COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E
DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
Seduta di martedì 28 agosto 2001
La seduta sospesa alle 15,30, è ripresa alle 15,55.
Audizione del prefetto Arnaldo la Barbera.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione
del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del prefetto Arnaldo la
Barbera.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non requisitoria.
La
pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme
consuete, previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della
Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La
pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei
componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto
audiovisivo a circuito chiuso che consente alla stampa di seguire lo
svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico
altresì che il prefetto Arnaldo La Barbera ha chiesto di essere
accompagnato dal dottor Valerio Blengini, vicequestore aggiunto della
Polizia di Stato, in servizio presso la direzione centrale della
polizia di prevenzione. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Ringrazio il prefetto Arnaldo La Barbera anche per il lavoro che ha svolto per questo Comitato poichĂ© ha già
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fotocopiato 40 documenti, sia la
relazione sia la documentazione richiamata nella relazione stessa in
distribuzione, e la prego di riferire sui fatti per i quali è stato
invitato in questa sede.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto.
Desidero innanzitutto ringraziare questo onorevole Comitato per
l'opportunità che mi offre di illustrare il lavoro svolto dalla
direzione centrale della polizia di prevenzione in occasione del G8. Il
mio intento, nel redigere la presente relazione, è stato quello di far
comprendere fino in fondo la complessa attività di preparazione, per
quanto attiene alla sfera di competenza dell'ufficio da me all'epoca
diretto, che ha contraddistinto il vertice di Genova. In tale quadro,
ho evidenziato difficoltà e risultati, nella serena consapevolezza che,
per la circostanza, l'impegno di tutto il personale, sia a livello
centrale che periferico, è stato massimo e che quanto fatto costituirà
un'utile base di riflessione per impegni futuri a livello
internazionale. Per altro verso, i numerosi dati acquisiti
costituiscono la struttura informativa portante per articolare una
attività investigativa in grado di individuare buona parte dei
responsabili dei gravi reati commessi nel capoluogo ligure.
Tengo
ancora a sottolineare come sia necessario distinguere tra l'attività
della direzione centrale della polizia di prevenzione e gestione
dell'ordine pubblico: la prima, infatti, si pone in funzione
strumentale rispetto alla seconda, costituendone il presupposto
fondamentale in tema di analisi preventiva; la seconda, invece, di
stretta pertinenza dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza,
sulla scorta di presupposti organizzativi autonomi e di una serie di
valutazioni contingenti, modula l'impiego della forza pubblica,
seguendo la concreta evoluzione dei fatti.
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In linea di premessa, al solo fine
di illustrare in modo chiaro la ripartizione dei campi di azione dei
vari uffici, occorre infatti puntualizzare che la struttura che ho
diretto assolve a compiti precisi che investono specifiche competenze.
In estrema sintesi ed in riferimento alle grandi manifestazioni di
ordine pubblico, la direzione centrale della polizia di prevenzione,
suddivisa in due servizi, investigazioni generali ed antiterrorismo,
avvalendosi delle articolazioni periferiche denominate DIGOS, cura
tutti gli aspetti di carattere informativo che possano comunque
interagire con l'evento, sviluppa le attività investigative sugli
aspetti di anche solo eventuale natura eversiva e riscontra le notizie
fornite dai servizi di sicurezza, giungendo, in questo caso, da
collettore informativo.
Alla direzione, quindi, non compete in
alcun modo la gestione dell'ordine pubblico, la distribuzione dei
reparti, le modalità di utilizzo degli stessi: sono questi ultimi
compiti che la legge attribuisce espressamente all'autorità provinciale
di pubblica sicurezza.
Il punto di contatto tra prevenzione ed
ordine pubblico è, quindi, costituito dal dato informativo, essendo
ovvio che quest'ultimo, per consentire una adeguata predisposizione dei
servizi di piazza, deve essere, ovviamente nei limiti del possibile,
completo, esauriente ed esatto.
Ben altro aspetto è la concreta attuazione dei servizi stessi, rispetto alla quale la polizia di prevenzione non ha titolo.
Queste
mie precisazioni non devono affatto essere intese quale presa di
distanza dagli eventi di Genova, bensì, come già detto, quale
necessario ed indispensabile chiarimento al fine di consentire a questo
Comitato di comprendere appieno la reale dinamica dei fatti ed i ruoli
rivestiti dai vari uffici interessati.
Al fine di assicurare la corretta gestione del vertice dei G8 di Genova, la direzione ha sviluppato una articolata attività di
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carattere preventivo, informativo ed
investigativo. Si è provveduto quindi ad acquisire, analizzare e
veicolare tutte le informazioni possibili in ordine alle partecipazioni
alle manifestazioni collaterali al vertice; ad individuare le frange
violente e sensibilizzare le articolazioni periferiche e la questura di
Genova in ordine alle loro modalità comportamentali, alla loro
composizione ed al loro numero; a curare tutti i rapporti con le
polizie straniere al fine di assicurare contatti tempestivi e
funzionali anche durante lo svolgimento del summit.
L'attività
della direzione si è, quindi, sviluppata sia sul piano interno che sul
piano internazionale, in particolare, attraverso: la costituzione di
una struttura operativa internazionale per ogni possibile contributo
informativo, estesa anche alla fase operativa, mediante la
partecipazione di rappresentanti delle varie polizie estere, in stretta
collaborazione con i servizi di prevenzione predisposti per il vertice
(la cosiddetta sala internazionale della polizia).
L'invio in
missione, in occasione di recenti summit (Nizza, Göteborg), di
funzionari della direzione centrale di polizia di prevenzione, in
qualità di osservatori, al fine di acquisire la percezione diretta
dell'intensità degli scontri e delle modalità di «attacco» utilizzate
dai dimostranti. Gli esiti di dette attività di osservazione e di
analisi sono poi stati divulgati, attraverso una serie di apposite
riunioni tematiche, ai funzionari e agli ufficiali responsabili dei
vari contingenti di forza pubblica presenti nel capoluogo ligure per
l'occasione. In tali circostanze, sono state confrontate le varie
strategie e calibrate le diverse tipologie di intervento, applicabili
ai vari contesti di ordine pubblico che si sarebbero potuti presentare
a Genova. Sono stati inoltre fatti visionare dei filmati provenienti da
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Quebec City, Praga e Davos che hanno
consentito di percepire l'intensità e l'ampiezza degli scontri
verificatisi in quelle città, in occasione dei precedenti consessi
internazionali.
L'attività della direzione si è sviluppata
attraverso la sensibilizzazione, sin dall'agosto 2000, di tutte le
questure della Repubblica sulla necessità di implementare l'attività
informativa, specificamente orientata al vertice di Genova; lo
specifico orientamento dell'attività info-investigativa di tutte le
DIGOS sull'evento. In particolare, sono state tenute dalla direzione
centrale di polizia di prevenzione ben venti riunioni con oggetto il
vertice di Genova.
