CONTRO LA FEBBRE DEL PIANETA, PRESENTATO ALLA COP 9 DI MILANO IL PRIMO CONTRATTO MONDIALE SULL'ENERGIA
DALLA SOCIETA' CIVILE LE SOLUZIONI PRATICABILI PER RIDURRE LA DIPENDENZA DAL PETROLIO
Un deciso no al nucleare. Il potenziamento e la valorizzazione delle fonti rinnovabili per produrre energia pulita. Una strategia dei trasporti che punti alla rotaia e al cabotaggio anziché al trasporto su gomma. La rapida e piena attuazione delle direttive comunitarie sul risparmio e lo sviluppo per l'uso razionale ed efficiente dell'energia. Non ultima, una diversa politica fiscale, basata sul principio del "chi inquina paga". Sono questi i punti chiave per un Contratto Mondiale dell'Energia, il documento presentato oggi alla COP9 di Milano da Legambiente, Forum Ambientalista, Sinistra Ecologista, Cepes - Sole del mediterraneo, Attac Italia, Fiom-CGIL. In nome di una concreta e necessaria svolta nelle politiche energetiche mondiali, i firmatari propongono di dare vita a una piattaforma comune che coinvolga tanto le autonomie locali, quanto la comunità scientifica. Una rete continentale, insomma, per monitorare e orientare le questioni energetico ambientali, perché tutti gli esseri umani vedano riconosciuto il proprio diritto all'energia e perché vengano salvaguardati, al tempo stesso, gli equilibri ambientali e climatici del pianeta.
"Sono proprio le ragioni della pace, della collaborazione tra i popoli, della lotta alla povertà e della tutela dell'ambiente", ha dichiarato Maurizio Gubbiotti responsabile del Dipartimento Internazionale di Legambiente, "a imporre la necessità di un profondo mutamento dell'attuale sistema di produzione energetica, basato sull'impiego dei combustibili fossili. Un modello alternativo fondato sulle rinnovabili, presenti in maniera diffusa su tutto il pianeta, garantirebbe il diritto all'energia per miliardi di persone ridurrebbe l'inquinamento dell'aria con enormi vantaggi per la salute di tutti. L'obiettivo strategico e di lungo periodo che perseguiamo è che, entro il 2050, i consumi non rinnovabili, pro-capite, si attestino in ogni Paese del mondo entro la soglia di 1 tep fossile. Una grande sfida, possibile ma molto impegnativa, considerando che oggi un europeo consuma mediamente 3 tep d'energia l'anno e un americano arriva quasi agli 8 ".
In questo quadro, un ruolo importante spetta all'Europa, più attenta degli Stati Uniti ai bisogni sociali e agli obiettivi di tutela ambientale. Povera di risorse fossili, l'Europa ha inoltre tutto l'interesse a porsi all' avanguardia della battaglia per un nuovo modello energetico. Tenendo conto di alcuni punti fermi. Il primo, che non si esce dal petrolio rilanciando il nucleare e che l'obiettivo è quello di un'Europa denuclearizzata. Inoltre, vanno contrastate le attuali strategie europee in materia di trasporti, che puntano esclusivamente sullo sviluppo delle vie di comunicazione transfrontaliere, sulle grandi opere autostradali e su nuovi trafori alpini.
Riguardo alle fonti rinnovabili, il Contratto Mondiale per l'Energia sottolinea che le vere fonti rinnovabili sono il solare termico, il fotovoltaico, l'eolico, le biomasse e il piccolo idroelettrico e non le cosiddette fonti assimilate (i rifiuti, il carbone miscelato a acqua, il gasolio bianco). Fonti di energia queste, non solo pulite ma anche, già oggi, economicamente convenienti se soltanto si considerassero tra i costi derivanti dai combustibili fossili anche quelli dei danni prodotti all ambiente. Così, sul fronte italiano, un passaggio prioritario è l'approvazione di un nuovo Piano nazionale per l'energia, che riveda quello del 1998 e definisca nuovi obiettivi dell'aumento dell'efficienza, l' incremento delle rinnovabili e l'aggiornamento dei Piani regionali.
