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contro la militarizzazione della Sardegna e gli arruolamenti
by pseudo e post Thursday, Oct. 16, 2003 at 11:49 AM mail:

in occasione del previsto ampliamento della base di la Maddalena, inviamo questo contributo

La propaganda militarista sostiene che l'arruolamento nell'esercito professionale sia un'occasione di sviluppo e occupazione per i giovani sardi, una valida alternativa alla disoccupazione o all'emigrare. E' una tesi ingiusta e beffarda. Ancor più se proposta in un territorio che è stato depredato, occupato e contaminato pesantemente dalle installazioni belliche. Dopo aver devastato un territorio, sottratto risorse alle popolazioni che lo abitano, ci chiedono di diventare loro complici, difendendo le loro ruberìe e praticandone delle nuove, in altri territori.

E' dagli anni Cinquanta che Nato, Stati Uniti ed esercito italiano hanno incominciato a sfruttare intensamente la posizione geografica della Sardegna come area strategica di servizi bellici: esercitazioni, addestramento, sperimentazioni di nuovi sistemi d'arma, guerre simulate, depositi di carburanti, armi e munizioni, rete di spionaggio e telecomunicazioni. Il 66% della superficie soggetta a servitù militari in Italia, si trova in Sardegna. La vastità degli spazi aerei e marittimi, militarmente asserviti, è impressionante. Solo il tratto di mare annesso al poligono Salto di Quirra supera in estensione la superficie dell'intera isola. Gli effetti sui destini, la vita e la salute delle popolazioni coinvolte sono dirompenti.

Nel nord dell'Isola spicca per pericolosità la base USA della Maddalena-Santo Stefano-Tavolara, rifugio e punto di appoggio per i sottomarini a propulsione nucleare della VI flotta, armati con missili a testata termonucleare. La base è stata concessa, dal governo italiano a quello USA, in base ad accordi stipulati nel 1954- '72-'78,'79, tuttora coperti da segreto militare e mai ratificati dal parlamento, ed è a tutti gli effetti un'entità extraterritoriale sottoposta alla giurisdizione USA.
All'inizio degli anni Settanta, subito dopo l'installazione della base, si registra un aumento della radioattività nel territorio. Insieme ai tentennamenti della scienza e alle dichiarazioni rassicuranti degli amministratori, nascono tre neonati con gravissime malformazioni craniche. E' il 1974. La notizia viene nascosta per oltre un anno. La popolazione inizia a insorgere e vengono effettuati i primi sabotaggi e attentati contro la presenza americana nell'isola.
Il 20 settembre del 1977, mentre la stampa è impegnata a divulgare notizie sulla sicurezza delle installazioni nucleari, il sommergibile americano USS RAY, a propulsione e armamento nucleare, urta violentemente il fondale marino a 70 miglia a sud di Cagliari, riportando danni che non saranno mai precisati, ma che devono essere di una certa gravità, visto che il sottomarino deve urgentemente ricorrere all'assistenza della base di la Maddalena, da dove il fatto trapela. L'opposizione alla presenza militare in Sardegna cresce.
Oggi, mentre i medici di base continuano a denunciare percentuali anomale di tumori e alterazioni genetiche e mentre tutte le rilevazioni indipendenti registrano elevati tassi di inquinamento da isotopi radioattivi di cesio e di cobalto, i militari presentano un progetto di espansione della base maddalenina: 52 mila metri cubi di edifici e strutture di cemento armato, tra cui un enorme molo d'attracco, adatto all'ormeggio di navi militari. A questo punto l'installazione, da punto di appoggio per i sommergibili nucleari, si trasformerebbe, così come si legge nei documenti ufficiali della marina USA, in una vera e propria base navale per la VI flotta. I poteri civili competenti (comitato paritetico regionale) hanno espresso un parere contrario all'allargamento della base, ma il governo nazionale ha il potere di non tenerne conto. Infatti, nei primi giorni di ottobre 2003, il ministro della Difesa, Antonio Martino, ha firmato un atto amministrativo che autorizza gli americani ad ampliare l'installazione, appellandosi a "superiore interesse della difesa nazionale e della sicurezza militare...".
Anche se la presenza dei sottomarini nucleari nell'arcipelago della Maddalena dura ormai da più di 30 anni, l'opposizione della popolazione sarda non è certo sopita. Tra gli episodi più recenti: nel 1991 la polizia ha aperto il fuoco contro una manifestazione antimilitarista, ferendo un ragazzo; il 22 Febbraio 2003, ancora disordini tra polizia e manifestanti, durante un'iniziativa pubblica contro la presenza della base.