Analizziamo poi gli esiti dell'attività
preventiva: si è proceduto all'analisi delle varie componenti della
protesta utilizzando i criteri distintivi in «blocchi» indicati dal
colore, che le numerose compagini dell'estrema sinistra e
dell'antagonismo avevano utilizzato nel corso di precedenti summit
internazionali; rispetto al blocco «rosa» (da sempre esprime l'intento
di manifestare pacificamente, ricercando però la visibilità delle
azioni perseguendo lo scopo di «impedire, boicottare, ritardare» i
lavori del vertice), «giallo» (pronti alla disobbedienza civile e alle
azioni dirette, non escludendo il ricorso alla violenza. Ne sono
espressione maggiori i centri sociali storici autogestiti e le «tute
bianche», «blu» (votate ad azioni dirette e violente contro la polizia,
anche con il carattere della provocazione. Si affianca al blocco giallo
con una propensione allo scontro con le forze dell'ordine). Si è quindi
individuato nel «blocco nero» l'elemento di maggiore rischio per
l'ordine pubblico.
Nel documento sul vertice, predisposto dalla
direzione centrale di polizia di prevenzione ed esposto il 16 maggio
del 2001 dal capo della Polizia nel corso del comitato nazionale
dell'ordine e della sicurezza, trattando del blocco nero, viene
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detto: «Si tratta dei gruppi anarchici,
di appartenenti all'area marxista-leninista che hanno manifestato
l'intenzione di attuare iniziative antiglobalizzazione, diverse da
quelle dei circuiti principali del »controvertice« e più incisive di
esse».
È nelle loro intenzioni l'attuazione di iniziative
clamorose, diverse da quelle programmate sia dal blocco giallo, sia dal
blocco blu, rivolte contro i simboli della globalizzazione.
Da
fonti di settore si è appreso che nell'ambito del blocco nero si
starebbe realizzando una frattura tra gli anarchici vicini alla
federazione anarchica italiana e quelli legati alle posizioni
insurrezioniste, che avrebbero optato per una strategia di assalto
indistinto, con azioni violente contro vari obiettivi, confondendosi
tra la folla di manifestanti. A questo proposito occorre evidenziare
come, nei fatti, la tecnica poi utilizzata a Genova dai black blockers sia stata proprio quella di confondersi inizialmente tra i gruppi di manifestanti come gli appartenenti al Genoa social forum
(tute bianche comprese ), salvo poi, una volta travisati, assumere una
connotazione propria e dare luogo alle devastazioni che tutti abbiamo
potuto vedere.
In una circostanza, il 20 luglio, in piazza Paolo
Da Novi, i militanti del blocco nero sono addirittura arrivati ad
appropriarsi di un vero e proprio spazio originariamente assegnato al Network,
palesando in tal modo sia una feroce aggressività, sia la capacità di
colpire in modo del tutto improvviso ed imprevedibile. Si è proceduto
ad una quantificazione della reale consistenza del gruppo, attraverso
una apposita sensibilizzazione di tutte le articolazioni periferiche e
degli organismi di polizia esteri, cogliendo il carattere
transnazionale di questo particolare e tutto sommato recente fenomeno.
Per arrivare al numero, si è effettuato un censimento con il concorso
di tutte le 103 DIGOS sul territorio, sono stati
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individuati i centri sociali più
estremistici, punto di aggregazione degli appartenenti al blocco nero e
alcuni di questi, come si illustrerà anche in seguito, sono stati
oggetto di perquisizione.
Non si è proceduto ad una sistematica
attività di pressione preventiva per almeno tre considerazioni: in
primo luogo, le perquisizioni effettuate hanno fornito riscontri
significativi ma parziali, in quanto, come poi si è visto a Genova, gli
appartenenti al blocco nero si procacciano per lo più direttamente sul
posto gli strumenti utili agli scontri e alle devastazioni;
secondariamente, si sarebbe corso il rischio di esercitare una
pressione che avrebbe potuto esasperare un clima di tensione, già reso
precario da una serie di gravi attentati e tentativi di attentato
(Bologna, caserma dei carabinieri di Genova, stabilimenti Benetton,
Retequattro) compiute poco prima del vertice; si stava inoltre
parallelamente percorrendo la strada del dialogo con le componenti che
si erano apparentemente palesate più moderate.
Una pressione
esercitata attraverso molteplici atti di polizia giudiziaria, avrebbe
potuto incidere su di un rapporto che si stava cercando di ricondurre
nei canoni della più assoluta normalità, stimolando anche l'ala
moderata ad assumere posizioni di solidarietà nei confronti delle
frange più estremiste ed in quanto tali destinatarie delle
perquisizioni.
Si è addivenuti infine a cifre, in ordine ai
possibili manifestanti presenti a Genova, (2 mila unità dall'estero,
500 dall'Italia), che poi hanno trovato sostanziale conferma nei fatti.
Per quanto attiene ai 2 mila soggetti stimati come provenienti
dall'estero, il numero è stato ricavato, secondo un processo deduttivo,
sulla base delle presenze registrate in occasione di altri analoghi
appuntamenti internazionali. Al fine di impedire un loro ingresso in
Italia, la direzione centrale
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di polizia di prevenzione ha
individuato, come poi oggettivamente riscontrato a Genova, la
provenienza di appartenenti al « blocco nero », principalmente da
Germania, Spagna, Grecia, Inghilterra e Stati Uniti.
Il punto
merita un approfondimento: si è provveduto ad attivare tempestivamente
tutto il circuito internazionale, sensibilizzando gli omologhi
organismi di polizia affinché venissero forniti dati utili alla
individuazione degli appartenenti ai sodalizi in questione; sono state
indette più riunioni, nel corso delle quali, alla presenza degli
interlocutori stranieri, è stata sollecitata la predisposizione di
appositi elenchi nominativi, utili ad impedire l'ingresso in Italia dei
manifestanti violenti, in occasione del G8.
L'attività di
cooperazione internazionale ha avuto però esiti modesti, probabilmente
per due ordini di motivazioni: in primo luogo, l'oggettiva difficoltà,
anche per le polizie estere, di penetrazione informativa verso gruppi
che denotano, da un canto, la mancanza di un'organizzazione
strutturale, dall'altro, la capacità di aggregarsi «per affinità», in
occasione di importanti summit internazionali, in quanto per la loro
dimensione possono assicurare margini elevati di impunità ad azioni
criminali ed indiscriminate; in secondo luogo, esigenze di tutela della
privacy che, in più di una occasione, hanno impedito la trasmissione da parte delle polizie straniere delle liste richieste.
La
direzione di polizia di prevenzione, alla luce di un sistema di
cooperazione internazionale, che proprio in occasione del vertice di
Genova ha evidenziato, in modo chiaro, una palese inefficacia, al fine
di costruire il nuovo impianto preventivo e repressivo per contrastare
e disarticolare il fenomeno dei black bloc, ha già provveduto a formare una
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serie di album fotografici,
selezionando i visi di tutti i partecipanti alle devastazioni e agli
scontri, suscettibili di identificazione.