PER UN CONTRATTO MONDIALE DELL’ENERGIA
BENE COMUNE DELL’UMANITA’
PACE CLIMA EQUITA’
UN SISTEMA INIQUO E INSOSTENIBILE
Gli attuali processi di
globalizzazione, dominati da una logica neo imperialista e neo
liberista, rendono sempre più gravi ed evidenti quattro
nodi fondamentali:
l’impatto
ambientale e climatico dell’inquinamento, ormai vicino ad un
punto di non ritorno
l’iniquità
e l’insostenibilità sociale ed ecologica dell’odierno
sistema di governo dell’economia mondiale, che penalizza i
popoli del Sud del mondo e mette a rischio gli interessi delle
generazioni future
il tentativo di
omologare ogni espressione culturale, sociale, ogni identità
al modello americano, l’idea che sia lecito depredare in pochi
anni le risorse accumulatesi in milioni d’anni d’evoluzione
naturale
Tali tendenze trovano
giustificazione nell’ideologia della crescita economica
illimitata e del consumismo, di un positivismo acritico che
attribuisce alla scienza poteri quasi taumaturgici, del mercato come
unico meccanismo regolatore della convivenza tra gli uomini, le
comunità, i popoli.
Per i movimenti che si battono contro questo modello di
globalizzazione, porre al centro della propria iniziativa la
questione energetica è condizione decisiva per
imboccare una nuova via ecologicamente sostenibile,
Oggi i Paesi industrializzati (1/5 della popolazione mondiale), il
cui sistema energetico si basa sui combustibili fossili, consumano
per ogni loro cittadino l’equivalente del lavoro di 20 “schiavi
energetici”. Ma le possibilità di sfruttare le risorse
fossili non sono infinite, ed è di tutta evidenza che la
guerra “preventiva” e “permanente” in atto
serve proprio ad assicurare ai più ricchi il controllo delle
risorse residue di petrolio e gas naturale (quelle più
concentrate e più facilmente trasportabili, dunque molto più
preziose del carbone).
Le
ragioni della pace, del dialogo e della collaborazione tra i popoli,
della salvezza dell’ambiente, della lotta alla povertà
impongono una svolta nelle politiche energetiche.
Porre fine alla dipendenza dei sistemi energetici dai combustibili
fossili contribuirebbe, infatti, alla fine delle guerre e delle
violenze che insanguinano il mondo e fermerebbe i cambiamenti
climatici che sono già una drammatica realtà.
L’affermazione, invece, di un modello alternativo fondato sulle
fonti rinnovabili, presenti in maniera diffusa su tutto il pianeta,
garantirebbe il diritto all’energia per miliardi d’uomini
e donne e ridurrebbe l’inquinamento dell’aria con enormi
vantaggi per la salute di tutti. Servono dunque scelte economiche e
fiscali che eliminino le attuali distorsioni di mercato, le quali
consentono di produrre energia da fonti fossili scaricando sulla
collettività i costi per il recupero ambientale e per la
salute dei cittadini. Va inoltre sostenuta la ricerca per la
sperimentazione e utilizzazione dell’idrogeno, prodotto però
con fonti rinnovabili. Ed infine ai fini della nuova politica
energetica, occorre un pieno coinvolgimento nei processi decisionali
delle istituzioni locali (regioni, province e comuni).
Perché tutti gli
esseri umani vedano riconosciuto il loro diritto all’energia e
perché al tempo stesso siano salvaguardati gli equilibri
ambientali e climatici, occorre innanzi tutto superare l’attuale
squilibrio, nei consumi energetici, tra Nord e Sud del mondo:
L’obiettivo
strategico e di lungo periodo che perseguiamo è che, entro il
2050, i consumi non rinnovabili, pro-capite, si attestino in ogni
Paese del mondo entro la soglia di 1 tep fossile.
Una grande sfida,
possibile ma molto impegnativa, considerando che oggi un europeo
consuma mediamente 3 tep d’energia l’anno e un americano
arriva quasi agli 8
IL RUOLO DELL’EUROPA
Un’Europa diversa è possibile solo con un sistema
energetico alternativo.
Povera di risorse fossili, più attenta degli Stati Uniti ai
bisogni sociali e agli obiettivi di tutela ambientale, l’Europa
ha tutto l’interesse di porsi all’avanguardia della
battaglia per un nuovo modello energetico.
Del
resto, anche nel settore dell’energia il fallimento delle
politiche liberiste è sotto gli occhi di tutti, confermato
dalla successione di black-out che ha segnato gli ultimi mesi.
