista italiana come il senatore di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena e il redattore del "Manifesto" Tommaso Di Francesco. Per Fulvio Grimaldi, ex giornalista RAI ed editorialista di "Liberazione", la partecipazione a iniziative con Kalajic è stata invece non un'eccezione, bensì quasi una regola. Grimaldi ha inoltre instaurato rapporti stretti con l'estremista di destra serbo e lo ha portato direttamente sulle pagine dell'organo di Rifondazione Comunista in un suo articolo del 7 ottobre scorso, in cui descrive il suo peregrinare per le strade della Belgrado del dopo-Milosevic proprio in compagnia di Kalajic, che anche Grimaldi si limita a definire docente di geopolitica tacendo il suo ben più lungo e rilevante curriculum nella destra radicale, fatto salvo un accenno di sfuggita ai "suoi pluralistici e un po' fantasiosi [sic!] legami con la Jul da un lato e i radicali di Seselj dall'altra". Nell'articolo, teso a criminalizzare le manifestazioni allora appena terminate nella capitale serba, Grimaldi definisce Kalajic l' "amico analista". L'editorialista di Liberazione riconosce che Kalajic è un nazionalista, ma dal ruolo positivo e ingiustamente "stigmatizzato": "Nazionalista serbo è anche Kalajic, se si usa il termine per stigmatizzare quelli che si oppongono alla diasporizzazione di quel popolo e alla sua cacciata dalle terre d'origine". I due concordano su quasi tutto, nelle valutazioni che esprimono, fino a paventare un ritorno di Milosevic e dei suoi: "il momento dei socialisti tornerà non appena il liberismo incomincerà a mordere, la mafia ad arrivare, il divario tra pochi ricchissimi e molti poverissimi a crescere". L'amicizia e la comunità di vedute tra Kalajic e Grimaldi non devono meravigliare: Grimaldi ha apertamente simpatizzato per la Serbia di Slobodan Milosevic e di Mira Markovic; inoltre, proprio nello stesso modo in cui Kalajic riesce a fare capire benissimo che sta parlando di ebrei utilizzando il termine più vago di "gente di altra stirpe", Grimaldi è riuscito a fare passare in Italia un discorso che criminalizza l'intero popolo albanese (altra posizione che condivide con Kalajic) senza mai giungere a formulazioni esplicitamente razziste...."

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Ma chi sono questi strani personaggi filomilosevic?

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DRAGOS KALAJIC: NERO PROFONDO, OCCASIONALMENTE ROSSO
di Andrea Ferrario

[Il presente articolo viene pubblicato in contemporanea con la rivista marxista e internazionalista "Reds" (http://www.ecn.org/reds)]

Probabilmente molti di coloro che hanno seguito le trasmissioni della RAI, la televisione di stato italiana, nel corso dei bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia e sul Kosovo nel 1999 si ricordano un signore serbo, ospite pressoché regolare della trasmissione "Pinocchio", allora quasi quotidiana, che con fare distinto e una buona padronanza della lingua italiana difendeva le ragioni della "parte serba". Alcuni forse si ricordano che, dopo avere partecipato a quasi tutte le trasmissioni, tale signore è stato accusato dal conduttore Gad Lerner, senza ulteriori particolari, di avere pubblicato uno scritto dai toni antisemiti e per tale motivo non è più stato invitato alla trasmissione, anche se ormai la cosa era irrilevante visto che "Pinocchio" stava chiudendo il suo ciclo. Tale distinto signore si chiama Dragos Kalajic ed è stato allora presentato a milioni di telespettatori come "esperto di geopolitica". Dopo i bombardamenti, Kalajic ha continuato a essere attivo in Italia, dividendo le sue attività tra le collaborazioni con la Lega Nord e la partecipazione a varie iniziative della sinistra internazionalista, in particolare quelle organizzate da esponenti della sezione italiana del Tribunale di Ramsey Clark. A tali iniziative Kalajic ha il più delle volte partecipato a fianco di Fulvio Grimaldi, editorialista di "Liberazione", organo di Rifondazione Comunista, con il quale è in rapporto di amicizia. Presentato anche dai leghisti e dai soggetti della sinistra internazionale come esperto di geopolitica, Kalajic è in realtà un estremista di destra della peggiore specie, che da anni è aperto fautore di idee razziste, antisemite, omofobe e fondamentaliste, oltre a essere stato strettamente legato a criminali di guerra serbo-bosniaci e al regime di Belgrado. Sebbene Kalajic non sia, a livello politico, un personaggio di primo piano, vi sono due motivi che rendono importante analizzarne nei dettagli la figura e il modo di agire, come faremo qui sotto. In primo luogo, egli riassume in sé tutte le caratteristiche fondamentali dell'estrema destra "slavo-ortodossa" (Kalajic ha intensi rapporti con l'estrema destra russa), in secondo luogo la sua collaborazione in Italia da una parte con la Lega Nord e dall'altra con alcuni soggetti della sinistra internazionalista costituisce un precedente pericoloso che è importante documentare e denunciare.

