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approfondimento sulla lotta No Tav....
by info Tuesday, Nov. 29, 2005 at 12:00 PM mail:

Abbiamo chiesto a Giorgio Airaudo, della Fiom Torino, quali sono le ragioni di questa mobilitazione e quali le possibili soluzioni alternative

approfondimento sull...
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Da anni gli abitanti della Valle di Susa sono mobilitati contro questo progetto, ma ad oggi nulla è cambiato.

In questi anni, a partire dalla amministrazione Ghigo che non ha mai voluto incontrare i sindaci della valle di Susa, tutte le istituzioni hanno sempre ignorato le obiezioni e le istanze della popolazione e degli amministratori della Valle. Nella valle abitano poco più di 60.000 abitanti, che sono stati considerati un’inezia; anche quando manifestavano in 20.000 due anni fa e in 30.000 pochi mesi or sono o in 15.000 poche sere fa contro il terrorismo e contro la Tav respingendo ogni inquinamento violento della mobilitazione.



Cosa prevede l’opera?

L’opera comporta un intervento in una valle che ha già una ferrovia, una autostrada, due strade statali, due elettrodotti che la attraversano. L’opera comporta un tunnel tra Italia e Francia di 52 chilometri e altri tre tunnel in valle per 40 km: vanno scavati e movimentati decine di milioni di metri cubi di roccia rendendo la valle invivibile.



Si parla di amianto e uranio presenti nella Valle in quantità massicce. Quali sono le fonti di queste notizie?

Due anni fa quasi cento medici di famiglia che operano nella Valle e nella Zona ovest dell’area metropolitana di Torino denunciarono i rischi derivanti dalla presenza di amianto nelle montagne della valle di Susa. La montagna che sopporterà un tunnel di 22 km è da sempre meta di ricercatori di rocce contenenti i fasci di fibre di amianto (avveniva prima della sua riconosciuta cancerogenicità).

Nella valle di Lanzo, a nord di quella di Susa, c’era la più grande cava d’Europa di amianto.

A sud, a Balangero, nella val Sangone c’era la cava di Trana, chiusa dopo aver determinato – per la presenza di un tipo di amianto, la tremolite – un inquinamento doppio del massimo consentito dalla normativa per gli ambienti di vita, nell’aria della scuola del paese distante circa 800 metri.

L’anno scorso si è sospeso lo scavo per la costruzione della pista olimpica per i bob per la presenza di amianto e si è dovuto cambiare sito.



Si può lavorare e scavare in sicurezza?

Si, basta lavorare in ambienti depressurizzati e con scafandri: si può fare ma aumenterà notevolmente i costi.



Quanto costerà l’opera?

C’è una stima previsionale sui 13 miliardi di euro, ma come si sa i costi di realizzazione comportano quasi sempre una triplicazione delle stime iniziali (l’esempio più recente è dato dai lavori per l’alta velocità tra Firenze e Bologna, i cui dati sono a disposizione). Quindi 40 miliardi di euro circa.

Per una galleria di 44 km sotto la Manica si è assistito a due fallimenti della società di gestione (il valore attuale delle azioni è pari al 2% di quello iniziale); negli ultimi due anni il bilancio della società Eurotunnel ha avuto un deficit di 1,5 miliardi di euro e 800 milioni di euro.



Quali sono i volumi di traffico che potrebbero interessare il corridoio a Nord?

Oggi dalla valle di Susa passa un terzo del trasporto merci transalpino italiano. Di questo terzo solo una fascia di merci che va dal 4 al 12% proviene dal sud della Francia e dalla penisola iberica, il resto viene dal Nord della Francia, dall’Olanda e dall’Inghilterra.



La situazione produttiva europea prevederà una esplosione dei volumi di merci?

È difficile pensarlo. Ma soprattutto c’è da chiedersi se si possono mobilitare risorse pubbliche di questa dimensione in un paese in crisi e con una finanza pubblica molto più che sofferente ( l’italia si è impegnata per realizzare l’opera a pagarne due terzi il restante la francia e la comunità europea interverra per un 10% del opera) su un unico progetto. Noi metalmeccanici sappiamo bene quanto siano sbagliate le vie uniche allo sviluppo e proprio a Torino ne paghiamo le conseguenze in questi anni. Coinvolti in una crisi industriale che chiede risposte nei prossimi tre cinque anni non nei troppo lontani quindici o venti anni e ancora oggi nessuno spiega perché l’alta velocità è strategica. Si presenta la scelta come un dogma “ serve perché la fanno tutti, perché è sviluppo” ma non si spiega quali prodotti vanno movimentati, dove vengono prodotti che diritti hanno i lavoratori che li producono e soprattutto con chi si decide un opera di questo tipo con i cittadini o contro di essi?



Quale potrebbe essere un’alternativa?

Esiste già la linea ferroviaria del Frejus. Era a un binario sino al 1970, è diventata a due binari con la richiesta di Cgil, Cisl e Uil della piattaforma unitaria dopo la crisi petrolifera del 1973. Non si tratta di raddoppiarla ma di potenziarla:

- automatizzando la linea in modo analogo al tratto tra Milano e Bologna per garantire una capacità di traffico di 220 convogli giorno;

- abbassando il piano del ferro nelle gallerie per garantire il passaggio di tutti i tipi di carri, soprattutto quelli con i rimorchi o i camion sopra (già oggi un terzo passa così);

- velocizzando la linea con alcuni nuovi tracciati e nuove gallerie;

- tutto ciò comporta una spesa pari a un ottavo di quella prevista: 30 miliardi in meno di euro e 80 minuti in più di tempo tra Torino e Lione.



Gli interrogativi su questo progetto rimangono tanti.

Troppi. Ad esempio ci chiediamo: ma l’Italia ha le risorse finanziarie? L’Europa dei 25 ha anch’essa i mezzi finanziari? Per mantenere eventualmente questi impegni quale saranno i tagli alla spesa sociale dei prossimi governi? Quelle risorse non potrebbero più utilmente essere impegnate per difendere e rilanciare ora il sistema industriale piemontese e italiano a partire dall’autoveiocolo e dalla mobilità ecosostenibile?

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