COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E
DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
Seduta di mercoledì 5 settembre 2001
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La seduta comincia alle 9,50.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, dispongo l'attivazione
dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, dovendo rendere alcune
comunicazioni al Comitato.
Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Do
lettura di una lettera inviatami ieri dall'ex Presidente del Consiglio
Giuliano Amato: «Caro Presidente, ho letto con sorpresa della
testimonianza resa stamane dalla dottoressa Paolini in sede di indagine
conoscitiva sui fatti di Genova, secondo cui, nel mese precedente alle
elezioni, il mio Governo avrebbe di fatto cessato di avere rapporti con
le Organizzazioni non governative. Spero di aver letto un resoconto non
esatto, perché quei rapporti erano invece in corso, tanto in corso da
aver avuto poi la loro conclusione ben al di là delle elezioni.
Mi
riferisco alla rete che avevamo costituito con le ONG interessate a
discutere dei contenuti del G8. Da molti mesi era al lavoro quella che
avevamo battezzato «Genoa non governmental initiative», retta da un comitato rappresentativo appunto delle ONG, compresi alcuni dei promotori del Genoa social forum:
Arci, Campagna Sdebitarsi, WWF, Rete Lilliput, oltre alla presidenza
italiana delle ONG. In questo ambito si erano svolti seminari in Italia
e in altri paesi (io stesso avevo
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partecipato a quello tenuto a Firenze in Palazzo Vecchio il 3
aprile) e il tutto doveva portare alla stesura di un documento, che mi
fu consegnato a Palazzo Chigi da un folto numero di rappresentanti
delle ONG il 5 giugno, cioè alla vigilia dello scambio delle consegne
tra me ed il Presidente Berlusconi. Di tale incontro mi permetto di
allegarti il resoconto, attraverso il comunicato stampa allora diffuso.
Ti sarò grato se renderai partecipi di questa mia i colleghi che
concorrono all'indagine. Non ha grande importanza rispetto ai fatti su
cui state indagando. Ma la verità è sempre importante«.
Comunico,
inoltre, che la RAI, con lettera datata 4 settembre, informa di aver
consegnato tutto il materiale che avevamo richiesto e specifica quanto
segue: «Con l'occasione, ed in esito alla nuova richiesta del 30 agosto
ultimo scorso, indirizzata al professor Roberto Zaccaria, si conferma
quanto già telefonicamente anticipato circa il fatto che allo stato,
»le trascrizioni« dei giornali radio e dei GR Parlamento non sono
disponibili, dal momento che i servizi sul G8 sono tutti andati in onda
in diretta e quindi per la quasi totalità senza un vero e proprio testo
scritto già predisposto».
Audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine
conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a
Genova, l'audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del
Servizio centrale operativo-Criminalpol, il quale ha chiesto di essere
accompagnato dal dottor Andrea Grassi, funzionario del Servizio
centrale operativo della Polizia di Stato.
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Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La
pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme
consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera,
che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La
pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei
componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto
audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo
svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, confermo l'attivazione dell'impianto visivo a circuito chiuso.
Ringrazio il dottor Gratteri e lo invito a riferire al Comitato.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
Onorevole Presidente, onorevoli membri del Comitato, sono qui per
fornire il mio contributo informativo in ordine ai fatti accaduti in
occasione del vertice G8 di Genova. Vorrei, quindi, dare lettura della
relazione da me predisposta in merito e consegnata al Comitato. Sono a
vostra disposizione per gli eventuali approfondimenti sull'attività
svolta a Genova dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato
e dalla mia persona in qualità di direttore dell'ufficio, carica che
ricopro dal giugno 2000.
Mi corre l'obbligo di ricordare che, al
riguardo, ho già reso testimonianza all'autorità giudiziaria di Genova:
sono stato infatti audito nella qualità di persona informata sui fatti
ed ho reso dichiarazioni ai dirigenti incaricati dell'ispezione
ministeriale.
Il Servizio centrale operativo, costituito nel 1991, opera all'interno del dipartimento di pubblica sicurezza ed è uno dei
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servizi della direzione centrale della polizia criminale. I profili
funzionali e strutturali del servizio, mutati nel corso del tempo a
fronte di mirati interventi normativi, ne delineano una struttura
centrale di analisi, di raccordo informativo, di supporto tecnico
logistico in ordine alle attività investigative svolte dai servizi
interprovinciali di polizia giudiziaria. Si tratta, quindi, di una
struttura analoga a quella dell'Arma dei carabinieri - Raggruppamento
operativo speciale (ROS) - e della Guardia di finanza - Servizio
centrale investigativo criminalità organizzata (GICO).
Al servizio
è quindi attribuita la funzione di organo centrale di riferimento per
tutte le strutture investigative operanti sul territorio, nonché di
investigazione specialistica a supporto delle stesse in tema di
attività sotto copertura, nel settore del traffico di armi,
stupefacenti e riciclaggio, e dei delitti indicati dall'articolo 51,
comma 3-bis, del codice di procedura penale, per le operazioni
particolarmente complesse e che impongono di accertare il possibile
collegamento tra criminalità di tipo diverso, comune, organizzata,
transnazionale, operanti sul territorio. Si avvale pertanto di
personale della struttura centrale e del personale delle squadre mobili
e delle sezioni appositamente istituite presso le squadre mobili di
ogni distretto di corte di appello.
Reputo quindi che la
flessibilità, l'agilità e specialità della struttura hanno costituito
in questa occasione, e non soltanto, il motivo determinante che ha
indotto il dipartimento ad avvalersi del Servizio centrale operativo
per le attività di cui parlerò.
Quanto ai tempi e alle modalità di
impiego, il ricorso alla struttura del Servizio centrale operativo non
è stato emergenziale, bensì calibrato ed elaborato ai fini della
pianificazione, predisposizione ed attuazione di un adeguato sistema di
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controlli ed investigazione preventiva, così come da direttive del
Capo della Polizia e del direttore centrale della polizia criminale.
Al
servizio centrale operativo della Polizia di Stato sono stati infatti
affidati compiti ed incarichi formali e precisi, quali quelli di
procedere alla attività di preventiva bonifica della zona rossa e dei
carrugi. Si tratta di un'azione intesa come capillare controllo degli
immobili e dei residenti nell'area interessata, da attuarsi attraverso
perquisizioni domiciliari e personali, ricognizioni ed ispezioni dei
luoghi, servizi di controllo e di identificazione delle persone,
servizi di osservazione. Tale compito è stato svolto prima e durante il
vertice in una zona estesa per 8 chilometri e con una densità di 30
mila residenti, per individuare e rimuovere ogni possibile forma di
insidia, di rischio, di allarme, nonché possibili e indebite intrusioni
idonee in qualunque modo a compromettere l'inviolabilità della zona, a
scapito del regolare svolgimento del summit.
