blocco ha evitato feriti pesanti
rimanendo costantemente in movimento, cercando di evitare lo scontro
frontale con la polizia. Stavamo stretti ed ognuno guardava le spalle
dell'altro. Quelli attaccati dai federali sono sfuggiti all'arresto
grazie alla velocità di reazione ed all'organizzazione dei membri del black bloc. Il senso di solidarietà è stato imponente.
Si
è da più parti detto che le condizioni di guerriglia, create da
criminali violenti e facinorosi, hanno, in alcuni casi, determinato un
eccesso nell'uso della forza. Si è anche sostenuto che vi sarebbero
centinaia di foto, di immagini televisive, eccetera, che rappresentano
poliziotti, carabinieri e finanzieri che pestano sistematicamente
partecipanti al corteo. Su tale punto ritengo si debba fare estrema
chiarezza e porre fine ad un processo di criminalizzazione delle forze
di polizia che sembra essere in corso. A Genova, la stragrande
maggioranza degli appartenenti alle forze di polizia si è comportata
correttamente: nonostante l'eccezionalità della situazione, il
personale in servizio ha mostrato coraggio ed abnegazione.
In
relazione alla violenza inaudita degli attacchi subìti, tutti i reparti
hanno fornito prova di preparazione professionale, spirito di
sacrificio ed attaccamento alle istituzioni democratiche. Le frange
violente dei contestatori, diverse migliaia, hanno condotto attacchi
indiscriminati. Si è trattato di guerriglia accuratamente pianificata,
con devastazione di cose pubbliche e private ed un particolare
accanimento nei confronti delle forze dell'ordine.
I rinforzi
consistevano in oltre 11 mila unità, escluse le Forze armate; in quel
contesto, nel corso delle manifestazioni, sono emersi e sono stati
portati all'attenzione degli ispettori ministeriali tredici episodi di
violenza, di cui tre hanno riguardato l'Arma dei carabinieri, due la
Guardia di finanza ed i rimanenti otto la Polizia di Stato.
Quest'ultima, come si
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ricorderà, è stata la forza di polizia
che ha quasi completamente sostenuto le situazioni di ordine pubblico
del 21 luglio 2001.
I singoli episodi di violenza, che non sono
mai giustificabili, possono trovare una chiave di lettura nel
prolungato impiego in servizi particolarmente stressanti. A tale
riguardo, vanno tenuti in conto due importanti aspetti: da un lato,
l'impiego ininterrotto per diverse ore, seppur assolutamente
necessitato in quelle circostanze, incide sulle condizioni psicofisiche
degli operatori; dall'altro, i video non sempre riescono ad evidenziare
le circostanze che possono risultare importanti. Ad esempio, un grave
insulto o l'essere colpiti da un corpo contundente, non ripresi dalla
telecamera, possono influire sui comportamenti successivi e sui giudizi
che, a posteriori, vengono espressi.
Nessun atto trova
giustificazione quando si concretizza in una violenza gratuita e
sproporzionata alla gravità dell'offesa; il questore, qui nuovamente,
si assume la responsabilità dei comportamenti degli appartenenti alle
forze di polizia: Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di
finanza, posti sotto la sua direzione per i servizi di ordine pubblico
in occasione del vertice G8.
Vorrei fare ora qualche cenno alla
struttura di Bolzaneto ed all'intervento presso la scuola Diaz.
L'ordinanza del questore del 12 luglio 2001 prevedeva che la gestione e
la trattazione delle persone fermate od arrestate dalla Polizia di
Stato, dalla Guardia di finanza e dalla polizia municipale, in
occasione di eventi connessi con il vertice G8, dovesse avvenire in una
apposita struttura ubicata all'interno del reparto mobile di Genova
Bolzaneto. Analogamente, per gli eventuali arrestati dell'Arma dei
carabinieri, era stata attrezzata idonea struttura all'interno della
caserma di Forte San Giuliano.
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La scelta di Bolzaneto era stata
attentamente valutata, oltre che in sede ministeriale, anche nel corso
di un apposito comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
pubblica del 12 giugno 2001 esteso alla partecipazione dell'autorità
giudiziaria. Nella circostanza, si decise, tra l'altro, che sarebbero
stati istituiti un ufficio matricola ed un ufficio sanitario sia a
Bolzaneto sia, per le persone arrestate dall'Arma dei carabinieri, a
Forte San Giuliano; si decise altresì che gli arrestati sarebbero stati
trasferiti, poi, nelle strutture carcerarie ubicate nelle province di
Pavia e di Alessandria.
La localizzazione doveva rispondere ad
esigenze sia di funzionalità sia di sicurezza; per questo, si è optato
per la sede del VI reparto mobile, che si trova in posizione decentrata
e lontana dai luoghi previsti per le manifestazioni. Per rendere la
struttura conforme alla nuova destinazione, vennero effettuati ingenti
lavori; furono realizzate celle prive di arredi, pulite, ampie e ben
areate, ognuna con una capacità di circa venti persone, seguendo anche
le indicazioni tecniche fornite dall'amministrazione penitenziaria.
La
trattazione degli atti di polizia giudiziaria avveniva in sette
postazioni, ognuna affidata ad un ufficiale e ad un sergente di polizia
giudiziaria della questura. Un funzionario della Polizia di Stato era
presente permanentemente a Bolzaneto per sovrintendere a quella
attività; accanto, vi era un'altra struttura dotata di tutta la
strumentazione di pertinenza della polizia scientifica necessaria per
il fotosegnalamento.
Un'ala intera è stata, invece, riservata alla
polizia giudiziaria, anche qui presidiata durante tutto il periodo che
da un ufficiale del Corpo per l'immatricolazione e l'immediata
traduzione in carcere delle persone arrestate. Quest'ala costituiva,
anche dal punto di vista giuridico, una vera e propria sezione
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distaccata della casa circondariale;
comprendeva anche infermeria e relativo personale medico e paramedico
ed è stata temporaneamente assunta in carico dalla polizia giudiziaria
con decreto del ministro della giustizia.
La persona fermata
veniva trattata a ciclo completo presso il reparto mobile, dal verbale
di arresto o fermo alla fotosegnalazione, alla immatricolazione e presa
in carico da parte della polizia penitenziaria fino al trasferimento
alla casa circondariale. In altri termini, la consegna alla polizia
penitenziaria, all'interno della struttura di Bolzaneto, equivaleva,
dal punto di vista giuridico, alla traduzione in carcere. In tale
ottica, infatti, la polizia penitenziaria aveva costituito, ivi, un
regolare ufficio matricola. Le persone fermate, prima di accedere alle
camere di sicurezza, venivano visitate dal medico della polizia
penitenziaria, il quale effettuava una nuova visita al momento della
consegna dell'arrestato per l'immatricolazione.
