Persecuzione senza fine
Marcho doryla (che la libertà sia con te): è il saluto che si scambiano tra di loro gli abitanti della Cecenia, uno dei territori che più hanno sperimentato le violenze di regimi totalitari, dell'espansione coloniale, del furto delle risorse (in questo caso il petrolio), della intolleranza etnica e religiosa. Sessanta anni fa, il 23 febbraio 1944, Stalin ordinò la deportazione di massa del popolo ceceno in Asia Centrale. Oltre 490 mila persone vennero trascinate sui treni e trasportate nei carri bestiame in Kazakistan. Oltre mille morirono.
Non è una data da memoriale.
Il genocidio ceceno infatti è continuato e continua: dal 1991, quando Dudaev ha proclamato l'indipendenza cecena, i ceceni sono stati oggetto di persecuzioni. Oltre 50.000 persone sono morte nel corso della prima guerra tra il 1994 e il 1996. Una seconda guerra è ripresa ufficialmente nel 1999 e continua ancora oggi, ed è proprio per chiederne la fine che l'anno scorso un gruppo di combattenti ceceni si era chiuso nel teatro Dubrovka a Mosca con 800 spettatori. E l'interferenza russa è sempre più pesante.
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