Nelle
direttive del direttore centrale della polizia criminale, pertanto, è
evidenziata la necessità di svolgere una capillare ed ininterrotta
azione di controllo del territorio, al fine di prevenire o
neutralizzare - e comunque segnalare a chi era preposto ai servizi di
ordine pubblico - l'insorgere di situazioni che potessero in qualunque
modo costituire fonte di pericolo o turbativa per il vertice. Il
direttore centrale dispose quindi che, nella mia qualità, pianificassi
gli interventi e mi avvalessi, oltre che di funzionari e personale del
Servizio centrale operativo, anche di funzionari e personale delle
squadre mobili e dei reparti di prevenzione crimine.
Per dare
attuazione ai compiti impartitimi, non sostenibili per qualità e
quantità soltanto con le risorse della questura di Genova, il cui
contributo è stato comunque imprescindibile,
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attesa anche la loro competenza e conoscenza territoriale, il 30
giugno 2001 feci pervenire al direttore centrale un appunto relativo
alle modalità di attuazione dell'incarico affidatomi, sottolineando, in
particolare, che mi sarei avvalso, secondo quanto consentitomi dalla
normativa, oltre che dalle direttive, e con la gradualità ritenuta
opportuna, di personale particolarmente qualificato delle squadre
mobili e dei reparti di prevenzione crimine per un complessivo numero
di 400 unità, di cui 13 funzionari, così suddivise: 57 della squadra
mobile, 12 della Digos di Genova, 300 di altre squadre mobili, 100
prelevati dai reparti di prevenzione crimine, 13 del Servizio centrale
operativo.
Le operazioni svolte nella zona rossa sono state quindi
condotte avendo cura di impiegare il personale nell'arco delle
ventiquattro ore, diviso in squadre, distribuito in settori operativi
prestabiliti, specie in prossimità di obiettivi sensibili, secondo
un'attività di controllo comprendente: 1) una prima fase in cui è stata
svolta un'attività generale di tipo conoscitivo del territorio e della
popolazione censita, con specifica attenzione per determinate categorie
di soggetti; 2) una seconda fase durante la quale si è svolta
un'attività mirata di bonifica e di intervento.
L'intera attività,
per la quale mi ha costantemente affiancato il vice direttore del
Servizio centrale operativo, dottor Caldarozzi, fino alla vigilia della
data del vertice, si è concretizzata in 22 persone arrestate, 92
perquisizioni domiciliari, 27 sequestri fra armi e sostanze
stupefacenti, 38 denunce di persone in stato di libertà, 4073 persone
identificate, 694 controlli di autoveicoli, 273 ispezioni locali.
Fra
questi risultati, a titolo esemplificativo, segnalo la denuncia per
fabbricazione di materiale esplodente ed incendiario di una persona con
precedenti per banda armata, nota
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per il suo legame ad aree dell'estremismo di sinistra, che dava
ospitalità ad un giovane precedentemente sorpreso nell'atto di
fotografare le aree della zona rossa. Segnalo ancora l'arresto per
detenzione di armi da guerra e armi comuni, nonché di oggetti
contundenti, di un soggetto residente nelle vicinanze del palazzo
Ducale, sede dei lavori del vertice.
È forse non superfluo
ricordare che, anche grazie a questa capillare attività, nessuna
turbativa al vertice si è registrata all'interno della zona rossa,
fatto per il quale risultano - mi permetto di ricordarlo - essere stati
esternati apprezzamenti anche da parte di autorità internazionali.
Nella
primissima mattinata del 20 luglio, giornata di avvio del vertice,
svolsi personalmente, come prassi dei giorni precedenti, un sopralluogo
lungo tutta l'area perimetrale della zona rossa e, effettuato qualche
ulteriore correttivo, sempre a tutela dell'inviolabilità della zona,
decisi di raggiungere la questura di Genova e di stabilirmi in quegli
uffici. Ritenni infatti che dalla questura si potessero meglio
garantire forme di costante comunicazione fra me ed il vice direttore
del servizio, disponendo che egli restasse all'interno della zona rossa
con gli uomini lì impiegati, mentre io avrei seguito dalla questura lo
svolgersi di tutti quegli eventi che potevano avere riflessi sulla
sicurezza ed inviolabilità della zona di nostra competenza.
Per la
specifica esperienza mia e degli uomini da me diretti nell'attività di
polizia giudiziaria, ho ritenuto, anche in considerazione
dell'evolversi della situazione ed in accordo con gli altri funzionari
di polizia territorialmente competenti, di mettermi a disposizione del
procuratore della Repubblica di Genova, così come ho fatto,
assistendolo negli atti urgenti connessi all'accesso ai luoghi ove era
deceduto il giovane Carlo Giuliani.
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Nessun compito di ordine pubblico è stato svolto dal Servizio
centrale operativo, né tantomeno dal personale delle squadre mobili
alle mie dipendenze. L'attività svolta a Genova si è sempre realizzata
nel rispetto delle specifiche competenze connesse alle investigazioni
di carattere preventivo e giudiziario, nonché nel rispetto
dell'ordinanza di servizio emanata dal questore in materia di ordine e
sicurezza pubblica per il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei
paesi del G8. Laddove le attività, specie investigative, lo hanno
richiesto, gli stessi compiti di indagine preventiva e giudiziaria sono
sempre stati attivati e svolti con l'ausilio degli organismi
territoriali competenti. Ciò è accaduto anche con riferimento agli
specifici episodi delle perquisizioni e degli arresti effettuati nelle
scuole Paul Klee e Diaz-Pascoli.