CHI E' DRAGOS KALAJIC
Dragos Kalajic è nato a Belgrado nel 1943 e ha portato a termine i propri studi in Italia nel 1966 diplomandosi presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Autore di alcuni libri di carattere "culturologico" e "cospirazionista" nella Jugoslavia degli anni '70, sotto Tito, Kalajic ha trovato il proprio momento d'oro nel 1987, con l'ascesa al potere di Milosevic e il lancio della sua politica di "risveglio nazionale". Proprio in quell'anno egli è infatti diventato redattore e collaboratore regolare del settimanale "Duga", una delle principali voci del nuovo nazionalismo serbo, noto per avere ospitato regolarmente articoli della moglie di Milosevic, Mira Markovic, e del suo entourage. Nei primi anni '90 Kalajic è diventato uno degli esponenti di punta di un gruppo di intellettuali belgradesi, i cosiddetti "nuovi fascisti", che riaffermavano le idee di uno dei principali fascisti e squadristi serbi degli anni '30, Dimitrije Ljotic. Più precisamente, come scrive a proposito Ognjen Pribicevic, "simile ai fascisti serbi di tale periodo, questo gruppo di intellettuali è favorevole all'abolizione del parlamento e all'introduzione di una monarchia autoritaria, nonché di uno stato corporativo molto forte, invece del capitalismo liberale. [...] Questo gruppo propone la cristianità ortodossa come il fondamento spirituale per costruire la 'nuova vita' della società" (Ramet, 199; pag. 202). Del gruppo dei "nuovi fascisti" faceva parte anche Dragoslav Bokan, capo delle "Aquile Bianche", una formazione paramilitare che ha commesso crimini in Bosnia e che considerava Kalajic il proprio padre spirituale (Bokan: "Dragos è per noi come un padre" [Kalajic, 2000; introduzione di I. Cislov, pag. 12]). Ed è proprio con la guerra in Bosnia che Kalajic ha fatto un nuovo salto di qualità: lui, serbo di Belgrado, è diventato amico e consigliere di Radovan Karadzic e di Ratko Mladic, ottenendo il posto di deputato del parlamento serbo-bosniaco e di rappresentante plenipotenziario del governo di Pale all'estero (Kalajic, 2000; introduzione di I. Cislov, pag. 8). Con la rottura, a livello ufficiale, dei rapporti tra Belgrado e Pale, alla fine del 1994 Kalajic ha cercato di darsi un'aura di dissidente nei confronti del regime di Milosevic. In realtà, molti elementi provano il contrario, come per esempio il fatto che negli anni successivi egli abbia continuato a partecipare a trasmissioni televisive dell'irregimentata televisione di stato serba o che alla presentazione di un suo libro a Mosca abbia partecipato ufficialmente la locale ambasciata jugoslava. Nel 1997 Kalajic ha
fondato a Belgrado, con alti ufficiali dell'esercito jugoslavo, l'Istituto di Studi
Geopolitici, fatto che consentirà successivamente a questo personaggio, diplomatosi all'Accademia di Belle Arti e dedicatosi per tutta la vita unicamente alla propogazione di idee di estrema destra, di presentarsi all'estero come "esperto di geopolitica". In tutti questi anni Kalajic ha continuato tra le altre cose a mantenere intensi contatti con intellettuali dell'estrema destra russa (Glazunov, Dugin, Rasputin, Safarevic). Nel 1999, con la guerra in Kosovo, Kalajic è riuscito infine a cogliere una nuova occasione di rilancio sulla scena. Poco prima dell'inizio dei bombardamenti, e più precisamente nel febbraio di quell'anno, è stato nominato corrispondente in Italia dell'agenzia di stampa di regime Tanjug, secondo alcune fonti su raccomandazione della JUL di Mira Markovic (AIM Podgorica, 9 marzo 1999; "Republika", 1-15 aprile 2000 e "Reporter", 8 maggio 1999). Del suo recente "periodo italiano" riferiremo nei dettagli più avanti, ma prima di andare oltre vale la pena citare l'efficace profilo che di lui ha tracciato recentemente uno dei più noti giornalisti serbi, Teofil Pancic: "Dragos Kalajic [è un] noto dandy belgradese, snob e fascista da salotto, adoratore della 'società corporativa' di Mussolini, simpatizzante delle famigerate 'teorie sulla razza' e dei movimenti dell'estrema destra in tutta Europa, estimatore della letteratura 'revisionista' sulla Seconda guerra mondiale, di Radovan Karadzic, di Le Pen" (AIM Podgorica, 9 marzo 1999). Parole che vengono pienamente confermate alla lettura degli scritti di Kalajic.

L'ESTREMA DESTRA IN VERSIONE SLAVO-ORTODOSSA
Kalajic è un personaggio camaleontico, nel senso che è molto abile a sintonizzare il proprio linguaggio e il proprio bagaglio concettuale sull'onda del contesto in cui si trova nel dato momento. Così, alla RAI è riuscito a fare passare certi concetti con toni moderati adatti al grande pubblico (sulle sue tecniche vedremo più avanti un'illuminante spiegazione). Nella sua produzione scritta, e in particolare quella dedicata direttamente al pubblico serbo e/o russo, Kalajic si esprime invece in maniera molto più chiara. Prenderemo qui come campione una sua vasta raccolta di scritti intitolata "Amerikanskoe zlo", uscita in russo a Mosca nel 1999 a cura di un suo amico, I. M. Cislov. Già una lettura dei titoli dei capitoli è abbastanza eloquente: dall'introduzione "L'ultimo ariano", ai brani intitolati "Francesi? No, stelle a sei punte", "Per un'unità indoeuropea dei popoli", "Il grande bluff dei froci", "Il pacifismo contro il cristianesimo", "Il capitale sovranazionale finanzia la sinistra", "Il futuro appartiene all'ortodossia" ecc. I capisaldi del "Kalajic-pensiero" sono quelli tipici dell'estrema destra: esiste una cospirazione "mondialista" contro l'umanità i cui agenti sono il capitale "sovranazionale" (quello nazionale invece è "buono"), gli ebrei, i massoni e i "froci"; questa cospirazione è stata organizzata nel corso degli anni dal capitale sovranazionale e dai comunisti, che sono i due grandi nemici (con qualche eccezione per i secondi quando sono nazional-comunisti - si veda nei dettagli più sotto); l'umanità può salvarsi da questa minaccia incombente solo facendo riferimento a valori tradizionali e ancestrali, alla famiglia procreatrice, al pugno di ferro autoritario, alla cultura tradizionale indoeuropea, ariana e bianca, al ritorno a prima della rivoluzione francese. Nella variante slavo-ortodossa di Kalajic questa salvezza verrà garantita da una Santa Russia liberatasi dagli ebrei e dalle minoranze musulmane. In questo momento però, secondo la variante slavo-ortodossa, sono i serbi che stanno guidando la lotta degli slavi e degli europei con la propria guerra di difesa dalla congiura mondiale, cercando di salvare l'Europa dal dominio degli ebrei-massoni americani e dall'invasione musulmana, i cui presupposti agenti sarebbero sia le minoranze islamiche dei Balcani, sia gli emigranti che "invadono" il continente dal Terzo Mondo. Il neofascismo slavo-ortodosso ha, fatte salve rare eccezioni, una sua peculiarità rispetto al neofascismo classico: non rivendica l'eredità del nazismo come propria, e questo è logico, visto che il nazismo non prevedeva per i popoli slavi altro che la schiavitù e lo sterminio. Solo occasionalmente si trovano accenni vaghi alla "tradizione germanica". E ora, tenendoci forte lo stomaco, andiamo a esaminare più direttamente il campionario ideologico di Kalajic.

