Sul rispetto della legalità, a Bologna e non solo, manca ancora un'opinione, decisiva però: quella del Professore
Sergio Cofferati, sindaco ulivista di Bologna ed ex segretario generale della Cgil, ha fissato lo showdown per mercoledì 2 novembre. Quel giorno i partiti che lo sostengono, soprattutto Rifondazione e la sinistra radicale, dovranno dire se condividono o meno le misure da lui decise contro «l’illegalità urbana». Ovvero, gli sgomberi di campi nomadi clandestini, l’allontanamento di finti mendicanti e lavavetri dal centro storico, il giro di vite sui racket che trafficano in prostituzione e droga. Contro Cofferati si è scagliato Liberazione, il giornale di Rc: «Prima faceva guerra alla Confindustria, ora ai lavavetri» titola. Gli intellettuali e la Caritas sono in imbarazzo: «Dove vuol portare Bologna? Vuol fare lo sceriffo quasi fossimo in America?». Il direttore di MicroMega, Paolo Flores d’Arcais, punto di riferimento dei girotondini, lo definisce «un potente prepotente». La maggioranza dei ds, quelli che fanno capo a Piero Fassino e Massimo D’Alema appoggiano invece la svolta legalitaria di Sergio. Così la Chiesa ufficiale, la curia. La Margherita è invece contraria, in nome della solidarietà e dei legami particolari stabiliti sul territorio con le parrocchie. Il centrodestra, in particolare Forza Italia e An, si è viceversa detto pronto a correre in aiuto del sindaco se venissero meno i voti dei consiglieri verdi e rifondaroli.
TEST BOLOGNESE Lui, Cofferati, almeno per ora tira dritto. Sa che questa faccenda dell’ordine pubblico e degli immigrati non è solo bolognese, ma nazionale, anche se a Bologna è già costata la testa a due predecessori: il ds Vitali, che si era fatto promotore di una linea di solidarismo e di porte aperte (ora ha cambiato idea), e soprattutto a Guazzaloca, il primo a strappare il comune alla sinistra, che però sulla questione non era riuscito ad andare fino in fondo. Forse Cofferati, e con lui la segreteria diessina, ha capito anche che Bologna può costituire un test per le future eventuali capacità di governo della sinistra nazionale. Userà la mano ferma contro l’illegalità, o si farà invischiare dalle eterne polemiche e dibattiti in salsa solidarista dei centri sociali, delle parrocchie, dei salotti? E in termini più ampi, quanto rimarrà prigioniera delle proprie contraddizioni e dell’ala sinistra dell’Unione, da Rifondazione ai verdi?
E PRODI TACE Su Bologna manca ancora un’opinione, decisiva però: quella di Romano Prodi. Il Professore, benché di Reggio Emilia, a Bologna vive e lavora da decenni. Conosce la città come pochi. Ma finora non ha detto una parola. Il suo imbarazzo, se di tale si tratta, può essere comprensibile. Però - tra uno Zapatero e l’altro, tra un Celentano e l’altro - sarebbe più utile, in attesa delle Politiche del prossimo aprile, sapere se l’aspirante premier sulla legalità urbana sta con Cofferati o con Pecoraro Scanio.
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