La Nostra Sede

10 gennaio 2012

La nostra sede si trova in Via del Volsci 26 nel quariere di San Lorenzo; occupata nel 1973 da collettivi di operai e studenti, che, tramandandola di generazione in generazione, ne hanno fatto punto di aggregazione e partecipazione per le lotte sociali e cittadine, facendo così divenire questo spazio uno dei luoghi più importanti sul territorio romano per la rivendicazione della giustizia sociale.

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SAN LORENZO – il quartiere

x- Se sente mormorà
e chi so’ questi qua?
Semo de San Lorenzo e ce sapemo fa’.
San Lorenzo è quela cosa
che se chiama prepotenza,
ecco qua tutta la lenza
che c’ha voja da mena’ -

(tradizione popolare)

La nascita del rione di San Lorenzo risale al periodo tra il 1884 ed il 1888, all’epoca della grande febbre edilizia che afferra Roma subito dopo la sua proclamazione a capitale d’Italia; epoca in cui nessun criterio sociale ed igienico guidava le nuove costruzioni; si costruiva il più possibile al fine di ottenere sovvenzioni da Banche ed Istituti.
Non ci fu mai l’intenzione di costruire un quartiere popolare; fu l’inevitabile crisi edilizia scoppiata negli anni tra il 1888 ed il 1890 a far sì che le tante costruzioni iniziate fossero malamente ultimate o addirittura abbandonate nello stato in cui erano.
Fu così che quei fabbricati, costruiti antigienicamente e come già detto malamente ultimati, furono impiegati come alloggi per la classe più povera della capitale.
Il nome del quartiere deriva da Porta San Lorenzo, l’attuale Porta Tiburtina, nei pressi della quale sorsero le prime case, al di fuori del piano regolatore.
E’ solo nel 1909 che interviene un nuovo piano regolatore per cercare di porre ordine nel caos cittadino ma la costruzione del quartiere San Lorenzo è già avviata, il piano Sanjust non fa altro che prevederne il completamento.
La struttura urbana già da allora si presenta nell’attuale forma di quadrilatero allungato che vede come limiti le mura labicane, lo scalo merci, il cimitero del Verano e la Via Tiburtina; la configurazione del quartiere e la sua posizione al di fuori delle mura cittadine contribuiscono a isolarlo dal tessuto urbano, facendone un vero e proprio paese all’interno della città.
All’isolamento urbanistico si accompagna quello sociale: la spiccata caratterizzazione sociale dei suoi abitanti è indotta in primo luogo dalla conformazione economica e professionale del quartiere; il fatto che qui si trovino lo scalo merci ferroviario, i serbatoi idrici dei principali acquedotti, il deposito della nettezza urbana, il deposito dei tram e le officine per la costruzione dei mezzi tranviari, la stazione ferroviaria centrale, il cimitero del verano ed i cantieri aperti tutt’intorno della città in espansione, fa sì che trovino alloggio nel quartiere soprattutto manovali, muratori, ferroviari, tranvieri, netturbini ed artigiani, e tra questi soprattutto quelli legati alle attività cimiteriali.
E’ così che il quartiere si avvia a divenire un compatto nucleo operaio che riassume in sé tutte le possibili occupazioni della Roma proletaria.
Accanto a questo nucleo operaio, specie nei primi anni di forte immigrazione, si forma una componente di sbandati, occupati o sottoccupati che sopravvivono ricorrendo ad espedienti e metodi al di fuori della legalità.
La Condizione di vita a San Lorenzo era in questi anni sicuramente degradante; accanto al grosso nucleo operaio e proletario viveva una schiera di persone costrette dal degrado a vivere nell’illegalità; in ogni caso si sopravviveva tra grandi malesseri e difficoltà di ogni natura tra carenze economiche, igieniche e nell’analfabetismo.
E’ in questo contesto sociale che trova fertile terreno di diffusione il pensiero anarchico, come reazione diretta alle generalizzate condizioni di degrado.
Si tratta di un anarchismo che se in un primo momento si dà una vera e propria struttura, si organizza in circoli rionali, crea leghe di resistenza, stampa giornali, poi, dinanzi al progressivo prender piede del partito socialista, perde terreno come organizzazione vera e propria ma resta indiscutibilmente come substrato culturale, come riferimento ideale, come ribellione istintiva e pratica di vita.
E ancora oggi non è difficile trovare qua e là, tanto nei sanlorenzini d.o.c., quanto nei frequentatori del quartiere una tutt’altro che sottile matrice di anarchismo.

Il primo dopoguerra segna un momento decisivo per lo sviluppo sociale del quartiere. Nascono infatti organizzazioni e strutture sociali destinate a caratterizzare l’assetto sociale di San Lorenzo.
Contemporaneamente allo sviluppo sociale e culturale si diffonde così l’ideologia socialista, ancora oggi prevalente nel quartiere, che innestandosi sul pensiero anarchico preesistente e aggregandosi al comune sentimento di sfruttamento e malessere della classe proletaria sanlorenzina, crea una spiccata coscienza e solidarietà di classe, rafforzata non poco dal marcato senso di appartenenza alla comunità di quartiere indotta dall’isolamento urbanistico.
Da ciò deriva l’ancora oggi spiccatissimo senso di appartenenza territoriale degli abitanti di San Lorenzo.