Nessuno può rimpiangere i vecchi monopoli, gestiti spesso in
modo clientelare. Ma l’attuale liberalizzazione selvaggia del
mercato ha ulteriormente allontanato la gestione del sistema
energetico da criteri accettabili di equità sociale, di tutela
ambientale, di prevenzione del rischio climatico e sicurezza del
servizio. Le tariffe sono le stesse di ieri, e nel frattempo sono
peggiorati lo stato di manutenzione della rete e la qualità
del servizio. Di fronte all’ormai conclamata insostenibilità
sociale ed ambientale dell’attuale sistema energetico (basti
pensare alle migliaia di vecchi lasciati morire nelle settimane del
“gran caldo”), un’Europa, sempre più
indipendente dal petrolio, non solo è possibile, ma è
quanto mai necessaria.
Con
la nostra iniziativa ci proponiamo di promuovere le necessarie
riforme economiche, fiscali e tariffarie necessarie per affermare
un nuovo modello economico ed energetico che privilegi le fonti
rinnovabili, la produzione di energia diffusa sul territorio, il
risparmio e il miglioramento dell’efficienza energetica.
Questi i terreni su cui
costruire una svolta radicale nelle politiche energetiche
dell’Europa:
raggiungere, nei tempi previsti
e anche su base unilaterale, gli obiettivi di riduzione dei gas
climalteranti stabiliti nel Protocollo di Kyoto. Ciò
andrà fatto senza un utilizzo massiccio dei meccanismi
flessibili (in particolare la “truffa” dei crediti di
emissione) previsti dal trattato. Ma, per impedire i mutamenti
climatici, Kyoto non è più sufficiente. La stessa
comunità scientifica mondiale richiede, infatti, impegni di
riduzione dei gas serra del 70%. L’obiettivo che l’Europa
deve realizzare è di ridurre le emissioni di di CO2 del 35%
entro il 2020, rispetto al 1990.
fermare la
privatizzazione e la liberalizzazione selvagge dei servizi
d’interesse pubblico, e in particolare dell’energia;
favorire lo sviluppo
di cicli produttivi a minore impiego di materie prime e di energia
e a più basso impatto inquinante
disincentivare i
fenomeni di delocalizzazione delle attività produttive
che approfittano dell’assenza nei Paesi poveri di regole per
la tutela del lavoro e dell’ambiente
una forte
programmazione pubblica degli interventi in campo energetico,
basata su criteri di trasparenza, sostenibilità ambientale e
controllo democratico, che si realizzi attraverso impegni di
collaborazione fra le diverse istituzioni locali e le imprese.
estendere e rafforzare le “reti” sviluppatesi in
questi anni, a partire dai movimenti e dalle mobilitazioni
contro il nucleare, a quelli per una gestione socialmente ed
ambientalmente coerente dei rifiuti, contro la privatizzazione
selvaggia dell'acqua, per città vivibili e senza traffico,
contro la nocività e l’insicurezza dei luoghi di
lavoro, per la valorizzazione delle identità e delle
tradizioni locali
DALLA
CONCENTRAZIONE MONOPOLISTICA DELL’ENERGIA
ALLA
GENERAZIONE DIFFUSA: I CAMBIAMENTI NECESSARI
L’attuale modello energetico concentrato e monopolistico,
basato su grandi centrali e lunghe linee di trasmissione, impedisce
un efficace controllo democratico ed espone a grandi rischi anche in
termini di efficienza del servizio (come dimostrano i recenti
black-out) e di sicurezza di fronte ad eventuali azioni militari e
terroristiche. Bisogna passare ad un modello diffuso, che usi le
fonti, di cui il territorio dispone in abbondanza, (sole, vento,
biomasse, mini-idroelettrico e la microcogenerazione).
Non
si esce dal petrolio rilanciando il nucleare: entrambe le scelte sono
figlie di una medesima “filosofia” nella quale la salute
dei cittadini, le ragioni dell’ambiente, della socialità
e del controllo democratico sono sacrificate ai grandi interessi
economici.
L’Italia ha detto no al nucleare oltre quindici anni fa,
sulla stessa strada sono avviate la Germania, la Svizzera, il Regno
Unito, e d’altra parte nessuno dei rischi legati all’uso
dell’atomo è stato neutralizzato.
Un’Europa
denuclearizzata è il nostro obiettivo, e nella
costituzione europea sia evitato ogni riferimento al trattato
Eurotom del 1957 che favorisce l’industria nucleare a
scapito delle energie pulite.
Il
trasporto su strada è la forma di mobilità che consuma
più energia e produce di gran lunga maggiori danni ambientali
e sociali in termini di morti e feriti stradali. Occorre dunque
trasferire quote significative di passeggeri e di merci dalla gomma
alla rotaia e al cabotaggio, potenziare nelle città i servizi
di trasporto collettivo, incentivare le tecnologie e i carburanti a
più basso impatto inquinante.
