Rivolta sociale in Ecuador
Lucio Gutiérrez, eletto presidente dell'Ecuador, grazie
ai voti delle organizzazioni indigene, sembrò rappresentare
l'incarnazione di un cambio radicale, necessario quanto voluto dalla
popolazione povera del paese, l'enorme maggioranza. Rapidamente i fatti hanno dimostrato quanto invece "Lucio el sucio" (il lurido) sia uguale ai suoi predecessori: corruzione, bugie, repressione, ingiustizia, si sono perpetuati come sempre.
Da settimane la tensione sociale era alle stelle e il 13 aprile la rivolta, la rabbia popolare è esplosa. [ 1 - 2 - 3 - 4] La
scintilla che ha dato fuoco alla miccia è stata la mancata destituzione
della corte di giustizia, ormai burattino del presidente Gutiérrez, che
ha sorpassato i limiti costituzionali e messo in pericolo la democrazia del paese. Come in Argentina nel dicembre 2001, da giorni a decine di migliaia gli e le ecuadorian* sono nelle strade di tutto il paese. Un "cacerolazo" ha percorso le vie di Quito [1 - 2 - 3 - 4] , reclamando la rinuncia del presidente ed è risuonato forte, ancora una volta, il "Que se vayan todos" che a Buenos Aires riuscì a cacciare il criminale di turno alla presidenza. Il paese vive uno sciopero generale e, altra analogia con l'Argentina, le assemblee popolari si stanno rapidamente sviluppando ovunque. Le attività del parlamento sono state sospese.
La repressione [1 - 2] non si è fatta attendere e le organizzazioni per i diritti umani sono in allerta. Il 16 aprile Gutiérrez dichiara lo stato d'emergenza e la sospensione dei diritti civili per cercare di arginare la protesta.
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