Bergamo – Il 14 novembre è la data del primo sciopero generale che valicherà i confini nazionali per assumere una dimensione transnazionale. Le strade di Italia, Grecia, Portogallo e Spagna si riempiranno in contemporanea, in opposizione alle politiche di austerity imposte dalla governance europea. La mobilitazione che si affaccia all’orizzonte sarà caratterizzata molto probabilmente da quella pluralità di forme “non convenzionali” che il conflitto sociale ha assunto già da tempo nei diversi contesti nazionali. Un portato di dirompenza e imprevedibilità che, specialmente in Grecia e in Spagna, ha travalicato la dimensione rituale e “mediata” dello sciopero generale, restituendo un terreno di sintesi e ricomposizione alle lotte che il paese reale esprime, che si tratti di persone disoccupate, pensionate, indebitate, precarie, lavoratori e lavoratrici di ogni categoria, senza casa, migranti, giovani, studenti e studentesse.
Se le piazze dell’Europa mediterranea esprimono oggi la volontà di ampi strati della popolazione di non accettare supinamente le misure che la BCE invoca per chi “non ha fatto i compiti a casa”, l’Italia continua ad apparire intorpidita e imbrigliata dall’atteggiamento ingessato del sindacalismo confederale. Il fatto che una riforma delle pensioni e una riforma del lavoro siano state digerite pressochè senza colpo ferire, è indiscutibilmente un fatto senza precedenti. E lo sciopero generale del 14 novembre non segnalerebbe un cambio di rotta. Susanna Camusso, con timidezza e ritardo, il 20 ottobre ha dichiarato l’adesione allo sciopero europeo, ma le ore di astensione proclamate sono soltanto quattro e da giocarsi a livello territoriale. Più che un impegno, un disimpegno insomma. La FIOM, che aveva indetto uno sciopero di 8 ore per il 16 novembre, ha fatto un passo indietro, per convergere sulla data del 14 novembre e allinearsi così alle quattro ore comandate dai vertici.
CUB e USB hanno scelto di ignorare l’appuntamento, seppure a livello territoriale non sono mancati gli atti di “insubordinazione”. Solo COBAS e USI hanno proclamato immediatamente otto ore di sciopero generale, consentendo a tutti i lavoratori e le lavoratrici di partecipare alla mobilitazione, astenendosi dal lavoro per l’intera giornata. L’adesione del sindacalismo di base risponderebbe in buona misura al malcontento diffuso di lavoratori e lavoratrici della formazione. Forse non a caso, anche il comparto scuola della CUB aveva già da qualche settimana annunciato lo sciopero per l’intera giornata del 14 novembre. A mettere il freno sull’adesione convinta della frammentata galassia del sindacalismo di base sarebbero gli orientamenti che le parole d’ordine lanciate dalla Confederazione europea prefigurano. La proposta di un “nuovo patto sociale europeo” stride apertamente con la linea sindacale di quei settori che denunciano costantemente gli effetti peggiorativi prodotti dalla concertazione su salari e condizioni di lavoro.
Non va dimenticato che la CGIL, e il caso della riforma delle pensioni e dell’abolizione dell’articolo 18 l’hanno ampiamente dimostrato, è riluttante a creare “scompiglio” in un periodo in cui il PD è schierato a sostegno del governo Monti e proprio alla vigilia dell’appuntamento elettorale della primavera del 2013, che potrebbe consegnare il paese al centro-sinistra. L’influenza politica e il grado di controllo che il PD esercita sulla CGIL è un dato ormai acquisito e parte in causa del gioco al ribasso della Camusso. L’imminente accordo sul salario di secondo livello, che sposterebbe la contrattazione dal livello nazionale a quello locale (nelle poche aziende dove questa contrattazione viene praticata), è in linea di continuità con l’accordo del 28 giugno 2011, che non mette minimamente in discussione la possibilità di deroga peggiorativa alla contrattazione nazionale. Mentre si perde uno strumento fondamentale di contrattazione, ovvero l’unità delle piattaforme rivendicative su un piano nazionale, la Camusso cerca intanto di portare a casa un qualche riconoscimento da parte della FIAT di Marchionne sulla rappresentanza, che metterebbe però a tacere i malcontenti interni alla FIOM. Decisamente una magra consolazione.
E dunque? Cosa attendersi da questo scipero? Certamente si tratta di una domanda che otterrà risposta solo nella giornata di mercoledì, ma i messaggi, gli appelli e le parole d’ordine che da settimane, con un crescendo di adesioni, rimbalzano sui social network in modo del tutto spontaneo forniscono più che un indizio. D’altronde, non occorre un metereologo per capire da che parte soffia il vento. La giornata del 5 ottobre scorso ha affermato la volontà della componente studentesca di prendere non solo parola, ma anche iniziativa, con uno sguardo che va ben oltre la questione studentesca e invita la società tutta a scendere nelle strade, a non consegnare silenziosamente il proprio futuro ai ricatti del mercato. A Bergamo, dove la forte connotazione spontanea e generazionale della mobilitazione pare già scontata, si assisterà probabilmente al primo sciopero generale senza sindacati. La manifestazione della CGIL di 500 metri e 30 minuti di percorso, con la pressione di rientrare al lavoro entro mezzogiorno, pare davvero poca cosa, ma in rete, da un capo all’altro dell’Europa, rimbalzano spontaneamente le parole d’ordine del 14N (la codifica dello sciopero generale) e anticipano che la giornata di mercoledì sarà tutt’altro che una sfilata rituale. Anche a Bergamo.
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