RAZZISMO: Il curatore russo Cislov, amico di Kalajic, ci fornisce subito nell'introduzione al volume un'informazione illuminante sulle tecniche mediatiche dell'estremista di destra serbo. Nel 1998, prima di entrare in studio per una trasmissione della televisione serba, Kalajic ammonisce l'amico russo: "Saremo in diretta. Non pronunci la parola 'ebrei', ma dica semplicemente 'gente di altra stirpe' [inorodcy, traducibile anche come 'allogeni']. La gente capirà di cosa si tratta" (pag. 10). Un'altra tecnica tipica di Kalajic è quella di citare con ammirazione le frasi razziste di altri, facendone così passare il contenuto come proprio, senza tuttavia assumersene una responsabilità diretta. Per esempio, egli dedica un intero capitolo apologetico al pittore russo, ed estremista di destra, Glazunov, narrando tra le altre cose come quest'ultimo, mentre era in compagnia dello stesso Kalajic, sia stato riconosciuto in un taxi dall'anziano conducente, il quale con entusiasmo gli si confessa: "Con lei io andrei fino all'inferno, se fosse necessario. Lei non ha paura di dire la verità [...]. Ci hanno di nuovo sottratto il potere, come nel 1917. [Il suo amico serbo] sa che oggi qui sono tornati nuovamente al potere loro, gli ebrei? Tutti questi premier e vicepremier, ministri, economisti, consiglieri, sindaci e prefetti... perfino il mio vicino. Sentendo che è venuto nuovamente il suo tempo, tutto questo pattume è tornato da dove si trovava, nell'emigrazione. [...] Ci vogliono ridurre a bestiame che non può più fare nulla". Kalajic si commuove, ma è incapace di spiegare con parole semplici all'anziano taxista come tutto questo sia frutto di un "nichilismo plurisecolare". Ci pensa l'adorato (da Kalajic) Glazunov che risponde come segue: "Lei esagera... Io sono solo un piccolo soldato della grande Russia. Oggi ognuno deve stare al suo posto e fare tutto quello che può per la salvezza e la rinascita della Russia" (pagg. 46-47). Più avanti è lo stesso Kalajic ad affermare che "un gruppo di gente "di altra stirpe" (inorodcy) e di russofobi ha conquistato e mantiene il potere con metodi dittatoriali sul grande popolo russo". Poco più sotto, sempre di fronte all'amico serbo entusiasticamente conseziente, Glazunov se la prende con gli immigrati islamici, che "diffondono l'AIDS in Russia" e conducono "una guerra genocida" per "distruggere il nostro patrimonio genetico" (pag. 50). Kalajic, di suo pugno, si lamenta del fatto che su tutto questo "la Tel Avisione" russa non dice nulla, notando che una delle sue più note annunciatrici ha ributtanti tratti "mediorientali" (pag. 51-52) e che la "Tel Avisione" conduce "un'azione anticristiana" (pag. 53). Kalajic inoltre ci spiega che "le persone di altra stirpe hanno imposto un sistema genocida al fine di distruggere l'élite russa" (pag. 57). Ma la congiura ebrea non è una novità, spiega il neofascista, perché già "il partito comunista [sovietico] era un partito di gente di altra stirpe e di russofobi (quasi tutti i suoi dirigenti, come è noto, erano ebrei)" (pag. 64). Le allusioni a "gente d'altra stirpe" ricorrono in decine di punti del libro e, a livello più "teorico", Kalajic dedica l'intero capitolo di apertura a spiegarci come gran parte dei mali del mondo vengano da chi ha rifiutato il Nuovo testamento e continua a fare riferimento al Vecchio testamento. L'alternativa a questa degenerazione è costituita dalla "visione del mondo slava", e in particolare da quella russa e serba, superiore alle altre perché in essa l'individuo ha un "legame indissolubile e organico con la comunità spirituale, nazionale, etnica e culturale" (pag. 120). Gli slavi, inoltre, sono un popolo "dall'impulso creatore di stati [...] che per la sua potenza suscita analogie con l'impeto dei popoli germanici". Tale "impulso statale prende origine dalle radici metafisiche della quintessenza slava", la cui forza "si manifesta nelle aspirazioni transnazionali e imperiali - nel miglior senso di questa parola - dei russi e dei serbi" (pag. 121). Questi slavi spiritualmente superiori non vivono però in uno spazio nazionalmente omogeneo; in particolare, si trovano nella spiacevole situazione di dovere convivere con gli albanesi e altre minoranze islamiche. Da questo punto di vista, scrive Kalajic, le sanzioni economiche contro la Serbia hanno però avuto un effetto paradossalmente positivo: hanno costretto all'emigrazione una "massa di potenziali partecipanti a movimenti separatisti [...] togliendo in tal modo molto sangue alle loro forze e alle loro ambizioni". Secondo i "nazionalisti schipetari", spiega Kalajic, negli ultimi due-tre anni è emigrato all'estero circa "mezzo milione di schipetari". La cifra sembra gonfiata, prosegue Kalajic, "nel tipico stile delle esagerazioni islamiche, caratteristiche in genere del folklore arabo-semita", ma comunque "in questo caso vi sono tutti i presupposti per una grande felicità da parte di tutti coloro ai quali sta a cuore l'integrità territoriale della Serbia" (pag. 194). Più in generale, secondo Kalajic, è tutta l'Europa a essere minacciata da orde di islamici e di immigrati. A tale proposito cita l'esempio della Francia, oggetto degli attacchi del capitale sovranazionale che ha messo a punto un piano per "colonizzare il paese" con un "afflusso massiccio di immigranti". Questo è possibile perché "manca qualsiasi azione da parte delle autorità che sia in grado di interrompere o modificare i processi migratori" e quindi "i francesi devono adottare da soli misure immediate e dure per difendersi dall'immigrazione". Invece di sradicare il male dell'immigrazione, osserva Kalajic, le autorità francesi se la prendono con l'unica forza sana, il Fronte Nazionale di Le Pen, che propone giustamente "la deportazione degli immigrati". Si tratta "di un razzismo al contrario", perché "bolla [di razzismo] i francesi che si oppongono alla distruzione della propria identità e della propria sovranità nazionale", si tratta di "un'operazione per trasformare la Francia in un paese che non apparterrà ai francesi, bensì a qualche 'società multietnica' " e che ha già causato la "babilonizzazione di Parigi" (pag. 40-44). "I francesi si stanno trasformando in una minoranza nazionale a causa del continuo afflusso di immigrati dai paesi del Terzo mondo" e, aggiunge Kalajic, "non mi sorprende affatto che il presidente francese Chirac minacci i serbi di intervento armato, per consegnarli a un destino analogo a quello dei francesi" (pag. 230-231). Sullo stesso tema Kalajic, pur essendo un convinto anticomunista, deve ammettere di riconoscere un unico merito al socialismo reale: "ha salvato a suo tempo la Russia (e l'Europa Orientale) dall'invasione degli immigranti dai paesi del Terzo mondo" (pag. 102).