Per quanto riguarda il primo
episodio, nella tarda mattinata di sabato 21 luglio disposi che venisse
perquisito il furgone segnalato e notato nel corso delle manifestazioni
e dal quale erano stati distribuiti bastoni ed altri oggetti
contundenti. Il furgone, seguito attraverso le immagini riprese da un
elicottero della Polizia di Stato, trovò ricovero in un'area attigua
alla scuola Paul Klee. Detti incarico allora al vice dirigente della
squadra mobile di Genova, che faceva parte del gruppo di lavoro a mia
disposizione, di provvedere a svolgere attività mirate di polizia
giudiziaria. Si pervenne così alla individuazione del mezzo, alla
identificazione di persone, al successivo sequestro di vario materiale
illegale (tra cui ricordo 75 sbarre di ferro lunghe un metro e mezzo
ciascuna), di altro materiale da guerriglia urbana, nonché di un
manganello tipo tonfa in dotazione ai reparti dell'Arma dei
carabinieri, che risulta essere stato sottratto ad un carabiniere
durante gli scontri avvenuti nella giornata, di un lacrimogeno dei
reparti mobili della Polizia di Stato. L'operazione ha portato quindi
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all'arresto di 23 soggetti per il delitto di associazione per
delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, nonché per il
reato di ricettazione e possesso di strumenti atti ad offendere.
Sui
fatti occorsi, invece, presso la scuola Diaz-Pascoli, rammento di
essere stato sentito, come ho detto all'inizio, dall'autorità
giudiziaria di Genova nella qualità di persona informata sui fatti.
Pertanto, sui possibili chiarimenti che mi venissero richiesti, sarà
mia cura di evitare che le risposte possano interferire con le indagini
in corso o violare il segreto di atti. Posso comunque riferire che
nella giornata di sabato, quindi all'indomani della morte di Carlo
Giuliani, episodio che fece mutare ulteriormente la situazione
dell'ordine e della sicurezza pubblica, quando ormai si erano concluse
le manifestazioni di piazza, con i lavori del summit che
sarebbero proseguiti il giorno successivo, si convenne di predisporre 6
pattuglioni a formazione mista con personale DIGOS, squadre mobili,
Servizio centrale operativo, reparti prevenzioni e crimine, reparti
mobili, per meglio seguire il deflusso dei manifestanti, prevenire o
reprimere eventuali ed ulteriori reati, individuare la presenza di quei
gruppi ritenuti più violenti e pericolosi.
Nella serata, pattuglie
impegnate in tali servizi si stavano recando in ausilio di altre che
stavano svolgendo controlli di persone presso una birreria di via
Trento, verosimilmente le persone resesi protagoniste di violenze negli
scontri del pomeriggio. In via Battisti, mentre transitavano le
pattuglie andate in ausilio all'altezza della scuola Diaz-Pascoli,
occupata da rappresentanti del Genoa social forum, vennero colpite dal lancio di oggetti. Le pattuglie, dirette dal dottor Di Bernardini
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della squadra mobile di Roma, dovettero far uso di segnali di
emergenza per sottrarsi a tentativi di aggressione con possibili gravi
conseguenze.
Nell'occasione, il personale notò la presenza di numerose persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc.
Rientrato in questura - ed è stato fatto rientrare da me -, il
funzionario mi riferì l'episodio che in quel momento poteva connotarsi
anche per aspetti di ordine pubblico e, nel rispetto delle competenze
che ho già precisato, provvidi ad accompagnare il dottor Di Bernardini
perché riferisse l'episodio al questore di Genova. Nella stanza del
questore di Genova si trovavano anche altri dirigenti, tra i quali il
prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il collega Luperi, il
dottor Murgolo ed altri funzionari. Il questore, sentito il racconto
del dottor Di Bernardini, attivò il dirigente della DIGOS, dottor
Mortola, che, a seguito di un suo personale sopralluogo, appena
rientrato in ufficio riferì di avere constatato la presenza in via
Battisti di persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc. Lo stesso dottor Mortola in merito riferì di aver avuto un contatto telefonico con un rappresentante del Genoa social forum, che permise di acquisire ulteriore contezza che presso la scuola era possibile una infiltrazione di elementi non conosciuti al Genoa social forum, anche per la confusione conseguente alla partenza di migliaia di manifestanti, dopo la conclusione del corteo del pomeriggio.
Nella
circostanza si decise, con il questore e con gli altri dirigenti
citati, di procedere ad una perquisizione a norma dell'articolo 41 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per la ricerca di armi
che, com'è noto, furono poi rinvenute: mazze di ferro, coltelli,
bottiglie molotov. Si stabilirono pertanto le modalità di intervento
perché all'operazione prendessero parte il reparto mobile di Roma, il
personale della
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DIGOS e della squadra mobile di Genova, nonché del reparto
prevenzione e crimine dei carabinieri. Hanno concorso all'atto di
polizia giudiziaria anche 60 dei 482 uomini a mia disposizione, dei
quali soltanto sette appartenenti al Servizio centrale operativo,
guidati da sei funzionari. Con il dottor Caldarozzi e una aliquota del
personale del Servizio centrale operativo che ho già detto, sono giunto
in via Battisti quando già i reparti avevano fatto ingresso nella
scuola e non ho pertanto cognizione diretta delle fasi della irruzione.
Il personale del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili ha
cooperato all'attività di perquisizione e di individuazione delle
persone presenti. Il verbale di perquisizione e di arresto è stato
quindi trasmesso, con la sottoscrizione degli operanti, all'autorità
giudiziaria di Genova dalla squadra mobile e dalla DIGOS di quella
questura. Resto a loro disposizione per eventuali domande o
chiarimenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Gratteri.
GRAZIELLA MASCIA. Dottor Gratteri, la ringrazio per averci esposto
un resoconto dettagliato delle funzioni che svolgevate a Genova in
particolare riguardo alla vicenda della scuola Diaz, a seguito della
quale abbiamo ritenuto opportuno chiedere l'audizione, allo scopo di
comprendere e chiarire una serie di questioni non ancora chiare.
Naturalmente,
abbiamo ricostruito ormai il grosso di questa vicenda, per quanto siano
emerse versioni un po' diverse le une dalle altre. Rimangono ancora
alcuni punti su cui vorrei capire se lei sia in grado di aiutarci,
ferma restando la premessa che ha svolto all'inizio e la sua posizione
di testimone della vicenda rispetto all'autorità giudiziaria. In
particolare, visto che lei ha detto di non essere presente sul posto ma
di essere arrivato dopo, credo che, nella fase
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preliminare, nelle due riunioni svolte, si siano distribuiti i
compiti e allora vorrei chiederle quali fossero i reparti che sarebbero
dovuti entrare prima, con quali compiti, chi fosse il responsabile di
questa perquisizione, perché finora non l'abbiamo compreso.
