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Audizione del prefetto Arnaldo la Barbera (parte 1a)





COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

COMITATO PARITETICO

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 28 agosto 2001

La seduta sospesa alle 15,30, è ripresa alle 15,55.

Audizione del prefetto Arnaldo la Barbera.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del prefetto Arnaldo la Barbera.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non requisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete, previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico altresì che il prefetto Arnaldo La Barbera ha chiesto di essere accompagnato dal dottor Valerio Blengini, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, in servizio presso la direzione centrale della polizia di prevenzione. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Ringrazio il prefetto Arnaldo La Barbera anche per il lavoro che ha svolto per questo Comitato poichĂ© ha già


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fotocopiato 40 documenti, sia la relazione sia la documentazione richiamata nella relazione stessa in distribuzione, e la prego di riferire sui fatti per i quali è stato invitato in questa sede.

ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Desidero innanzitutto ringraziare questo onorevole Comitato per l'opportunità che mi offre di illustrare il lavoro svolto dalla direzione centrale della polizia di prevenzione in occasione del G8. Il mio intento, nel redigere la presente relazione, è stato quello di far comprendere fino in fondo la complessa attività di preparazione, per quanto attiene alla sfera di competenza dell'ufficio da me all'epoca diretto, che ha contraddistinto il vertice di Genova. In tale quadro, ho evidenziato difficoltà e risultati, nella serena consapevolezza che, per la circostanza, l'impegno di tutto il personale, sia a livello centrale che periferico, è stato massimo e che quanto fatto costituirà un'utile base di riflessione per impegni futuri a livello internazionale. Per altro verso, i numerosi dati acquisiti costituiscono la struttura informativa portante per articolare una attività investigativa in grado di individuare buona parte dei responsabili dei gravi reati commessi nel capoluogo ligure.
Tengo ancora a sottolineare come sia necessario distinguere tra l'attività della direzione centrale della polizia di prevenzione e gestione dell'ordine pubblico: la prima, infatti, si pone in funzione strumentale rispetto alla seconda, costituendone il presupposto fondamentale in tema di analisi preventiva; la seconda, invece, di stretta pertinenza dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza, sulla scorta di presupposti organizzativi autonomi e di una serie di valutazioni contingenti, modula l'impiego della forza pubblica, seguendo la concreta evoluzione dei fatti.


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In linea di premessa, al solo fine di illustrare in modo chiaro la ripartizione dei campi di azione dei vari uffici, occorre infatti puntualizzare che la struttura che ho diretto assolve a compiti precisi che investono specifiche competenze. In estrema sintesi ed in riferimento alle grandi manifestazioni di ordine pubblico, la direzione centrale della polizia di prevenzione, suddivisa in due servizi, investigazioni generali ed antiterrorismo, avvalendosi delle articolazioni periferiche denominate DIGOS, cura tutti gli aspetti di carattere informativo che possano comunque interagire con l'evento, sviluppa le attività investigative sugli aspetti di anche solo eventuale natura eversiva e riscontra le notizie fornite dai servizi di sicurezza, giungendo, in questo caso, da collettore informativo.
Alla direzione, quindi, non compete in alcun modo la gestione dell'ordine pubblico, la distribuzione dei reparti, le modalità di utilizzo degli stessi: sono questi ultimi compiti che la legge attribuisce espressamente all'autorità provinciale di pubblica sicurezza.
Il punto di contatto tra prevenzione ed ordine pubblico è, quindi, costituito dal dato informativo, essendo ovvio che quest'ultimo, per consentire una adeguata predisposizione dei servizi di piazza, deve essere, ovviamente nei limiti del possibile, completo, esauriente ed esatto.
Ben altro aspetto è la concreta attuazione dei servizi stessi, rispetto alla quale la polizia di prevenzione non ha titolo.
Queste mie precisazioni non devono affatto essere intese quale presa di distanza dagli eventi di Genova, bensì, come già detto, quale necessario ed indispensabile chiarimento al fine di consentire a questo Comitato di comprendere appieno la reale dinamica dei fatti ed i ruoli rivestiti dai vari uffici interessati.
Al fine di assicurare la corretta gestione del vertice dei G8 di Genova, la direzione ha sviluppato una articolata attività di


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carattere preventivo, informativo ed investigativo. Si è provveduto quindi ad acquisire, analizzare e veicolare tutte le informazioni possibili in ordine alle partecipazioni alle manifestazioni collaterali al vertice; ad individuare le frange violente e sensibilizzare le articolazioni periferiche e la questura di Genova in ordine alle loro modalità comportamentali, alla loro composizione ed al loro numero; a curare tutti i rapporti con le polizie straniere al fine di assicurare contatti tempestivi e funzionali anche durante lo svolgimento del summit.
L'attività della direzione si è, quindi, sviluppata sia sul piano interno che sul piano internazionale, in particolare, attraverso: la costituzione di una struttura operativa internazionale per ogni possibile contributo informativo, estesa anche alla fase operativa, mediante la partecipazione di rappresentanti delle varie polizie estere, in stretta collaborazione con i servizi di prevenzione predisposti per il vertice (la cosiddetta sala internazionale della polizia).
L'invio in missione, in occasione di recenti summit (Nizza, Göteborg), di funzionari della direzione centrale di polizia di prevenzione, in qualità di osservatori, al fine di acquisire la percezione diretta dell'intensità degli scontri e delle modalità di «attacco» utilizzate dai dimostranti. Gli esiti di dette attività di osservazione e di analisi sono poi stati divulgati, attraverso una serie di apposite riunioni tematiche, ai funzionari e agli ufficiali responsabili dei vari contingenti di forza pubblica presenti nel capoluogo ligure per l'occasione. In tali circostanze, sono state confrontate le varie strategie e calibrate le diverse tipologie di intervento, applicabili ai vari contesti di ordine pubblico che si sarebbero potuti presentare a Genova. Sono stati inoltre fatti visionare dei filmati provenienti da