OMOSESSUALI, FAMIGLIA: Oltre agli ebrei, dietro alla cospirazione "mondialista" vi sono anche gli omosessuali, che Kalajic definisce con disprezzo "pederasty" [il termine, nelle lingue slave, ha un significato molto più volgare e offensivo della voce dotta italiana "pederasti", e va tradotto come "froci" o "finocchi"]. Nel capitoletto "Il grande bluff dei froci" Kalajic spiega come il capitale sovranazionale si basi sulle teorie del "cervello omosessuale di John M. Keynes" e giunge alle seguenti conclusioni: "Il sistema di Keynes e l'egemonia del dollaro sono fenomeni che vanno contro natura, così come va contro natura qualsiasi rapporto omosessuale, con il quale i partner non arricchiscono l'amore con nuove forme, ma si limitano a imitare pateticamente i rapporti tra uomo e donna consacrati dalla natura" (pag. 30). L'Occidente corrompe gli slavi anche con altri mezzi, per esempio con "l' 'arte' frocia di diversi degenarati in stile Andy Warhol" o con la televisione nella quale oggi "dominano le illusioni e le mistificazioni della pseudocultura occidentale, dalla psicoanalisi freudiano-cabalistica fino alla 'rivoluzione sessuale' e non a caso nel vocabolario della resistenza patriottica russa la televisione viene chiamata 'golubyj ekran' ('schermo azzurro')", termine che ha "una particolare sfumatura perché golubyi vengono definiti in russo anche gli omosessuali" e viene utilizzato per riferirsi alle trasmissioni "che attaccano il patriottismo russo e la Chiesa Ortodossa Russa [...] difendendo i diritti di determinate minoranze nazionali e quelli delle 'minoranze sessuali' e dei drogati" (pag. 51). Kalajic non esita a cadere ancora più nel ridicolo, come quando tesse una lode del "valzer, ultimo ballo dell'Europa monarchica" per prendersela poi subito dopo con il "ballo degli infrolliti barbari afroamericani" il cui nome "è un riassunto ideologico del programma nichilistico di distruzione dell'uomo: il rock'n'roll" e il cui "dum-dum è un invito all'autodistruzione, è una reclame alla perversione, al satanismo e alle droghe sintetiche" (pag. 125), righe, si prega di notare, che sono state scritte da Kalajic non nei lontani anni '50, bensì nel recente anno 1992! Quest'ultimo è anche un gran bacchettone, come dimostra la sua affermazione che questa cultura degenerata "ha lasciato all'uomo solo la tecnica del sesso, distruggendo l'istituto eroico e metafisico del matrimonio e della fedeltà coniugale e imponendo al suo posto, come modello, la promiscuità collettiva" (pag. 126). Tutto ciò è la conseguenza funesta "della rivoluzione studentesca del 1968, dalle cui conseguenze distruttrici le università europee non riescono ancora oggi a riprendersi" (pag. 127).