Inoltre,
le chiedo come fossero le divise delle diverse squadre. Al riguardo, ci
sono state testimonianze diverse, molte delle quali fanno riferimento
ad agenti in borghese con le scritte sui fratini, che sarebbero stati i
responsabili primi di una serie di violenze perpetrate all'interno
della scuola. In particolare, vorrei anche capire, come fossero le
divise, perché riguardo alla divisa atlantica non ho ancora compreso
se, come ci è stato detto ieri, si tratta di quella con le maniche
corte: ne avevo viste ben poche quella notte.
Riguardo agli agenti che si trovavano nella scuola Diaz, dove era collocato il Genoa social forum
con il centro stampa, da cui poi sono stati sottratti dei dischetti ed
è stato distrutto del materiale, che non c'entrava con la perquisizione
che avevate deciso, le chiedo chi fossero questi uomini che erano
entrati, perché lì mi è stato negato che ci fosse un responsabile:
comunque c'erano 20 persone distribuite nei corridoi. Vorrei, quindi,
capire con lei quali fossero i reparti e le diverse responsabilità.
Infine,
ho letto nei verbali e, non solo sui giornali, che un infiltrato ossia
una persona in borghese, avrebbe aperto il portoncino di sinistra
descritto anche ieri; infatti, al momento dell'ingresso, dopo il
cancello, sono stati sfondati o comunque aperti due portoni: quello di
sinistra sarebbe stato aperto da un poliziotto in borghese infiltrato
che aveva contribuito anche a segnalare in tempo l'ora più opportuna
per compiere la perquisizione. Naturalmente, ciò si presta ad ulteriori
letture, anche perché - come lei avrà forse sentito nell'audizione di
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ieri - di questa ipotetica perquisizione si sentiva parlare già nel
pomeriggio. Vorrei che lei ci aiutasse a comprendere meglio quali siano
state le dinamiche per arrivare alle ultime decisioni.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Rispetterò
l'ordine delle domande prospettate dall'onorevole Mascia. Una volta
assunta, nell'ufficio del questore, la decisione di procedere a
perquisizione domiciliare dello stabile ai sensi dell'articolo 41, si
svolse una brevissima riunione presso la sala riunioni della questura
di Genova alla quale, escluso il prefetto Andreassi, parteciparono
tutti i dirigenti ed i funzionari che ho citato prima e, in aggiunta,
il collega Canterini ed altri funzionari che posso indicare e che,
comunque, erano stati interessati allo svolgimento della perquisizione.
La riunione aveva il compito di stabilire le modalità di intervento,
come giungere sull'obiettivo e, soprattutto, come predisporsi per
arrivare all'istituto. Le modalità furono stabilite secondo il seguente
criterio.
MARCO BOATO. Lei ha detto che Andreassi non era presente, ma era escluso anche il questore?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il prefetto Andreassi era escluso, mentre il questore era presente.
PRESIDENTE. Il dottor Gratteri ha affermato che durante la riunione Andreassi non era presente.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Durante l'incontro presso la sala riunioni, quindi nella seconda fase della riunione stessa.
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FILIPPO MANCUSO. Quando fu presente Andreassi?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
Nella seconda fase della riunione, quando si dovettero stabilire le
modalità operative - che vennero decise presso la sala riunioni della
questura -, il prefetto Andreassi era assente.
Si stabilì come
procedere, anche grazie alle indicazioni fornite dal collega Mortola,
acquisite nel corso del sopralluogo. Si decise di procedere con due
schieramenti e, in pratica, di raggiungere l'istituto da due diverse
strade. Ricordo che, al riguardo, il collega Mortola fece uno schizzo
per indicare, ovviamente a chi non ne avesse conoscenza, il sito ove
l'istituto si trovava e le strade che il personale avrebbe dovuto
seguire per raggiungerlo. Si stabilì anche che a guidare i due gruppi
che dovevano giungere sul posto dovessero essere il dottor Mortola -
che ritengo dovesse arrivarvi con un mezzo del reparto mobile - ed un
funzionario della DIGOS di Genova, un funzionario del dottor Mortola,
che doveva svolgere la funzione di guida dell'altro gruppo.
In
quell'occasione non si esplicitò il nominativo del funzionario che
avrebbe dovuto dirigere l'operazione per un fatto semplicissimo, e cioè
perché a ciascun gruppo era preposto un funzionario; soltanto per le
squadre mobili e per il Servizio centrale operativo - come ho detto
prima - erano presenti sei funzionari, così come erano presenti
funzionari degli altri uffici. S'intende che per chi svolge attività di
polizia giudiziaria, nel corso di una perquisizione, la responsabilità
del gruppo fa capo al funzionario, che ovviamente ha il compito di
impartire direttive e di controllare che le stesse vengano svolte
correttamente.
Purtroppo, non ho cognizione diretta di ciò che avvenne quando il personale che doveva svolgere la perquisizione
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giunse alla scuola. Io vi sono giunto una volta che l'irruzione era
già stata effettuata e l'immobile era stato «occupato» dalla Polizia e
cioè una volta che la Polizia di Stato era presente all'interno
dell'immobile. Ovviamente mi adoperai per quelle che dovevano essere,
in quel momento, le esigenze da affrontare.
Per quanto riguarda la
seconda domanda, escludo che fosse presente o avesse partecipato alla
perquisizione personale che indossava la divisa atlantica e che
dovrebbe appartenere al reparto prevenzione crimine. Si era, infatti,
stabilito - lo ripeto - che il reparto mobile rappresentasse la prima
cinturazione, cioè il primo stadio, che il personale delle squadre
mobili e della DIGOS venisse subito dopo, essendo personale qualificato
a svolgere operazioni di polizia giudiziaria e, nella fattispecie, la
perquisizione, e che il reparto prevenzione crimine, ossia quello che
indossa la divisa atlantica, costituisse una sorta di cinturazione del
perimetro esterno del sito.
LUCIANO VIOLANTE. I carabinieri?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I
carabinieri dovevano stare ancora dietro, a presidio del territorio,
nell'eventualità in cui vi fosse la necessità di fronteggiare emergenze
dall'esterno. Quindi, lo ripeto, le modalità stabilite nell'occasione
furono le seguenti: reparto mobile, DIGOS e squadre mobili avevano il
compito di svolgere materialmente la perquisizione e, quindi,
l'operazione di polizia giudiziaria, il reparto prevenzione crimine
doveva stare all'esterno e quindi svolgere attività di cinturazione
dell'immobile - attività che, d'altro canto, questo reparto svolge
abitualmente - ed i carabinieri dovevano occupare l'ultima posizione
sempre all'esterno della scuola.