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Quebec City, Praga e Davos che hanno consentito di percepire l'intensità e l'ampiezza degli scontri verificatisi in quelle città, in occasione dei precedenti consessi internazionali.
L'attività della direzione si è sviluppata attraverso la sensibilizzazione, sin dall'agosto 2000, di tutte le questure della Repubblica sulla necessità di implementare l'attività informativa, specificamente orientata al vertice di Genova; lo specifico orientamento dell'attività info-investigativa di tutte le DIGOS sull'evento. In particolare, sono state tenute dalla direzione centrale di polizia di prevenzione ben venti riunioni con oggetto il vertice di Genova.
Analizziamo poi gli esiti dell'attività preventiva: si è proceduto all'analisi delle varie componenti della protesta utilizzando i criteri distintivi in «blocchi» indicati dal colore, che le numerose compagini dell'estrema sinistra e dell'antagonismo avevano utilizzato nel corso di precedenti summit internazionali; rispetto al blocco «rosa» (da sempre esprime l'intento di manifestare pacificamente, ricercando però la visibilità delle azioni perseguendo lo scopo di «impedire, boicottare, ritardare» i lavori del vertice), «giallo» (pronti alla disobbedienza civile e alle azioni dirette, non escludendo il ricorso alla violenza. Ne sono espressione maggiori i centri sociali storici autogestiti e le «tute bianche», «blu» (votate ad azioni dirette e violente contro la polizia, anche con il carattere della provocazione. Si affianca al blocco giallo con una propensione allo scontro con le forze dell'ordine). Si è quindi individuato nel «blocco nero» l'elemento di maggiore rischio per l'ordine pubblico.
Nel documento sul vertice, predisposto dalla direzione centrale di polizia di prevenzione ed esposto il 16 maggio del 2001 dal capo della Polizia nel corso del comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza, trattando del blocco nero, viene


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detto: «Si tratta dei gruppi anarchici, di appartenenti all'area marxista-leninista che hanno manifestato l'intenzione di attuare iniziative antiglobalizzazione, diverse da quelle dei circuiti principali del »controvertice« e più incisive di esse».
È nelle loro intenzioni l'attuazione di iniziative clamorose, diverse da quelle programmate sia dal blocco giallo, sia dal blocco blu, rivolte contro i simboli della globalizzazione.
Da fonti di settore si è appreso che nell'ambito del blocco nero si starebbe realizzando una frattura tra gli anarchici vicini alla federazione anarchica italiana e quelli legati alle posizioni insurrezioniste, che avrebbero optato per una strategia di assalto indistinto, con azioni violente contro vari obiettivi, confondendosi tra la folla di manifestanti. A questo proposito occorre evidenziare come, nei fatti, la tecnica poi utilizzata a Genova dai black blockers sia stata proprio quella di confondersi inizialmente tra i gruppi di manifestanti come gli appartenenti al Genoa social forum (tute bianche comprese ), salvo poi, una volta travisati, assumere una connotazione propria e dare luogo alle devastazioni che tutti abbiamo potuto vedere.
In una circostanza, il 20 luglio, in piazza Paolo Da Novi, i militanti del blocco nero sono addirittura arrivati ad appropriarsi di un vero e proprio spazio originariamente assegnato al Network, palesando in tal modo sia una feroce aggressività, sia la capacità di colpire in modo del tutto improvviso ed imprevedibile. Si è proceduto ad una quantificazione della reale consistenza del gruppo, attraverso una apposita sensibilizzazione di tutte le articolazioni periferiche e degli organismi di polizia esteri, cogliendo il carattere transnazionale di questo particolare e tutto sommato recente fenomeno. Per arrivare al numero, si è effettuato un censimento con il concorso di tutte le 103 DIGOS sul territorio, sono stati


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individuati i centri sociali più estremistici, punto di aggregazione degli appartenenti al blocco nero e alcuni di questi, come si illustrerà anche in seguito, sono stati oggetto di perquisizione.
Non si è proceduto ad una sistematica attività di pressione preventiva per almeno tre considerazioni: in primo luogo, le perquisizioni effettuate hanno fornito riscontri significativi ma parziali, in quanto, come poi si è visto a Genova, gli appartenenti al blocco nero si procacciano per lo più direttamente sul posto gli strumenti utili agli scontri e alle devastazioni; secondariamente, si sarebbe corso il rischio di esercitare una pressione che avrebbe potuto esasperare un clima di tensione, già reso precario da una serie di gravi attentati e tentativi di attentato (Bologna, caserma dei carabinieri di Genova, stabilimenti Benetton, Retequattro) compiute poco prima del vertice; si stava inoltre parallelamente percorrendo la strada del dialogo con le componenti che si erano apparentemente palesate più moderate.
Una pressione esercitata attraverso molteplici atti di polizia giudiziaria, avrebbe potuto incidere su di un rapporto che si stava cercando di ricondurre nei canoni della più assoluta normalità, stimolando anche l'ala moderata ad assumere posizioni di solidarietà nei confronti delle frange più estremiste ed in quanto tali destinatarie delle perquisizioni.
Si è addivenuti infine a cifre, in ordine ai possibili manifestanti presenti a Genova, (2 mila unità dall'estero, 500 dall'Italia), che poi hanno trovato sostanziale conferma nei fatti. Per quanto attiene ai 2 mila soggetti stimati come provenienti dall'estero, il numero è stato ricavato, secondo un processo deduttivo, sulla base delle presenze registrate in occasione di altri analoghi appuntamenti internazionali. Al fine di impedire un loro ingresso in Italia, la direzione centrale


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di polizia di prevenzione ha individuato, come poi oggettivamente riscontrato a Genova, la provenienza di appartenenti al « blocco nero », principalmente da Germania, Spagna, Grecia, Inghilterra e Stati Uniti.
Il punto merita un approfondimento: si è provveduto ad attivare tempestivamente tutto il circuito internazionale, sensibilizzando gli omologhi organismi di polizia affinchĂ© venissero forniti dati utili alla individuazione degli appartenenti ai sodalizi in questione; sono state indette più riunioni, nel corso delle quali, alla presenza degli interlocutori stranieri, è stata sollecitata la predisposizione di appositi elenchi nominativi, utili ad impedire l'ingresso in Italia dei manifestanti violenti, in occasione del G8.
L'attività di cooperazione internazionale ha avuto però esiti modesti, probabilmente per due ordini di motivazioni: in primo luogo, l'oggettiva difficoltà, anche per le polizie estere, di penetrazione informativa verso gruppi che denotano, da un canto, la mancanza di un'organizzazione strutturale, dall'altro, la capacità di aggregarsi «per affinità», in occasione di importanti summit internazionali, in quanto per la loro dimensione possono assicurare margini elevati di impunità ad azioni criminali ed indiscriminate; in secondo luogo, esigenze di tutela della privacy che, in più di una occasione, hanno impedito la trasmissione da parte delle polizie straniere delle liste richieste.
La direzione di polizia di prevenzione, alla luce di un sistema di cooperazione internazionale, che proprio in occasione del vertice di Genova ha evidenziato, in modo chiaro, una palese inefficacia, al fine di costruire il nuovo impianto preventivo e repressivo per contrastare e disarticolare il fenomeno dei black bloc, ha già provveduto a formare una