ANTICOMUNISMO: Kalajic, in quanto tipico estremista di destra, è un convinto anticomunista. Secondo i suoi ragionamenti, comunismo e capitale sovranazionale sono figli gemelli degli stessi genitori: la massoneria e l'ebraismo. La minaccia "mondialista" sarebbe nata negli anni della prima guerra mondiale, come spiega Kalajic: "Con l'aiuto operativo e il sostegno ideologico della massoneria speculativa, il capitale usuraio ha infine provocato la Prima guerra mondiale e, dopo di essa, le rivoluzioni di Febbraio e di Ottobre, al fine di distruggere i tre imperi cristiani che fino a quel momento avevano resistito ostinatamente, in una certa misura con successo, a ogni tentativo di conquista" (pag. 112). "Nella seconda metà del XX secolo", prosegue Kalajic, "negli stati slavi sono giunti al potere dei criminali di altra stirpe e pseudoélite orientate internazionalmente. [...] Oggi anche agli scemi è chiaro che l''internazionalismo' di ieri era solo una variante del mondialismo" (pag. 118), infatti, "cacciato dall'Europa, Karl Marx, con il suo odio scatenato contro i valori e le tradizioni autenticamente europei si è ritirato negli USA, dove ha trovato nuovi adepti. In sostanza [...] il marxismo è tornato proprio là da dove era stato lanciato in Europa, e in primo luogo in Russia, con l'aiuto dei capitali investiti dalla 'internazionale' usuraia nella Rivoluzione d'Ottobre" (pag. 127). I serbi in particolare hanno dovuto subire "la politica serbofoba del regime antislavo di Tito" (pag. 190) e in Serbia "tutte le sventure, le tragedie, le privazioni, le sofferenze, i genocidi sono venuti sempre da sinistra, provocati da ideologie orientate a sinistra: dalla massoneria al comunismo" (pag. 179). Le frontiere interne alla Jugoslavia sono state tracciate a tutto danno dei serbi "dal massone Josip 'Ambroz' Tito", del quale ci viene spiegato in una nota che era di origini ebree (pag. 218). Nonostante il suo anticomunismo, tuttavia, Kalajic ritiene che tra i comunisti vi sia una sensibilità per i valori tradizionali e patriottici e pertanto ritiene "artificiosa" la separazione tra destra e sinistra, strumento del capitale "sovranazionale" che la utilizza per "dividere e comandare" (pagg. 64, 227 e 228). I comunisti, insomma, sarebbero ricuperabili alla destra, come il neofascista argomenta più precisamente in un dialogo con l'estremista di destra russo Dugin contenuto nel volume collettivo, "Il segreto dei Balcani", pubblicato a Belgrado nel 1996 con finanziamenti del locale Ministero dell'educazione: "Noi, uomini di destra, dovremmo oggi smettere di attaccare i comunisti, tenendo presente che queste forze hanno subito una profonda trasformazione, in senso positivo, vale a dire che oggi i comunisti sono nostri alleati potenziali o effettivi". Alla sua osservazione risponde consenziente Dugin: "Gli attuali nazional-comunisti sono una realtà politica recente e nuova. Sono per loro natura più simili ai rivoluzionari conservatori del 'movimento germanico' che ai bolscevichi" (citato in "Feral Tribune", 26 febbraio 1996). Frasi da tenere presenti quando più sotto andremo ad affrontare i rapporti tra Kalajic e alcuni soggetti della sinistra italiana.

AUTORITARISMO, TUDJMAN, KOSTUNICA...: Per completare il quadro di questo personaggio emblematico dell'estrema destra "slavo-ortodossa", aggiungiamo alcuni ultimi particolari curiosi. In campo economico Kalajic ha come propri stati modello il Cile, il Giappone e la Corea del Sud. Il problema di questi stati è però evidentemente che sono troppo "morbidi". Nello stato "slavo" che piacerebbe a Kalajic ci sarebbe sì il capitale, ma con un governo dal pugno di ferro: "Le dimensioni enormi del potenziale mercato degli stati slavi, nel caso di una loro unione, [verranno garantite] se necessario, anche da un assolutismo estremo" (pag. 130). Abbiamo inoltre notato come Kalajic se la prenda costantemente con le minoranze islamiche e gli immigrati dal terzo mondo - trattandosi di un ultranazionalista serbo, sembrerebbe naturale attendersi da lui anche una posizione anticroata, tanto più che alcuni dei capitoli del volume "Amerikanskoe zlo" sono stati scritti proprio negli anni della guerra in Croazia o immediatamente successivi a essa. Invece nei suoi scritti non siamo riusciti a trovare nulla contro i croati. Anzi, alcune fonti parlano di suoi legami con l'estrema destra croata, come Petar Lukovic, corrispondente da Belgrado della rivista croata "Feral Tribune", nel suo articolo per quest'ultima pubblicato il 14 ottobre 2000, o l'agenzia bosniaca TWRA, la quale segnalava in un suo articolo del 27 settembre 1995 che a cavallo tra gli anni '80 e gli anni '90 "Kalajic ha scritto lodi al presidente Tudjman, descrivendolo come 'un vero europeo' ". Infine, Kalajic ultimamente ha espresso valutazioni positive sul neoeletto presidente jugoslavo Kostunica ("Liberazione", 7 ottobre 2000). E' interessante notare a questo proposito che l'8 settembre 1997 era stata organizzata dal SDS a Banja Luka, in Bosnia, una riunione pan-serba alla quale erano invitati a partecipare, tra gli altri, Momcilo Krajisnik, Radovan Karadzic, il vescovo Artemije e... Dragos Kalajic e Vojislav Kostunica (Republic of Srpska Radio Station, 8 settembre 1997). Chissà se i due si sono poi effettivamente incontrati, visto che tra l'altro sono stati entrambi per anni sostenitori del SDS, il partito di Radovan Karadzic.