Detti album sono già
stati consegnati alle polizie dei paesi interessati, al fine di
attribuire un nome a ciascun volto e pervenire così a quegli elenchi
che erano stati chiesti inutilmente. Le risultanze del lavoro verranno
ovviamente condivise con i partner internazionali per consentire
l'attivazione di specifiche attività info-investigative in ogni paese.
I black bloc, a lavoro concluso - un lavoro, comunque, non
facile e non breve - non solo non potranno più muoversi disinvoltamente
da una nazione all'altra, ma saranno oggetto di specifiche indagini in
ordine alle devastazioni già commesse. Sotto questo profilo, l'intesa
con la procura della Repubblica di Genova è stata, sin dal momento
dell'acquisizione del numerosissimo materiale video-fotografico,
perfettamente funzionale ed efficace.
In ogni caso, sarebbe
auspicabile un intervento legislativo di carattere internazionale volto
a prevedere autonome fattispecie di reato che puniscano in modo più
severo i responsabili di devastazioni, saccheggi e atti di violenza in
genere, durante le grandi manifestazioni di ordine pubblico e,
soprattutto, agevolino il passaggio delle informazioni tra le varie
polizie sui militanti del blocco nero, consentendo così (a differenza
di quanto è successo a Genova) un'efficace attività preventiva,
attraverso un adeguato filtraggio già alle frontiere.
Tornando
alla fase precedente al vertice genovese, la direzione centrale di
polizia di prevenzione, comunque, ha assunto l'iniziativa di richiedere
direttamente agli organi di polizia stranieri i nominativi delle
persone tratte in arresto o comunque coinvolte in disordini in
occasione di precedenti summit internazionali. In tal modo, pur in
mancanza di
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elenchi, si è pervenuti all'inserimento
di 1.439 nominativi in un sistema informatico espressamente dedicato.
Come si vedrà in seguito, il sistema consta di una maschera di
riferimento che consente di interagire con tutte le altre banche dati
operanti (SDI, ArPo e Schengen). Ne consegue che i dati, per poter
essere utilmente inseriti, devono possedere dei requisiti minimi di
attendibilità: ad esempio, non è possibile inserire solo un nome, o
solo un cognome, senza data o luogo di nascita; il sistema non accetta
dati palesemente incompleti. Si è però trattato, proprio in relazione
alla scarsa disponibilità di notizie da parte di organi di polizia
esteri, di un'attività definibile come empirica. Si consideri che il
BKA tedesco, la polizia federale tedesca, nella fase di approccio
iniziale (sino al 12 giugno 2001), diretta all'acquisizione di
informazioni sul blocco nero e sulle componenti violente che avrebbero
potuto riconoscersi in tali formazioni, ha riferito circa la completa
mancanza di segnali sulla partecipazione di gruppi antagonisti alle
manifestazioni di Genova. In proposito occorre specificare che la presa
di contatto con le autorità tedesche era dettata dal fatto che, sulla
base di varie acquisizioni informative, era emerso come la componente
probabilmente più pericolosa di aderenti al black bloc potesse
provenire dalla Germania: nei fatti, a Genova, tra i 168 stranieri
arrestati a seguito degli scontri, ben 73 sono di nazionalità tedesca.
Nella circostanza, quegli organi di polizia avevano evidenziato
l'assenza in quello Stato di strutture anti-globalizzazione impegnate a
livello internazionale. Solo successivamente, a seguito di espresse ed
ulteriori sollecitazioni, che ho curato personalmente, avendo avvertito
la delicatezza del problema, e nell'immediatezza dell'evento, la
polizia tedesca ha fornito informazioni relative alla partenza dei
pullman, senza peraltro specificare l'elenco dei passeggeri ed il
livello di pericolosità agli stessi riferibile.
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Ne consegue che, al fine di poter
esercitare una qualche forma di controllo, in alcune occasioni la
direzione centrale di polizia di prevenzione, in accordo con la polizia
di frontiera, una volta bloccati i pullman all'atto dell'ingresso in
Italia, fatti identificare gli occupanti, ha concordato l'immediato
respingimento di tutti coloro che fossero stati trovati a bordo di
mezzi che trasportavano un qualsiasi strumento idoneo all'offesa.
In
altre circostanze (è il caso di un pullman proveniente dall'Austria),
si è provveduto, di concerto con quella polizia, che aveva all'ultimo
momento segnalato la partenza, ad inserire nell'apposito sistema
informatico per respingimento, i nominativi dei passeggeri,
contestualmente ai controlli di frontiera. Nel caso della Grecia,
inoltre, si è riscontrata l'assoluta mancanza di collaborazione, prova
ne sia che le autorità elleniche si sono inizialmente limitate a
segnalare in modo del tutto generico il numero ed il momento della
partenza dei manifestanti diretti al capoluogo ligure, negando
espressamente qualsiasi presenza, tra essi, di anarchici o militanti
del black bloc. Proprio al fine di agevolare i rapporti
bilaterali e addivenire a concreti sviluppi operativi in tema di
prevenzione alle frontiere, su disposizione del capo della Polizia, il
12 luglio 2001, mi sono recato ad Atene ove ho incontrato i vertici
della polizia ellenica. La direzione centrale di polizia di
prevenzione, a seguito di detto incontro, ha provveduto a
sensibilizzare l'ufficiale di collegamento e ad inviare in Grecia, ai
porti di Patrasso e Igoumenitsa, personale delle DIGOS, per individuare
le partenze di elementi potenzialmente pericolosi. Questi ultimi, che
viaggiavano a bordo di tre pullman imbarcati su di una nave, non appena
giunti al porto di Ancona, nonostante le rimostranze poi avanzate da
quello Stato, sono stati rimpatriati nel numero di 147. Nel frangente
si sono altresì verificati momenti di tensione, con
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atteggiamenti di resistenza passiva e
tentativi di scontro con le forze dell'ordine. In proposito, è
interessante notare come dei 302 arrestati a Genova durante le
manifestazioni di controvertice, 168 siano stranieri. Di questi ultimi,
per buona parte di matrice antagonista, 73 sono tedeschi, 15 austriaci,
16 spagnoli, 7 svedesi, 8 francesi, 9 svizzeri, 7 americani, 7 inglesi,
e in unità minori irlandesi, venezuelani, brasiliani, canadesi,
lituani, polacchi, australiani e solo due greci. Ora, considerato che
in Grecia esistono forti gruppi di anarco-insurrezionalisti - come la
formazione terroristica 17 novembre, responsabile in quel paese
di una serie impressionante di attentati ed omicidi - che, da tempo,
avevano evidenziato l'intenzione di raggiungere il capoluogo ligure per
contestare in modo violento il G8, ne consegue che l'attività di
controllo alle frontiere, quando è stato possibile esercitarla, ha
fornito esiti soddisfacenti: nel caso di specie, come detto, i
militanti di quella fazione ideologica, hanno raggiunto l'Italia a
bordo di imbarcazioni ed in tal modo hanno potuto essere intercettati.