Per
questo vanno contrastate le attuali strategie europee che puntano
tutto, per lo sviluppo delle vie di comunicazione transfrontaliere,
su grandi opere autostradali e su nuovi trafori alpini, e in
Italia va sconfitta la politica del ministro Lunardi che, con
la Legge Obiettivo, depotenzia i controlli ambientali, santifica la
logica delle “grandi opere” (dal Ponte sullo Stretto di
Messina all’Alta Velocità ferroviaria) fra le quali
predominano quelle stradali.
Nel quadro generale delle politiche di trasporto s’inserisce
anche la questione dell’auto e in particolare la crisi della
Fiat. La crisi dell’auto colpisce tutte le grandi industrie
automobilistiche a livello mondiale, ma nel caso della Fiat alle
difficoltà strutturali di un settore in evidente saturazione
si aggiungono le conseguenze di una strategia aziendale che ha
completamente trascurato la ricerca e l’innovazione di
prodotto. L’auto, per avere un futuro, deve offrire modelli
completamente riciclabili, con motori a bassissime o zero emissioni e
integrati in sistemi di mobilità urbana intermodali.
Lo
sviluppo di politiche per l’uso razionale ed efficiente
dell’energia è un altro caposaldo per liberare
l’Europa dalla schiavitù del petrolio.
Bisogna che sia data rapida e piena attuazione alle direttive
comunitarie sul risparmio, perché il miglioramento
dell’efficienza energetica può garantire, a parità
di servizi resi, bollette più “leggere” e può
inoltre favorire l’innovazione tecnologica (si pensi ai nuovi
materiali per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, o
ai nuovi elettrodomestici che consumano poca energia ed acqua), con
ricadute importanti anche in termini occupazionali. Al tempo stesso
servono modifiche al sistema tariffario, che spingano le
aziende distributrici a fornire ai cittadini e alle imprese servizi
post-contatore per il risparmio.
Per l’Italia un
passaggio prioritario è l’approvazione di un nuovo Piano
nazionale per l’energia (l’ultimo è del 1988), che
definisca obiettivi di aumento dell’efficienza e di incremento
delle fonti rinnovabili, e l’aggiornamento dei Piani regionali.
Uno studio recente del Ministero dell’Ambiente ha evidenziato
che a parità di comfort, i consumi energetici possono essere
ridotti del 30%: ciò dimostra che gran parte dei bisogni di
caldo, freddo e illuminazione, può essere soddisfatta, anziché
con nuove centrali, utilizzando meglio e con più efficienza
l’energia disponibile.
Un primo punto importante è dissipare le troppe confusioni,
spesso strumentali, sul concetto stesso di fonti rinnovabili. Non
vanno considerate rinnovabili, come peraltro ha chiarito l’Unione
europea, le cosiddette fonti “assimilate”: i
rifiuti, il carbone miscelato ad acqua (acquacarbone),
il gasolio bianco.
Le vere fonti rinnovabili sono il solare termico e fotovoltaico,
l’eolico, le biomasse, il piccolo idroelettrico: energie non
solo ambientalmente pulite, ma già oggi economicamente
convenienti se solo tra i costi del petrolio e dei combustibili
fossili, o del nucleare, fossero considerati quelli “esterni”
legati ai danni prodotti all’ambiente e al clima.
Solare
termico. Bisogna battersi, comune per comune, per nuovi
regolamenti edilizi che rendano concreto il “diritto al sole”,
e che premino chi investe nell’energia pulita (chi installa
pannelli solari termici deve poter dedurre integralmente la spesa
dalla dichiarazione dei redditi).
Eolico
e solare fotovoltaico. Vanno estesi a tutti i Paesi europei gli
stessi meccanismi di incentivazione già presenti in Germania,
Austria e Spagna, che hanno dato ottimi risultati: i cittadini
e le imprese che installano pannelli fotovoltaici e pale eoliche
possono vendere l’energia al gestore della rete, che è
obbligato ad acquistarla remunerando la quantità di energia
effettivamente prodotta ed anche il vantaggio ambientale che quella
comporta. Ciò è tanto più urgente nel caso
dell’Italia, Paese ricchissimo di sole e di vento, ma dove lo
sfruttamento di tali risorse è ancora limitatissimo anche
perché la stragrande maggioranza dei fondi destinati alle
rinnovabili è stata in realtà’ utilizzata per
favorire le cosiddette “assimilate” quali i rifiuti, il
maxi-idroelettrico e la cogenerazione industriale. Se il ritardo non
sarà colmato, il nostro Paese perderà una grande
occasione non solo sul piano ambientale, ma anche in termini di
innovazione tecnologica.
