L'austerity, i tagli al welfare, le politiche antisociali attuate attraverso le privatizzazioni e l'attacco sistematico al mondo del lavoro, il controllo dei flussi migratori (Frontex) a fronte dell'assoluta libertà dei movimenti di capitale, nonché il restringimento degli spazi democratici da parte dei mercati, non possono essere la soluzione!
L'euro è lo strumento principale di attuazione di queste politiche.
La rottura della moneta unica non deve dunque più essere considerata un tabù.
La costruzione europea deve divenire oggetto di discussione e di decisione collettiva.
L'euro non è un semplice ingranaggio tecnico, ma una costruzione politica a cui occorre opporsi politicamente.
A chi conviene l'euro? Alle banche, alle oligarchie finanziarie globali, alle grandi concentrazioni industriali e ai loro luogotenenti governativi. Non conviene certo ai lavoratori, ai precari, alle fasce subalterne della popolazione e ai migranti! La critica economica è dunque la premessa necessaria per comprendere i rapporti di forza tra le classi e tra i paesi (centrali e periferici) e quale sia la reale posta in gioco della crisi. Ma la critica non è sufficiente, occorre un'idea politica organizzata e la volontà di imporla per disattivare il pilota automatico della governance europea.
L'euro è al capolinea? E' un progetto realmente riformabile? Si può e si deve uscirne? La questione europea può essere ridotta ad un sì o ad un no all'euro? L'Unione Europea è solo un luogo di crisi o anche un terreno di lotta?
Il momento di dibattito che proponiamo s'interroga su queste problematiche, ma non vuole limitarsi ad una sterile analisi accademica. Andare oltre, delineare le alternative in campo non è per noi un esercizio teorico, ma la premessa per contribuire alla costruzione di un blocco sociale e di un spazio di lotta.
NON SIAMO IL LORO BOTTINO!