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serie di album fotografici, selezionando i visi di tutti i partecipanti alle devastazioni e agli scontri, suscettibili di identificazione.
Detti album sono già stati consegnati alle polizie dei paesi interessati, al fine di attribuire un nome a ciascun volto e pervenire così a quegli elenchi che erano stati chiesti inutilmente. Le risultanze del lavoro verranno ovviamente condivise con i partner internazionali per consentire l'attivazione di specifiche attività info-investigative in ogni paese. I black bloc, a lavoro concluso - un lavoro, comunque, non facile e non breve - non solo non potranno più muoversi disinvoltamente da una nazione all'altra, ma saranno oggetto di specifiche indagini in ordine alle devastazioni già commesse. Sotto questo profilo, l'intesa con la procura della Repubblica di Genova è stata, sin dal momento dell'acquisizione del numerosissimo materiale video-fotografico, perfettamente funzionale ed efficace.
In ogni caso, sarebbe auspicabile un intervento legislativo di carattere internazionale volto a prevedere autonome fattispecie di reato che puniscano in modo più severo i responsabili di devastazioni, saccheggi e atti di violenza in genere, durante le grandi manifestazioni di ordine pubblico e, soprattutto, agevolino il passaggio delle informazioni tra le varie polizie sui militanti del blocco nero, consentendo così (a differenza di quanto è successo a Genova) un'efficace attività preventiva, attraverso un adeguato filtraggio già alle frontiere.
Tornando alla fase precedente al vertice genovese, la direzione centrale di polizia di prevenzione, comunque, ha assunto l'iniziativa di richiedere direttamente agli organi di polizia stranieri i nominativi delle persone tratte in arresto o comunque coinvolte in disordini in occasione di precedenti summit internazionali. In tal modo, pur in mancanza di


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elenchi, si è pervenuti all'inserimento di 1.439 nominativi in un sistema informatico espressamente dedicato. Come si vedrà in seguito, il sistema consta di una maschera di riferimento che consente di interagire con tutte le altre banche dati operanti (SDI, ArPo e Schengen). Ne consegue che i dati, per poter essere utilmente inseriti, devono possedere dei requisiti minimi di attendibilità: ad esempio, non è possibile inserire solo un nome, o solo un cognome, senza data o luogo di nascita; il sistema non accetta dati palesemente incompleti. Si è però trattato, proprio in relazione alla scarsa disponibilità di notizie da parte di organi di polizia esteri, di un'attività definibile come empirica. Si consideri che il BKA tedesco, la polizia federale tedesca, nella fase di approccio iniziale (sino al 12 giugno 2001), diretta all'acquisizione di informazioni sul blocco nero e sulle componenti violente che avrebbero potuto riconoscersi in tali formazioni, ha riferito circa la completa mancanza di segnali sulla partecipazione di gruppi antagonisti alle manifestazioni di Genova. In proposito occorre specificare che la presa di contatto con le autorità tedesche era dettata dal fatto che, sulla base di varie acquisizioni informative, era emerso come la componente probabilmente più pericolosa di aderenti al black bloc potesse provenire dalla Germania: nei fatti, a Genova, tra i 168 stranieri arrestati a seguito degli scontri, ben 73 sono di nazionalità tedesca. Nella circostanza, quegli organi di polizia avevano evidenziato l'assenza in quello Stato di strutture anti-globalizzazione impegnate a livello internazionale. Solo successivamente, a seguito di espresse ed ulteriori sollecitazioni, che ho curato personalmente, avendo avvertito la delicatezza del problema, e nell'immediatezza dell'evento, la polizia tedesca ha fornito informazioni relative alla partenza dei pullman, senza peraltro specificare l'elenco dei passeggeri ed il livello di pericolosità agli stessi riferibile.


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Ne consegue che, al fine di poter esercitare una qualche forma di controllo, in alcune occasioni la direzione centrale di polizia di prevenzione, in accordo con la polizia di frontiera, una volta bloccati i pullman all'atto dell'ingresso in Italia, fatti identificare gli occupanti, ha concordato l'immediato respingimento di tutti coloro che fossero stati trovati a bordo di mezzi che trasportavano un qualsiasi strumento idoneo all'offesa.
In altre circostanze (è il caso di un pullman proveniente dall'Austria), si è provveduto, di concerto con quella polizia, che aveva all'ultimo momento segnalato la partenza, ad inserire nell'apposito sistema informatico per respingimento, i nominativi dei passeggeri, contestualmente ai controlli di frontiera. Nel caso della Grecia, inoltre, si è riscontrata l'assoluta mancanza di collaborazione, prova ne sia che le autorità elleniche si sono inizialmente limitate a segnalare in modo del tutto generico il numero ed il momento della partenza dei manifestanti diretti al capoluogo ligure, negando espressamente qualsiasi presenza, tra essi, di anarchici o militanti del black bloc. Proprio al fine di agevolare i rapporti bilaterali e addivenire a concreti sviluppi operativi in tema di prevenzione alle frontiere, su disposizione del capo della Polizia, il 12 luglio 2001, mi sono recato ad Atene ove ho incontrato i vertici della polizia ellenica. La direzione centrale di polizia di prevenzione, a seguito di detto incontro, ha provveduto a sensibilizzare l'ufficiale di collegamento e ad inviare in Grecia, ai porti di Patrasso e Igoumenitsa, personale delle DIGOS, per individuare le partenze di elementi potenzialmente pericolosi. Questi ultimi, che viaggiavano a bordo di tre pullman imbarcati su di una nave, non appena giunti al porto di Ancona, nonostante le rimostranze poi avanzate da quello Stato, sono stati rimpatriati nel numero di 147. Nel frangente si sono altresì verificati momenti di tensione, con


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atteggiamenti di resistenza passiva e tentativi di scontro con le forze dell'ordine. In proposito, è interessante notare come dei 302 arrestati a Genova durante le manifestazioni di controvertice, 168 siano stranieri. Di questi ultimi, per buona parte di matrice antagonista, 73 sono tedeschi, 15 austriaci, 16 spagnoli, 7 svedesi, 8 francesi, 9 svizzeri, 7 americani, 7 inglesi, e in unità minori irlandesi, venezuelani, brasiliani, canadesi, lituani, polacchi, australiani e solo due greci. Ora, considerato che in Grecia esistono forti gruppi di anarco-insurrezionalisti - come la formazione terroristica 17 novembre, responsabile in quel paese di una serie impressionante di attentati ed omicidi - che, da tempo, avevano evidenziato l'intenzione di raggiungere il capoluogo ligure per contestare in modo violento il G8, ne consegue che l'attività di controllo alle frontiere, quando è stato possibile esercitarla, ha fornito esiti soddisfacenti: nel caso di specie, come detto, i militanti di quella fazione ideologica, hanno raggiunto l'Italia a bordo di imbarcazioni ed in tal modo hanno potuto essere intercettati.
Dei 2.000 soggetti stimati come appartenenti al blocco nero, il sistema così realizzato ha comunque consentito il respingimento alla frontiera di complessive 298 persone. La polizia di frontiera, per altre motivazioni, ha operato ulteriori 1.795 respingimenti. Sempre in tema di cooperazione internazionale, maggiore efficacia deve essere ascritta alla sala internazionale di polizia, della quale si è fatto cenno, che ha consentito di disporre di tempestivi riscontri sui soggetti stranieri tratti in arresto a Genova durante gli scontri: ad esempio, il BKA aveva installato un collegamento informatico diretto con le proprie banche dati, in modo da evidenziare l'esatta posizione di ogni soggetto formato, tant'è che tutte le polizie interessate hanno espresso piena soddisfazione per come il lavoro è stato svolto e sull'alta qualità dello stesso. In tal senso, il premier inglese