Oltre alle
valutazioni sin qui offerte in ordine all'organizzazione dell'attività
presso la struttura di Bolzaneto, non ritengo di dover scendere nel
merito di episodi sui quali verte l'accertamento giudiziario in atto,
atteso che dalle relazioni prodotte dal personale e dai funzionari colà
in servizio - come già detto, un funzionario fisso, per il
coordinamento, cui si aggiungevano altri due o tre funzionari
alternantisi nei vari turni, era sempre presente nella struttura di
Bolzaneto - non risultano, in alcun modo, episodi di abuso quali quelli
riportati dagli organi di stampa. Devo soltanto sottolineare che, anche
in tal caso, le censure mosse, in sede ispettiva, in ordine ad una
asserita disorganizzazione delle attività di trattazione dei fermati,
non trovano precisi riscontri; l'attività è stata analiticamente
pianificata in tutti i suoi aspetti, anche, come detto, in sede di
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
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pubblica. Se ritardi vi sono stati
nella materiale trattazione, ciò è attribuibile alla situazione
oggettiva che ha determinato, in certi momenti, il contemporaneo
afflusso di una pluralità di persone fermate nel corso degli scontri di
piazza.
Per quanto attiene alla disamina dell'attività di polizia
giudiziaria, svolta nella serata del giorno 21 luglio, presso la scuola
Diaz di via Cesare Battisti, pur essendo materia di approfonditi
accertamenti in atto da parte della magistratura inquirente, ritengo
doveroso riferire al comitato informazioni relative alla fase
organizzativa pregressa, alla quale ho preso parte con le modalità che
cercherò sinteticamente di illustrare.
Alle ore 22.20 circa del 21
luglio venivo informato che, mentre transitavano in via Cesare Battisti
al comando di un funzionario della squadra mobile di Roma, alcune
pattuglie miste della «mobile» e DIGOS (Divisione investigazioni
generali e operazioni speciali) erano state oggetto di una aggressione
con lanci di pietre e bottiglie nonché a mezzo di calci inferti alle
auto, un'aggressione messa in atto da più di cento persone, molte delle
quali vestite di nero. Nella circostanza nel mio ufficio erano
presenti, tra gli altri, il vicecapo vicario della polizia, prefetto
Andreassi, il direttore centrale della polizia di prevenzione, prefetto
La Barbera, il dirigente superiore Luperi, il dirigente superiore
Gratteri, direttore del servizio centrale operativo.
Il dirigente della DIGOS fece subito presente che in via Cesare Battisti vi erano degli studi scolastici concessi al Genoa social forum
da comune e provincia per insediarvi il centro stampa: nella
circostanza si ritenne utile incaricarlo di compiere un attento
sopralluogo. Successivamente, il medesimo dirigente ritornato nel mio
ufficio riferiva di aver notato la presenza isolata, all'esterno della
scuola, di alcuni ragazzi che osservavano con attenzione, quasi fossero
sentinelle, il movimento
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di persone; inoltre, aggiungeva che tra
le due scuole in via Cesare Battisti si notava chiaramente la presenza
di almeno centocinquanta persone, molte vestite di nero. Veniva,
quindi, chiesto al funzionario di interloquire con i referenti del Genoa social forum per verificare chi effettivamente occupasse la scuola Diaz.
Gli esponenti del Genoa social forum contattati
riferivano che per la confusione in atto - conseguente alla partenza di
ventisei treni speciali, con migliaia e migliaia di persone che
sciamavano per la città - si era, probabilmente, allentato il sistema
di vigilanza e controllo sulle frequentazioni dei luoghi concessi al
movimento e, quindi, non si poteva escludere la presenza di soggetti
non graditi all'interno della scuola Diaz. Preso atto di queste
informazioni, dopo una attenta riflessione condotta all'interno del mio
ufficio con gli interlocutori già citati, si concertava di intervenire
con una perquisizione ai sensi dell'articolo 41 del Testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, da effettuarsi a cura della DIGOS e della
squadra mobile. Si decideva, altresì, di supportare l'attività con
l'impiego in ausilio di reparti inquadrati, ritenendosi altamente
probabile una forma di resistenza attiva.
Un ufficiale di polizia
giudiziaria forniva comunicazione preventiva al pubblico ministero ed
io, personalmente, informavo il signor capo della Polizia e il prefetto
di Genova. Nell'occasione fu anche valutata l'opportunità di richiedere
l'intervento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dotato di cellule
fotoelettriche e di un elicottero della Polizia di Stato. Alle ore 23
circa, all'interno della sala riunioni della questura, si svolse una
riunione operativa cui presenziai insieme al prefetto La Barbera e
nella quale ebbi modo di ribadire a tutti, come di consueto, la
raccomandazione impartita a pagina 179 della mia ordinanza del 12
luglio di improntare l'attività alla
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massima moderazione, cautela e
prudenza. Preciso di aver lasciato la riunione prima che fosse
terminata la discussione sulle modalità operative dell'attività. Alle
ore 23,30 l'operazione aveva inizio secondo modalità sulle quali
ritengo non poter al momento fornire valutazione alcuna, trattandosi,
come già sostenuto, di materia oggetto di approfondita indagine
giudiziaria.
Aggiungo che circa un'ora dopo - a fronte delle
notizie che si ricevevano dai funzionari sul posto tramite
comunicazioni telefoniche e che riferivano di una situazione assai
delicata per l'ordine e la sicurezza pubblica all'esterno dell'edificio
scolastico - disponevo l'invio di ulteriori contingenti dell'Arma dei
carabinieri, sotto la direzione del vicequestore vicario dottor
Calesini, allo scopo di fronteggiare eventuali intemperanze verso il
personale impegnato nell'operazione di polizia giudiziaria da parte di
una folla di persone che si andava radunando sulla strada.
All'incirca
alle ore 2,15 venivo telefonicamente informato che il vicequestore
vicario e l'onorevole Mascia si accingevano ad entrare nella scuola
Diaz per un sopralluogo congiunto, una volta terminata l'attività di
perquisizione. Sin qui ho descritto i fatti dei quali ho avuto
percezione diretta e ribadisco la volontà di astenermi da ulteriori
considerazioni relative ad episodi che attengano alla fase realizzativa
dell'attività e sui quali mi auguro si possa addivenire al più presto
ad un completo chiarimento in sede giudiziaria.
Concludo il mio
intervento, signor presidente, e resto a disposizione di questo
Comitato per rispondere ad ogni ulteriore quesito che mi si vorrà
rivolgere. Desidero esprimere i sensi del grande rispetto che nutro
verso il provvedimento adottato nei miei confronti dal signor ministro
dell'interno e, da uomo delle istituzioni, obbedisco. Vorrei però
esprimere
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anche l'amarezza che provo di fronte
alle conclusioni cui è pervenuta, nel breve volgere di pochi giorni,
l'indagine ispettiva avviata sul mio operato e che ritengo abbia avuto
anche la presunzione di giudicare frettolosamente e senza doveroso
approfondimento la complessità di un lavoro che, sviluppatosi per un
anno intero, avrebbe meritato valutazioni improntate a maggiore
professionalità.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor
questore. Si può temporaneamente accomodare: i componenti il Comitato
potranno ora, infatti, effettuare una pausa di riflessione.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 11,50.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la senatrice Maria Claudia Ioannucci. Ne ha facoltà.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor
presidente, ho visto tutta la documentazione presentata dal sindaco di
Genova e dal presidente della provincia. Nella precedente audizione
avevamo richiesto che venissero depositati tutti gli atti relativi alle
delibere di consiglio, alle delibere di giunta, documenti che non
trovo. Vorrei, pertanto, chiedere al presidente, se è di questa
opinione, di rinnovare al presidente della provincia ed al sindaco
l'invito a produrli.