I primi anni venti si caratterizzano per le reazioni ai primi atti di squadrismo fascista.San Lorenzo si era configurato ormai definitivamente come quartiere proletario con un indirizzo politico generalizzato di stampo socialista e di matrice anarchica.
L’ideologia fascista quindi non fa proseliti nel quartiere, viene anzi decisamente avversata; come spesso si sente dire ancora oggi dagli anziani del quartiere i fascisti sono entrati solo dopo la marcia su Roma.
Ma v’è da dire che è dal popolo, prima che dai partiti, che nasce questa netta avversione all’ideologia, quasi fosse un qualcosa di istintivo e personale. Ed anzi è proprio così.
Nascono spontaneamente, non appoggiati dai partiti socialisti, i primi movimenti degli arditi del popolo, i primi oppositori al regime fascista nella fase della sua progressiva formazione.
Gli arditi sono comunisti, socialisti, anarchici, circondati dall’adesione e dalla solidarietà dei ceti popolari. Anzi i partiti socialisti prendono le distanze da queste organizzazioni, proibendo ai propri iscritti di farne parte e infliggono un duro colpo firmando il patto di pacificazione con Mussolini.
Seppur con alterne vicende gli arditi saranno presenti a Roma fino alla marcia su Roma e S.Lorenzo sarà, insieme a Testaccio e Trionfale, dapprima sede organizzativa per gli arditi e più tardi roccaforte della resistenza al fascismo. Anche la sezione socialista di via dei Sardi, dopo una prima fase di distanza, appoggia gli arditi e partecipa in via non ufficiale alle attività, spinta dal fatto che i propri iscritti, incuranti delle indicazioni di partito, se non facevano parte dell’organizzazione degli arditi era accanto a loro. La popolazione tutta era con loro.
Negli arditi c’era anche un’ampia componente di personaggi che vivevano ed operavano nell’illegalità; emerge con chiarezza l’intrecciarsi di legalità e illegalità, di ideale politico e di istintiva ribellione, di tentativi organizzativi e reazioni individuali. Anche per questo le sezioni del quartiere trovarono difficoltà nell’appoggiare il movimento.
E’ in questo quadro sociale che si verificano diversi episodi di reazione e resistenza al fascismo nel quartiere. Episodi che mettono in risalto la compattezza del quartiere attorno agli arditi del popolo: da ogni tetto, da ogni finestra, ogni sorta di oggetti (dalle tegole all’acqua bollente) vengono scagliati sui fascisti; molte case si trasformano in veri e propri arsenali, ai ragazzi del quartiere viene dato ordine di disselciare le strade e portare tutto quello che potevano sulle terrazze e sui tetti, la partecipazione delle donne è incondizionata.
Il quartiere era compatto, l’organizzazione spontanea e la ribellione istintiva, naturale reazione di una comunità messa ai margini, costretta a vivere ai margini della società e della legalità, ostile verso tutto ciò che viene dall’esterno.
E’ solo nel 1922, con la marcia su Roma, che i fascisti entrano nel quartiere. Dalle finestre di San Lorenzo i sovversivi li accolsero col fuoco dei loro fucili, estrema, vana difesa di un mondo che stava per crollare. Le camicie nere risposero all’agguato con l’assalto, e la battaglia durò un’ora.

Con l’avvento del regime fascista, a partire dalla marcia su Roma, si verifica un netto peggioramento delle già misere condizioni economiche della gente di San Lorenzo.
Al contrario di quanto fatto in altri quartieri e in altre città italiane che presentavano similitudini con S.Lorenzo, il fascismo non svolge nel quartiere un opera di proselitismo; sembra disinteressarsi , sembra preferire una politica di progressivo abbandono ed emarginazione di una popolazione sfuggente ed eterogenea rispetto al mondo del lavoro, fortemente insofferente e nettamente ostile alle autorità.
Inizialmente non mancarono ribellioni estemporanee, rumorose, scollegate le une dalle altre, subito ridimensionate; col passare del tempo e con l’assestamento del regime nel quartiere gli atti di ribellione cedono il posto alla conservazione della memoria storica del quartiere.
La conservazione della memoria storica antifascista del quartiere induce a una presa di coscienza collettiva degli abitanti di S. Lorenzo come gruppo contrapposto al potere costituito e per questo perseguitato.