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FILIPPO MANCUSO. Il reparto mobile di Roma?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il reparto mobile doveva occupare il primo livello.
PRESIDENTE. Scusatemi, ognuno di noi può rivolgere domande per
chiedere, chiarimenti, ma se si procede in questo modo diventa
difficile verbalizzare gli interventi. Sarebbe più corretto consentire
al dottor Gratteri di rispondere e passare poi agli interventi degli
altri colleghi (Commenti del deputato Mancuso).
Onorevole
Mancuso, se non attiva il microfono non si sente nulla e dal resoconto
stenografico non sarà possibile comprendere a cosa lei abbia fatto
riferimento.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Vorrei
ribadire che queste erano le intese raggiunte nel corso della
brevissima riunione. Non so se poi tale criterio sia stato attuato, non
ne ho conoscenza.
Per quanto attiene la perquisizione all'istituto
in cui si trovava il centro stampa, so anche, in ragione di ciò, che
personale della Polizia di Stato, che faceva parte di uno dei due
gruppi, si recò al centro stampa per mero errore; infatti, colui che
faceva da guida condusse per errore il personale che aveva al seguito
al centro stampa. Quando giunsi sul posto, ad irruzione già effettuata,
mi venne incontro un funzionario che mi disse che personale di Polizia
si trovava all'interno del centro stampa; io gli chiesi di raggiungere
il centro stampa ed invitare il personale a ritornare in strada.
Non
mi risulta alcuna indicazione, informazione o notizia circa l'esistenza
di un infiltrato che avrebbe consentito alla Polizia di entrare
all'interno della scuola. Posso esternare
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alcune mie considerazioni, ma non so se sia opportuno. Dico soltanto
che, per quanto mi consta personalmente, la perquisizione all'istituto
fu determinata soltanto dalla circostanza che ho indicato, cioè dal
fatto che la pattuglia comandata dal dottor Di Bernardini transitò per
caso, intorno alle ore 21,30 di sabato sera, nell'intento di
raggiungere un collega e prestare ausilio da quella strada.
La
ragione che determinò la perquisizione all'istituto, per quanto mi
consta - ed io mi sono assunto la responsabilità dell'effettuazione
della perquisizione - è solo questa.
FRANCO BASSANINI. Vi sono molti aspetti che, non riesco a capire e
vorrei che il dottor Gratteri, di cui sono note l'efficienza e la
competenza, ci aiutasse a comprenderli.
Innanzitutto, nella stanza
accanto abbiamo alcuni rapporti scritti di funzionari di pubblica
sicurezza che hanno partecipato all'operazione, che ci sono stati
trasmessi dal dottor Canterini; da essi risulta che tra quelli entrati
vi erano operatori di pubblica sicurezza con divisa atlantica e che un
infiltrato avrebbe dato il segnale per il momento dell'ingresso. Tale
circostanza, dunque, non ci è stata riferita a voce, ma risulta da un
rapporto redatto da un funzionario e verificato dal dirigente che ce lo
ha trasmesso. Da diversi di quei rapporti risulta anche che già alle
21,30 erano stati tutti allertati per un'operazione da compiere intorno
alle 22,45-23. Lei dice che intorno alle 21,30, casualmente, si è
verificato questo fatto che poi ha dato luogo, al ritorno del dottor Di
Bernardini in questura, ad una serie di riunioni, e così via. Vi è
incongruenza tra questi tempi, perché se il fatto è avvenuto alle
21,30, non è possibile che alla stessa ora già fosse stato previsto.
Addirittura, i giornalisti affermano di essere stati preavvisati alcune
ore prima che sarebbe successo qualcosa del genere.
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Inoltre, se è vero che le modalità operative erano quelle
descritte - e di queste ci può parlare perché rientrano nella gestione
dell'ordine pubblico - vi sono alcune circostanze che non si riescono a
capire. Essendo state previste addirittura due cinture di protezione
all'esterno (quella del reparto prevenzione crimini e quella dei
carabinieri), come mai si dice e si scrive che vi sarebbero stati dei black blockers
o, comunque, dei presenti nella scuola che sono riusciti ad eclissarsi?
Lei ha partecipato alla definizione delle modalità operative: almeno di
queste ci potrebbe parlare. Trattandosi di una perquisizione, nelle
modalità operative si è precisato che occorreva acquisire reperti e
possibili corpi di reato accertando in quali stanze venissero
prelevati, come avviene in una perquisizione? Questa infatti era la
motivazione formale dell'irruzione. Come mai al centro stampa, invece
di lasciare tutto com'era (o, eventualmente, di sigillare) vi sono
stati episodi, a quanto pare abbastanza sistematici, di distruzione di
computer, apparati di trasmissione, e così via? Nelle direttive era
stato stabilito che non si sarebbe dovuto toccare niente, ma solo
acquisire referti perché si trattava di una perquisizione? Sono state
effettivamente impartite direttive di questo genere? E, in caso
contrario, quali direttive sono state date? Si trattava di una
perquisizione oppure no? Se si fosse trattato di una perquisizione, la
prima direttiva da impartire a tutti gli uomini sarebbe stata quella di
classificare immediatamente tutto il materiale rinvenuto e suddividerlo
a seconda del luogo di ritrovamento, senza distruggere niente. Infatti,
è proprio l'opposto dell'obiettivo di una perquisizione distruggere
potenziali corpi di reato che, poi, verranno valutati dall'autorità
giudiziaria.
Inoltre, è normale che, in casi di questo genere, fra
le modalità operative non sia stabilito a chi attribuire la
responsabilità
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della direzione dell'operazione? Lei è, per ora, l'unico che ci ha
detto che ciò è normale. Tutti gli altri (ieri anche il dottor
Canterini), di fronte a questa domanda, hanno risposto di non sapere
chi fosse ma non ci hanno detto che si trattava di una domanda senza
senso, perché in questi casi è normale che ciascuna unità sia diretta
dai suoi dirigenti e non si usa nominare un responsabile
dell'operazione. Le chiedo se ciò sia normale perché non ho competenza
al riguardo, però penso che in operazioni di questo genere, a cui
partecipano diversi corpi, un responsabile del coordinamento sia
necessario. In caso contrario, c'è il rischio che si verifichi
esattamente quello che pare sia successo: si fa a gomitate e pugni per
entrare per primi, non si capisce chi è responsabile di chi, non si
capisce chi ha fatto una cosa e chi ne ha fatta un'altra, chi ha
cercato di agire correttamente - probabilmente la maggior parte di
quelli che sono entrati - e chi, invece, si è lasciato andare a
violenze o distruzioni che non sono ammesse nei casi di perquisizione.