KALAJIC IN ITALIA
Il "grande lancio" di Kalajic in Italia lo si è avuto con la già menzionata trasmissione RAI "Pinocchio". Presentato come esperto di geopolitica, questo estremista di destra e fedele servitore di Milosevic, portatore di una posizione in fin dei conti assolutamente minoritaria in Serbia, è stato chiamato a più riprese a rappresentare davanti a milioni di telespettatori la "parte serba". Ci si chiede cosa abbia portato i responsabili della trasmissione a scegliere un tale personaggio. Certo, Kalajic parla bene l'italiano e in questo senso è "telegenico", ma non ci sembra che sia un requisito sufficiente. In Italia, l' "esperto di geopolitica" si è comunque dato in genere molto da fare: cercando un po' in Internet lo troviamo per esempio come relatore a un convegno su informazione e guerra organizzato nell'ambito del prestigioso Prix Italia (RAI) 1999 "sotto il patrocinio delle Nazioni Unite e in collaborazione con la rivista 'Limes' ", ma anche in compagnia di Pino Rauti in una meno prestigiosa manifestazione organizzata il 10 maggio 1999 a Roma dai neofascisti del M.S.I. - Fiamma Tricolore. I punti di riferimento regolari di Kalajic in Italia sono tuttavia stati da una parte la Lega Nord e dall'altra alcuni esponenti della sinistra internazionalista. Vista la sua lunga esperienza nella destra estrema, Kalajic ha correttamente compreso che l'estrema destra attualmente "più autentica e di massa" in Italia, al di fuori della galassia dei gruppuscoli neofascisti, è proprio la Lega. Con quest'ultima egli ha in comune molti punti: il razzismo nei confronti degli immigrati, in particolare quelli albanesi; la difesa dell'identità europea minacciata dagli islamici e dagli americani; la visione della Serbia come bastione contro questi nemici. Illuminante è a tale proposito la dichiarazione di un giornalista della "Padania" (organo della Lega Nord) fatta a un convegno di presentazione di un libro di Gennadi Zjuganov, organizzato dalla stessa Lega e al quale prendeva parte anche Kalajic: "[era presente] il giornalista Massimiliano Ferrari che ha ricordato la grande simpatia che la Lega prova per il mondo cristiano-slavo che in Serbia e nel Caucaso combatte e fa da argine all'avanzata dell'Islam. 'L'ala pura e non mercantilista della Lega - ha detto - mette l'interesse della comunità di sangue al di sopra del benessere del singolo egoista e simpatizza per i fratelli slavi che si sacrificano in nome della comune patria europea e rifiuta la visione di coloro che straparlano di una ricca Europa occidentale da chiudersi ad est e da aprirsi a milioni di lavoratori musulmani 'purché in regola col permesso di soggiorno' " ("La Padania", 23 gennaio 2000). A tale convegno, va tra l'altro notato, partecipava anche il nazional-comunista italiano Carlo Terraciano, direttore della rivista dal nome emblematico "Rosso e nero". L'entusiasmo di Kalajic per la Lega Nord è esplicito, come si rileva da quanto egli ha dichiarato a "La Padania" in occasione della sua partecipazione a un "Padania Day": "Presente alla manifestazione milanese c'era anche, mescolato tra la folla, il professor Dragos Kalajic, dell'Istituto di Studi geopolitici di Belgrado. 'Mi trovo a Milano di passaggio - ha spiegato Kalajic - e ne ho approfittato per assistere di persona al mio primo Padania Day'. Le impressioni riportate dal professore serbo sono state molto positive. 'Questa giornata ha ulteriormente rafforzato la mia convinzione che soltanto negli ambienti leghisti e padanisti si può avvertire ancora un grande calore umano' - ha raccontato Kalajic -. 'I leader del Carroccio e del governo padano amano stare a contatto con il popolo, non fanno come altri che del popolo si servono soltanto quando si tratta di chiedere voti'. Il professore di geopolitica ha inoltre precisato di condividere la battaglia leghista contro l'invasione extracomunitaria e contro la globalizzazione. 'Le cupole della grande finanza mondialista vogliono distruggere le radici identitarie dei popoli europei - ha concluso -. Chi non si adegua, e noi serbi lo sappiamo bene, viene bastonato' " ("La Padania", 12 dicembre 1999). Kalajic è stato a più riprese ospite del giornale "La Padania" nel corso del 1999 e ha scritto "con entusiasmo e grande disponibilità" la postfazione a "Good Morning Belgrado", il diario di guerra del giornalista della Padania Mauro Bottarelli, pubblicato nel 2000 ("La Padania", 24 marzo 2000).

A sinistra il punto di riferimento principale di Kalajic sono stati alcuni gruppi che hanno promosso in Italia il Tribunale Internazionale per i crimini di guerra della NATO di Ramsey Clark. Di questo giro fa parte tra gli altri il giornalista Fulvio Grimaldi che, come accennavamo, ha stretto legami di amicizia con Kalajic, fino a portarlo sulle pagine di "Liberazione". Il nesso tra il Tribunale Clark e Kalajic non è così strano: Clark, ex ministro della giustizia degli Stati Uniti, è stato recentemente avvocato del criminale di guerra Radovan Karadzic (amico e compagno di "avventure" di Kalajic) in un processo che negli Stati Uniti vedeva l'ex leader serbo-bosniaco difendersi da accuse di crimini contro l'umanità mosse da donne bosniache vittime di violenze nel corso della guerra in Bosnia, appoggiate da organizzazioni della sinistra statunitense ("Slobodna BiH", 16 agosto 1999; "The Shadow", http://shadow.autono.net/sin001/clark.htm). Inoltre Clark è stato più volte in visita ufficiale in Jugoslavia, dove ha tenuto cordiali colloqui con Milosevic e altri esponenti del regime ("Politika", 31 marzo 1999 e 29 ottobre 1999), grazie anche al fatto che il suo Tribunale e il suo International Action Center hanno sempre giustificato i crimini commessi dal regime di Belgrado in Kosovo come normali operazioni di polizia. Kalajic è stato così tra il 1999 e il 2000 relatore in incontri organizzati dalla rivista marxista italiana Praxis (il 10 ottobre 1999, con la partecipazione tra gli altri dell'ambasciatore jugoslavo in Vaticano, Dojcilo Maslovaric), dall'Associazione d'Amicizia Italo-Jugoslava (il 29 gennaio 2000), presso l'Università di Teramo (iniziativa promossa il 29 marzo 2000 da membri della sezione italiana del Tribunale Clark e in particolare dal docente della stessa università Aldo Bernardini) e ha preso parte al convegno Il mondo neoNATO (svoltosi l'8-9 ottobre 1999, sempre con altri promotori del Tribunale Clark). Particolarmente grave è stata la partecipazione di un estremista di destra come Kalajic all'importante assemblea del Tribunale Clark tenutasi a Roma il 1 novembre 1999 (Tanjug, 2 novembre 1999), alla quale ha preso parte lo stesso Ramsey Clark, che arrivava direttamente da Belgrado dove aveva appena avuto un amichevole colloquio con Milosevic. Pur essendo promosso in Italia perlopiù da piccole formazioni che hanno negato o giustificato i crimini del regime di Milosevic in Kosovo, il Tribunale riceve l'adesione di molte altre realtà che si sono impegnate positivamente contro la guerra della NATO, anche se va detto che se per Kalajic può valere la scusa che non a tutti è noto chi sia (scusa un po' fragile, comunque, visto il suo attivismo pubblico in Italia), ciò non vale per il rappresentante della Jugoslavia in Italia (nei fatti ambasciatore dopo il richiamo di Miodrag Lekic), che ha preso anch'egli parte alla riunione nella sua qualità ufficiale. Kalajic è riuscito così ad associare il suo nome, in tale occasione, anche a personaggi dal ruolo importante nella sinistra internazionalista italiana come il senatore di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena e il redattore del "Manifesto" Tommaso Di Francesco. Per Fulvio Grimaldi, ex giornalista RAI ed editorialista di "Liberazione", la partecipazione a iniziative con Kalajic è stata invece non un'eccezione, bensì quasi una regola. Grimaldi ha inoltre instaurato rapporti stretti con l'estremista di destra serbo e lo ha portato direttamente sulle pagine dell'organo di Rifondazione Comunista in un suo articolo del 7 ottobre scorso, in cui descrive il suo peregrinare per le strade della Belgrado del dopo-Milosevic proprio in compagnia di Kalajic, che anche Grimaldi si limita a definire docente di geopolitica tacendo il suo ben più lungo e rilevante curriculum nella destra radicale, fatto salvo un accenno di sfuggita ai "suoi pluralistici e un po' fantasiosi [sic!] legami con la Jul da un lato e i radicali di Seselj dall'altra". Nell'articolo, teso a criminalizzare le manifestazioni allora appena terminate nella capitale serba, Grimaldi definisce Kalajic l' "amico analista". L'editorialista di Liberazione riconosce che Kalajic è un nazionalista, ma dal ruolo positivo e ingiustamente "stigmatizzato": "Nazionalista serbo è anche Kalajic, se si usa il termine per stigmatizzare quelli che si oppongono alla diasporizzazione di quel popolo e alla sua cacciata dalle terre d'origine". I due concordano su quasi tutto, nelle valutazioni che esprimono, fino a paventare un ritorno di Milosevic e dei suoi: "il momento dei socialisti tornerà non appena il liberismo incomincerà a mordere, la mafia ad arrivare, il divario tra pochi ricchissimi e molti poverissimi a crescere". L'amicizia e la comunità di vedute tra Kalajic e Grimaldi non devono meravigliare: Grimaldi ha apertamente simpatizzato per la Serbia di Slobodan Milosevic e di Mira Markovic; inoltre, proprio nello stesso modo in cui Kalajic riesce a fare capire benissimo che sta parlando di ebrei utilizzando il termine più vago di "gente di altra stirpe", Grimaldi è riuscito a fare passare in Italia un discorso che criminalizza l'intero popolo albanese (altra posizione che condivide con Kalajic) senza mai giungere a formulazioni esplicitamente razziste.

