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Lettera dal fronte interno
by Dino Frisullo Friday, Oct. 19, 2001 at 10:45 PM mail: dinofrisullo@libero.it

Un'ordinaria giornata di guerra. A Roma.

Siamo in guerra. Ve ne siete accorti?
Non dico la grandine di bombe sull'Afghanistan, la tempesta che s'addensa sull'Iraq e sui kurdi, i lampi di guerra in Kashmir, lo stillicidio di morte in Palestina. Dico la guerra qui, in occidente, nelle nostre città.

Il consiglio dei ministri ha approvato ieri una legislazione antiterrorismo che sanzionerà pesantemente chi ospita o aiuta i terroristi. I ministri dell'Interno e della Giustizia dell'UE hanno proposto, e fra poco sarà direttiva europea, un'estensione continentale dei mandati di cattura e dunque delle relative motivazioni. Se tanto mi dà tanto, fra poco potrei essere arrestato su mandato, poniamo, d'un giudice tedesco, perché ho accompagnato in una serie d'incontri un esponente del PKK kurdo, che in mezza Europa è fuorilegge ed è stato incluso dal Dipartimento di Stato Usa nella lista delle organizzazioni terroriste…

Sempre ieri, secondo un giornalista bene informato, il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di Roma ha deciso che in tempo di guerra tutti i campi di stranieri illegali vanno sgomberati. Come misura di prevenzione del terrorismo. Non si capisce se l'illegalità si riferisca allo status giuridico degli interessati o alla loro occupazione abusiva di spazi. Ad ambedue probabilmente, a discrezione degli agenti. Voleranno gli stracci, comunque. A migliaia. Come nel '91 fu sgomberata la Pantanella di Roma durante la guerra del Golfo. Si indica in particolare l'ex scuola Locatelli che da due anni ospita un gruppo di pakistani: l'immigrazione pakistana, tipicamente operaia, diviene ora sospetta. Quale Gino Strada alzerà la voce in difesa dei profughi di casa nostra?

Non era una forzatura dunque l'apertura del documento sui migranti approvato a Perugia dall'Onu dei Popoli, che chiamava ad una "interposizione umanitaria" in difesa delle vittime, nei luoghi in cui rischia di consumarsi la guerra della discriminazione e del razzismo, dalle frontiere ai ghetti urbani, dai centri di detenzione alle questure.

Già, le questure… Alle 3 di questa notte un folto gruppo di richiedenti asilo si disponeva a una lunga attesa, nella nottata che s'è fatta fredda, davanti al portone sbarrato dell'Ufficio stranieri della questura di Roma. Sperando di avere fortuna stavolta, di essere fra i pochi fortunati che stamattina avranno varcato quel portone e avranno potuto presentarsi ad uno sportello per sapere del loro destino, cioè del responso del cieco oracolo che sta al Viminale, la commissione che dopo un anno ed oltre di attesa decide dell'asilo o dell'espulsione - della vita o della morte.

Nell'ultima settimana sono già cinque, solo fra i kurdi di Turchia e solo a Roma, i responsi negativi dell'oracolo. Ieri sera erano in fila tutt'e cinque, lo sguardo perso nel vuoto, allo sportello legale dell'associazione Azad. "Considerato che l'atteggiamento di simpatia verso i partiti che appoggiano la causa curda, atteggiamento comune peraltro a tutto il popolo curdo, non dà luogo a una persecuzione diretta o personale..." Non sanno, quei funzionari, che la semplice simpatia per organizzazioni illegali costa lunghi anni di carcere duro in Turchia? Non gli ha forse raccontato, il diciannovenne Ayhan Tekin, del padre torturato dalla polizia davanti ai suoi occhi?

Ma la guerra copre, rimuove, ottunde. La guerra riduce i colori e le sfumature del mondo a un allucinante biancoenero: amico/nemico, e il nemico del mio amico (alleato Nato) è mio nemico.