Dei
2.000 soggetti stimati come appartenenti al blocco nero, il sistema
così realizzato ha comunque consentito il respingimento alla frontiera
di complessive 298 persone. La polizia di frontiera, per altre
motivazioni, ha operato ulteriori 1.795 respingimenti. Sempre in tema
di cooperazione internazionale, maggiore efficacia deve essere ascritta
alla sala internazionale di polizia, della quale si è fatto cenno, che
ha consentito di disporre di tempestivi riscontri sui soggetti
stranieri tratti in arresto a Genova durante gli scontri: ad esempio,
il BKA aveva installato un collegamento informatico diretto con le
proprie banche dati, in modo da evidenziare l'esatta posizione di ogni
soggetto formato, tant'è che tutte le polizie interessate hanno
espresso piena soddisfazione per come il lavoro è stato svolto e
sull'alta qualità dello stesso. In tal senso, il premier inglese
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Tony Blair, nella mattinata di domenica
22 luglio, durante una conferenza stampa, ha rivolto pubblici
apprezzamenti al lavoro svolto in seno alla sala internazionale; dello
stesso tenore anche attestazioni formali provenienti da alcuni paesi,
come la Svizzera.
Attraverso le acquisizioni fotografiche degli
scontri si è potuto accertare che, all'interno dei gruppi più attivi,
si trovavano anche esponenti del gruppo terroristico di origine turca
denominato «TIKB - Unione Rivoluzionaria Comunista Turca» che, dal 1989
fino al novembre 1999, si è reso responsabile in quel paese di numerosi
attentati e dell'uccisione di due funzionari di polizia. In proposito,
sotto il profilo preventivo, si consideri che la polizia turca,
sensibilizzata, con nota del 26 giugno ultimo scorso, a fornire
informazioni sull'eventuale presenza a Genova di gruppi pericolosi, si
è limitata (con nota del 17 luglio) a segnalare la possibilità di una
presenza nel capoluogo ligure di appartenenti al noto movimento PKK.
Non è pertanto da escludere che gli appartenenti alla suddetta cellula
terroristica siano giunti in Italia provenendo dalla Germania,
considerato che in quel paese esiste una forte colonia di cittadini
turchi.
Si consideri ancora in proposito che, tra le persone
arrestate all'interno della scuola Diaz, si è riscontrata la presenza
della cittadina turca Gol Yasar Suna. Quest'ultima, rimessa in libertà
su provvedimento di scarcerazione del GIP, è poi risultata essere
ricercata nel paese di origine, in quanto appartenente
«all'associazione terroristica MLKP».
Per quanto attiene agli
italiani, stimati, come si è detto, in circa 500 unità, l'attività
preventiva è stata svolta attraverso mirate attività di capillare
verifica preventiva effettuate dalle DIGOS e si è individuata la
matrice anarchico-insurrezionalista e punk-anarchica del blocco nero,
quale componente
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«trainante», alla quale, durante i
disordini, avrebbero potuto aggregarsi (come poi è stato) altre frange
anti-istituzionali tra loro eterogenee, ma collegate da una sorta di
«affinità situazionale». La dinamica dello scontro, della devastazione,
del saccheggio coinvolge poi soggetti che inizialmente non li avevano
preordinati ma ai quali poi partecipano attivamente. In altri termini,
occorre specificare come nei disordini verificatisi a Genova, tutto
l'impianto di prevenzione e di ordine pubblico si sia trovato di fronte
ad una serie di eventi criminali e ad una precisa strategia di
guerriglia urbana che assume, per dimensioni e violenza, il carattere
dell'eccezionalità. Ai 2500 stimati come appartenenti al blocco nero,
nel momento dei disordini si sono infatti uniti almeno 7-8 mila
manifestanti, provenienti dai gruppi riferiti ai blocchi blu e giallo
ivi comprese, nelle fasi più delicate degli scontri, anche le stesse
tute bianche, i quali hanno determinato l'insorgere di veri e propri
focolai di rivolta, rendendo estremamente complessa e difficoltosa
l'attività di contrasto delle forze dell'ordine. Detta partecipazione
«allargata» è stata inequivocabilmente confermata dai riscontri
video-fotografici acquisiti a seguito degli scontri ed oggetto, come ho
già precisato, di analisi investigativa.
Tutti i sodalizi, dai
quali sarebbero potuti provenire gli elementi del blocco nero sono
stati oggetto di attenzione da parte delle DIGOS nella fase pre-vertice
attraverso: una puntuale attivazione di tutte le fonti informative; una
scrupolosa verifica delle notizie fornite dai servizi di informazione;
una mirata attività investigativa d'intesa con l'autorità giudiziaria.
Del
resto, le DIGOS, pur ulteriormente sensibilizzate, al momento della
partenza dei gruppi di manifestanti diretti a Genova con mezzi pubblici
(pullman e treni) non sono state
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in grado di seguire i soggetti
attenzionati in quanto gli stessi si sono confusi con la massa dei
partenti in modo del tutto indistinto.
È necessario, tra l'altro,
puntualizzare come sia prassi consolidata per l'ala più dura del gruppo
anarchico raggiungere i luoghi di incontro direttamente con mezzi
propri e come, nel caso di Genova, la maggior parte degli strumenti di
offesa (spranghe, bottiglie, benzina, corpi contundenti) sia stata
reperita sul posto in concomitanza con l'inizio e durante gli scontri
(così da rendere comunque inefficace ogni tipo di verifica durante il
tragitto dalla città di provenienza al capoluogo ligure).
Alla
questura di Genova, sin dall'8 giugno, sono stati inviati in missione
funzionari e personale delle DIGOS, per un complessivo di 98 unità, con
il compito di coadiuvare quell'ufficio nei servizi di investigazione ed
osservazione sul territorio.
Compatibilmente con le difficoltà già
rappresentate in ordine al seguire gruppi violenti che nelle fasi
antecedenti agli scontri si sono confusi tra la folla di manifestanti
pacifici, le DIGOS maggiormente interessate hanno inviato a Genova
propri funzionari e proprio personale con il compito di monitorare gli
spostamenti dei vari gruppi. Come si evince dalle varie relazioni di
servizio redatte dai responsabili, però, anche quest'ultimo personale
DIGOS, pur inizialmente destinato ad individuare e seguire gli elementi
più facinorosi, è stato costretto a collaborare attivamente
nell'emergente situazione di ordine pubblico, mettendosi a disposizione
dei funzionari responsabili della piazza e coadiuvando gli altri
contingenti nell'attività di contenimento e contrasto dei gruppi
violenti.
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Per quanto concerne l'attività
investigativa, nel quadro di una mirata attività investigativa di
settore, d'intesa con l'autorità giudiziaria ed avvalendosi
dell'apporto di 27 DIGOS distribuite su tutto il territorio nazionale
sono stati attivati: 60 intercettazioni telefoniche, 5 ambientali e 8
telematiche, relative ad appartenenti ad ambienti dell'antagonismo
nazionale; 61 intercettazioni telefoniche e 5 telematiche, relative ai
settori anarchici più oltranzisti; 62 intercettazioni telefoniche, 1
ambientale e 2 telematiche, relative ad elementi più strettamente
connotati da tendenze eversive.