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Tony Blair, nella mattinata di domenica 22 luglio, durante una conferenza stampa, ha rivolto pubblici apprezzamenti al lavoro svolto in seno alla sala internazionale; dello stesso tenore anche attestazioni formali provenienti da alcuni paesi, come la Svizzera.
Attraverso le acquisizioni fotografiche degli scontri si è potuto accertare che, all'interno dei gruppi più attivi, si trovavano anche esponenti del gruppo terroristico di origine turca denominato «TIKB - Unione Rivoluzionaria Comunista Turca» che, dal 1989 fino al novembre 1999, si è reso responsabile in quel paese di numerosi attentati e dell'uccisione di due funzionari di polizia. In proposito, sotto il profilo preventivo, si consideri che la polizia turca, sensibilizzata, con nota del 26 giugno ultimo scorso, a fornire informazioni sull'eventuale presenza a Genova di gruppi pericolosi, si è limitata (con nota del 17 luglio) a segnalare la possibilità di una presenza nel capoluogo ligure di appartenenti al noto movimento PKK. Non è pertanto da escludere che gli appartenenti alla suddetta cellula terroristica siano giunti in Italia provenendo dalla Germania, considerato che in quel paese esiste una forte colonia di cittadini turchi.
Si consideri ancora in proposito che, tra le persone arrestate all'interno della scuola Diaz, si è riscontrata la presenza della cittadina turca Gol Yasar Suna. Quest'ultima, rimessa in libertà su provvedimento di scarcerazione del GIP, è poi risultata essere ricercata nel paese di origine, in quanto appartenente «all'associazione terroristica MLKP».
Per quanto attiene agli italiani, stimati, come si è detto, in circa 500 unità, l'attività preventiva è stata svolta attraverso mirate attività di capillare verifica preventiva effettuate dalle DIGOS e si è individuata la matrice anarchico-insurrezionalista e punk-anarchica del blocco nero, quale componente


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«trainante», alla quale, durante i disordini, avrebbero potuto aggregarsi (come poi è stato) altre frange anti-istituzionali tra loro eterogenee, ma collegate da una sorta di «affinità situazionale». La dinamica dello scontro, della devastazione, del saccheggio coinvolge poi soggetti che inizialmente non li avevano preordinati ma ai quali poi partecipano attivamente. In altri termini, occorre specificare come nei disordini verificatisi a Genova, tutto l'impianto di prevenzione e di ordine pubblico si sia trovato di fronte ad una serie di eventi criminali e ad una precisa strategia di guerriglia urbana che assume, per dimensioni e violenza, il carattere dell'eccezionalità. Ai 2500 stimati come appartenenti al blocco nero, nel momento dei disordini si sono infatti uniti almeno 7-8 mila manifestanti, provenienti dai gruppi riferiti ai blocchi blu e giallo ivi comprese, nelle fasi più delicate degli scontri, anche le stesse tute bianche, i quali hanno determinato l'insorgere di veri e propri focolai di rivolta, rendendo estremamente complessa e difficoltosa l'attività di contrasto delle forze dell'ordine. Detta partecipazione «allargata» è stata inequivocabilmente confermata dai riscontri video-fotografici acquisiti a seguito degli scontri ed oggetto, come ho già precisato, di analisi investigativa.
Tutti i sodalizi, dai quali sarebbero potuti provenire gli elementi del blocco nero sono stati oggetto di attenzione da parte delle DIGOS nella fase pre-vertice attraverso: una puntuale attivazione di tutte le fonti informative; una scrupolosa verifica delle notizie fornite dai servizi di informazione; una mirata attività investigativa d'intesa con l'autorità giudiziaria.
Del resto, le DIGOS, pur ulteriormente sensibilizzate, al momento della partenza dei gruppi di manifestanti diretti a Genova con mezzi pubblici (pullman e treni) non sono state


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in grado di seguire i soggetti attenzionati in quanto gli stessi si sono confusi con la massa dei partenti in modo del tutto indistinto.
È necessario, tra l'altro, puntualizzare come sia prassi consolidata per l'ala più dura del gruppo anarchico raggiungere i luoghi di incontro direttamente con mezzi propri e come, nel caso di Genova, la maggior parte degli strumenti di offesa (spranghe, bottiglie, benzina, corpi contundenti) sia stata reperita sul posto in concomitanza con l'inizio e durante gli scontri (così da rendere comunque inefficace ogni tipo di verifica durante il tragitto dalla città di provenienza al capoluogo ligure).
Alla questura di Genova, sin dall'8 giugno, sono stati inviati in missione funzionari e personale delle DIGOS, per un complessivo di 98 unità, con il compito di coadiuvare quell'ufficio nei servizi di investigazione ed osservazione sul territorio.
Compatibilmente con le difficoltà già rappresentate in ordine al seguire gruppi violenti che nelle fasi antecedenti agli scontri si sono confusi tra la folla di manifestanti pacifici, le DIGOS maggiormente interessate hanno inviato a Genova propri funzionari e proprio personale con il compito di monitorare gli spostamenti dei vari gruppi. Come si evince dalle varie relazioni di servizio redatte dai responsabili, però, anche quest'ultimo personale DIGOS, pur inizialmente destinato ad individuare e seguire gli elementi più facinorosi, è stato costretto a collaborare attivamente nell'emergente situazione di ordine pubblico, mettendosi a disposizione dei funzionari responsabili della piazza e coadiuvando gli altri contingenti nell'attività di contenimento e contrasto dei gruppi violenti.