Vorrei sapere inoltre se il presidente della
provincia abbia presentato denuncia nei confronti dei soggetti a cui
aveva affidato le scuole (ed avere quindi il relativo atto, ove vi
sia), visto che dai documenti che ha depositato risultano devastazioni
ed atti che sicuramente configurano dei reati.
Poiché dai documenti depositati risulta anche che il presidente della provincia, durante l'iter riguardante l'affidamento
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delle scuole, ha deciso autonomamente l'ampliamento delle aree da destinare al Genoa social forum,
vorrei sapere se esistano atti con cui il presidente della provincia ha
indicato alla questura o alla prefettura le nuove aree messe a
disposizione del Genoa social forum. Ho letto, sempre nei
documenti depositati, che la provincia aveva dato luogo ad interventi
provvisionali per circa 300 milioni, al fine di «blindare» - diciamo
così - la parte delle scuole che era stata concessa al Genoa social forum.
Sappiamo che poi, invece, soggetti ignoti sono arrivati fino all'asilo
dove hanno preso coltelli ed altre armi improprie, insieme ad altre
armi proprie lasciate incustodite. Vorrei sapere, pertanto, se sia
possibile avere l'elenco delle attività e degli interventi
provvisionali attuati. Inoltre, dagli atti depositati dal prefetto
risulta che le scuole dovevano essere consegnate ai rappresentanti del Genoa social forum;
tali rappresentanti avrebbero dovuto essere indicati da quest'ultimo;
tuttavia nei documenti depositati dal presidente della provincia non ho
rinvenuto alcuna indicazione in tal senso da parte del Genoa social forum. Pertanto, vorrei sapere se vi siano atti o indicazioni da parte del Genoa social forum
in merito ai suddetti soggetti o se, comunque, la provincia e il comune
(le scuole erano sia della provincia sia del comune) abbiano svolto le
dovute indagini per individuare i soggetti a cui dovevano essere
consegnate queste aree.
Infine, veniamo ai danni subiti. Ho
rilevato una certa contraddittorietà fra quanto aveva indicato in
questa sede il sindaco e quanto, invece, rileva dai documenti
depositati dal presidente della provincia. Il sindaco ci aveva detto
che non vi erano stati danni ingenti, invece dal documento depositato
dal presidente della provincia in data 9 agosto 2001 si parla di atti
di vandalismo e di devastazione con ingentissimi danni. Solamente
quelli alla scuola supererebbero i 500 milioni e di
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tutto questo veniva data comunicazione
in quanto rilevato dal comune di Genova (senza contare l'asporto di
materiali ed altri beni).
PRESIDENTE. Senatrice Ioannucci, la sua
domanda è chiarissima. Lei chiede alla presidenza di fare un'ulteriore
richiesta di chiarimento relativamente a quanto da lei rilevato.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Sì, perché vi è una contraddittorietà talmente palese da rendere necessarie ulteriori indicazioni.
PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice
Ioannucci. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il presidente
Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. In primo luogo rilevo
che molte risposte sono già contenute nella documentazione che ci è
stata inviata dal questore di Genova ieri ed è sufficiente leggerla
(sono cinque volumi).
In secondo luogo il sindaco non ha parlato
di danni non ingenti, ma di altri aspetti e se la collega rileggesse il
testo se ne accorgerebbe.
In terzo luogo, signor presidente,
vorrei chiedere, tenuto conto del contingentamento dei tempi, se sia
possibile che il questore risponda volta per volta alle domande, così
da consentirci di avere un quadro più completo.
PRESIDENTE. Credo che siamo tutti d'accordo nel far formulare le domande e consentire subito dopo all'audito di rispondere.
MARCO BOATO. Credo che dovremmo affrontare questo tipo di argomenti durante la riunione dell'ufficio di presidenza,
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ma siccome se ne è già parlato in questa sede, e risulterà dal resoconto stenografico, vorrei che risultasse anche che nel dossier
consegnatoci ieri dal presidente della provincia di Genova con data 20
agosto, insieme al materiale che ci ha inviato la dottoressa Marta
Vincenzi, vi è la copia della denuncia presentata alla magistratura
della provincia di Genova, relativa ai danni subiti. Nell'ambito del dossier vi
è una denuncia presentata in data 9 agosto 2001 alla procura della
Repubblica presso il tribunale di Genova: «Vertice G8 - Trasmissione
della denuncia relativa ai danneggiamenti degli uffici provinciali».
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Ma allora la questione cambia totalmente...
PRESIDENTE. Senatrice Ioannucci, lei è
stata abbastanza chiara. Il problema si pone esattamente in questi
termini: i documenti della provincia, del sindaco e del questore sono
pervenuti proprio in questi giorni. Pertanto, inviterei chi ha posto la
questione a prendere visione dei nuovi documenti (oltre all'elenco si
dovrebbero consultare anche gli allegati); probabilmente vi troverà
talune risposte. Per quanto riguarda, invece, le richieste che lei
intende presentare, dovrebbe cortesemente metterle per iscritto e
presentarle al capogruppo, così che l'ufficio di presidenza, nella
riunione di questa sera o in quella di giovedì prossimo, possa
provvedere a colmare le eventuali lacune.
Circa la richiesta del
presidente Violante, prendo atto che il Comitato intende procedere
facendo rispondere l'audito ad ogni singola domanda.
FABRIZIO CICCHITTO. La mia prima domanda è la seguente: oggi, sul quotidiano il Giornale, compare un rapporto
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DIGOS (che, tra l'altro, auspicherei venisse acquisito dal Comitato) nel quale la ricostruzione ex post degli avvenimenti - e cioè la sostanziale inattendibilità del Genoa social forum che
non rispondeva di quello che concordava - è raccontata in anteprima con
il testo di intercettazioni telefoniche anche gravissime, perché
mettono in evidenza la doppiezza della situazione (al punto che si
diceva che la manifestazione del 19 doveva essere pacifica e quelle
successive, invece, dovevano avere ben altro carattere). Questo
rapporto della DIGOS noi lo leggiamo oggi. La mia domanda è la
seguente: voi che lo avevate già letto, non avevate tratto conseguenze
tali da indurre a svolgere un'azione più accentuatamente preventiva
rispetto a quello che è avvenuto?
La seconda domanda è la
seguente: il capo della Polizia ha sottolineato con vigore che la
responsabilità della gestione dell'ordine pubblico a Genova era delle
autorità locali, cioè del questore e del prefetto: qual è stata allora
la vera linea di comando? Quali sono stati cioè la funzione e il ruolo
del capo della Polizia Andreassi, del capo della divisione centrale di
prevenzione La Barbera e del capo dello SCO Gratteri? Che rapporti
avevano con lei? Erano semplici consulenti o davano ordini? Questo in
riferimento alla situazione in generale, ma anche all'andamento della
perquisizione della scuola Diaz, rispetto alla quale - se non sbaglio -
lei ha citato il dottor La Barbera ma ricordo che dai giornali
risultava fosse presente anche il dottor Andreassi. Lei ha usato
l'espressione «si è deciso»: questa decisione è stata una decisione
congiunta o è lei che se ne è assunte tutte le responsabilità?