Biomasse.
Il recupero di energia dalle biomasse è una possibilità
da valorizzare, a patto però che la materia prima sia
prelevata in loco e nel massimo rispetto degli equilibri ambientali
(manutenzioni dei boschi, residui di segherie) e che la produzione di
energia avvenga in impianti di piccola taglia. Quanto alle frazioni
organiche dei rifiuti, va invece di gran lunga preferito il recupero
attraverso la produzione di compost, che restituisce al terreno
materia organica.
Idroelettrico
e geotermia. L’idroelettrico è una fonte su cui
puntare prevalentemente per impianti di piccole dimensioni e in
condizioni nelle quali risultino pienamente salvaguardati gli
equilibri ambientali dei corpi idrici. Per la geotermia, utile per
produrre energia elettrica e soprattutto calore ma che in più
di un caso in passato ha procurato danni ambientali, occorre che lo
sfruttamento avvenga secondo criteri rigorosi di tutela ambientale.
Microcogenerazione.
Nella transizione verso un modello energetico imperniato sulle fonti
rinnovabili, molto utile è la diffusione della
microcogenerazione (elettricità + calore) e della
trigenerazione (elettricità + calore + freddo): tecnologie
“mature”, particolarmente adatte a soddisfare il
fabbisogno di strutture civili come condomini residenziali, ospedali,
alberghi, supermercati e centri commerciali.
La
realizzazione di un nuovo modello energetico richiede una svolta
radicale nelle politiche fiscali europee. Serve spostare
progressivamente la pressione fiscale dal lavoro e dalle imprese
allo sfruttamento delle risorse naturali e alle produzioni più
inquinanti, partendo da un forte rilancio della
“energy-carbon tax” e del principio “chi inquina
paga”.
La COP 9 di MILANO
Proponiamo alla COP 9
di Milano di dar vita ad una rete continentale sulle
questioni energetico-ambientali, attraverso la quale
consolidare, unificare ed estendere le mobilitazioni contro le
scelte energetiche che mantengono al centro l’uso dei
combustibili fossili e del nucleare, e promuovere una piattaforma
comune alternativa per la quale questo documento è un
primo contributo. In tale prospettiva:
E’
fondamentale il rapporto con il movimento dei lavoratori e con il
sindacato. Il miglioramento dell’efficienza energetica e lo
sviluppo delle fonti rinnovabili portano importanti incrementi di
nuova occupazione, anche se ciò comporta la
riconversione di settori produttivi tradizionali. Infatti, come
dimostra il caso Germania (con 130.000 occupati nel settore delle
fonti rinnovabili), il saldo occupazionale di queste nuove
tecnologie è positivo
E’
fondamentale il collegamento con le autonomie locali, che
devono diventare i veri protagonisti istituzionali di scelte
energetiche innovative e partecipate nel segno di un modello
energetico distribuito
E’
fondamentale il coinvolgimento della comunità scientifica
e del mondo della ricerca, con cui va ricercato un vero e proprio
patto che favorisca l’innovazione tecnologica non finalizzata
al profitto, ma alla tutela dell’ambiente.
Infine, è
fondamentale costruire un rapporto nuovo tra i Paesi che si
affacciano sul Mediterraneo. A vquesto fine l’Italia può
svolgere un ruolo importante per la sua collocazione geografica,
purché però assuma il solare come opzione
prioritaria del suo futuro energetico. Il nostro Paese si trova
al centro di un mare comune a molti Paesi europei, africani e
mediorientali. Proprio oggi che l’energia muove conflitti
terribili, un grande investimento nel solare può diventare la
principale via concreta e simbolica per fare del Mediterraneo un
mare di pace, di dialogo, di sviluppo sostenibile. Sostituire il
petrolio con il sole: questa la sfida che deve impegnare tutti i
popoli del Mediterraneo. IL SOLE DEL MEDITERRANEO: LA PACE PASSA
ANCHE DA QUI.
Testo proposto da: Legambiente, Forum Ambientalista, Sinistra
Ecologista, Cepes,
Sole del mediterraneo, Attac
Italia, Fiom-CGIL
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