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Per quanto concerne l'attività investigativa, nel quadro di una mirata attività investigativa di settore, d'intesa con l'autorità giudiziaria ed avvalendosi dell'apporto di 27 DIGOS distribuite su tutto il territorio nazionale sono stati attivati: 60 intercettazioni telefoniche, 5 ambientali e 8 telematiche, relative ad appartenenti ad ambienti dell'antagonismo nazionale; 61 intercettazioni telefoniche e 5 telematiche, relative ai settori anarchici più oltranzisti; 62 intercettazioni telefoniche, 1 ambientale e 2 telematiche, relative ad elementi più strettamente connotati da tendenze eversive.
Parallelamente, non potendosi escludere un'attività di carattere destabilizzante in capo ad esponenti di gruppi di estrema destra, comunque inclini a campagne di opinione contro il G8, in linea con i principi di «antimondializzazione», si è provveduto ad attivare 15 intercettazioni telefoniche ed una telematica, nei confronti di elementi d'area, al fine di osservare anche tale settore di contestazione. Complessivamente, quindi, 198 intercettazioni telefoniche, 6 ambientale e 16 telematiche.
Occorre in proposito osservare che il numero relativamente modesto di intercettazioni ambientali, che pur sotto il profilo pratico costituiscono una indubbia risorsa investigativa, è da ascrivere alla oggettiva difficoltà a prefigurare ipotesi di reato che consentano l'attivazione di detto supporto tecnico. Del pari, sono state riscontrate oggettive difficoltà ad ottenere dai vari GIP competenti le autorizzazioni necessarie alle attività di ascolto e ciò in quanto, come noto, l'attuale normativa esige la presenza di elementi indiziari fondati ed univoci, che mal si conciliano con una attività che invece perseguiva, unitamente a finalità di indagine, anche aspetti di tipo preventivo.
Si tratta di un ulteriore caso nel quale emerge la distonia dell'attuale sistema normativo che, ereditato il concetto di


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«intercettazioni preventive» dalla fase delle indagini contro il terrorismo, ha poi mantenuto detto importante strumento di accertamento solo nei confronti dei reati di mafia.
In prossimità del vertice, si è inoltre provveduto ad eseguire una serie di perquisizioni domiciliari e personali estese anche al mezzo di trasporto (per complessivi 143 atti) a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, quali alcuni centri sociali che si erano distinti nel propugnare attività di carattere violento contro il G8 (quali, a titolo di esempio, la Stella Nera ed il Cecco Rivolta di Firenze, il centro sociale autogestito Immensa ed il Pinelli di Genova, il circolo Villa Litta di Milano, l'Askatasuna di Torino o il Gramigna di Padova).
Più in generale, ma comunque in riferimento anche al vertice di Genova, la direzione centrale della polizia di prevenzione ha finalizzato, poco prima dell'inizio dei lavori del summit, un'indagine nei confronti dell'anarco-insurrezionalismo i cui militanti sono ritenuti responsabili, tra l'altro, di vari disordini di piazza e di una serie di attentati compiuti in Milano negli ultimi due anni. In particolare, le indagini hanno consentito di configurare un'associazione sovversiva e di richiedere all'autorità giudiziaria l'emissione di una serie di ordini di custodia cautelare in carcere. Complessivamente il contesto investigativo ha coinvolto oltre 50 persone.
Si consideri che uno dei soggetti per i quali era stata richiesta l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare, poi arrestato durante gli scontri di Genova, ha partecipato ad una conversazione tra presenti, registrata il 24 maggio 2001, nel corso della quale gli interlocutori hanno fatto esplicito riferimento alle iniziative da intraprendere in occasione del


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vertice G8, manifestando l'intenzione di ricorrere anche ad azioni improntate alla violenza, mediante l'uso di bottiglie molotov.
Per quanto attiene alla veicolazione delle notizie sul grado di minaccia provenienti dai servizi di informazione, cui prima è stato fatto cenno, la direzione centrale della polizia di prevenzione ha diffuso alle articolazioni periferiche 126 note di interesse.
L'analisi dei dati forniti evidenzia come gli elementi rilevanti sotto il profilo investigativo, degni di sviluppo ed in grado di produrre una concreta attività operativa, siano stati complessivamente assai rari, comunque non dettagliati e, soprattutto, indistinti tra una moltitudine di informazioni risultate nella maggior parte dei casi prive di un qualche riscontro, all'esito dei numerosissimi controlli all'uopo disposti ed in ordine ai quali la questura di Genova è sempre stata tenuta informata in tempo reale. Ad esempio la nota del SISDE del 20 marzo 2001 anticipa l'utilizzo di palloncini contenenti sangue, almeno in parte umano, raccolto con la complicità di medici, veterinari ed infermieri, che sarebbero stati lanciati nel corso della manifestazione. Nota SISDE del 5 aprile: gli antagonisti avrebbero accaparrato un rilevante numero di copertoni da dare alle fiamme e far rotolare lungo le strade in discesa che conducono al mare ove avrebbero dovuto essere posizionate le forze dell'ordine. Nota SISDE del 20 marzo: gli antagonisti avrebbero avuto in animo di affittare un canale satellitare al fine di divulgare la protesta a livello mondiale. Nota SISMI del 9 giugno: elementi dell'area dell'autonomia romana avrebbero acquisito date ed orari di trasferimento dei mezzi antincendio che da varie località del territorio sarebbero state poi concentrate a Genova in occasione del vertice. Nota SISMI del 28 giugno: elementi antagonisti avrebbero predisposto


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delle buste di plastica riempite con sangue di maiale da lanciare sulle forze dell'ordine per disorientarle. Nota SISDE del 19 luglio: le tute bianche, per sfondare la zona rossa, avrebbero predisposto due testuggini umane composte ciascuna da 80 militanti.
In proposito è importante precisare che ad ogni notizia pervenuta dai servizi consegue un allertamento, spesso a tutte le 103 DIGOS, ed una conseguenziale attività di verifica sul territorio e di sensibilizzazione di tutte le fonti informative utili a fornire un qualche riscontro, non escludendosi, peraltro, qualora ne sussistano gli estremi, il riferimento all'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene ai nominativi che compaiono nelle note informative fornite dai servizi, occorre specificare che la maggior parte di essi sono risultati inutilizzabili sotto il profilo preventivo in quanto sforniti di elementi idonei a consentirne l'inserimento nel sistema informatico appositamente predisposto (in quanto carenti di esatte generalità, luogo o data di nascita).
Alla luce di quanto sopra, sono solo 14 i nominativi segnalati dal SISDE e 95 quelli forniti dal SISMI utili ai fini preventivi e sui quali è stato quindi possibile attuare una selezione alle frontiere (ad esempio, in un nota del SISMI del 18 luglio si indicavano come partiti per l'Italia due soggetti appartenenti ad un'organizzazione terroristica greca, così «non meglio generalizzati»: Arsi ed Aristos).
Occorre, infine, non dimenticare che, sempre in concorso con i servizi di informazione, la direzione centrale della polizia di prevenzione, proprio in concomitanza con la fase antecedente al G8 è stata impegnata in una complessa attività di indagine su un gruppo terroristico islamico che, vista la presenza nel capoluogo ligure del Presidente americano, aveva