Terza
domanda: perché non sono stati perquisiti i violenti che, come tutti
sapevano, erano accasermati allo stadio Carlini? Potevano essere
bloccati fin dalla serata di giovedì 19 luglio o dalla mattina di
venerdì 20 luglio?
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Tornando alla perquisizione della
Diaz, chi ha dato l'ordine? Chi era il responsabile sul terreno? Perché
non si è circondata la scuola e non si è atteso il mattino per
procedere? Perché insieme agli specialisti del reparto mobile si sono
fatti intervenire appartenenti a corpi investigativi come lo SCO e la
DIGOS e perché poi non è avvenuto il coordinamento dell'investigazione
con la repressione, per cui tutti i corpi di reato sono stati messi
insieme nel famoso «fagotto» dove c'era un morto, con il conseguente
annullamento di tutte le responsabilità che, come tutti sanno, sono
individuali e non collettive.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Per
quanto riguarda il rapporto che la DIGOS sta ora facendo, o ha già
presentato all'autorità giudiziaria di Genova, non ne sono a
conoscenza, cioè non l'ho letto direttamente perché, come lei sa, non
sono più in servizio alla questura di Genova.
FABRIZIO CICCHITTO. Sembra che il
rapporto della DIGOS sia precedente, tant'è che fa riferimento ad
intercettazioni fatte tempo prima.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. So
che è stato fatto questo rapporto DIGOS, l'ho letto anche sulla stampa.
Tutto quello che stava succedendo era monitorato attraverso le nostre
intercettazioni telefoniche.
FABRIZIO CICCHITTO. Nel rapporto DIGOS
è scritto che sono state fatte intercettazioni telefoniche di colloqui
di Casarini, con altri esponenti del Genoa social forum in cui
addirittura si diceva che dovevano scendere in campo quelli del
nord-est; che la manifestazione del 19 luglio doveva essere pacifica
mentre ben altro avrebbe dovuto avvenire il 20 e il 21.
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Quindi si è trattato di intercettazioni telefoniche che mettono sul conto del Genoa social forum responsabilità
gravissime e che una persona investita delle sue responsabilità avrebbe
dovuto conoscere. Viceversa si è creata una situazione, come l'ha
definita il presidente Bruno, di non organizzazione che ha determinato
quegli accadimenti.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. No,
onorevole. Io ero al corrente di quelle intercettazioni e conoscevo
anche quello scenario. Sapevamo che il giorno 20 luglio sarebbe stato
il più cruento e abbiamo cercato di adottare tutte le misure necessarie
a fronteggiare il servizio d'ordine pubblico. Non a caso sono state
fatte più riunioni presso la questura di Genova, alla presenza anche
dei vertici del dipartimento e di altri funzionari che venivano da
fuori, per dirigere il servizio di ordine pubblico in piazza e per
delineare lo scenario che ci saremmo potuti trovare di fronte il giorno
20.
Ho inoltre appreso dalla stampa che la questura di Genova ha
presentato un altro rapporto riassuntivo di tutta l'attività
investigativa fatta a suo tempo da parte della stessa per contrastare,
verificare e monitorare le intenzioni dei vari movimenti e come questi
avrebbero manifestato sul territorio.
Sapevamo quindi che il
giorno 20 luglio sarebbe stato un giorno difficile, forse più difficile
degli altri due e chiaramente ci siamo attrezzati per poter garantire
l'ordine pubblico di tale giornata ed ho già ben specificato nella mia
relazione quale scenario ci siamo trovati di fronte. Ho anche detto
che, ad un certo punto, era divenuto impossibile colloquiare con il Genoa social forum e che abbiamo colloquiato attraverso i referenti dipartimentali, con Casarini, il quale, pur facendo parte del Genoa social forum, ci dava indicazioni totalmente diverse da quelle del Genoa social forum stesso.
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Il giorno 20 il corteo (o meglio
sarebbe dire l'ammasso di gente, perché a Genova non ci sono mai stati
cortei, c'è stata un'occupazione del territorio da parte di decine e
decine di migliaia di persone) non avrebbe dovuto superare piazza
Verdi. Quando i manifestanti si sono radunati a 500, 600, 800 metri,
non ricordo bene, da piazza Verdi noi avevamo posto come condizione che
la stessa non doveva essere superata. Il Genoa social forum, o
meglio Casarini, voleva poi fare la sceneggiata, come tante altre volte
è stata fatta, per mettere in evidenza il suo operato, ma questi erano
gli accordi sottintesi (io non conosco Casarini, ma so che ve ne erano
tra i referenti dipartimentali e Casarini). A questo punto, quando lo
stesso Casarini ha avuto paura che i network con i COBAS,
oppure altri avrebbero potuto infiltrarsi nel suo corteo, che doveva
essere un corteo pacifico, cosa alla quale abbiamo creduto (devo dire
che oggi, purtroppo, non credo più a nessuno, né ad Agnoletto né a
Casarini), abbiamo creato una struttura per dividere i due cortei;
abbiamo fatto l'impossibile, nottetempo. È vero anche che abbiamo
dovuto modificare l'ordinanza in relazione alle notizie che ci
arrivavano (intercettazioni telefoniche, considerazioni, valutazioni e
riunioni in questura cui erano presenti i responsabili del servizio di
ordine pubblico, il prefetto Andreassi e vari referenti che dovevano
fronteggiare l'ordine pubblico per quel giorno). Credo di essere stato
chiaro.
Il Capo della polizia ha detto, giustamente, che
l'autorità locale di pubblica sicurezza sul posto è responsabile del
servizio di ordine pubblico. Come ho detto nella mia relazione, si
tratta di un evento talmente grande e straordinario che va al di là
delle conoscenze territoriali; si tratta di conoscenze
extraterritoriali, oserei dire internazionali e quindi, non a caso, il
dipartimento ha creato, giustamente, presso la questura di
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Genova una task force tra la
polizia straniera ed i responsabili di uffici del dipartimento per
affiancare il questore e per condividere tutte le scelte che andava
operando.
Il dottor Micalizio ha detto «tu dovevi tirare fuori gli
attributi» - mi scusino lor signori - «perché dovevi, tu, essendo
questore di Genova, mandare tutti a casa ». Ora io non credo che avrei
potuto fare una cosa del genere, anzi me ne sarei ben guardato perché
credo nelle istituzioni e sono grato per i consigli e il supporto che
mi sono stati dati dai colleghi e dai miei superiori. Tutto ciò che è
stato deciso è stato deciso insieme e il questore, essendo autorità di
pubblica sicurezza, ha formalizzato l'atto con le sue firme. Tutto qui.
Ma non mi tiro indietro di fronte alle mie responsabilità, onorevole,
io mi sento responsabile di tutto ciò che è accaduto a Genova, però le
mie responsabilità, secondo il mio modesto parere, devono essere un po'
condivise con chi era presente a Genova.