CONCLUSIONE
Kalajic rimane una figura secondaria sulla scena di un panorama politico serbo in cui hanno avuto un ruolo di gran lunga più importante (e cruento) altri esponenti dell'estrema destra, come Seselj o Arkan. Da questo punto di vista è stato solo uno dei tanti "manovali" di Milosevic. La sua figura ci pare tuttavia emblematica della degenerazione di certi settori politici (la coalizione "rosso-nera" di Milosevic, Seselj e Markovic) in un paese che ha invece una storia e un presente ricchi di figure democratiche. L'armamentario ideologico di Kalajic, inoltre, è utile a capire i concetti su cui si basa la nuova estrema destra "slavo-ortodossa" e a individuare quale base essi possono costituire per collegamenti con altri soggetti della destra radicale europea, dal Fronte Nazionale di Le Pen alla Lega Nord di Bossi. Per quanto riguarda l'Italia, se i legami con la Lega ci sembrano scontati e "naturali", la presenza di Kalajic in iniziative della sinistra internazionalista o, seppure per interposta persona, su organi di stampa di quest'ultima sono sicuramente "innaturali" e deleteri, perché rischiano di screditare il lavoro di molte realtà impegnatesi positivamente contro la guerra della NATO e del tutto ignare del fatto che un estremista di destra stia cercando di intrufolarsi indebitamente tra le loro fila. Una chiave di lettura del perché Kalajic sia in parte riuscito a trovare accoglienza in questo ambito la si può trovare, a mio parere, proprio nel fatto che egli venga presentato regolarmente come "esperto di geopolitica". E' proprio l'interpretazione di quanto avviene nei Balcani in chiave esclusivamente o prevalentemente geopolitica, incentrata cioè sugli stati e i loro "spazi vitali", che costituisce il terreno di coltura ideale per collaborazioni altrimenti impensabili, quali per esempio quella tra gli editorialisti della rivista "nazional-ministeriale" "Limes" e un quotidiano comunista come il "Manifesto" o, in casi ancora peggiori, per un nesso, diretto o indiretto, tra leghisti, estremisti di destra serbi e soggetti della "sinistra internazionale". Ma questo è un argomento che meriterebbe di essere affrontato più nei particolari in altra sede.



**Oltre alle fonti della stampa, citate nel testo, sono stati utilizzati:

*Kalajic, Dragos, "Amerikanskoe zlo", Mosca, 2000
*Pribicevic, Ognjen, "Changing Fortunes of the Serbian Radical Right", in Ramet, Sabrina P. (ed.), "The Radical Right In Central and Eastern Europe Since 1989", Pennsylvania, 1999


KALAJIC: AGGIORNAMENTO
15 febbraio 2001

Dopo avere terminato e pubblicato l'articolo del 1 febbraio scorso sull'estremista di destra serbo Dragos Kalajic ho reperito un libro-intervista di quest'ultimo uscito in Italia per una piccola casa editrice della destra radicale (Dragos Kalajic, "Serbia, trincea d'Europa", Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1999). Il volume conferma molte delle cose riportate nell'articolo e aggiunge alcuni particolari importanti riguardanti le idee di Kalajic rispetto a quella che egli ritiene esplicitamente come una possibile collaborazione in Italia tra estrema destra ed estrema sinistra.

