Rachel, morta per "incidente"
16 Marzo 2003, ore 16,30. Rafah, Striscia di Gaza.
Rachel Corrie, attivista americana di 23 anni dell'ISM, viene travolta e uccisa da un bulldozer di produzione statunitense in dotazione all'esercito israeliano di occupazione. Il bulldozer la investe in pieno e la schiaccia sotto il peso delle sue nove tonnellate, provocandone la morte.
Al momento dell'omicidio Rachel indossava un giubbotto arancione con barre fosforescenti. Da oltre un'ora continuava ad avvertire il conducente del mezzo militare - per mezzo di un megafono - della sua presenza e di essere intenzionata a impedire la demolizione dell'abitazione di una famiglia palestinese. Invano. Il 2 agosto il generale maggiore Menhahem Finkelstein decise di chiudere le indagini sull'"incidente" in cui Rachel rimase uccisa. Le indagini svolte dal Comando dell'esercito israeliano stabilirono che chi conduceva il bulldozer non avrebbe visto la giovane mentre gli urlava di fermarsi e l'avrebbe schiacciata senza volerlo.
L'omicidio di Rachel fu solo l'inizio di una massiccia ondata di repressione nei confronti degli attivisti internazionali presenti nei Territori con arresti espulsioni e ferimenti, come nel caso di Brian Avery 1 | 2 e di Tom Hurndall, morto dopo otto mesi di coma.
Le ragioni che hanno motivato e che continuano a motivare molti attivisti da tutto il mondo che danno supporto alle pratiche di interposizione nonviolenta erano e rimangono il rifiuto della violenza in ogni sua forma e dell'ingiustizia che è tanto più evidente in una terra, come quella palestinese, da decenni sottoposta ad una illegale occupazione.
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