Forse, questo deriva anche dalla mancata designazione di un
responsabile, per cui ciascuno faceva quel che voleva e cercava di
pestare i piedi agli altri. Vi erano unità diverse che facevano la
stessa cosa, mentre altri compiti non venivano svolti da alcuno: ciò
non è la conseguenza del fatto che non si sia individuato un
responsabile dell'operazione?
Infine, le rivolgo una domanda che
non riguarda la questione Diaz-Pascoli. Lei, a quanto abbiamo capito,
era responsabile soprattutto di ciò che avveniva nella zona rossa ed ai
suoi confini. Tuttavia, che idea si è fatto di quanto è successo nei
giorni del G8 al di fuori della zona rossa? Mi riferisco, in
particolare, ad una circostanza che a molti di noi risulta
incomprensibile: come hanno potuto le squadre appartenenti alle
organizzazioni violente, innanzitutto ai black
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bloc, devastare, incendiare, distruggere in maniera quasi
indisturbata? Noi, finora, abbiamo avuto un'unica spiegazione (anche se
discutibile) dal dottor Andreassi, il quale ha affermato che si è
scelta la strada di una linea flessibile sulle devastazioni alle cose
perché quello che veramente importa era evitare violenze sulle persone.
Si tratta di una linea, a mio avviso, discutibile, perché penso che
tutti i reati e tutte le violenze vadano fermamente prevenuti e
repressi. Infatti, spesso una violenza ne tira un'altra ed il confine
fra la violenza sulle cose e quella sulle persone è difficile da
stabilire nel fuoco di queste vicende. Lei, per quello che ha potuto
vedere o per gli episodi a cui ha partecipato, quale idea ha maturato
su quanto è successo in quei giorni sotto questo aspetto, che è uno dei
più delicati?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Spero
di riuscire a rispettare l'ordine delle sue domande, senatore. Tornando
alla questione dell'infiltrato, a me assolutamente non risulta la sua
presenza all'interno della scuola. Devo ribadire che preferisco
limitarmi agli argomenti conosciuti per scienza diretta.
FRANCO BASSANINI. Non vi sarebbe nulla di male.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. A
me non risulta. Mi è capitato di fronteggiare simili evenienze ma, nel
caso in discussione, non mi risulta. Anzi, non mi pare - sebbene di ciò
non abbia avuto conoscenza diretta, avendo acquisito tale notizia dalla
lettura di atti trasmessi all'autorità giudiziaria di Genova, autorità
competente sulla questione - che nei documenti che ho letto sia
contenuto alcun riferimento a tale vicenda. Non mi pare che la
circostanza che ha determinato la perquisizione dell'istituto sia
esposta in termini diversi.
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FRANCO BASSANINI. Le posso assicurare che tra le carte trasmesse ufficialmente al Comitato vi sono...
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Io sto riferendo di quanto a me risulta sulla base della lettura di carte trasmesse all'autorità giudiziaria competente.
Per
quanto attiene all'orario, potevano essere le 21,30 ovvero le 22; per
quanto a me consta, la circostanza che ha fatto propendere per la
perquisizione è quella citata e si è verificata all'incirca tra le
21,30 e le 22 di sabato. Non ho guardato l'orologio ma i tempi sono
questi. Come ciò risulti ai giornalisti, lo ignoro; credo che, per
saperlo, i magistrati o il Comitato debbano rivolgersi a costoro.
Per
quanto attiene alle modalità della perquisizione ed anzi, ancor prima,
alla fase della irruzione, premetto che esporrò ciò che ho visto con i
miei occhi, direttamente, ciò che ho letto sulle carte e ciò che mi è
stato raccontato. Posso anche dire di aver letto, credo
nell'esposizione del prefetto La Barbera, che il personale della
Polizia di Stato, di cui era imminente l'arrivo sul posto, ha notato,
quando, ormai, era nei pressi del perimetro esterno dell'istituto, un
gruppo di persone, nel cortile esterno dell'istituto, tra il cancello e
l'ingresso del medesimo, rifugiarsi, alla vista della Polizia,
all'interno dell'edificio, chiudendosi il portone alle spalle. Siccome
ritengo che, su tali fatti, siano possibili tutti i dubbi, ma non che
non fossero presenti, uomini della Polizia o comunque appartenenti alle
forze dell'ordine, evidentemente, nell'atto dell'ingresso si era già
preventivamente valutata una possibile resistenza all'interno
dell'istituto. Ciò vuole anche significare che, in un contesto del
genere, tutto quanto attiene all'acquisizione dei reperti o del
materiale - materiale che comunque è connesso ad una fattispecie di
reato - non avviene secondo
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quella linearità che immaginiamo. Molto modestamente, (avendo
svolto) 20 anni di servizio, per quasi 19 anni ho effettuato
perquisizioni domiciliari: non dico giornalmente, ma senz'altro con una
certa frequenza. Ebbene, per prassi, quando si svolge una perquisizione
in un ambiente particolare, ambiente del quale già si immaginano le
condizioni (che poi verranno accertate una volta entrati), anzitutto si
provvede a bonificare, occupare il sito, allo scopo di garantire la
sicurezza dei presenti, di assicurare che le tracce di reato non
vengano ÿalterate o occultate ed allo scopo di garantire, anche, la
sicurezza degli operatori. Siffatte operazioni, ovviamente, non vengono
compiute, anche in considerazione dello specifico interlocutore, in
maniera garbata; piuttosto, si procede in maniera decisa ed energica.
Penso che la decisione e la condotta energica, purtroppo, siano state
legittimamente adottate (dico purtroppo alla luce degli avvenimenti poi
occorsi).
Per quanto attiene al responsabile della perquisizione -
e mi correggo se mi sono espresso male - non ho asserito che sia
normale l'assenza di un responsabile; nel momento in cui un organismo
di polizia giudiziaria presta ausilio ad un altro analogo organismo che
ha una connessione con il territorio, l'ufficiale di polizia
giudiziaria più alto in grado, il quale sia preposto al servizio di
polizia giudiziaria che opera in un determinato territorio, risponde
verso l'autorità giudiziaria di quanto viene compiuto, tant'è che firma
gli atti che lo svolgimento dell'operazione comporta.