Dunque era nemica anche Milli Gullu, morta per asfissia a ventisette anni nella stiva d'una nave negriera sotto gli occhi sbarrati del marito e delle due figlie piccole, e quella stiva fetida non fu aperta che due giorni dopo. Milli fuggiva da un processo daavnti al tribunale speciale per aver partecipato a uno sciopero della fame in difesa del suo presidente Ocalan, che prima di lei s'era presentato alla frontiera italiana per chiedere asilo. Uccisa lei prima di vedere l'Italia, consegnato lui alla cella della morte dopo averla appena intravista, l'Italia. Mi ha telefonato ieri sera M. da Crotone: al vedovo i gestori del centro d'accoglienza di Sant'Anna (su quella pista che vent'anni fa occupammo per non vederne decollare gli F-16, ed ora ospita le vittime degli F-16 in fuga) impediscono di uscire per vedere un'ultima volta, composto nell'obitorio e non nell'allucinante fetore di quella stiva, il corpo di sua moglie.

M. ha coraggio. Dieci giorni fa, sorpreso a Lecce con un fascio di riviste della lotta del suo popolo (legali in Italia), è stato fermato, tenuto in isolamento per tre giorni nel centro di Otranto indegnamente intitolato al povero vescovo scalzo Tonino Bello, interrogato, spogliato nudo, picchiato, infine rilasciato. Chi potrà denunciarli? La sua parola contro la loro.

Centri d'accoglienza come centri di detenzione. D'altronde Bossi e Fini non propongono di recludere tutti i richiedenti asilo, tanto per non sbagliare e prevenire le istanze "strumentali"? E Livia Turco non trova di meglio, davanti a quel povero cadavere, che addebitare al nuovo governo di non averne aperti di più, di centri di detenzione, e di non aver messo in pratica gli accordi d'interdizione dell'esodo (e dunque, presumibilmente, di rimpatrio degli asilanti) con la Turchia. Mi raccontava ieri al telefono il marito di Milli, e lo pubblicherà domani il Manifesto, che la polizia turca li ha scortati fino al porto di Smirne, quei fuggitivi, facendosi lautamente pagare il disturbo. Tanto, che crepino in mare o nelle galere, che differenza fa? E ieri, nelle galere a cui Milli è sfuggita solo con la morte, un altro detenuto è morto per fame.

Centri di detenzione.
Come quello cattolicissimo di Regina Pacis, a San Foca di Lecce, per il quale s'è chiesto addirittura il Nobel per la pace, e dal quale in agosto undici kurdi, in ottobre più di cento tamil dello Sri Lanka, sono stati consegnati alla polizia che a sua volta li ha consegnati ai loro torturatori. A Colombo è volato da Brindisi il primo charter "à la française" italiano. A bordo aveva centodieci disgraziati, che non avevano neppure potuto incontrare un avvocato, e cinquanta poliziotti di scorta.

Nel centro di Melendugno, a Lecce, più di trecento profughi hanno dovuto avviare uno sciopero della fame per ottenere almeno di potersi lavare e rivestire: avevano ancora indosso i panni della nave. Nel centro di Rotondella quaranta profughi, abbandonati dagli uomini e da dio, hanno inscenato una manifestazione.

Centri di detenzione... In quello di Ponte Galeria hanno portato cinque pakistani sorpresi nell'atto flagrante di vendere qualche cd senza pagare la tangente alla Siae, reato atroce a sanzionare il quale Bossi e Fini hanno destinato un terribilissinmo articolo della loro proposta di legge. Non so ancora se l'intervento dell'avvocata di Senzaconfine sia riuscito a evitargli il rimpatrio, so che al solo pensiero piangevano di paura: vengono dalla regione che confina con la guerra.

E dalla guerra fuggivano i compagni di sventura di Milli e suo marito, di guerra non finivano di parlare nel buio di quella stiva, mentre Milli agonizzava. Afghani, pakistani, irakeni, kurdi. La guerra moltiplica l'esodo, che accresce la sindrome d'invasione, che amplifica il razzismo, che sostanzia la guerra...

Per rompere questo cerchio infernale avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, forza e passione. Di una rete capillare che sappia spiegare, tutelare, rivendicare diritti umani e convivenza. Anche disobbedendo le leggi, se a partorirle sono i Le Pen e gli Haider di casa nostra.

Infine... scusate lo sfogo. Volevo solo dividere con voi il peso di una lunga giornata di guerra. Non a Kabul, a Roma.





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Titolo Autore Data
gia' francesca Friday, Oct. 19, 2001 at 10:45 PM
Stavo anch'io ragionando sul decreto Francesca Friday, Oct. 19, 2001 at 8:47 AM
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