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acquisito caratteristiche di indubbia attualità e rilevanza. È stato, infatti, indispensabile verificare sin nel minimo dettaglio gli elementi informativi posseduti al fine di scongiurare preventivamente ogni ipotesi di attentato a Genova ai danni di personalità internazionali. Quest'ultima attività, svolta d'intesa con la competente procura della Repubblica, ha comportato l'impiego di numeroso personale in servizi di appostamento, pedinamento ed intercettazione, ed è poi sfociata in una articolata serie di atti di polizia giudiziaria.
In conclusione, ritengo che il lavoro sviluppato dalla direzione centrale della polizia di prevenzione sia stato intenso ed adeguato sicuramente in termini di impegno. Per altro verso, devo ulteriormente ribadire come la prevenzione termini laddove inizia l'ordine pubblico. L'ufficio che ho diretto aveva segnalato in tempo utile sia le modalità di attacco utilizzate dal blocco nero, sia le potenzialità infiltrative in seno ai gruppi moderati, sia, infine, la pericolosità.
Parallelamente si è provveduto a cercare riscontro di tutte le notizie fornite dai servizi di sicurezza e la questura di Genova è stata sempre informata, spesso in tempo reale, sull'andamento dell'attività informativa.
Superando comprensibili difficoltà di ordine procedurale, in perfetta sintonia con numerose procure della Repubblica, è stato attivato un vasto sistema investigativo, che ha consentito di monitorare svariati settori dell'antagonismo dell'eversione.
Del pari, è stato fatto tutto il possibile per ovviare ad una carente cooperazione internazionale che, ancora oggi, si basa su un sistema di circuitazione delle informazioni inadeguato rispetto a nuovi fenomeni, di stretta valenza criminale e di grande incisività, come il black bloc.
In piazza, durante gli scontri, il personale DIGOS che pure era stato inviato per monitorare i soggetti più pericolosi, come


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ho precisato e come emerge chiaramente dalle relazioni di servizio che ho allegato, mentre in una prima fase ha sempre prontamente segnalato spostamenti o presenze a rischio, successivamente è stato impiegato per fronteggiare una situazione che aveva assunto le caratteristiche della più piena ed emergenza.
Sono però convinto che l'esperienza genovese, come ho sottolineato nella mia relazione, debba necessariamente costituire lo spunto per agevolare in futuro l'attività di polizia di carattere preventivo, impedendo ai gruppi di criminali di muoversi agevolmente tra vari paesi.
Parallelamente, confida nell'attività di polizia giudiziaria, tuttora in corso, e sono certo che, nei tempi necessari, sarà possibile individuare e perseguire Bonaparte e degli autori delle restrizioni e delle violenze che hanno colpito Genova e nelle forze dell'ordine.
Signor presidente, conclusa la mia relazione al Comitato, le chiederei, se possibile, una breve sospensione.

PRESIDENTE. Ritengo di poter accedere alla sua richiesta, signor prefetto.
Comunico che mi è pervenuta la richiesta, sottoscritta da varie testate giornalistiche, di rinviare a domani mattina l'audizione dell'ex vicecapo della Polizia, Ansoino Andreassi, in modo da consentire opportunamente un'audizione ritenuta fondamentale per comprendere come si sono svolti effettivamente i fatti di Genova. Tale richiesta è stata formulata dalle seguenti testate ed agenzie: Il Corriere della sera, La Repubblica, Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Messagero, Il Tempo, La Stampa, Il secolo XIX, l'Ansa, l'e-Biscom, TG2, l'Unità, l'agenzia Area, l'agenzia ADN Kronos. Credo vi sia il timore che la seduta termini a mezzanotte. Ritengo, invece, opportuno proseguire nei nostri lavori, cercando peraltro di


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contenere le domande dei componenti il Comitato e le risposte degli auditi in tempi ragionevoli.

FILIPPO MANCUSO. Ribadisco l'opportunità di valutare realisticamente, assieme al calendario dei lavori predisposto, la condizione di affaticamento dei presenti e l'esigenza altresì di comprendere e di approfondire adeguatamente le problematiche. La finalità, quindi, della puntualità nella conclusione dei nostri lavori, secondo me, è sopravanzata dalla serietà dell'esperimento che andiamo conducendo. Io non ho alcun titolo, perchĂ© non sono neppure pubblicista, però vorrei associarmi alle ragioni dei giornalisti, invitandola, presidente, a considerare che non è possibile sottoporre il Comitato ad una continuativa pressione di interessi e di problematiche per poter dire che si è rispettato il calendario. La ringrazio.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,50, è ripresa alle 17.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

ANTONIO DEL PENNINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DEL PENNINO. L'allegato 6 contiene una serie di rapporti al dirigente della DIGOS di Genova che sono pieni di omissis, per quanto si riferisce ai nomi. Capisco i problemi connessi alla riservatezza ed alla tutela della posizione dell'agente che ha stilato il rapporto, ma quando gli omissis si riferiscono a indicazioni di gruppi che farebbero parte del Genoa social forum o addirittura di esponenti politici - come


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si dichiara in uno di questi documenti - che rappresentavano elementi di contatto con l'inizio della manifestazione, ritengo che gli stessi tolgano alla Commissione la possibilità di valutare una serie di elementi che, invece, hanno una loro rilevanza.
Pertanto chiederei, preliminarmente, di poter disporre di questi documenti - anche in forma riservata, se non si intende renderli pubblici - privi degli omissis, al di fuori di quelli che riguardano l'agente refertante.

PRESIDENTE. Il senatore Del Pennino chiede, in sostanza, di poter visionare i documenti della DIGOS senza gli omissis, laddove questi non risultino assolutamente necessari.

ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Bisogna tener presente che sono in corso indagini da parte dell'autorità giudiziaria e che vi è un contesto investigativo molto ampio; comunque, appena possibile, forniremo i nominativi richiesti.

FABRIZIO CICCHITTO. La mia prima domanda è rivolta al dottor La Barbera perchĂ© ha partecipato a tutte le attività investigative, ma nasce anche da osservazioni che sono state formulate dal questore Colucci. È emerso - e la nota di cui parla adesso il senatore Del Pennino ne è una clamorosa conferma - che all'interno del corteo erano presenti forze politiche e parlamentari che hanno provato a cogestire il corteo stesso, che hanno avuto contatti con le forze dell'ordine, che ne hanno richiesto in alcuni casi l'intervento e in altri, invece, il loro ritiro. Ebbene, questo aspetto importantissimo e delicatissimo richiede che sia fatta luce, che emerga il nome degli uomini politici che gestivano o che hanno provato a gestire il corteo, perchĂ© noi dobbiamo conoscere tutte le componenti relative agli avvenimenti: questa è la prima esigenza che avverto.