Noi facevamo delle
riunioni, il giorno e la sera, con i referenti del dipartimento, in cui
si decideva, si descrivevano lo scenario, i luoghi e ciò che sarebbe
dovuto accadere, disponendo, di conseguenza, le forze. A volte a questo
ultime sono state apportate modificate secondo direttive dei miei
superiori in ordine ad uno scenario che il mio ufficio di gabinetto
aveva preparato, ma non è detto che se fossero state lasciate le forze
da me predisposte l'intervento si sarebbe concluso meglio. È tutto da
verificare. Tenga presente che i servizi ci avevano informato che il
nostro personale poteva essere aggredito e addirittura sequestrato;
quindi sulla scelta iniziale di utilizzare pochi uomini per combattere
e per muoversi più facilmente sul territorio (gruppi da 40, 50 o 60
persone) è prevalsa, giocoforza, la tesi di creare nuclei più
consistenti. D'altra parte Genova, per chi la conosce, è una
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città orograficamente molto difficile
da percorrere e dunque la movimentazione del nostro personale ha inciso
abbastanza sull'efficienza di quello che io chiamo ordine pubblico ma
che, di fatto, era una guerriglia.
Lei ha parlato della scuola
Diaz, citando La Barbera, Andreassi e Gratteri: in quei casi non si
trattava di ordini ma di condivisione di idee, consigli, suggerimenti
che si discutevano assieme per poter arrivare alla soluzione che
ritenevamo essere la migliore.
Per quanto riguarda la scuola Diaz
occorre distinguere due momenti. Vi è stato un momento prettamente di
polizia giudiziaria, riferito all'articolo 41, a tale riguardo critico
anche l'accertamento dell'ufficio ispettivo. Sono stati incaricati i
due massimi esponenti della polizia giudiziaria della questura di
Genova, il dirigente della DIGOS ed il dirigente della squadra mobile e
sul posto si sono recati anche i massimi referenti del dipartimento.
Per
quanto riguarda l'articolo 41, il questore in genere non si occupa di
questa attività, ma ha invece il dovere di curare l'aspetto relativo
all'ordine pubblico, tant'è che ho affiancato al personale incaricato
di effettuare la perquisizione altro personale che in quel momento era
di riserva davanti alla questura: se non ricordo male si trattava di
venti o trenta agenti della Polizia di Stato e di quaranta, cinquanta o
sessanta carabinieri che - come ho già ricordato nella mia relazione -
erano di supporto al fine di bonificare la zona.
Nel momento in
cui il questore viene a conoscenza che davanti alla scuola si potevano
creare situazioni di maggiore emergenza per quanto riguarda l'ordine e
la sicurezza pubblica, viene inviato sul posto il vice questore vicario
insieme ad altri contingenti dei carabinieri per fronteggiare eventuali
pericoli e rischi riguardanti l'ordine pubblico.
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Se non ricordo male, quella sera
stessa ho cercato un funzionario, oltre ai dirigenti della squadra
mobile e della DIGOS. Fu inviato anche un altro funzionario che mi
doveva affiancare - ciò risulta anche dall'ordinanza - nell'attività
dei servizi di ordine pubblico. Il funzionario è andato: ciò risulta
sia dall'ordinanza principale del 2 luglio sia - se non erro - in una
mia ordinanza successiva. Si parla di un altro funzionario che mi
doveva affiancare nell'attività di ordine pubblico; anche questo
funzionario è stato mandato sul posto. Di questo nessuno ha parlato, ma
questa mia disposizione esiste agli atti.
Nella mia relazione...
LUCIANO VIOLANTE. Solo tre funzionari andarono? (Commenti).
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Si
sono recati diversi funzionari alla scuola Diaz, circa venti,
venticinque. Io sto parlando dei due funzionari della questura di
Genova, il dirigente della squadra mobile ed il dirigente della DIGOS.
Per quanto riguarda la squadra mobile sono andati il dottor Gratteri,
direttore dello SCO, il dottor Caldarozzi ed altri funzionari che erano
a Genova aggregati alla squadra mobile. Io volevo mandare anche il
dottor Lapi come funzionario mio referente diretto, ma in quella
riunione mi venne ricordato che il dottor Lapi era stato ferito durante
la manifestazione; va a suo merito che egli, nonostante fosse ferito,
sia tornato nuovamente in servizio. È stato allora inviato il dottor
Murgolo - ciò risulta anche nella mia ordinanza - che mi doveva
affiancare per tutto quanto riguardava l'ordine pubblico. Lui si è
offerto, e si è recato sul posto. A questo punto vi erano sia la linea
di comando sia l'organizzazione. Successivamente si sono recati sul
posto altri due funzionari che dirigevano i
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due reparti della polizia e dei
carabinieri e che dovevano essere di riserva in questura; li ho mandati
lì per fronteggiare una minaccia all'ordine pubblico.
Io non sto
dicendo la mia verità ma la verità oggettiva, con la coscienza
tranquilla e serena. Ripeto che questo servizio è stato condiviso da me
per primo, non mi sto tirando fuori. Credo che vi fosse una linea di
comando anche se poi, durante l'esecuzione, quella confusione per la
quale il magistrato sta svolgendo la sua attività giudiziaria; vi è
stata ben venga quest'ultima se ciò servirà a fare maggiore chiarezza.
D'altra parte anche alcuni funzionari, come il dirigente della DIGOS ed
il dirigente della squadra mobile, trovandosi alla presenza di altri
referenti ministeriali, chiaramente hanno avuto un minimo di
perplessità su come si doveva svolgere l'intera operazione.
Per
quanto riguarda lo stadio Carlini ho detto nella relazione che le verrà
consegnata - se non ricordo male - che noi abbiamo fatto diverse
perquisizioni tra le quali anche una allo stadio Carlini. Dove ci siamo
recati su sollecitazione - se non vado errato - del sindaco. La sera
c'è stata una riunione durante la quale - se non erro - il sindaco
riferì di aver avuto notizia che allo stadio Carlini stavano
smobilitando Siamo stati allo stadio Carlini, ed abbiamo riscontrato
che tutto quello che era stato riferito al sindaco si è dimostrato non
veritiero. Va tenuto presente che le persone violente potevano anche
custodire armi presso i luoghi di loro accoglienza; di fatto se le sono
procurate lungo la strada spaccando le pietre con i picconi oppure
smontando all'ultimo momento le aste e così via.
Noi abbiamo fatto
diverse perquisizioni, diversi accertamenti per verificare se questi
luoghi di accoglienza rappresentassero un centro di smistamento di
materiali. Mi corre
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l'obbligo di ricordare il problema
rappresentato dal camion che poi successivamente abbiamo fermato. Nelle
relazioni che allegherò troverete la descrizione di altre situazioni
del genere, relative ai controlli che abbiamo svolto.
LUCIANO MAGNALBÒ. Intervengo per
sottolineare che questo modo frammentario di procedere nei lavori è
impossibile da sostenere. Sarebbe più opportuno che tutti facessimo
domande alle quali il questore potrebbe rispondere in maniera organica,
in caso contrario non finiremo neanche per domani mattina. Rispondendo
volta per volta alle domande si impedisce agli altri di seguire un filo
logico. La pregherei, dunque, di rivedere il modo di procedere nei
lavori.