Parallelamente, non potendosi
escludere un'attività di carattere destabilizzante in capo ad esponenti
di gruppi di estrema destra, comunque inclini a campagne di opinione
contro il G8, in linea con i principi di «antimondializzazione», si è
provveduto ad attivare 15 intercettazioni telefoniche ed una
telematica, nei confronti di elementi d'area, al fine di osservare
anche tale settore di contestazione. Complessivamente, quindi, 198
intercettazioni telefoniche, 6 ambientale e 16 telematiche.
Occorre
in proposito osservare che il numero relativamente modesto di
intercettazioni ambientali, che pur sotto il profilo pratico
costituiscono una indubbia risorsa investigativa, è da ascrivere alla
oggettiva difficoltà a prefigurare ipotesi di reato che consentano
l'attivazione di detto supporto tecnico. Del pari, sono state
riscontrate oggettive difficoltà ad ottenere dai vari GIP competenti le
autorizzazioni necessarie alle attività di ascolto e ciò in quanto,
come noto, l'attuale normativa esige la presenza di elementi indiziari
fondati ed univoci, che mal si conciliano con una attività che invece
perseguiva, unitamente a finalità di indagine, anche aspetti di tipo
preventivo.
Si tratta di un ulteriore caso nel quale emerge la distonia dell'attuale sistema normativo che, ereditato il concetto di
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«intercettazioni preventive» dalla fase
delle indagini contro il terrorismo, ha poi mantenuto detto importante
strumento di accertamento solo nei confronti dei reati di mafia.
In
prossimità del vertice, si è inoltre provveduto ad eseguire una serie
di perquisizioni domiciliari e personali estese anche al mezzo di
trasporto (per complessivi 143 atti) a carico sia di soggetti ritenuti
pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle
quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, quali alcuni
centri sociali che si erano distinti nel propugnare attività di
carattere violento contro il G8 (quali, a titolo di esempio, la Stella
Nera ed il Cecco Rivolta di Firenze, il centro sociale autogestito
Immensa ed il Pinelli di Genova, il circolo Villa Litta di Milano,
l'Askatasuna di Torino o il Gramigna di Padova).
Più in generale,
ma comunque in riferimento anche al vertice di Genova, la direzione
centrale della polizia di prevenzione ha finalizzato, poco prima
dell'inizio dei lavori del summit, un'indagine nei confronti
dell'anarco-insurrezionalismo i cui militanti sono ritenuti
responsabili, tra l'altro, di vari disordini di piazza e di una serie
di attentati compiuti in Milano negli ultimi due anni. In particolare,
le indagini hanno consentito di configurare un'associazione sovversiva
e di richiedere all'autorità giudiziaria l'emissione di una serie di
ordini di custodia cautelare in carcere. Complessivamente il contesto
investigativo ha coinvolto oltre 50 persone.
Si consideri che uno
dei soggetti per i quali era stata richiesta l'emissione di
un'ordinanza di custodia cautelare, poi arrestato durante gli scontri
di Genova, ha partecipato ad una conversazione tra presenti, registrata
il 24 maggio 2001, nel corso della quale gli interlocutori hanno fatto
esplicito riferimento alle iniziative da intraprendere in occasione del
Pag. 145
vertice G8, manifestando l'intenzione
di ricorrere anche ad azioni improntate alla violenza, mediante l'uso
di bottiglie molotov.
Per quanto attiene alla veicolazione delle
notizie sul grado di minaccia provenienti dai servizi di informazione,
cui prima è stato fatto cenno, la direzione centrale della polizia di
prevenzione ha diffuso alle articolazioni periferiche 126 note di
interesse.
L'analisi dei dati forniti evidenzia come gli elementi
rilevanti sotto il profilo investigativo, degni di sviluppo ed in grado
di produrre una concreta attività operativa, siano stati
complessivamente assai rari, comunque non dettagliati e, soprattutto,
indistinti tra una moltitudine di informazioni risultate nella maggior
parte dei casi prive di un qualche riscontro, all'esito dei
numerosissimi controlli all'uopo disposti ed in ordine ai quali la
questura di Genova è sempre stata tenuta informata in tempo reale. Ad
esempio la nota del SISDE del 20 marzo 2001 anticipa l'utilizzo di
palloncini contenenti sangue, almeno in parte umano, raccolto con la
complicità di medici, veterinari ed infermieri, che sarebbero stati
lanciati nel corso della manifestazione. Nota SISDE del 5 aprile: gli
antagonisti avrebbero accaparrato un rilevante numero di copertoni da
dare alle fiamme e far rotolare lungo le strade in discesa che
conducono al mare ove avrebbero dovuto essere posizionate le forze
dell'ordine. Nota SISDE del 20 marzo: gli antagonisti avrebbero avuto
in animo di affittare un canale satellitare al fine di divulgare la
protesta a livello mondiale. Nota SISMI del 9 giugno: elementi
dell'area dell'autonomia romana avrebbero acquisito date ed orari di
trasferimento dei mezzi antincendio che da varie località del
territorio sarebbero state poi concentrate a Genova in occasione del
vertice. Nota SISMI del 28 giugno: elementi antagonisti avrebbero
predisposto
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delle buste di plastica riempite con
sangue di maiale da lanciare sulle forze dell'ordine per disorientarle.
Nota SISDE del 19 luglio: le tute bianche, per sfondare la zona rossa,
avrebbero predisposto due testuggini umane composte ciascuna da 80
militanti.
In proposito è importante precisare che ad ogni notizia
pervenuta dai servizi consegue un allertamento, spesso a tutte le 103
DIGOS, ed una conseguenziale attività di verifica sul territorio e di
sensibilizzazione di tutte le fonti informative utili a fornire un
qualche riscontro, non escludendosi, peraltro, qualora ne sussistano
gli estremi, il riferimento all'autorità giudiziaria.
Per quanto
attiene ai nominativi che compaiono nelle note informative fornite dai
servizi, occorre specificare che la maggior parte di essi sono
risultati inutilizzabili sotto il profilo preventivo in quanto sforniti
di elementi idonei a consentirne l'inserimento nel sistema informatico
appositamente predisposto (in quanto carenti di esatte generalità,
luogo o data di nascita).
Alla luce di quanto sopra, sono solo 14
i nominativi segnalati dal SISDE e 95 quelli forniti dal SISMI utili ai
fini preventivi e sui quali è stato quindi possibile attuare una
selezione alle frontiere (ad esempio, in un nota del SISMI del 18
luglio si indicavano come partiti per l'Italia due soggetti
appartenenti ad un'organizzazione terroristica greca, così «non meglio
generalizzati»: Arsi ed Aristos).