Più a sud, sulla costa orientale della Sardegna, il poligono missilistico sperimentale di Perdasdefogu - Quirra è il più vasto d'Europa (circa 13 mila ettari di demanio militare). Istituito nel 1957, è utilizzato sia dalle forze armate Italia- Nato, che dalle multinazionali che fabbricano ordigni bellici. Funziona come un grande shopping center dove le industrie private sperimentano e collaudano missili, razzi, armamenti, materiali da guerra e dove conducono organismi militari stranieri, i potenziali clienti, per le dimostrazioni promozionali prima degli acquisti. Il poligono comprende il diritto all'uso del mare sardo come bersaglio e discarica missilistica. Oltre all'area permanentemente occupata dal poligono, una porzione di territorio molto più ampia (da Capo Ferrato a Capo Comino) è disseminata di installazioni di vario tipo (radar, antenne..) ed è sottoposta a limitazioni d'uso.
La situazione di Quirra è disperata. La gran parte della popolazione, a causa di espropri e servitù militari, è stata costretta ad abbandonare il territorio. Tra i pochi rimasti (circa 150 abitanti), vi sono stati numerosissimi casi di tumore al sistema emolinfatico e ben 16 decessi (oltre il 10 per cento della popolazione!). A testimonianza della vastità del territorio, sottoposta all'inquinamento ambientale, provocato dal poligono missilistico, riportiamo il fatto che, anche Escalaplano, paese ben lontano sia dalla costa che dal perimetro del poligono, denuncia 14 casi di tumore alla tiroide e 13 gravi malformazioni genetiche neonatali, su 2.600 abitanti. E questi sono solo i dati resi pubblici di recente. Le autorità pubbliche hanno cercato di spiegare i numeri di questa tragedia chiamando in causa l'arsenico delle vecchie miniere. La spiegazione non è soddisfacente: l'arsenico non può essere la causa delle patologie riscontrate. In base a questa spiegazione, però, pascolo e legnatico sono stati vietati alla popolazione, provvedimento che è stato interpretato come una ritorsione per le denunce fatte.
L'intensa attività del poligono, fin dal suo esordio, è stata causa di numerosi incidenti. Il primo missile fuori rotta è del 1957. Solo nella primavera-estate del 2003, la stampa ha dato notizia di tre missili "impazziti" che, sfuggiti dall'area del poligono, si sono schiantati su una campagna, una vigna (rischiando di uccidere due operai agricoli) e sulla spiaggia di Murtas, nel comune di Villaputzu. Frequenti anche gli incendi provocati dalla caduta di missili fuori rotta.

Anche sulla costa occidentale dell'Isola, a Capo Frasca, c'è un poligono di tiro. E' dedicato all'addestramento di fuoco aereo su bersagli a terra e in mare. Nel settembre del 1969, un aereo della Nato mitraglia una barca da pesca della cooperativa del golfo di Marceddì, ferendo un giovane pescatore. Da allora ad oggi, incidenti di questo tipo, spesso a danno dei pescatori, avvengono periodicamente. A sud del poligono ormai c'è solo il deserto. La militarizzazione di Capo Frasca ha segnato la fine del paese più vicino, Sant'Antonio di Santadi. La quasi totalità degli abitanti, espropriata dei terreni, è stata costretta a emigrare.
Il poligono "necessita" di sempre nuove installazioni e punti radar, per cui tende ad allargare i suoi confini; le pretese dei militari incontrano però la forte opposizione delle popolazioni (vedi la rivolta di Cabras nel 1978). Tutt'oggi vi è, ad esempio, una forte tensione con i pescatori che minacciano di occupare le acque del poligono a causa delle limitazioni loro imposte.

Da Capo Frasca, proseguendo verso sud, ci sono oltre 100 km di coste sottoposte a vari vincoli militari, fino ad arrivare a Capo Teulada, poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare (7200 ettari di demanio militare), affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato. Per estensione è il secondo poligono d'Italia. Per Capo Teulada è previsto un ingente stanziamento per farne il più grande centro europeo di addestramento. Anche qui i militari hanno creato il deserto e messo seriamente a repentaglio la vita degli abitanti della zona, con bombe sganciate "per errore". Inoltre, durante gli addestramenti e le guerre simulate, nei quali vengono coinvolti mezzi corazzati e artiglierie sia da terra che dal mare, vengono regolarmente utilizzati proiettili e bersagli all'uranio impoverito, il che è causa di un grave inquinamento ambientale. E' ormai accertato che, nell'ottobre del 2002, all'interno del poligono di Teulada, si sono svolte imponenti e devastanti manovre di sbarco anfibio, con la partecipazione del sommergibile nucleare d'attacco "Oklahoma City", appartenente alla seconda flotta. La seconda flotta USA è quella che , nel 1999, è stata costretta ad abbandonare il poligono di Vieques (isola di Portorico), a causa delle lotte intraprese dagli abitanti. Lo svolgimento di queste esercitazioni fa pensare, al di là delle smentite ufficiali, che la seconda flotta intenda fare di Capo Teulada il suo nuovo poligono.
Anche in questo territorio non mancano le tensioni con la popolazione, a causa delle fortissime limitazioni all'uso dei suoli e alla navigazione, imposte praticamente su tutto il territorio del comune di Teulada e su buona parte di quello dei comuni limitrofi.
L'elenco delle installazioni militari disseminate in Sardegna è ancora molto lungo, possiamo citare il grande aeroporto NATO di Decimomannu o l'estesissima base di capo Marrargiu (costa occidentale, tra Bosa e Alghero), in uso ai servizi segreti, base dell'organizzazione Gladio, nonché luogo di deportazione, previsto dalle trame golpiste, per sovversivi e oppositori politici. Vi è inoltre il grande porto militare di Cagliari, con il suo corollario di depositi di carburante, condotti sotterranei e polveriere, piazzate ben all'interno del perimetro urbano, nel quale è anche previsto l'approdo di emergenza dei sottomarini nucleari in difficoltà e vi sono infine un gran numero di installazioni minori quali caserme, polveriere, centri di osservazione e di telecomunicazione sparsi in tutto il territorio isolano.

