L'occupazione delle città cisgiordane, l'isolamento di Arafat,la rappresaglia contro presunti terroristi spinta fino alla deportazione
Questione di tempo. Entro l'autunno, o all'inizio del 2003? Sull'attacco degli USA all'Iraq i media internazionali sembrano nutrire pochi dubbi, diffondendo di settimana in settimana dettagli sui preparativi dell'apparato bellico statunitense e dichiarazioni poco concilianti del presidente americano George W. Bush: "Saddam Hussein fino a prova contraria resta un nemico". Sui tempi e perfino sulle modalità di una nuova Guerra del Golfo, però, si inseriscono la variabile israelo-palestinese e l'atteggiamento dei Paesi arabi, riluttanti ad appoggiare un nuovo attacco ad uno Stato islamico dopo l'Afghanistan dei Talebani per evitare di ridare fiato alle fazioni islamiche più estremiste in patria e nell'intera Regione. In questo scenario, Israele si trova a fronteggiare una nuova pesantissima ondata di attentati terroristici, con decine di vittime fra civili inermi e, nonostante tutto, indifesi. Mentre continua l'occupazione dei centri cisgiordani, il Paese si prepara a nuove paure con vecchi nemici: sono già pronte, nei magazzini, migliaia di maschere anti gas per resistere ad un eventuale attacco chimico-batteriologico di Saddam Hussein. Il governo Sharon avrebbe chiesto a Washington un preavviso su un eventuale attacco contro l'Iraq di almeno 72 ore per preparare le proprie difese. Secondo il quotidiano Haaretz, Israele avrebbe deciso di rispondere ad ogni eventuale attacco iracheno, a differenza di quanto avvenne nella Guerra del Golfo (1990-91), quando venne bersagliata da 39 missili Scud a ogiva convenzionale senza replicare agli attacchi. Washington avrebbe accettato la decisone di Israele insistendo però per una risposta militare simbolica che contenga il conflitto con l'Iraq entro limiti controllabili. Negli ultimi mesi Israele ha completato l'installazione sul proprio territorio del sistema di difesa missilistico Arrow, che insieme al lancio di un satellite spia militare dovrebbe, secondo il Ministero della Difesa, garantire un alto livello di sicurezza, nonostante le perplessità di alcuni esperti. Le probabilità di intercettare uno Scud sono circa del 50%, e ogni missile Arrow costa dieci volte di più di uno Scud: se l'arsenale iracheno fosse sufficientemente nutrito, Israele rischierebbe di finire le proprie munizioni assai prima di Saddam Preoccupazioni più teoriche che reali, considerato il forte legame con gli USA, ma è chiaro che una nuova guerra al vicino scomodo, di problemi ad Israele ne pone, e molti.Con l'esercito e l'aviazione impegnati quotidianamente in rastrellamenti e raid aerei nei Territori, Israele si trova di fatto, a dover fronteggiare un pericolo ben noto, quello della dispersione di forze e della potenziale moltiplicazione dei fronti di guerra. Il più pericoloso, anche questa volta, è quello interno: ormai paralizzata e sottoposta a rigidi controlli la circolazione fra territori occupati e Israele, a costo di asfissiare un'economia già anemica come quella palestinese, ai check point si moltiplicano gli arresti di aspiranti suicidi e gli incidenti nel tentativo di prevenire altre stragi. Ma qualche terrorista, magari un'adolescente dall'aspetto innocuo, passa ugualmente e la sicurezza dei cittadini israeliani resta una chimera, come ha dimostrato anche l'attentato del 4 agosto a Safad: una strage pianificata e portata a termine nonostante l'imponente presenza di militari israeliani nella zona, costata la vita a una decina di persone e ferite gravi ad altre 50. Senza contare le aggressioni ai coloni (ormai quasi una al giorno) e le minacce di Hamas, della Jihad islamica e delle Brigate martiri di al Aqsa. Un'escalation senza fine apparente, tanto da indurre il premier Sharon a riunirsi con i responsabili dei servizi di intelligence e della Difesa per