Occorre, infine, non dimenticare
che, sempre in concorso con i servizi di informazione, la direzione
centrale della polizia di prevenzione, proprio in concomitanza con la
fase antecedente al G8 è stata impegnata in una complessa attività di
indagine su un gruppo terroristico islamico che, vista la presenza nel
capoluogo ligure del Presidente americano, aveva
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acquisito caratteristiche di indubbia
attualità e rilevanza. È stato, infatti, indispensabile verificare sin
nel minimo dettaglio gli elementi informativi posseduti al fine di
scongiurare preventivamente ogni ipotesi di attentato a Genova ai danni
di personalità internazionali. Quest'ultima attività, svolta d'intesa
con la competente procura della Repubblica, ha comportato l'impiego di
numeroso personale in servizi di appostamento, pedinamento ed
intercettazione, ed è poi sfociata in una articolata serie di atti di
polizia giudiziaria.
In conclusione, ritengo che il lavoro
sviluppato dalla direzione centrale della polizia di prevenzione sia
stato intenso ed adeguato sicuramente in termini di impegno. Per altro
verso, devo ulteriormente ribadire come la prevenzione termini laddove
inizia l'ordine pubblico. L'ufficio che ho diretto aveva segnalato in
tempo utile sia le modalità di attacco utilizzate dal blocco nero, sia
le potenzialità infiltrative in seno ai gruppi moderati, sia, infine,
la pericolosità.
Parallelamente si è provveduto a cercare
riscontro di tutte le notizie fornite dai servizi di sicurezza e la
questura di Genova è stata sempre informata, spesso in tempo reale,
sull'andamento dell'attività informativa.
Superando comprensibili
difficoltà di ordine procedurale, in perfetta sintonia con numerose
procure della Repubblica, è stato attivato un vasto sistema
investigativo, che ha consentito di monitorare svariati settori
dell'antagonismo dell'eversione.
Del pari, è stato fatto tutto il
possibile per ovviare ad una carente cooperazione internazionale che,
ancora oggi, si basa su un sistema di circuitazione delle informazioni
inadeguato rispetto a nuovi fenomeni, di stretta valenza criminale e di
grande incisività, come il black bloc.
In piazza, durante gli scontri, il personale DIGOS che pure era stato inviato per monitorare i soggetti più pericolosi, come
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ho precisato e come emerge chiaramente
dalle relazioni di servizio che ho allegato, mentre in una prima fase
ha sempre prontamente segnalato spostamenti o presenze a rischio,
successivamente è stato impiegato per fronteggiare una situazione che
aveva assunto le caratteristiche della più piena ed emergenza.
Sono
però convinto che l'esperienza genovese, come ho sottolineato nella mia
relazione, debba necessariamente costituire lo spunto per agevolare in
futuro l'attività di polizia di carattere preventivo, impedendo ai
gruppi di criminali di muoversi agevolmente tra vari paesi.
Parallelamente,
confida nell'attività di polizia giudiziaria, tuttora in corso, e sono
certo che, nei tempi necessari, sarà possibile individuare e perseguire
Bonaparte e degli autori delle restrizioni e delle violenze che hanno
colpito Genova e nelle forze dell'ordine.
Signor presidente, conclusa la mia relazione al Comitato, le chiederei, se possibile, una breve sospensione.
PRESIDENTE. Ritengo di poter accedere alla sua richiesta, signor prefetto.
Comunico
che mi è pervenuta la richiesta, sottoscritta da varie testate
giornalistiche, di rinviare a domani mattina l'audizione dell'ex
vicecapo della Polizia, Ansoino Andreassi, in modo da consentire
opportunamente un'audizione ritenuta fondamentale per comprendere come
si sono svolti effettivamente i fatti di Genova. Tale richiesta è stata
formulata dalle seguenti testate ed agenzie: Il Corriere della sera, La Repubblica, Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Messagero, Il Tempo, La Stampa, Il secolo XIX, l'Ansa, l'e-Biscom, TG2, l'Unità, l'agenzia Area, l'agenzia ADN Kronos.
Credo vi sia il timore che la seduta termini a mezzanotte. Ritengo,
invece, opportuno proseguire nei nostri lavori, cercando peraltro di
Pag. 149
contenere le domande dei componenti il Comitato e le risposte degli auditi in tempi ragionevoli.
FILIPPO MANCUSO. Ribadisco
l'opportunità di valutare realisticamente, assieme al calendario dei
lavori predisposto, la condizione di affaticamento dei presenti e
l'esigenza altresì di comprendere e di approfondire adeguatamente le
problematiche. La finalità, quindi, della puntualità nella conclusione
dei nostri lavori, secondo me, è sopravanzata dalla serietà
dell'esperimento che andiamo conducendo. Io non ho alcun titolo, perché
non sono neppure pubblicista, però vorrei associarmi alle ragioni dei
giornalisti, invitandola, presidente, a considerare che non è possibile
sottoporre il Comitato ad una continuativa pressione di interessi e di
problematiche per poter dire che si è rispettato il calendario. La
ringrazio.
PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 16,50, è ripresa alle 17.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
ANTONIO DEL PENNINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO DEL PENNINO. L'allegato 6 contiene una serie di rapporti al dirigente della DIGOS di Genova che sono pieni di omissis,
per quanto si riferisce ai nomi. Capisco i problemi connessi alla
riservatezza ed alla tutela della posizione dell'agente che ha stilato
il rapporto, ma quando gli omissis si riferiscono a indicazioni di gruppi che farebbero parte del Genoa social forum o addirittura di esponenti politici - come
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si dichiara in uno di questi documenti
- che rappresentavano elementi di contatto con l'inizio della
manifestazione, ritengo che gli stessi tolgano alla Commissione la
possibilità di valutare una serie di elementi che, invece, hanno una
loro rilevanza.
Pertanto chiederei, preliminarmente, di poter
disporre di questi documenti - anche in forma riservata, se non si
intende renderli pubblici - privi degli omissis, al di fuori di quelli che riguardano l'agente refertante.
PRESIDENTE. Il senatore Del Pennino chiede, in sostanza, di poter visionare i documenti della DIGOS senza gli omissis, laddove questi non risultino assolutamente necessari.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Bisogna
tener presente che sono in corso indagini da parte dell'autorità
giudiziaria e che vi è un contesto investigativo molto ampio; comunque,
appena possibile, forniremo i nominativi richiesti.
FABRIZIO CICCHITTO. La mia prima
domanda è rivolta al dottor La Barbera perchĂ© ha partecipato a tutte le
attività investigative, ma nasce anche da osservazioni che sono state
formulate dal questore Colucci. È emerso - e la nota di cui parla
adesso il senatore Del Pennino ne è una clamorosa conferma - che
all'interno del corteo erano presenti forze politiche e parlamentari
che hanno provato a cogestire il corteo stesso, che hanno avuto
contatti con le forze dell'ordine, che ne hanno richiesto in alcuni
casi l'intervento e in altri, invece, il loro ritiro. Ebbene, questo
aspetto importantissimo e delicatissimo richiede che sia fatta luce,
che emerga il nome degli uomini politici che gestivano o che hanno
provato a gestire il corteo, perché noi dobbiamo conoscere tutte le
componenti relative agli avvenimenti: questa è la prima esigenza che
avverto.