PRESIDENTE. Prima ho chiesto, sulla
base della proposta formulata dal presidente Violante, se vi fosse un
sostanziale accordo. Ricordo che l'ufficio di presidenza ha stabilito
soltanto il contingentamento dei tempi, peraltro, in via sperimentale.
Oggi bisognava verificare se questo sistema avrebbe potuto ovviare alle
difficoltà registratesi nelle precedenti audizioni. Il presidente
Violante aveva affermato che, forse, era più opportuno che ad ogni
domanda seguisse una risposta da parte del soggetto audito, ma se vi
sono indicazioni diverse si può tornare al criterio di prima.
LUCIANO VIOLANTE. È chiaro che siamo
qui per lavorare ed occorre un po' di tempo. Il questore Colucci ha
fatto un quadro significativo, altrettanto faranno gli altri suoi
colleghi che interverranno successivamente. Se tutti pongono domande si
verifica quello che si è verificato in precedenza, cioè che i soggetti
auditi rispondono, non per loro malevolenza, al 20 o al 30 per cento
delle domande e quindi tutto confluisce in un grande calderone in cui
non si capisce niente. Capisco che è
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una procedura po' lunga - Magnalbò - ha
ragione; ci consente però anzitutto di evitare di porre alcune domande
o magari di farne altre che non avremmo fatto senza aver sentito le
risposte, e ciò permette un approfondimento maggiore. Forse potremmo
procedere così: domande sintetiche, magari pregando il signor questore,
se lo ritiene, di essere sintetico nelle risposte. Poi se qualcuno non
vuole che il questore risponda a domande specifiche, lo dica
chiaramente.
ANTONIO TOMASSINI. Presidente, concordo
con quanto ha sostenuto il senatore Magnalbò. Vorrei aggiungere che a
me pare che lo scopo di questa Commissione sia quello di svolgere
un'indagine conoscitiva e non un'attività inquirente. Pertanto le
nostre domande devono avere una funzione di integrazione della
relazione del questore e non innescare un meccanismo di
contraddittorio, addirittura tra di noi, con continue domande che si
riferiscono alle domande dei colleghi, come è capitato finora. Pertanto
concordo con quelli che vogliono tutte le domande e le risposte in un
unico blocco a integrazione della relazione.
FRANCESCO NITTO PALMA. Concordo pienamente con l'intervento del senatore Magnalbò.
LUIGI BOBBIO. Presidente, credo che
effettivamente questo modo di procedere sia estremamente dannoso, forse
più di quello precedente del mancato contingentamento dei tempi delle
domande, perché in questa maniera si innesca un meccanismo, peraltro
perfettamente comprensibile da un punto di vista logico e dialettico,
di espansione della risposta sulla singola domanda, quindi i tempi
subiscono una superfetazione non accettabile. Propongo di mantenere il
contingentamento dei tempi delle domande, che è sicuramente utile
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e tale da evitare i pericoli paventati, e di raggruppare comunque le risposte alla fine.
ANTONIO DEL PENNINO. Presidente, io
ritengo invece che sia opportuno che le risposte vengano date alle
singole domande; al massimo possiamo raggruppare due o tre domande,
poiché mantenere il sistema della risposta complessiva all'insieme
delle domande comporta, da un lato, una risposta che - non per volontà
dei nostri interlocutori ma nei fatti trascura la metà delle domande
fatte - e dall'altro, non consente di acquisire una serie di elementi
che rendono magari inutili delle domande che altrimenti verrebbero
formulate o suggeriscono altre domande che trovano spunto nelle
indicazioni fornite nelle risposte.
GRAZIELLA MASCIA. Presidente,
intervengo anch'io per dire che preferisco il metodo che abbiamo
adottato perché per la prima volta si comincia ad avere qualche
risposta concreta. Siccome questo Comitato ha già pochi poteri, almeno
dal punto di vista della conoscenza sarebbe bene acquisire elementi di
dettaglio che alla fine si rivelano importanti.
GIANNICOLA SINISI. Presidente, sulla
richiesta avanzata dall'onorevole Violante, ricordo soltanto che il
contingentamento dei tempi è stato funzionale anche ad una innovazione
di metodo. Sul problema relativo alla durata dell'intervento di chi
risponde, si tratta di una questione sulla quale non possiamo
intervenire. Credo che mantenendo il sistema precedente, di fatto si
rinuncia all'oralità, che è il principio sul quale si fonda il
meccanismo dell'audizione. Siamo inondati ormai da relazioni scritte; a
questo punto o manteniamo questo meccanismo di contestualità o
rischiamo davvero di introdurre un nuovo sistema scritto nei lavori del
nostro Comitato.
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LUCIANO FALCIER. Non faccio una
proposta, bensì una considerazione che può tramutarsi in una proposta.
Il fatto che si sia pervenuti, per volontà dell'ufficio di presidenza,
ad un contingentamento dei tempi dovrebbe consigliare di fare tutte le
domande e dare un'unica risposta, perché il contingentamento dovrebbe
presumere l'obiettivo di regolamentare i tempi. Il ragionamento
ulteriore potrebbe essere: se al termine della risposta del questore,
ci fossero ulteriori richieste di approfondimento, si potrebbe lasciare
spazio ad eventuali precisazioni o approfondimenti.
PRESIDENTE. La situazione in questo
momento è la seguente: sono le 12,30 e hanno chiesto di intervenire in
16. In tal modo verrebbe sicuramente esaurito il tempo contingentato.
Se a questo aggiungessimo il tempo necessario all'audito per
rispondere, con ogni probabilità dovremmo cambiare metodo ed ascoltare
per un'intera giornata, se basta, il soggetto che abbiamo ritenuto di
ascoltare (cosa che si può fare benissimo, per carità: è solo una
questione di volontà). Quindi, credo che per la giornata di oggi, visto
che stasera è convocato l'ufficio di presidenza e questo sarà uno degli
argomenti che tratteremo, si possa procedere per gruppi. Io infatti
credevo che dieci minuti o un quarto d'ora potessero essere dati per
riunire per ogni gruppo le domande da porre; invece ho constatato che
tutti i componenti, ad eccezione di un risibile numero, chiedono di
intervenire nei limiti del tempo contingentato. Ma quello che a noi
occorre è il contenuto non il soggetto che formula la domanda
all'audito. Dinanzi ad una situazione di questo genere, attesa anche
l'ora, invito i gruppi ad individuare per la formulazione di domande
concise un solo interlocutore, se è possibile, o al massimo due
interlocutori per i gruppi maggiori - senza nulla togliere al tempo che
gli è dovuto - , per consentire al questore Colucci
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di dare le risposte. Qualora
quest'ultimo intendesse dilungarsi, fornire una ulteriore relazione o
chiedere con l'allegazione di documenti, lo può fare. Quindi propongo
di procedere con il metodo che abbiamo individuato. L'onorevole
Cicchitto ha fatto più domande, ed ha ottenuto le sue risposte; fermo
restando che ciò sarà oggetto di esame questa sera da parte
dell'ufficio di presidenza, invito tutti a voler fare domande il più
possibile sintetiche, anche per dare la possibilità di ascoltare il
questore.