cercare di prevenire attentati ancor più terribili. E per mettere nero su bianco eventuali maxi-rappresaglie. Fra le ipotesi prese in esame, grandi esplosioni a catena nel cuore di Israele, a Tel Aviv e dintorni. Scenari apocalittici ritenuti ormai possibili, se non probabili, tanto che polizia, pompieri, ospedali e militari nelle ultime settimane hanno intensificato esercitazioni su larga scala con simulazione di soccorso, evacuazione, gestione dell'emergenza in quartieri periferici di Tel Aviv. E lo scorso 25 luglio il ministro della Difesa Benjamin Ben Eliezer ha giustificato l'eliminazione mirata del capo dell'ala militare di Hamas, Salah Chéhadé, sostenendo che quest'ultimo aveva progettato un maxi attentato in Israele con l'impiego di un camion bomba carico di una tonnellata di esplosivi. Tre giorni prima, il 22 luglio, lo stesso Salah Chéhadé era stato ucciso in un raid israeliano che aveva causato la morte di altri 14 palestinesi fra i quali 9 bambini."Dal 1967 ad oggi - ha ricordato il Pontefice prima di Ferragosto - c'è stato un susseguirsi spaventoso di indicibili sofferenze: sofferenze dei palestinesi, cacciati dalle proprie terre o costretti, in questi ultimi tempi, a uno stato di permanente assedio, oggetto quasi di una punizione collettiva; sofferenze della popolazione isareliana, che vive nel quotidiano terrore di essere bersaglio di anonimi attentatori. A ciò si aggiunge la violazione di un diritto fondamentale, quello della libertà di culto. In effetti, a causa di un rigido coprifuoco, nel giorno della preghiera settimanale, i credenti non hanno più accesso ai luoghi di culto". "Il Papa - ha aggiunto Giovanni Paolo II - desidera ripetere a tutti, a qualsiasi gruppo appartenga, che non vi è alcuna distinzione tra chi uccide in modo indiscriminato persone civili. Dal '67 a oggi c'è stato un susseguirsi spaventoso di indicibili sofferenze: dei palestinesi cacciati dalla proprie terre o costretti a uno stato di permanente assedio, e degli israeliani, che vivono nel quotidiano terrore di essere il bersaglio di anonimi attentatori". L'occupazione delle città cisgiordane, l'isolamento di Arafat, la rappresaglia contro presunti terroristi spinta fino alla deportazione (poi rientrata) dei parenti nei campi profughi non sembrano d'altra parte aumentare la sicurezza dei cittadini israeliani e sui media locali aumentano le critiche alla linea dura voluta dal premier Sharon: le esecuzioni mirate, gli arresti e soprattutto il continuo impiego dei militari nei Territori sembra precipitare il Paese in un nuovo Libano, questa volta ancora entro le mura di casa, più vicino e pericoloso. Un sondaggio rivela: la maggior parte dei cittadini israeliani è disposta a cedere sul terreno delle colonie pur di riguadagnare un minimo di sicurezza. L'azzeramento della leadership di Arafat, indubbio successo politico del premier israeliano agli occhi della destra oltranzista, rischia di aumentare i proseliti di Hamas nei Territori. La guerra all'Iraq, che potrebbe costringere lo stesso Arafat, questa volta, a non schierarsi con il rais di Baghdad, costituisce un ulteriore fattore di disintegrazione potenziale dell'Anp, proprio mentre sulla spinta delle pressioni americane una nuova dirigenza palestinese è chiamata ad affacciarsi sulla scena internazionale. Anche di questo si parla in Israele e Cisgiordania,mentre a Washington rapporti dell'intelligence insistono:la vasta coalazione che appoggiò la guerra in Afghanistan, includendo anche Paesi arabi di primissimo piano, sostanzialmente non c'è più.Di fronte ad un attacco a Baghdad se gli europei sono perplessi,Sauditi e Giordani sono apertamente contrari.Trasformare la guerra a Saddam Hussein in una sfida al mondo islamico potrebbe accendere nell'intero Medio Oriente una polveriera difficile,dopo,da controllare.
www.rainews24.rai.it/ran24/speciali/medio_oriente/default.htm
|