OPPORSI E' POSSIBILE

Come si è visto, l'occupazione militare è in continua espansione. Il suo unico limite è la resistenza delle popolazioni. In Sardegna, accanto all'ingombrante presenza dei militari, si è sviluppata un'importante tradizione di lotta e resistenza. Ci sono stati clamorosi episodi, nella storia recente, in cui si è ottenuta, non solo la limitazione, ma addirittura l'annullamento dei progetti di occupazione e uso militare del territorio.
Nel giugno del 1969, il ministro della difesa, decide di espropriare i pascoli di Pratobello, nel Comune di Orgosolo, per insediarvi un poligono di tiro permanente per artiglieria e una base di acquartieramento di contingenti dell'esercito.
E'una località in cui sono situati i migliori pascoli di Orgosolo, in maggior parte di proprietà comunale. Gli orgosolesi insorgono in massa. L'intera popolazione abbandona il paese e occupa il territorio, invaso dai militari. I 4 mila abitanti fronteggiano i contingenti dell'esercito, le centinaia di carabinieri, poliziotti e baschi blu, inviati per reprimere l'iniziativa popolare. Le esercitazioni non verranno mai fatte. Con la loro presenza fisica, gli abitanti di Orgosolo, hanno nei fatti impedito lo svolgersi delle esercitazioni. I generali sono costretti ad abbandonare il campo.
Nel 1992, il ministero della difesa decide che la militarizzazione delle coste non è sufficiente: occorre occupare militarmente anche le zone interne dell'Isola. E, per la prima volta, si afferma chiaramente che l'esercito svolgerà funzioni di controllo dei territori e delle popolazioni. Ha così inizio l'operazione Forza Paris con l'invio di 12 mila militari, scaglionati in contingenti da sbarcare nell'arco di alcuni mesi. La gran parte dei 12 mila è costituita da militari di leva. Forse si crede che, nei loro confronti, la reazione popolare potrebbe essere meno accesa. Così non accade e, nell'arco di tre mesi, una miriade di sabotaggi e azioni, tra cui il clamoroso attentato contro il comando militare della Sardegna, a Cagliari, costringe il ministero della difesa a dichiarare conclusa l'operazione "Forza Paris".

Torniamo al paradosso iniziale, in cui la propaganda militarista propone, ai giovani sardi disoccupati, la ferma prolungata nell'esercito professionale italiano. La storia dell'occupazione militare in Sardegna e delle lotte popolari contro di essa, che qui abbiamo rapidamente riassunto, dimostra chiaramente come sia proprio la distruzione del territorio, operata dai militari, una delle principali cause della povertà e mancanza di prospettive, che porta i giovani sardi all'arruolamento, come ultima alternativa all'emigrazione. Eppure la scelta di arruolarsi rischia di avere delle conseguenze pesanti. Le forme tumorali e le nascite deformi, che affliggono le popolazioni residenti nelle vicinanze dei poligoni, colpiscono, a maggior ragione, gli stessi militari. La stampa , negli ultimi tempi, ha pubblicato un'ampia rassegna di questi episodi, specificando che, in nessun caso, è stata riconosciuta la causa di servizio. La cosa non ci stupisce. Pensiamo, infatti, che dal punto di vista dello Stato, la truppa è sempre e comunque solo carne da cannone (nel caso specifico da sperimentazioni).
L'aspetto peggiore è l'utilizzo delle forze militari per il controllo delle popolazioni, in funzione di ordine pubblico, come si usa dire. Il militare si trova a reprimere le lotte, che la popolazione intraprende, contro l'occupazione militare e l'impoverimento da essa provocato. In definitiva si trova a difendere, contro la sua gente, la causa stessa della sua miseria.
Per noi il discorso non cambia, se le operazioni si svolgono contro popolazioni lontane, quando la repressione prende il nome di polizia internazionale. Chi si presta a questo ruolo, per quanto provenga dalla popolazione oppressa, passa così dalla parte degli oppressori.
L'unica scelta sensata è quella della resistenza contro l'oppressione militare. La storia recente della Sardegna dimostra che queste lotte non sono senza speranza, ma che i militari possono anche essere cacciati via, insieme alle loro pretese di occupazione dei territori e di controllo delle persone.



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equilibrismi io Saturday, Feb. 14, 2004 at 6:31 PM
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