MARCO BOATO. Chi era?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
Non sto dicendo che sia responsabile di tutto quanto venga operato dai
singoli; gli atti sono stati firmati dal dirigente della squadra mobile
di Genova, dal
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dirigente della DIGOS della medesima città, ma ciò non significa che
siano responsabili di quanto chi, componente di quella squadra,
commetta, nella perquisizione un atto illecito. Se mai, sono
responsabili nel momento in cui, avendo visto, non dovessero impedire
il fatto. Va anche tenuta in considerazione la circostanza che si
trattava di un gruppo non omogeneo ma composito. Certo, l'omogeneità
era data dal fatto che ciascuno dei membri del gruppo aveva sicuramente
avuto occasione di maturare nel tempo grande esperienza in materia di
perquisizione e di operazioni di polizia giudiziaria; però, era un
gruppo composito nel quale i singoli provenivano da uffici e realtà
territoriali diversi.
Per quanto attiene alle mie personali
valutazioni su quanto, purtroppo, tragicamente è accaduto al di fuori
della zona in relazione alla quale mi era stato conferito l'incarico da
me svolto, se mi consente, vorrei astenermi. Infatti, il tema
dell'ordine pubblico è talmente delicato che penso che anche chi abbia
maturato negli anni una grandissima esperienza trovi difficoltà a
enunciare regole valide per tutti. Se mi si chiede di dare una
valutazione su una questione che attiene alla criminalità organizzata,
alla criminalità comune o ad un fenomeno criminale che, in un momento
storico particolare, colpisce un determinato territorio, ho il dovere -
e penso di saperlo adempiere - di esprimere mie valutazioni, che si
devono concretizzare in termini di iniziative. Vorrei astenermi dal
fare ciò, perché penso che ci si debba anche trovare personalmente e
direttamente in quelle situazioni per potere, poi, esprimere un
giudizio sereno e misurato.
MARCO BOATO. La ringrazio, dottor Gratteri. Le siamo tutti grati per
il lavoro da lei svolto in quei giorni a Genova; la parte principale
delle sue incombenze è stata da lei già esposta nella parte
introduttiva della sua relazione e riguardava
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la sicurezza all'interno della zona rossa, sia nella fase di
prevenzione sia durante lo svolgimento del vertice. Si è trattato di
una attività che, forse, ha richiesto maggiore impegno e non è mai
stata messa in discussione conseguendo un risultato positivo di cui
viene dato atto. Dunque la nostra attenzione si focalizza su altri
aspetti, forse minori se confrontati con la complessità dei compiti da
lei e dai suoi colleghi affrontati che, tuttavia, sono quelli che hanno
dato origine alla nostra indagine conoscitiva. Le dico ciò per
esprimerle apprezzamento; non sottovalutiamo la gravità, l'importanza,
la mole del lavoro svolto da lei e dai suoi collaboratori in questa
circostanza. Molte domande sono state già formulate dai colleghi che mi
hanno preceduto, quindi mi limiterò a rivolgerle quesiti più specifici.
Ad un certo punto, parlando della giornata del 20 luglio, ha detto di
essersi messo a disposizione della procura della Repubblica di Genova -
credo dopo la morte di Giuliani, nel pomeriggio del 20 luglio - per
l'accesso ai luoghi dove era deceduto Carlo Giuliani. Può specificare
meglio, visto anche che sull'episodio dovremo tornare nel corso di
altre audizioni oggi stesso, questo aspetto da lei citato solo en passant e che forse potrebbe essere utile conoscere?
Riguardo
agli avvenimenti occorsi la sera, credo di essermi fatto un quadro
della situazione; lei, invero, ha citato vari istituti, tra i quali la
scuola Paul Klee, ma, trattandosi di un episodio legato al furgone
vorrei, per il momento, sorvolare. Piuttosto, abbiamo sentito parlare
di scuola Diaz, scuola ex Diaz, scuola Pertini; adesso, lei usa, nella
sua relazione, la dizione scuola Diaz-Pascoli. Siccome lei si è trovato
lì ed io no, la pregherei di fornirmi un chiarimento. Infatti, io ho
capito che vi erano due scuole comunali, la Diaz e la Pascoli, ed una
scuola un di competenza della provincia, l'istituto Pertini. Mi pare di
aver capito che in via Battisti si trovassero, affiancate,
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le scuole Diaz e Pertini (una delle due era in fase di
ristrutturazione, con la presenza di un cantiere) e che, di fronte - ma
parlo solo per induzione, visto che non sono mai stato sul posto - si
trovasse l'istituto Pascoli, anche esso di competenza del comune (credo
una scuola media, mentre la Diaz è una scuola elementare ed il Pertini
un istituto superiore, circostanze inferite dalla lettura delle carte).
Mi pare di aver capito che i reparti sono entrati in tutti questi
istituti, ma in uno non hanno operato alcunché. Ho visto delle immagini
televisive di ragazzi seduti per terra, terrorizzati, che dicevano agli
operatori: «Restate qui perché finché rimanete voi non ci succede
nulla». Questo testimonia il clima che respira chi ha preso visione di
tali fatti solo per via mediatica.
L'altro istituto, il Pertini
(ma vorrei che me lo specificasse) era l'obiettivo della perquisizione.
Ancora, quello a fianco - dove erano collocati il centro stampa, il
centro legale e via dicendo - è stato semidistrutto, addirittura lei
dice per un errore, tanto che ha comunicato al funzionario responsabile
di uscire dai locali e di smettere con quella operazione, operazione
che è stata distruttiva per gli strumenti lì presenti.
Questo è
quello che ho ricostruito e le chiedo di farci un quadro dei siti
specifici in cui sono avvenute le operazioni, perché nella sua
relazione lei ha utilizzato sempre la definizione Diaz-Pascoli: a volte
sentiamo Diaz, a volte Pertini, a volte ex Diaz e via dicendo.
Le
chiedo un'ultima cosa (perché molte domande le hanno già poste i
colleghi e credo che sia corretto non essere ripetitivi) su un tema sul
quale ha giustamente molto insistito il senatore Bassanini. Lei non ha
detto «è normale» - formalmente io ho scritto così, ma sono appunti -,
ma «non
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si disse chi doveva dirigere l'operazione» e «ogni gruppo era
diretto da un funzionario ed essendo numerosi i gruppi, molti erano i
funzionari». Queste le sue parole.