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Dalla sua relazione, dottor La Barbera, emerge una certa condizione di isolamento della sua struttura per quanto riguarda l'azione preventiva, nel senso che vi siete trovati privi di un supporto internazionale. Mi sembra altresì che emerga un clamoroso flop dei servizi, dai quali vi sono arrivati input assolutamente al limite del ridicolo e che, comunque, non hanno trovato riscontro rispetto a questioni molto più gravi che poi, invece, sono avvenute nella realtà. La mia è un'impressione semantica, oppure è un'interpretazione corretta del suo testo?
Terza domanda: il suo è un ufficio, come lei ci ha spiegato, di attività specialmente preventiva. Come mai si è verificato questo punto di crisi tra l'attività preventiva, l'analisi che voi avete predisposto e quello che è successo sul campo? Tutto ciò si riferisce non solo alle strutture, che non hanno funzionato, ma anche ad altri aspetti. Voi avevate avuto l'esperienza di Napoli che, per molti versi e in piccolo, è simile a quella di Genova. Alcune componenti manifestatesi a Napoli, poi, dilatate, si sono presentate a Genova: a Napoli la polizia è stata aggredita da una componente molto ampia di manifestanti. Se poi andiamo a leggere la stampa, capiamo che alcuni settori politici hanno attaccato la polizia perchĂ© si è affermato che nelle carceri la gente è stata picchiata.
Quindi, vi sono delle situazioni analoghe; tuttavia, essendo diverso il quadro politico, nessuno ha chiesto allora l'istituzione di una Commissione di indagine. Napoli era un campanello d'allarme: come mai non avete riflettuto su tutto ciò, che lì si è verificato?
Lei ci ha spiegato e ricordato nella relazione che bisogna distinguere fra l'attività della sua struttura, che è preventiva, e la gestione dell'ordine pubblico: con mai allora lei ha partecipato direttamente alla gestione dell'ordine pubblico


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nella vicenda della scuola Diaz? Per ciò che concerne quei fatti, ci può ricostruire come e da chi è stata presa la decisione e quale è stato l'ufficiale di polizia giudiziaria che si è assunto la responsabilità di adottare quelle scelte?

ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Sulla vicenda della scuola Diaz, mi sono permesso di scrivere tre pagine che leggerò (in quanto c'è anche un'inchiesta dell'autorità giudiziaria), poichĂ© ritengo che possano chiarire e prevenire eventuali domande. Ringrazio il Comitato per l'opportunità che mi offre di illustrare alcuni punti che, in merito alla vicenda della scuola Diaz, ritengo di fondamentale importanza.
Ometterò ricostruzioni di carattere sistematico dei fatti, in quanto - come a tutti è noto - è in corso un'inchiesta condotta dalla magistratura genovese, nel cui contesto sono già stato sentito in qualità di persona informata sui fatti.
In tale quadro, ho recentemente appreso dalla stampa che potrei assumere anche la posizione di persona destinataria di avviso di garanzia. La cosa, a dire il vero, non mi preoccupa - nĂ© nella sostanza nĂ© nella forma - in quanto sono assolutamente sereno e consapevole delle mie azioni. Piuttosto il rammarico è per l'ennesima fuga di notizie - sulla cui veridicità sono ancora in attesa di riscontri -, che nel clima attuale contribuisce a generare una diffusa sensazione di incertezza e confusione, che sicuramente non giova ad un completo chiarimento dei fatti e delle susseguenti responsabilità, che, invece, come ogni cittadino, auspico possa giungere quanto prima nella più completa trasparenza, senza condizionamenti esterni o posizioni preconcette.
In questa sede, pertanto, se l'onorevole presidente lo consente, mi limiterò a chiarire gli aspetti che ritengo di interesse, evitando, come ho accennato, qualsiasi sovrapposizione con l'indagine in corso. In primo luogo, intendo chiarire


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una volta per tutte il motivo della mia presenza a Genova. Sono andato nel capoluogo ligure il pomeriggio di sabato 21, giungendo in questura alle 16,15, su disposizione del capo della Polizia, per incrementare l'attività della sala internazionale di polizia (della quale ho già parlato nella mia relazione introduttiva), in quanto il rilevante numero di arresti compiuti a carico di cittadini stranieri rendeva estremamente delicata e complessa la gestione con gli analoghi organismi di polizia. Si tenga presente che avevo una conoscenza personale con buona parte degli ufficiali di collegamento perchĂ© il tema della collaborazione internazionale, come vedete, è stato un po' il punto debole della prevenzione, nonostante gli sforzi che sono stati fatti e nonostante abbiamo fatto dei miracoli rispetto ad un'assenza di informazioni. La necessità di procedere alla perquisizione alla scuola Diaz è emersa, quindi, in un momento successivo ed è stata condizionata da elementi del tutto autonomi rispetto alla mia presenza nella questura di Genova. Tengo a precisare che, nel frangente, valutate le condizioni di fatto che si presentavano (aggressione di quattro pattuglie in servizio di perlustrazione, la rilevata presenza davanti ai locali della scuola di oltre 200 persone, nella quasi totalità vestite di nero, le manifestazioni per la chiusura del vertice previste per il giorno dopo e il fatto che numerosi black bloc, individuati la sera precedente a Villa Imperiale - mi riferisco alla sera del 20, come risulta dagli atti - durante la notte erano riusciti a defilarsi, rendendo vano l'intervento delle forze dell'ordine), ho concordato e concordo tutt'oggi con la decisione assunta dal questore di procedere alla perquisizione ai sensi dell'articolo 41.
A mio avviso e secondo l'esperienza che in qualche anno di polizia giudiziaria ritengo di aver maturato, quella perquisizione


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non poteva, ma doveva essere fatta, se vogliamo dare un senso alla polizia; se vogliamo dimenticare la polizia, allora facciamo turismo.
In secondo luogo, voglio precisare perchĂ© io mi fossi recato sul luogo dell'operazione (in questo modo anticipiamo eventuali domande). Sotto questo aspetto subentra un'indole ed uno scrupolo del tutto personali: quando si opera anche solo, come nel caso di specie, in funzione di osservatore, io normalmente ci sono sempre. Per l'operazione alla scuola Diaz, inoltre, avevo ricevuto - subito dopo che il questore aveva informato il capo della Polizia della decisione assunta di procedere appunto alla perquisizione e, nella circostanza, aveva richiesto la possibilità di impiego di reparti dell'Arma dei carabinieri - una telefonata da parte del capo stesso che mi invitava a raccomandare la massima cautela e prudenza, cosa che puntualmente e ripetutamente ho fatto, sia nel corso di una riunione preliminare tenuta dal questore - durante la quale ho vivamente sconsigliato il proposto utilizzo di artifici lacrimogeni -, sia nella fase immediatamente precedente all'irruzione, nella quale ho espresso ad un comandante di reparto alcune perplessità nel procedere all'operazione, avendo percepito un generale e complessivo stato di tensione. Il collega, preso atto delle mie osservazioni, decise in ogni caso di procedere all'intervento, adducendo motivazioni di carattere tecnico-operativo.
La terza precisazione è strettamente correlata alla seconda, ovvero quale era il mio ruolo nella circostanza. Orbene, la mia qualifica di prefetto direttore di una direzione centrale del dipartimento della pubblica sicurezza non mi avrebbe in alcun modo consentito nĂ© di assumere una posizione per quanto attiene l'attività di polizia giudiziaria, non rivestendo più la relativa qualifica, nĂ© di dirigere eventuali servizi di ordine