Viene confermato innanzitutto quanto avevamo scritto in merito al comportamento "camaleontico" di Kalajic, che cambia toni e argomentazioni a seconda del contesto in cui si trova ad esprimersi. In questo libro destinato al pubblico italiano, a differenza di quello pubblicato in Russia che avevamo analizzato, l'estremista è molto meno volgare e parco negli atteggiamenti razzisti (non si parla più di "froci" e gli ebrei non sono più oggetto dei suoi strali, se si eccettua qualche chiaramente decifrabile accenno al "capitale usuraio"). Nella prima metà del libro, curato da Tiberio Graziani, Kalajic punta tutto sulla geopolitica (e non a caso sono numerose le lunghe citazioni di articoli della rivista "Limes"). L'aspetto che più colpisce di questa prima parte è che, se si eccettuano i riferimenti frequenti alla minaccia che la "dorsale verde" islamica rappresenterebbe per l'Europa "cristiana", interi lunghi brani corrispondono ne più ne meno a quanto scritto da molte testate della sinistra radicale italiana negli ultimi due anni. Vi troviamo inalterati gran parte dei luoghi comuni di tale sinistra riguardo alla guerra per il Kosovo: dai profughi albanesi che fuggono soprattutto per le bombe della NATO, alla guerra americana finalizzata a indebolire l'Europa e l'Euro, alle teorie sui "corridoi" come elemento fondamentale della guerra, al ruolo cospirativo della Germania nella disgregazione della Jugoslavia, al noto "Allegato B" di Rambouillet come meccanismo mirato a fare fallire ogni piano di pace. Come avevamo già notato, questa visione geopolitica è quella che rappresenta il terreno di coltura ideale per strani connubi politici, che nella loro versione più degenerata arrivano ai contatti tra sinistra internazionalista ed estrema destra. Riguardo a tali aspetti, la seconda parte del libro di Kalajic offre una visione chiara di come egli individui una possibilità di collaborazione in Italia tra queste due aree.

Secondo Kalajic, in occasione della guerra per il Kosovo vi è stata una coincidenza di posizioni tra "vera destra" e "vera sinistra", che potrebbe costituire la base per una revisione della storia degli ultimi decenni, fatta di scontri tra queste due aree (gli anni di piombo) e frutto a sua opinione di una strategia artificiosa di Washington. Il ripensamento di tale storia, secondo Kalajic, dovrebbe portare a "un'alleanza almeno tattica, almeno su parziali interessi comuni sia sul piano del pensiero che dell'azione", per giungere a "una strategia unitaria per la liberazione del Continente dall'egemonia nordamericana". Kalajic individua esplicitamente quattro forze che possono farsi insieme portatrici di una tale strategia: Lega Nord, Fiamma Tricolore, Fronte Nazionale e Rifondazione Comunista. Con quest'ultima, secondo Kalajic, la recente guerra ha aperto una possibilità di collaborazione e l'estremista di destra cita a esempio l'affermazione di Bertinotti sull'esistenza in Italia di un "partito americano" (e il curatore italiano, puntiglioso, precisa che la paternità del termine è tuttavia da attribuirsi a Umberto Bossi e al Fronte Nazionale di Tilgher). Si tratterebbe quindi di formare un opposto "partito europeo" che promuova le "esigenze sia della giustizia sociale sia della identità e della difesa del patrimonio culturale degli italiani (Padani compresi)". Oltre alla solidarietà alla Serbia, nella quale "sarebbero in gioco gli interessi vitali dell'Europa continentale", come scrive il curatore, vi è un altro campo di possibile collaborazione con Rifondazione Comunista, secondo Kalajic: la lotta contro l'immigrazione. Qui Kalajic nega quanto, come abbiamo visto, ha scritto a chiare lettere altrove e si dichiara contrario a un respingimento degli immigrati alle frontiere e a favore invece di una politica mirata a fare rimanere coloro che immigrano nei loro paesi attraverso non meglio definite iniziative di "cooperazione e coprosperità" proposse dall'Europa in alternativa al modello del colonialismo di stampo anglosassone - un discorso tanto più ambiguo se si tiene conto che nel resto del libro l'immigrazione viene definita come una minaccia incombente per l'Europa cristiana. Secondo l'estremista di destra su un tale obiettivo sarebbe possibile raccogliere ampi consensi all'interno di Rifondazione Comunista. Kalajic ha infine parole di lode per Stalin, che vede come colui che ha portato avanti nel tempo il progetto imperiale della Russia zarista, salvando così i "retaggi tradizionali" delle nazioni che facevano parte dell'Unione Sovietica. Con lo stesso obiettivo di salvaguardare gli aspetti nazionali e sociali, bisognerà costruire un "impero europeo" attraverso la collaborazione tra forze comuniste e forze patriottiche. Il modello citato esplicitamente da Kalajic è il partito di Radovan Karadzic (personaggio che secondo lui è "entrato in politica forzato dagli altri per la propria qualità morale"), nel quale, secondo le parole dello stesso leader serbo-bosniaco citate da Kalajic, "c'è posto per tutti: [...] per la sinistra e per la destra, per i rivoluzionari, ma anche per i conservatori", perché insieme riescono a evitare "le degenerescenze alle quali portano una via soltanto rivoluzionaria o soltanto conservatrice", insomma, come commenta lo stesso Kalajic, "una famiglia organica, nella quale c'è posto per tutti".

L'idea di un "partito imperiale europeo" che riunisca destra e sinistra rimane per fortuna un farneticante sogno (incubo) di Kalajic e di altri estremisti di destra. Il fatto che egli abbia trovato tribune e spazi a sinistra è tuttavia un sintomo che non va troppo sottovalutato, così come non va troppo sottovalutato il fatto che, per quanto riguarda l'ultima guerra balcanica, le interpretazioni della destra radicale coincidano in larga misura con quelle di ampi settori della sinistra internazionalista.




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Data: 01-02-2001 Fonte: "Notizie Est") / 1 febbraio 2001 (*aggiornato il 15 febbraio 2001*
Autore: Andrea Ferrario

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grazie per l'analisi profonda
by uno Thursday, Mar. 18, 2004 at 2:31 PM mail:

ma l'articolo parlava del processo a Milosevic e non del passato dei suoi supporter

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