GRAZIELLA MASCIA. Ho sei minuti e
quindi mi astengo dal fare domande di approfondimento su alcuni fatti
relativi al 20 e al 21 luglio, che naturalmente non coincidono con la
versione che ha dato il questore, anche perché le piazze tematiche, chi
era presente, eccetera, risultava tutto dai giornali. Signor questore,
le chiedo invece alcune cose molto specifiche: lei ci ha confermato
oggi che ha avuto il supporto del capo della Polizia attraverso dei
dirigenti presenti sul posto, però aveva dichiarato alla stampa che il
suo ufficio era stato letteralmente commissariato. Conferma questo
giudizio o nel frattempo lo ha modificato? Vorrei chiederle poi quale
tipo di rapporto ha mantenuto nei giorni 19, 20, 21 e 22 luglio con il
capo della Polizia e con il ministro, e se è possibile avere le
ordinanze, a cui ha fatto riferimento oggi, che hanno modificato quelle
precedenti: noi abbiamo quella del 12 luglio (non mi pare fosse nelle
disponibili carte in Commissione). Vorrei chiederle se in questi piani
operativi per la gestione dell'ordine pubblico è cambiato qualcosa
rispetto al mutamento del Governo. Vorrei chiederle se lei era
responsabile di fatto, a tutti gli effetti, della sala operativa
unificata presso la questura. Vorrei chiederle se lei ha ordinato la
prima carica in piazza Tolemaide, quella che è stata fatta dai
carabinieri (mi pare fossero una ottantina). Penso, come ho detto al
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comandante dei carabinieri, che quella
sia stata un'azione che ha anche determinato delle conseguenze. Non
sono un'esperta di ordine pubblico, però vorrei chiederle se lei ha
deciso in quel momento la carica dei carabinieri.
Vorrei chiedere
anche una conferma sui fatti di piazza Dante: lei ha ricevuto una
telefonata dal sindaco, alle 16,30, durante la quale avete concordato
che lì i manifestanti si sarebbero ritirati, mentre invece hanno
ricevuto una carica alle spalle. Vorrei sapere per quale motivo ciò sia
avvenuto e perché l'accordo non sia stato mantenuto.
Dopo la
giornata del 20 luglio, lei ha confermato che, anche in corso d'opera,
avete cambiato alcune disposizioni: se ho capito bene, i container
che abbiamo trovato al mattino sono il risultato di scelte notturne.
Sembra siano cambiate anche altre cose e di questo vorrei avere una
conferma. Ho letto attentamente la sua ordinanza, in particolare la
disposizione relativa alla testa del corteo, il fiancheggiamento e la
sua conclusione del 21 luglio: tuttavia, nei fatti, vi sono state
significative modifiche (in particolare, non ho visto alcuno alla testa
del corteo). Ebbene, oltre alle diverse disposizioni concernenti i
carabinieri - come lei ci ha detto -, vorrei sapere, concretamente
quali altre modifiche siano state decise tra il 20 ed il 21 luglio,
visto che non vi sono stati ulteriori elementi per giustificare scelte
diverse.
Lei ha detto, rispetto all'intervento sul black bloc,
eravate a conoscenza di tutto (infatti, i vostri piani erano molto
dettagliati): come mai allora, ci è stato qualcosa che non ha
funzionato? In base a quali modalità è stato determinato il vostro
intervento sul territorio, in particolare, rispetto all'utilizzo di
squadre di polizia più o meno numerose per contrastare i manifestanti?
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Per quanto riguarda l'istituto
Diaz, vorrei chiederle in particolare se il dirigente di polizia
Valerio Donnini era presente sul posto e, se abbia partecipato alle
riunioni preventive; e, ancora, quale titolo era presente il
funzionario di polizia Sgalla e se sia vero che è arrivato per primo.
Rispetto
ai fatti verificatisi a Bolzaneto, lei ha detto che tutto ha funzionato
o che, comunque, tutto era stato pianificato: in realtà, sappiamo che
le persone fermate sono rimaste in caserma ore ed ore. Perché lei od un
suo funzionario la sera del 20 luglio, ha detto ad un parlamentare che
non sapeva dove fossero stati portati i fermati?
Rispetto al lavoro dell'intelligence,
che aveva previsto la partecipazione anche di gruppi di estrema destra,
(confermata da una loro significativa presenza sul posto), per quale
motivo non sono state prese misure preventive per impedire tali
infiltrazioni?
Vorrei infine sapere se le forze di polizia hanno
avuto in dotazione - sicuramente sì - i manganelli Tonfa, se per tale
motivo sono state addestrate al loro utilizzo e, quanti lacrimogeni
sono stati usati, le loro caratteristiche e gli effetti che hanno
prodotto.
Concludo, chiedendole: quale delle due versioni dei
fatti verificatisi davanti al Marassi lei sostenga: quella dei 20
rappresentanti del blak bloc che attaccavano 40 esponenti delle
forze dell'ordine in grado di rispondere o quella dei mille
manifestanti che attaccavano (come è stato scritto) 3 blindati fuggiti
immediatamente? Ricordo che in quel momento il black bloc era isolato.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non
ho mai dichiarato alla stampa di essere stato commissariato, anzi, mi
sento in dovere di precisare che interviste alla stampa, apparse come
tali, non ne ho mai fatte. Non ho mai detto di essere stato
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commissariato; può trattarsi di
un'interpretazione del giornalista ricavata da colloqui avuti con il
personale di polizia. Ho sempre detto che sono stato supportato ed
affiancato e nella relazione ho affermato che mi assumo le mie
responsabilità (che siano o meno condivisibili con altri è una
questione diversa). I rapporti con il capo della polizia, nei giorni 19
e 20 luglio, sono stati continui, tenuti personalmente da me; egli ha
avuto anche contatti continui con i propri referenti più vicini nella
città di Genova.
Escludo categoricamente che sia stata adottata
una strategia diversa per l'ordine pubblico: si è trattato sempre di
mettere in atto la stessa strategia. I giornali hanno parlato di piazze
tematiche, ma, di fatto, il Genoa social forum non ha mai
comunicato chi fosse presente nei vari luoghi; lo abbiamo, verificato
sul campo successivamente (ed ho portato anche la documentazione
relativa).
Per quanto riguarda piazza Dante, è vero che il sindaco
mi ha telefonato, dicendomi di aver parlato con Agnoletto, ma, poi si è
verificata l'infiltrazione di gente violenta, al punto da costringere -
che esiste già - una relazione che credo il capo della polizia abbia
già letto e che io allegherò, così da avere un quadro più completo del
comportamento dei funzionari durante il servizio di ordine pubblico -
il dottor Montagnese (se non erro impegnato in piazza Dante) ad usare
anche i lacrimogeni ed a far intervenire altri reparti, perché la zona
rossa stava per essere varcata. Nella mia relazione ho già detto quali
fossero le diverse «anime» che componevano i manifestanti. Non è vero
che abbiamo caricato persone non pericolose per l'ordine e la sicurezza
pubblica: se abbiamo caricato è perché effettivamente la situazione lo
richiedeva.
