Cisl-Siulp: «A Milano mancano 470 agenti»
fonte corriere,it
Il viceministro Minniti: «Un'idea convincente»
La proposta dei sindacati di polizia: trasformare i commissariati in distretti e sostituire carabinieri e poliziotti di quartiere con vigili
A Milano mancano 470 poliziotti: sono i sindacati a lanciare l'allarme durante il convegno «Sicurezza e territorio» organizzato dalla Cisl e dal Siulp, il sindacato dei lavoratori di polizia. Un allarme e una proposta: quella di chiudere i 17 commissariati presenti in città, trasformarne 9 in distretti, convertendo gli altri in posti di polizia (che necessitano di meno personale). Così, secondo il Siulp, si potranno usare 240 agenti in più per le volanti. Altri 170 potranno arrivare se poliziotto e carabiniere di quartiere saranno sostituiti dai vigili. «Aprire nuove caserme - ha spiegato Orlando Minerva, segretario milanese del sindacato - è inutile, anzi dannoso se contestualmente non si potenziano gli organici». Un primo sì alla proposta è arrivato dal viceministro dell'Interno Marco Minniti. «Il progetto che presentate può essere discusso - ha detto -. L'idea di Minerva mi convince, bisogna far capire che questo modello rafforza la sicurezza, spiegare che con i distretti non si abbandona il territorio, ma si controlla meglio perché ci sono più pattuglie per strada».
SCELTE POLITICHE - Secondo i sindacati, il decreto del 1991 che definisce gli organici di polizia a Milano prevedeva 4.037 agenti: in Questura ne mancano 147, alla Polfer 223 e alla polizia stradale 100, in totale quindi 470 agenti. Cifre su cui il questore Vincenzo Indolfi non è d'accordo: «Non è vero che mancano agenti» ha ribattuto seccamente. Al di là dei numeri, la definizione più usata è stata quello di «sicurezza integrata», con un impegno che non riguarda solo governo e polizia. Anche per questo il governo ha deciso di firmare i patti per la sicurezza con le città «che non sono - ha spiegato Minniti - risposte emergenziali a richieste politiche, ma rispondono alla strategia di cooperazione fra Stato e istituzioni locali», visto che «Palermo non è Torino e Reggio Calabria non è Milano». «La sicurezza - ha detto il segretario della Cisl milanese, Fulvio Giacomassi - chiama in causa le istituzioni locali in termini di scelte politiche». Il presidente della Camera di Commercio Carlo Sangalli ha chiesto alla politica «di ricordarsi» dei piccoli commercianti e artigiani e della loro funzione sociale. Giacomassi ha proposto a Comune e Provincia di aprire «un tavolo-sicurezza con i sindacati confederali e quelli della polizia».
«NO ALLA MORATORIA» - Nessuna moratoria sull'ingresso di immigrati dalla Romania: Minniti ha risposto così alla richiesta fatta nei giorni scorsi del presidente della Provincia Penati. «La moratoria è solo lo spostamento del problema» ha detto. Su un punto Minniti e Penati sono d'accordo: che al Nord i reati commessi da non italiani sono uno dei problemi principali per la sicurezza. «Nel Sud del Paese predomina la criminalità organizzata, che esiste anche al centro e al nord - ha detto il viceministro -. Ma qui le principali questioni sono la criminalità diffusa e i reati legati alla condizione di clandestinità». Quindi quella sollevata da Penati «è una questione all'ordine del giorno». Ma Minniti ha spiegato che già da prima dell'ingresso della Romania in Italia è iniziata una «forte collaborazione» che ha permesso di sgominare alcuni clan di pari passo con la messa a punto di nuovi strumenti legislativi a livello comunitario. «L'orizzonte normativo non può essere la moratoria - ha spiegato Minniti -. Bisogna vedere se ci sono le condizioni per costruire in Europa e nei rapporti bilaterali uno strumento che può essere del tutto nuovo, per affrontare la questione».
«È STATO UN ERRORE» - Penati (che ha partecipato alla seconda parte del convegno, quando Minniti era già andato via per altri impegni) ha ribadito che «è stato un errore non aver chiesto la moratoria» sugli ingressi come invece hanno fatto altri Paesi quando a dicembre la Romania è entrata nell'Unione. «Adesso si trovino tutte le forme di confronto perché sia possibile governare i flussi da questo Paese» ha detto il presidente della Provincia. Un'idea condivisa da don Gino Rigoldi, responsabile di Comunità nuova. «La moratoria doveva essere applicata - ha detto -. Ora si potrebbero fare dei portali d'ingresso: bisogna che non ci siano accessi selvaggi di persone che hanno così poche risorse per stare qui». Nessuna polemica o differenza di vedute con il governo, ci tiene a sottolineare Penati, ma solo di ruoli. «Dal punto di vista tecnico la valutazione degli strumenti spetta al governo - ha aggiunto Penati -, ma ho sentito Minniti e mi ha detto che su questo si intende andare avanti perché c'è la consapevolezza che la regolazione dei flussi è importante per il contrasto alla presenza di Rom». La Provincia promette che continuerà la politica di integrazione degli stranieri «ma - ha proseguito - non possiamo non proteggere una comunità che si sente minacciata da reati predatori in maggioranza commessi da cittadini non italiani».
15 giugno 2007
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