Arcene – Riceviamo e pubblichiamo un contributo arrivato alla redazione dal presidio organizzato dagli operai fuori dai cancelli della Fiber. I lavoratori dell’azienda metalmeccanica sono in lotta da quasi un mese contro il rischio di chiusura dell’azienda ed il trasferimento della produzione all’estero. Il presidio permanente ed il blocco delle merci in uscita sembrano avere congelato l’ipotesi di cassa integrazione. Ma in mancanza di garanzie il presidio degli operai non si ferma e la guardia rimane alta.
Un contributo di Gaetano Bresci
Sabato 4 febbraio, 26° giorno di presidio per i dipendenti della FIBER di Arcene/Treviglio.
Sotto i tendoni posti tra la cancellata della fabbrica e la provinciale per Bergamo, uomini, donne e ragazzi vivono con serenità mista a preoccupazione una situazione che mai si sarebbero aspettati di vivere; la stufetta a kerosene ed il grosso bidone posto all’esterno a mo’ di stufa, crepitante di ceppi sempre più grossi, contrastano efficacemente la gelida atmosfera di queste giornate invernali.
Sono già stato qui, nelle settimane precedenti, ma oggi mi presento con biro e block notes, voglio scrivere qualcosa da mandare ai giornali di movimento on-line; superato l’imbarazzo iniziale nell’essere scambiato per un “giornalista” (soprattutto locale, visto la pessima considerazione in cui essi sono tenuti) inizia presto una discussione a più voci interessante e coinvolgente.
Innanzitutto l’aggiornamento: giovedì 2 febbraio, nell’incontro svoltosi in Provincia tra la rappresentanza aziendale e quella dei lavoratori, si è preso atto della volontà della proprietà di vendere e della disponibilità di tre compratori ad acquistare l’azienda.
Il risultato parziale è conseguente, oltre che all’azione di lotta, alle pressioni di clienti e terzisti che non comprendono il motivo per cui una produzione tecnologica di qualità, da decenni insediata sul territorio della “bassa”, con ordinativi pressanti, debba trasferirsi completamente in Romania, dove le condizioni lavorative incidono pesantemente sulla produzione, causando un ritorno di prodotti nella sede arcenese completamente da revisionare ;
è la solita storia degli innumerevoli Capitan Schettino che, insediati in luoghi di alta responsabilità e competenza, perseguendo interessi personali, manifestando evidenti incapacità gestionali, fanno affondare realtà produttive o di servizio ai cittadini altrimenti eccellenti.
La chiacchierata prosegue, mi parlano del loro stupore nell’aver compreso gli scellerati progetti della proprietaria attuati nascostamente, con trafugamenti notturni di macchinari e materiale scoperti in modo fortuito e di essersi come improvvisamente svegliati da un torpore rassicurante il loro posto di lavoro, visto come assolutamente scontato stante l’andamento economico aziendale; grazie alla determinazione di un delegato territoriale Fiom e di alcuni membri della RSU si è presto costituito un fronte operaio e impiegatizio compatto e determinato a vincere; mi dicono della loro diffidenza verso chi si approccia a loro “politicamente”, volendo magari mettere bandiere che comprometterebbero l’unità fin qui conseguita.
Non vogliono la “politica”, gli operai e le operaie, le impiegate e gli impiegati della Fiber, ma hanno apprezzato e ritenuto utile l’intervento di due operai della INNSE di Milano che, con la collaborazione del Collettivo “tana libera tutti” di Treviglio, hanno portato la loro esperienza e mostrato un filmato molto efficace; “è stato utilissimo quell’incontro”, mi dice una lavoratrice, “perché ci ha aperto gli occhi, ci ha fatto capire che l’isola felice nella quale credevamo di lavorare era solo un’illusione, che siamo parte di una società più complessa e correlata e che solo l’azione congiunta dei lavoratori può contrastare un quadro a loro sfavorevole”.
Non vogliono la politica i/le dipendenti Fiber, sanno che stanno agendo qualcosa di importante per se stessi e per i propri familiari, per il territorio e per una produzione di qualità.
In realtà il loro è un esempio di politica vera, genuina, condotta dal basso, autorganizzata, magari con elementi di ingenuità ma decisa e caparbiamente determinata a non svendere un patrimonio lavorativo che, al di là della proprietà, è ricchezza collettiva di creatività, saperi e relazioni.
Il presidio continuerà fino a quando la situazione sarà chiarita e scritta nero su bianco, fidarsi è bene ma ……