I bombardamenti del 19 luglio 1943, una data indimenticabile per San Lorenzo, senz’altro la più importante nella storia del quartiere.
Seconda guerra mondiale, Roma è sotto l’occupazione tedesca.
In questa data la capitale fu attaccata dalle formazioni di bombardieri alleati. Da San Lorenzo parte il bombardamento della città: è il primo quartiere ad essere bombardato ed è quello più duramente colpito. Ecco la descrizione di quello che avvenne:
Da 6.000 metri di altezza sulla verticale dello scalo merci S.Lorenzo “Lucky Lady” sgancia.
Sganciano contemporaneamente “Arkansas’ Travellers”, “Pretty Boy”, “Dark Lady”, “Winnie Oh Oh”, “Geronimo II” e gli altri B-17 della prima formazione. Sono esattamente le 11, un minuto e cinquanta secondi. Bombe da 500 libbre, 250 chili.
Il primo stick di otto bombe tocca terra alle 11.03, dopo un minuto e 10 secondi dal lancio: è quello mirato da Owen Gibson, il puntatore della “Lucky Lady”. Centra in pieno i binari, due vagoni e un capannone dello scalo merci San Lorenzo.
Una parte degli ultimi stick sganciati investe in progressione il Viale dello scalo San Lorenzo e il viale del Verano che ne costituisce il proseguimento, le due strade che costeggiano sulla destra l’area ferroviaria. Quella prima raffica tocca anche largo Talamo, via dei Liguri, via degli Enotri, via dei Piceni. Almeno otto palazzi sono centrati, su queste strade; un altro è colpito all’inizio di via Porta Labicana.
Arrivano altre formazioni, quelle che seguono il flight leader. Arrivano gli Squadron del 319° e del 54°, i B-17.
I bombardieri hanno l’ordine di lanciare mirando strettamente alle nubi di polvere, al fumo e agli incendi provocati dal primo passaggio, quello della formazione del flight leader, ma la zona coperta da polveri e fumi s’allarga sempre di più, ad ogni .., e inevitabilmente i grappoli di bombe finiscono fino a tre, quattro, cinquecento metri di distanza dallo scalo. Viene investito in pieno il quartiere San Lorenzo, vengono centrati il piazzale del Verano e l’adiacente piazzale San Lorenzo.
Le maggiori devastazioni sono concentrate nel triangolo formato dal piazzale Sisto V, piazzale San Lorenzo, piazza Porta Maggiore.
Il primo, sommario rapporto sui danni è quello dei vigili del fuoco inviato il giorno successivo al Ministero dell’Interno. Si parla di zone sconvolte dalle bombe, traffico impossibile, linee postelegrafoniche interrotte, stabili completamente rasi al suolo, depositi incendiati ancora in fiamme, zone spezzonate e mitragliate, strade interrotte da macerie, cavi elettrici, rotaie divelte e crateri delle bombe, tubazioni idriche interrotte.
L’unica breve relazione ufficiale italiana sul bombardamento parla di 3.000 bombe sganciate, tra quelle di grosso, medio e piccolo calibro, di oltre 2.000 morti e 2.000 feriti.
In realtà si è accertato successivamente che i morti non furono meno di 3.000 in quel bombardamento ed i feriti tra gli 11.000 e i 12.000.

Il secondo dopoguerra è un altro momento particolarmente duro per S. Lorenzo.
Le perdite subite sono davvero ingenti: tutti hanno perso alcune delle persone loro care, tutti hanno subito danni materiali a causa dei bombardamenti.
Si verifica immediatamente un massiccio esodo dei sanlorenzini in altre zone di Roma o nei paesi d’origine; il quartiere resta quasi deserto e le infrastrutture distrutte.
Quelli che restano scontano un altro periodo di grande povertà.
Inizia la ricostruzione, durerà diversi anni; ancora oggi è possibile trovare nel quartiere dei palazzi danneggiati dal bombardamento del 1943 non ancora ricostruiti.
A partire dalla fine degli anni sessanta il quartiere inizia a subire un graduale processo di “spersonalizzazione”.
Sono gli anni delle proteste giovanili, quella che prima era un’università d’elite si trasforma in università di massa; la posizione di San Lorenzo, attiguo alla città universitaria fa il resto.
Diviene naturalmente una delle roccheforti storiche di gruppi extraparlamentari di estrema sinistra come Autonomia Operaia o Lotta Continua.
Sono questi gli anni in cui vengono realizzate alcune opere pubbliche di grande rilievo per il quartiere: la costruzione degli edifici di Neuropsichiatria Infantile in via dei Reti e via dei Piceni e la Tangenziale Est, che viene costruita proprio tra i palazzi di Viale dello Scalo San Lorenzo, e che diverrà uno dei maggiori problemi del quartiere negli anni a seguire.

Si incontrano lo spirito e la cultura del mondo universitario con la semplicità e la ricchezza dei valori umani e sociali della gente del luogo, in un fecondo scambio reciproco; San Lorenzo diventa sempre più luogo di una cultura, lontana dagli schemi teorici e dottrinali, che sposa gli ideali di libertà e di fratellanza da sempre presenti nella comunità sanlorenzina e contemporaneamente diventa casa e laboratorio di molti artisti romani che qui riescono ad affrancarsi dalla rigidità degli schemi sociali altrove più stringenti.

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