Tuttavia, se qualcuno nelle
circostanze operative avesse deciso o volesse proporre di interrompere
un'operazione che si prospettava diversa da quella che, invece, era
stata discussa nelle riunioni in questura, a chi doveva rivolgersi? Chi
doveva assumersi la responsabilità dell'eventuale interruzione
dell'operazione ? Questa non è una domanda retorica, lei ha capito che
al riguardo vi è una discordanza di versione e le chiedo se lei, che è
stato molto corretto nel fornirci le sue prospettazioni, sia in grado
di riferirci chi avrebbe eventualmente dovuto o potuto decidere
l'interruzione o la modifica delle modalità di operazione.
Devo
dire che lei ci ha prospettato con molta linearità la definizione delle
intese dicendo: «non so se poi siano state rispettate, ma le abbiamo
concordate prima con il reparto mobile, poi con la DIGOS e la squadra
mobile, il reparto prevenzione crimine e i carabinieri. Questo lei ha
riferito ed è la prima volta che lo sentiamo dire in modo lineare.
Tuttavia, i vertici del corpo di Polizia che abbiamo ascoltato - non
parlo del capo della Polizia ma degli altri che erano presenti - hanno
detto che era stato chiesto l'intervento del reparto mobile perché si
temeva che alcune migliaia di manifestanti, presenti nei pressi della
stazione di Genova-Brignole e non ancora partiti, nel momento in cui
avessero saputo che era in corso una qualche operazione di polizia
potessero ritornare nei pressi di via Battisti e creare problemi di
ordine pubblico.
Quindi, nella versione che noi abbiamo ripetutamente avuto, la richiesta di intervento del reparto mobile è a tutela
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dell'esterno rispetto ad eventuali arrivi di «alcune migliaia cito
testualmente di manifestanti ancora in circolazione nei pressi di
Genova-Brignole».
Nella sua prospettazione lei parla delle intese
raggiunte: all'esterno sta il reparto prevenzione crimine e i
carabinieri ancora più all'esterno, invece l'irruzione viene compiuta -
o almeno si decide che venga fatta - dal reparto mobile. Vorrei
chiederle se della mia ricostruzione, seppure sintetica, ha avuto
notizia, se di questa mia valutazione - riportata dai vertici della
Polizia che erano sul luogo, non voglio rifare i nomi perché abbiamo i
resoconti - in qualche modo le risulti qualcosa.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
Per ciò che attiene al sopralluogo, quel pomeriggio mi offrii di
accompagnare il procuratore della Repubblica di Genova sul posto dove
era stato ucciso il giovane Giuliani. Per cui mi recai presso la
procura della Repubblica ed accompagnai, insieme ad altri funzionari
delle strutture locali della Polizia di Stato, il procuratore della
Repubblica sul luogo dove giaceva il cadavere del ragazzo.
Aiutai
i colleghi a prestare collaborazione al magistrato affinché acquisisse
elementi in relazione a ciò che era accaduto. A tale riguardo posso
anche dire che in quella circostanza un funzionario della squadra
mobile di Genova consegnò un bossolo, evidentemente repertato per
terra, al procuratore della Repubblica di Genova. Ce ne andammo subito,
anche perché la situazione era estremamente tesa, dopodiché mi occupai
con l'aiuto dei miei collaboratori, anche della identificazione del
cadavere, operazione che avvenne dopo alcune ore.
Per quanto attiene alla posizione degli istituti, confermo la sua idea e preferirei esprimermi negli stessi suoi termini
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perché non vorrei anch'io fare confusione sulla denominazione degli
istituti. Ricordo da una parte un plesso unico, anche perché se c'erano
due palazzi, erano attaccati; ricordo appena arrivai - perché su quel
punto mi soffermai un attimo - che, guardando il palazzo sulla sinistra
dove poi avvenne la perquisizione, sul lato sinistro (non ricordo se
anche sul lato frontale) vi erano delle impalcature come se si stessero
realizzando dei lavori.
Rammento che mi soffermai sul lato del
perimetro sempre esterno ed estremo della scuola, perché si sentivano
dei ragazzi che, evidentemente, attraverso le impalcature stavano
cercando di guadagnare la fuga. Ordinai, quindi, ad alcuni poliziotti o
carabinieri, adesso non ricordo, che si trovavano lì di fermarli ed
identificarli. Ricordo che i due istituti erano uno di fronte
all'altro: l'istituto dove avvenne la perquisizione era di fronte a
quello dove si entrò per errore.
MARCO BOATO. Dall'altra parte della strada.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
No, confluivano tutti e due sulla stessa strada; se poi l'ingresso
dell'altro fosse dall'altra parte, non lo so; a me, sul momento, si è
presentata la realtà che ho descritto.
MARCO BOATO. Nel senso che si trovavano uno da una parte ed uno dall'altra della strada o erano contigui?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
C'è una strada in mezzo e sulla stessa si affacciano tutti e due gli
istituti. Ritengo che l'ingresso dell'istituto dove c'era il centro
stampa fosse dall'altro lato, non sulla stessa strada dove c'era
l'ingresso dell'istituto perquisito, ma dall'altra parte o
lateralmente.
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FRANCO BASSANINI. Gli istituti sono tre: lei parla di due.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non so se i tre istituti siano su tre fabbricati separati e distinti.
MARCO BOATO. Due sono contigui e uno è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sono due istituti, uno probabilmente che ne comprende due, ma il blocco è unico...
MARCO BOATO. È il Pertini-Diaz, il Pascoli è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
Esatto, quindi il Pertini-Diaz è quello perquisito ed è composto di due
istituti che costituiscono un blocco unico; l'altro è quello di fronte,
dove c'è il centro stampa.
Per quanto riguarda la valutazione
sull'opportunità dell'impiego del reparto mobile o l'illustrazione
delle modalità di schieramento, penso che il suo riferimento possa -
almeno per ciò che mi consta - collegarsi ad un'altra circostanza, ma
non vorrei dare delle indicazioni errate. Nel momento in cui si stava
svolgendo comunque la perquisizione all'interno dell'istituto
Diaz-Pascoli, si diffuse la voce tra tutti i presenti (all'esterno del
cancello dell'istituto si era costituita una consistente massa di
persone) che stessero arrivando - e questa voce era diffusa anche tra
gli stessi giornalisti - persone dai centri sociali con l'intenzione di
opporre quanto meno resistenza, armati anche di bottiglie molotov.
Per questa ragione io stesso ed il collega Luperi, che è direttore di
un servizio della direzione centrale della polizia di prevenzione,
sollecitammo i funzionari allo scopo di accelerare lo svolgimento
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