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Come ho già accennato nella relazione,
vi sono stati degli infiltrati che hanno cercato di sobillare e
compiere atti violenti, coinvolgendo anche pacifisti.
Citando la
mia ordinanza l'onorevole Mascia afferma che è stata cambiata la
disposizione relativa alla testa del corteo ed al «fiancheggiamento» da
parte delle forze dell'ordine. Faccio presente che il 21 luglio non si
è svolto semplicemente un corteo, ma un'invasione di massa: più di 150
mila persone, hanno occupato tutto il territorio, non in forma di
corteo, ma sparpagliate, per cui non è stato possibile creare la testa
del corteo. Comunque, i servizi di fiancheggiamento che dovevano
proteggere il corteo, erano presenti: Bisogna conoscere la città di
Genova e le difficoltà di spostamento al suo interno per poter capire.
Ho già specificato nella relazione per quale motivo non si sia riusciti a bloccare i black bloc;
ho parlato anche della loro filosofia e delle loro azioni di guerriglia
sul territorio. Ogni volta che, su indicazione dei cittadini, cercavamo
di fronteggiarli, loro si erano già spostati con le classiche azioni di
guerriglia; molte volte non siamo potuti intervenire per bloccarli,
perché loro, che conoscevano bene la città, si mettevano in posizione
tale da non farsi raggiungere: non potevamo scendere da monte, né
muoverci dai lati per la presenza del corteo e della massa dei
manifestanti. Perciò, non potevamo entrare per fronteggiare i black bloc, che, nel frattempo, avevano già cambiato obiettivo.
Lei
mi chiede, onorevole Mascia, se alla Diaz era presente il dottor
Donnini: le rispondo di no, non credo. Donnini era un funzionario di
polizia, un dirigente superiore, al quale mi rivolgevo per avere la
disponibilità del personale; con lui parlavo quando mi servivano 50 o
100 uomini per fronteggiare una certa evenienza. Non credo che Donnini
fosse presente sul
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posto, anzi, mi sentirei di escluderlo.
Mi sono rivolto a lui, quella sera, per ottenere del personale da
inviare sul posto: ricordo che Donnini ha risposto alla mia richiesta
offrendomi la disponibilità di un reparto di Roma. Donnini però non era
presente alla Diaz. Il dottor Sgalla invece era sul posto perché lo
inviai io, su indicazione del capo della Polizia.
Riguardo alla
caserma di Bolzaneto, non è vero che non sapevamo dove si trovavano
coloro i quali erano stati fermati: sapevamo che erano a Bolzaneto, e
che poi sarebbero stati portati nelle carceri.
Per quanto attiene
ai gruppi di estrema destra - i 600 infiltrati - non mi risulta che in
quelle circostanze, essi abbiano partecipato alle violenze sul
territorio. Non sono a conoscenza di questo episodio.
I Tonfa sono
manganelli di ultima dotazione dei reparti: non ho inviato alcuno ad
addestrarsi al loro utilizzo, anche perché il personale della questura
di Genova - e quindi territoriale - non ha fronteggiato in prima linea
questioni di ordine pubblico, ma è stato destinato ad altri servizi di
vigilanza e di supporto.
Già il capo della Polizia si è soffermato
a lungo sul carcere di Marassi, leggendo anche una relazione, che
confermo nel modo più assoluto. I black bloc...
GRAZIELLA MASCIA. Un'altra relazione della polizia penitenziaria dice cosa diversa...
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non
l'ho letta. Posso confermare che a Marassi, che rappresentava un
obiettivo a rischio (lei, onorevole Mascia, ha letto, anche
nell'ordinanza, quanti obiettivi a rischio avevamo quantificato), si
trovava un funzionario con alcuni uomini (circa una ventina o qualcosa
di più). Chi conosce la conformazione di Genova (lo ripeto) sa
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che questi black bloc sono
potuti arrivare dalle montagne, sono scesi da una scalinata, ed il
collega se li è trovati di fronte: ha chiesto aiuto, ma in quel momento
eravamo dall'altra parte della città, sotto il ponte della ferrovia. Il
supporto inviato è stato bloccato dai manifestanti che hanno assalito
la colonna che stava andando in aiuto a Marassi.
GRAZIELLA MASCIA. Il questore Colucci
non ha risposto alla domanda se abbia impartito o meno l'ordine di
caricare in piazza Tolemaide; ci ha detto invece che non sapeva dove
fossero i fermati. Non ha risposto nemmeno alla domanda relativa al
numero di lacrimogeni utilizzati.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non
so quanti lacrimogeni siano stati utilizzati: dovrei contarli,
esaminando tutte le relazioni dei funzionari in cui si specifica questo
particolare. Chiaramente ne sono stati lanciati moltissimi. Per quanto
riguarda l'attacco di piazza Tolemaide, è molto esaustiva la relazione
del dirigente del servizio che precisa, come ho fatto anch'io nella mia
relazione, che tra la massa di manifestanti del Genoa social forum, che procedeva verso piazza Verdi, c'erano degli infiltrati, degli anarchici (Commenti del deputato Mascia).
Se un dirigente del servizio è aggredito con corpi contundenti, bottiglie molotov
ed altri oggetti che, per offesa, vengono lanciati contro le forze di
polizia, è ovvio che devo necessariamente disporre la carica per
«alleggerire» quel dirigente, comunicando la direttiva via radio: mi
pare di averlo già chiarito nella mia relazione.
Per quanto
riguarda gli arrestati, sapevo dove fossero: lo si legge anche
nell'ordinanza di servizio (del resto, come questore, non posso non
saperlo. So dove si trovavano coloro che erano stati arrestati dalle
forze di polizia e so dove si
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trovavano quelli che erano stati arrestati dai carabinieri: a Bolzaneto e a Porto S. Giuliano).
GRAZIELLA MASCIA. Eppure lei ha detto ad un parlamentare di non saperlo!
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Nel momento in cui il parlamentare mi chiede di sapere dove si trova Francesco Colucci, arrestato, io rispondo che non lo so.
GRAZIELLA MASCIA. Dove stanno gli arrestati, i fermati?
FILIPPO ASCIERTO. Ma chi è questo parlamentare?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non
lo so, non lo ricordo: onorevole Mascia, sarebbe stato sciocco da parte
mia mentire ad un parlamentare su ciò: non ne vedo la ragione; forse ci
siamo capiti male.
PRESIDENTE. Non ricorda, è inutile insistere.
LUIGI BOBBIO. Ringrazio il dottor
Colucci per la notevole qualità delle notizie fornite. Vorrei solo che
fossero chiariti alcuni aspetti di dettaglio. In primo luogo vorrei far
riferimento, molto sinteticamente, ad una nota a sua firma, dottor
Colucci, del 28 luglio 2001 relativa ad una richiesta di accertamenti
sull'infiltrazione di cosiddetti elementi dell'estrema destra nella
manifestazione. La risposta della nota è negativa, però in calce alla
stessa si dice che l'esito negativo del controllo è stato comunicato a
Vittorio Agnoletto: ciò, dal punto di vista di una certa esperienza,
lascia alquanto perplessi. Non si comunica, normalmente, al denunciante
l'esito dell'accertamento delle indagini.
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