Bergamo – All’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo il personale si avvia verso lo stato di agitazione: oggetto del contendere, in questo caso, sono i turni di lavoro estenuanti.
Nella struttura sanitaria viene sistematicamente superato il limite massimo di 250 ore annuali di straordinari, stabilito nel 2004 dal Contratto collettivo nazionale di categoria, che nella legge finanziaria del 2008 veniva derogato. Questa deroga ha permesso di ignorare la direttiva del Parlamento europeo (2003/88/CE), in cui si regolamenta l’orario di lavoro, fissando per gli straordinari un limite massimo di 250 ore annuali, 11 ore consecutive di riposo giornaliero e una limitazione media di 48 ore per l’orario lavorativo settimanale. Già nel 2014, dunque, la Commissione europea aveva deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver applicato correttamente la direttiva.
Il 25 Novembre dunque per correggere l’irregolarità entrerà in vigore la legge 161/2014 che abroga per il personale sanitario le deroghe sui limiti orari e ritornerà al regime del CCNL (250 ore massimo e solo per il 5% del personale in servizio).
In attesa di questa data, il sindacato di base USB denuncia la situazione dell’ospedale di Bergamo (già teatro di proteste da parte dei facchini nel 2014): tra turni di lavoro estenuanti e riposi settimanali e giornalieri non rispettati, a pagare le spese di questo sovraccarico di lavoro non è solo il personale, ma anche le persone in cura, che spesso hanno a che fare con medici, infermieri e operatori sanitari stressati ed esausti. Due sono le soluzioni possibili dopo il 25 novembre: o si tagliano i servizi o si assume il personale necessario per garantirli, dando a lavoro a chi da anni lo attende dopo anni di formazione costati soldi e sacrifici. Peccato che a oggi non risultino concorsi per il Papa Giovanni e manchino i tempi tecnici per poterne indire uno.
In extremis invece il rischio è quelli di un’ulteriore deroga per mantenere i servizi attuali, stavolta imposta dalla contrattazione locale tra sindacati confederali e la direzione dell’ospedale, con buona pace dell’Unione Europea, delle lavoratrici e dei lavoratori.