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pubblico, non avendone alcun titolo. Prova ne sia che a Genova mi sono sempre limitato a rivolgere raccomandazioni o consigli che, come ho ricordato, in un caso sono stati disattesi. Disattesi, devo dire, in modo del tutto legittimo, in quanto la mia opinione, il mio suggerimento, nel frangente, assumeva la veste di mero consiglio e, in quanto tale, non comportava alcun obbligo di obbedienza. Ed è proprio la mia posizione del tutto ininfluente sotto l'aspetto operativo che mi ha indotto, non appena mi sono accorto che stavano arrivando i giornalisti, ad allontanarmi dal luogo.
Per tutto il resto, come ho accennato in premessa, ovvero per quanto attiene alla posizione di chi ha proceduto concretamente all'intervento, ritengo opportuno attendere le valutazioni dell'autorità giudiziaria che merita la più totale e incondizionata fiducia. Con questo ritengo di avere anticipato alcune domande che il Comitato eventualmente avesse voluto rivolgermi sul «capitolo Diaz».
Passiamo alla prima domanda: all'atto del corteo erano presenti forze parlamentari che hanno avuto un rapporto con le forze dell'ordine. Questo è un problema di ordine pubblico, non è un problema di prevenzione. Io vengo qui a rispondere della prevenzione, non dell'ordine pubblico. La prevenzione finisce con l'ordine pubblico; la prevenzione dà le informazioni - di qualsiasi natura possano essere, fiduciarie, a seguito di attività investigativa, a seguito di accertamenti dell'autorità giudiziaria - a chi dirige l'ordine pubblico, dopo di che la prevenzione si ferma.
Per quanto riguarda la seconda questione, relativa alle condizioni di isolamento della struttura, devo dire che io non mi sono mai sentito solo.
Relativamente al «flop dei servizi», si tratta di un giudizio. Io ho rappresentato la verità e, comunque, qualora questo


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Comitato richiedesse i documenti a cui mi riferivo (ben 120 snodi di interesse), una volta fatta venire meno la riservatezza dei documenti, se il presidente lo ritenesse, non avremmo alcuna contrarietà a fornirli.
Mi sono limitato, come non sarà certamente sfuggito al Comitato, a citare casi che, sempre non in ossequio alla massima riservatezza, sono stati oggetto di articoli giornalistici in tempi non sospetti.Quanto agli episodi napoletani, come punto di partenza è proprio da Napoli che è cominciata l'attività preventiva tenendo presente che buona parte delle intercettazioni ambientali e telefoniche sono state autorizzate dalla procura di Napoli poichĂ©, come già rappresentato nella mia relazione, le intercettazioni cosiddette preventive sarebbero una cosa graditissima per la polizia di prevenzione ma questo strumento non è a nostra disposizione. Tali intercettazioni sono state mantenute solo per i reati di mafia e non per il terrorismo o l'eversione.
Per quanto riguarda l'ultima domanda ritengo di aver risposto

GRAZIELLA MASCIA. Lei ha già anticipato diverse risposte a domande che avrei voluto porle. Ci ha già spiegato come ed in quale momento è arrivato a Genova. Vorrei chiederle, nel corso di quei giorni (19, 20 e 21 luglio) che tipo di relazioni ha mantenuto con il capo della Polizia o con il ministro dell'interno. Lei, giustamente, dice che l'attività di prevenzione finisce laddove inizia l'ordine pubblico, ma, appunto, come lei stesso ci ha confermato, perfino il 21 c'era bisogno della sua presenza per un intervento preventivo per via delle conoscenze di cui lei disponeva. Quale contributo lei ha dato nel corso di quei giorni e anche quale tipo di contributo ha dato alle relazioni internazionali che mi pare di capire, anche leggendo i documenti che, gentilmente, ci ha fornito, hanno continuato


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ad operare a Genova in una consultazione permanente, seguendo tutti i passaggi anche dei momenti più delicati, di quei giorni? Qual è stato il suo ruolo, anche se il suo arrivo a Genova fa data al 21, nel corso di quelle giornate?
Vorrei chiederle - non so se si tratti di una valutazione di merito e se quindi la sua risposta potrà essere soltanto limitata - ancora qualcosa sul lavoro dell'intelligence. Lei ci ha fornito oggi, da questo punto di vista, degli argomenti interessanti, facendo anche una analisi delle notizie che arrivavano e le verifiche che sono state poi effettivamente realizzate perchĂ© potessero essere utilizzate nelle iniziative di ordine pubblico. Credo che questo corrisponda ad un contributo effettivo. Tuttavia rimane il fatto che nel corso di quei giorni si registra un bilancio negativo relativamente alla possibilità effettiva di manifestare: ci sono stati fatti di cui ormai abbiamo parlato tante volte e, di fatto, non si è potuto garantire il diritto a manifestare. Quali sono, secondo lei, le ragioni per cui, con tutti gli elementi di cui si disponeva, non c'è stata la possibilità di isolare queste frange violente? Stamattina il questore diceva che, dal suo punto di vista, una delle ragioni sta nel fatto che è stato necessario cambiare, in corso d'opera, l'intervento sulla piazza modificando il numero delle unità che agivano sul territorio a seguito di informazioni riguardanti la possibilità che venissero rapiti alcuni esponenti delle forze dell'ordine. Vorrei chiederle che sviluppi e che verifiche vi siano state con riferimento a queste informazioni. Si tratta di un elemento importante. Vorrei sapere se questa è stata la ragione effettiva, o una delle ragioni, che hanno impedito di agire e di essere consequenziali a 14 mesi di lavoro, che poi hanno prodotto questi risultati.
Le chiedo ancora, molto velocemente, sempre relativamente al lavoro dell'intelligence se sia stata rilevata la presenza di


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Pubblicato su: 2005-07-05 (1156 letture)

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