Pag. 151
Dalla sua relazione, dottor La
Barbera, emerge una certa condizione di isolamento della sua struttura
per quanto riguarda l'azione preventiva, nel senso che vi siete trovati
privi di un supporto internazionale. Mi sembra altresì che emerga un
clamoroso flop dei servizi, dai quali vi sono arrivati input
assolutamente al limite del ridicolo e che, comunque, non hanno trovato
riscontro rispetto a questioni molto più gravi che poi, invece, sono
avvenute nella realtà. La mia è un'impressione semantica, oppure è
un'interpretazione corretta del suo testo?
Terza domanda: il suo è
un ufficio, come lei ci ha spiegato, di attività specialmente
preventiva. Come mai si è verificato questo punto di crisi tra
l'attività preventiva, l'analisi che voi avete predisposto e quello che
è successo sul campo? Tutto ciò si riferisce non solo alle strutture,
che non hanno funzionato, ma anche ad altri aspetti. Voi avevate avuto
l'esperienza di Napoli che, per molti versi e in piccolo, è simile a
quella di Genova. Alcune componenti manifestatesi a Napoli, poi,
dilatate, si sono presentate a Genova: a Napoli la polizia è stata
aggredita da una componente molto ampia di manifestanti. Se poi andiamo
a leggere la stampa, capiamo che alcuni settori politici hanno
attaccato la polizia perchĂ© si è affermato che nelle carceri la gente è
stata picchiata.
Quindi, vi sono delle situazioni analoghe;
tuttavia, essendo diverso il quadro politico, nessuno ha chiesto allora
l'istituzione di una Commissione di indagine. Napoli era un campanello
d'allarme: come mai non avete riflettuto su tutto ciò, che lì si è
verificato?
Lei ci ha spiegato e ricordato nella relazione che
bisogna distinguere fra l'attività della sua struttura, che è
preventiva, e la gestione dell'ordine pubblico: con mai allora lei ha
partecipato direttamente alla gestione dell'ordine pubblico
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nella vicenda della scuola Diaz? Per
ciò che concerne quei fatti, ci può ricostruire come e da chi è stata
presa la decisione e quale è stato l'ufficiale di polizia giudiziaria
che si è assunto la responsabilità di adottare quelle scelte?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto.
Sulla vicenda della scuola Diaz, mi sono permesso di scrivere tre
pagine che leggerò (in quanto c'è anche un'inchiesta dell'autorità
giudiziaria), poiché ritengo che possano chiarire e prevenire eventuali
domande. Ringrazio il Comitato per l'opportunità che mi offre di
illustrare alcuni punti che, in merito alla vicenda della scuola Diaz,
ritengo di fondamentale importanza.
Ometterò ricostruzioni di
carattere sistematico dei fatti, in quanto - come a tutti è noto - è in
corso un'inchiesta condotta dalla magistratura genovese, nel cui
contesto sono già stato sentito in qualità di persona informata sui
fatti.
In tale quadro, ho recentemente appreso dalla stampa che
potrei assumere anche la posizione di persona destinataria di avviso di
garanzia. La cosa, a dire il vero, non mi preoccupa - né nella sostanza
né nella forma - in quanto sono assolutamente sereno e consapevole
delle mie azioni. Piuttosto il rammarico è per l'ennesima fuga di
notizie - sulla cui veridicità sono ancora in attesa di riscontri -,
che nel clima attuale contribuisce a generare una diffusa sensazione di
incertezza e confusione, che sicuramente non giova ad un completo
chiarimento dei fatti e delle susseguenti responsabilità, che, invece,
come ogni cittadino, auspico possa giungere quanto prima nella più
completa trasparenza, senza condizionamenti esterni o posizioni
preconcette.
In questa sede, pertanto, se l'onorevole presidente
lo consente, mi limiterò a chiarire gli aspetti che ritengo di
interesse, evitando, come ho accennato, qualsiasi sovrapposizione con
l'indagine in corso. In primo luogo, intendo chiarire
Pag. 153
una volta per tutte il motivo della mia
presenza a Genova. Sono andato nel capoluogo ligure il pomeriggio di
sabato 21, giungendo in questura alle 16,15, su disposizione del capo
della Polizia, per incrementare l'attività della sala internazionale di
polizia (della quale ho già parlato nella mia relazione introduttiva),
in quanto il rilevante numero di arresti compiuti a carico di cittadini
stranieri rendeva estremamente delicata e complessa la gestione con gli
analoghi organismi di polizia. Si tenga presente che avevo una
conoscenza personale con buona parte degli ufficiali di collegamento
perchĂ© il tema della collaborazione internazionale, come vedete, è
stato un po' il punto debole della prevenzione, nonostante gli sforzi
che sono stati fatti e nonostante abbiamo fatto dei miracoli rispetto
ad un'assenza di informazioni. La necessità di procedere alla
perquisizione alla scuola Diaz è emersa, quindi, in un momento
successivo ed è stata condizionata da elementi del tutto autonomi
rispetto alla mia presenza nella questura di Genova. Tengo a precisare
che, nel frangente, valutate le condizioni di fatto che si presentavano
(aggressione di quattro pattuglie in servizio di perlustrazione, la
rilevata presenza davanti ai locali della scuola di oltre 200 persone,
nella quasi totalità vestite di nero, le manifestazioni per la chiusura
del vertice previste per il giorno dopo e il fatto che numerosi black bloc,
individuati la sera precedente a Villa Imperiale - mi riferisco alla
sera del 20, come risulta dagli atti - durante la notte erano riusciti
a defilarsi, rendendo vano l'intervento delle forze dell'ordine), ho
concordato e concordo tutt'oggi con la decisione assunta dal questore
di procedere alla perquisizione ai sensi dell'articolo 41.
A mio avviso e secondo l'esperienza che in qualche anno di polizia giudiziaria ritengo di aver maturato, quella perquisizione
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non poteva, ma doveva essere fatta, se
vogliamo dare un senso alla polizia; se vogliamo dimenticare la
polizia, allora facciamo turismo.
In secondo luogo, voglio
precisare perché io mi fossi recato sul luogo dell'operazione (in
questo modo anticipiamo eventuali domande). Sotto questo aspetto
subentra un'indole ed uno scrupolo del tutto personali: quando si opera
anche solo, come nel caso di specie, in funzione di osservatore, io
normalmente ci sono sempre. Per l'operazione alla scuola Diaz, inoltre,
avevo ricevuto - subito dopo che il questore aveva informato il capo
della Polizia della decisione assunta di procedere appunto alla
perquisizione e, nella circostanza, aveva richiesto la possibilità di
impiego di reparti dell'Arma dei carabinieri - una telefonata da parte
del capo stesso che mi invitava a raccomandare la massima cautela e
prudenza, cosa che puntualmente e ripetutamente ho fatto, sia nel corso
di una riunione preliminare tenuta dal questore - durante la quale ho
vivamente sconsigliato il proposto utilizzo di artifici lacrimogeni -,
sia nella fase immediatamente precedente all'irruzione, nella quale ho
espresso ad un comandante di reparto alcune perplessità nel procedere
all'operazione, avendo percepito un generale e complessivo stato di
tensione. Il collega, preso atto delle mie osservazioni, decise in ogni
caso di procedere all'intervento, adducendo motivazioni di carattere
tecnico-operativo.
La terza precisazione è strettamente correlata
alla seconda, ovvero quale era il mio ruolo nella circostanza. Orbene,
la mia qualifica di prefetto direttore di una direzione centrale del
dipartimento della pubblica sicurezza non mi avrebbe in alcun modo
consentito nĂ© di assumere una posizione per quanto attiene l'attività
di polizia giudiziaria, non rivestendo più la relativa qualifica, nĂ© di
dirigere eventuali servizi di ordine
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pubblico, non avendone alcun titolo.
Prova ne sia che a Genova mi sono sempre limitato a rivolgere
raccomandazioni o consigli che, come ho ricordato, in un caso sono
stati disattesi. Disattesi, devo dire, in modo del tutto legittimo, in
quanto la mia opinione, il mio suggerimento, nel frangente, assumeva la
veste di mero consiglio e, in quanto tale, non comportava alcun obbligo
di obbedienza. Ed è proprio la mia posizione del tutto ininfluente
sotto l'aspetto operativo che mi ha indotto, non appena mi sono accorto
che stavano arrivando i giornalisti, ad allontanarmi dal luogo.
Per
tutto il resto, come ho accennato in premessa, ovvero per quanto
attiene alla posizione di chi ha proceduto concretamente
all'intervento, ritengo opportuno attendere le valutazioni
dell'autorità giudiziaria che merita la più totale e incondizionata
fiducia. Con questo ritengo di avere anticipato alcune domande che il
Comitato eventualmente avesse voluto rivolgermi sul «capitolo Diaz».
Passiamo
alla prima domanda: all'atto del corteo erano presenti forze
parlamentari che hanno avuto un rapporto con le forze dell'ordine.
Questo è un problema di ordine pubblico, non è un problema di
prevenzione. Io vengo qui a rispondere della prevenzione, non
dell'ordine pubblico. La prevenzione finisce con l'ordine pubblico; la
prevenzione dà le informazioni - di qualsiasi natura possano essere,
fiduciarie, a seguito di attività investigativa, a seguito di
accertamenti dell'autorità giudiziaria - a chi dirige l'ordine
pubblico, dopo di che la prevenzione si ferma.
Per quanto riguarda
la seconda questione, relativa alle condizioni di isolamento della
struttura, devo dire che io non mi sono mai sentito solo.
Relativamente al «flop dei servizi», si tratta di un giudizio. Io ho rappresentato la verità e, comunque, qualora questo
Pag. 156
Comitato richiedesse i documenti a cui
mi riferivo (ben 120 snodi di interesse), una volta fatta venire meno
la riservatezza dei documenti, se il presidente lo ritenesse, non
avremmo alcuna contrarietà a fornirli.
Mi sono limitato, come non
sarà certamente sfuggito al Comitato, a citare casi che, sempre non in
ossequio alla massima riservatezza, sono stati oggetto di articoli
giornalistici in tempi non sospetti.Quanto agli episodi napoletani,
come punto di partenza è proprio da Napoli che è cominciata l'attività
preventiva tenendo presente che buona parte delle intercettazioni
ambientali e telefoniche sono state autorizzate dalla procura di Napoli
poichĂ©, come già rappresentato nella mia relazione, le intercettazioni
cosiddette preventive sarebbero una cosa graditissima per la polizia di
prevenzione ma questo strumento non è a nostra disposizione. Tali
intercettazioni sono state mantenute solo per i reati di mafia e non
per il terrorismo o l'eversione.
Per quanto riguarda l'ultima domanda ritengo di aver risposto
GRAZIELLA MASCIA. Lei ha già anticipato
diverse risposte a domande che avrei voluto porle. Ci ha già spiegato
come ed in quale momento è arrivato a Genova. Vorrei chiederle, nel
corso di quei giorni (19, 20 e 21 luglio) che tipo di relazioni ha
mantenuto con il capo della Polizia o con il ministro dell'interno.
Lei, giustamente, dice che l'attività di prevenzione finisce laddove
inizia l'ordine pubblico, ma, appunto, come lei stesso ci ha
confermato, perfino il 21 c'era bisogno della sua presenza per un
intervento preventivo per via delle conoscenze di cui lei disponeva.
Quale contributo lei ha dato nel corso di quei giorni e anche quale
tipo di contributo ha dato alle relazioni internazionali che mi pare di
capire, anche leggendo i documenti che, gentilmente, ci ha fornito,
hanno continuato
Pag. 157
ad operare a Genova in una
consultazione permanente, seguendo tutti i passaggi anche dei momenti
più delicati, di quei giorni? Qual è stato il suo ruolo, anche se il
suo arrivo a Genova fa data al 21, nel corso di quelle giornate?
Vorrei
chiederle - non so se si tratti di una valutazione di merito e se
quindi la sua risposta potrà essere soltanto limitata - ancora qualcosa
sul lavoro dell'intelligence. Lei ci ha fornito oggi, da questo
punto di vista, degli argomenti interessanti, facendo anche una analisi
delle notizie che arrivavano e le verifiche che sono state poi
effettivamente realizzate perché potessero essere utilizzate nelle
iniziative di ordine pubblico. Credo che questo corrisponda ad un
contributo effettivo. Tuttavia rimane il fatto che nel corso di quei
giorni si registra un bilancio negativo relativamente alla possibilità
effettiva di manifestare: ci sono stati fatti di cui ormai abbiamo
parlato tante volte e, di fatto, non si è potuto garantire il diritto a
manifestare. Quali sono, secondo lei, le ragioni per cui, con tutti gli
elementi di cui si disponeva, non c'è stata la possibilità di isolare
queste frange violente? Stamattina il questore diceva che, dal suo
punto di vista, una delle ragioni sta nel fatto che è stato necessario
cambiare, in corso d'opera, l'intervento sulla piazza modificando il
numero delle unità che agivano sul territorio a seguito di informazioni
riguardanti la possibilità che venissero rapiti alcuni esponenti delle
forze dell'ordine. Vorrei chiederle che sviluppi e che verifiche vi
siano state con riferimento a queste informazioni. Si tratta di un
elemento importante. Vorrei sapere se questa è stata la ragione
effettiva, o una delle ragioni, che hanno impedito di agire e di essere
consequenziali a 14 mesi di lavoro, che poi hanno prodotto questi
risultati.
Le chiedo ancora, molto velocemente, sempre relativamente al lavoro dell'intelligence se sia stata rilevata la presenza di
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